CAPOCCI (Caputius, Capucius, Caboche, Capote, de Capociis), Pietro
Nacque dal ramo dei Monti della prestigiosa famiglia romana dei Capocci, che in poco più di un secolo si era elevata fra le più potenti dell'Urbe, tanto da potersi imparentare con i Cenci, i Colonna, i Papazzurri, gli Orsini e gli Annibaldi. Suoi genitori furono Giacomo, proconsole romano nel 1254, e Vinia, che la tradizione storiografica attribuisce alla famiglia Orsini.
Nessuna notizia illustra il periodo di formazione del C., il luogo e l'iter dei suoi studi e le prime tappe della sua carriera ecclesiastica. È lecito presumere che sia nato intorno all'anno 1200, in quanto, il 7 genn. 1222(Pressutti, n. 4078), il C. porta già il titolo di canonico di S. Pietro a Roma, che conserverà fino almeno alla creazione cardinalizia, perché così figura ancora nel 1243(Potthast, n. 11075) in una lettera dei cardinali presenti al conclave per l'elezione del successore di Celestino IV. Sulla sua cultura la nostra documentazione si limita ad una frase stereotipa di Innocenzo IV ("vir utique scientia preditus", Les registres d'Innocent IV, n.2968), di scarso rilievo in questo contesto, e al titolo di "magister", che il C. porta per la prima volta nel 1243 e dunque abbastanza tardi: quasi fosse un puro titolo onorifico. Ai legami di consanguineità con Onorio III - lo stesso pontefice vi si richiama sovente nelle sue lettere - il C. deve, con ogni probabilità, la sua rapida ascesa curiale. Fu Onorio III a concedergli cospicui proventi da vasti possedimenti del Patrimonio pontificio, situati a Tuscania, Orte, Amelia, Nepi, Civita Castellana e Gallese, e a confermargli le prebende della chiesa inglese di Guilden Morden nel Cambridgeshire, attribuitegli dal vescovo di Norwich, il romano Pandolfo Savelli. Nell'ultimo anno del pontificato di Onorio III lo troviamo in Curia titolare dell'ambita funzione di "hostiarius papae", che lo metteva a contatto diretto con il pontefice.
Il C. fu uno dei primi chierici italiani, di provenienza curiale ad entrare in possesso di un beneficio ecclesiastico inglese. In mancanza di documentazione non è possibile confermare la pur suggestiva ipotesi del Jadin, secondo la quale il futuro cardinale avrebbe ricevuto quel "personatus" in riconoscimento dei servizi resi al vescovo di Norwich durante la sua lunga legazione inglese degli anni 1218-1221.
Non attendibile è poi la notizia, riferita da quasi tutti i biografi del C., secondo cui egli nel 1231 avrebbe preso parte, per volontà di Gregorio IX, alla repressione dei ribelli romani riconquistando l'Ager Sabinus e altre parti del Patrimonio. Tale notizia risale allo Bzovius(Annales ecclesiastici, XIII, Coloniae Agrippinae 1621, p. 397), il quale aveva male interpretato un passo della biografia di Gregorio IX del Platina (Historia de vitis pontificum Romanorum, Coloniae 1568, p. 218). Essa non trova conferma in nessuna fonte contemporanea, né documentaria né cronistica.
Per motivi a noi sconosciuti, e passati sotto silenzio dalle fonti contemporanee, il C. cadde in disgrazia presso Gregorio IX, che lo costrinse persino a rinunziare alla prebenda inglese. La sua riabilitazione fu decisa nel 1243, negli ultimi mesi della lunga vacanza papale, dai cardinali riuniti in conclave (Potthast, n. 11075). Fu forse il cardinale Sinibaldo Fieschi l'ispiratore di questo capovolgimento della posizione del Capocci. Sta di fatto che Innocenzo IV, nella sua prima promozione cardinalizia del 28 maggio 1244, lo creò, a Roma, cardinale diacono di S. Giorgio in Velabro, affidandogli un titolo che era appartenuto fino al 21 marzo 1242 al cardinale Pietro Capuano. Già fin dall'inizio del suo cardinalato, il C. fu intimamente associato alla politica di papa Fieschi. Tra i due doveva regnare infatti un'identità di vedute sui problemi del governo centrale della Chiesa: il C. sarà in ogni momento della sua azione politico-religiosa fedele esecutore delle direttive innocenziane. Durante la sua fuga precipitosa da Roma verso Lione, città prescelta come sede del concilio, papa Innocenzo IV si fece accompagnare anche dal nuovo cardinale romano, il quale, a Genova il 27 sett. 1244, sottoscrisse per la prima volta in calce ad un privilegio innocenziano (Potthast, n. 11459).
Secondo una inveterata tradizione storiografica (Ciaconius-Oldoinus, II, p. 177; Cardella, I, 2, p. 276), il C. sarebbe stato nominato da Innocenzo IV arciprete di S. Maria Maggiore prima dell'inizio del primo concilio di Lione (28 maggio 1245). Questa funzione non viene menzionata però in nessun documento contemporaneo: quattro lettere del registro di Innocenzo IV - fonte alla quale ricorsero in genere gli autori degli antichi cataloghi dei cardinali - sono indirizzate ad un arciprete di S. Maria Maggiore (Les registres d'Innocent IV, nn. 96, 3364, 3449 e 7894), ma in esse il nome del titolare manca. Le relazioni tra il C. e la basilica liberiana sono, peraltro, attestati: in questa chiesa il C. aveva fatto costruire la cappella di S. Barbara, forse per esservi sepolto, come infatti avvenne dopo la sua morte.
Il 15 marzo 1247 Innocenzo IV, munendolo di ampi poteri, nominò il C. legato a latere in Germania, Danimarca, Pomerania e Polonia, con il compito di predicare la crociata contro Federico II e di trovare una soluzione politica alla situazione che si era venuta a creare dopo la morte (17 febbr. 1247) del langravio di Turingia Enrico Raspe, che l'opposizione antifedericiana aveva eletto re dei Romani il 22 maggio 1246. Nel mese di settembre 1247 il legato presiedette a Neuss, una cittadina nelle vicinanze della imperiale Colonia, un sinodo provinciale, che non riuscì però né a riunire tutti i rappresentanti dell'alto clero tedesco, né a risolvere la questione della corona reale. La posizione del C. fu intransigente e rivolta all'accettazione incondizionata del punto di vista curiale da parte dei vescovi convenuti in assemblea. Il sinodo di Neuss si trasformò in una Dieta nei primi giorni di ottobre, allorché nella vicina città di Wörringen, tra Colonia e Neuss, si procedette, con la partecipazione di principi elettori laici e con l'assenso di altri grandi feudatari, all'elezione (3 ottobre) del conte di Olanda Guglielmo. L'influenza del legato fu qui decisiva, e Innocenzo IV si affrettò ad inviare la sua autorevole approvazione. Il 1º nov. 1248, dopo circa un anno di costanti sforzi, ebbe luogo ad Aquisgrana l'incoronazione del neoeletto re dei Romani. Sul piano più strettamente religioso, l'attività del legato fu altrettanto vigorosa ed audace. Nello spazio di un solo biennio, il C. rafforzò in quelle regioni l'autorità papale e curiale emanando importanti statuti; disciplinando le varie forme di vita conventuale e monastica; ripristinando l'antica prassi canonicale; intervenendo con sentenze arbitrali in delicati conflitti giurisdizionali e sostituendo nelle diocesi tedesche i fautori della causa imperiale con prelati più sensibili all'orientamento antifedericiano della Curia romana. Da questo angolo visuale, la sua legazione, che si protrasse fino almeno al 2 nov. 1248, fu coronata da successo.
Il 7 apr. 1249 Innocenzo IV, interrompendo un breve periodo di soggiorno curiale del C., che nel frattempo era rientrato a Lione, lo investì di una nuova missione politica di primaria importanza per i suoi piani politico-militari nell'Italia centrale e meridionale. Dapprima lo nominò legato per il Regno di Sicilia con i più ampi poteri e nel contempo gli affidò il rettorato delle quattro province dello Stato pontificio, la Marca d'Ancona, la Sabina, la Campagna e Marittima e il ducato di Spoleto. Le prerogative rettoriali furono poi trasformate in legatizie, tra il 15 e il 17 aprile. Dal C. dipendeva ormai la suprema direzione della lotta contro Federico II in quelle province dello Stato pontificio. Dopo una prima vittoria sul fiume Aso, riconquistò Civitanova e Osimo, ma subì poco dopo una grave sconfitta, perdendo più di 2.000 uomini. Riuscì a ricostituire un nuovo esercito, ricorrendo soprattutto alle milizie cittadine, non senza compensare i Comuni rimasti fedeli con numerosi e proficui privilegi. Nel 1250 dovette abbandonare successivamente Osimo, Cingoli, Fermo, Fabriano, Matelica, Macerata e Ascoli, città che erano state sottoposte a decisivi attacchi da parte delle truppe imperiali guidate da Guglielmo da Manopello. La strategia difensiva del C., di per sé coraggiosa, si rivelò infelice in questa occasione. Nel ducato di Spoleto l'autorità papale fu ristabilita dopo l'avvenuta ripresa di Foligno con truppe capeggiate da Giovanni di Arcione Capocci, nipote del cardinale e figlio di Arcione podestà di Osimo. Dopo la morte di Federico II (13 dic. 1250), il C., che era riuscito ad opporsi al disegno di Innocenzo IV di nominare rettori e vicari nelle province dello Stato pontificio per permettergli di dedicarsi maggiormente ai problemi del Regno di Sicilia, ristabilì con successo l'autorità papale in tutto lo Stato pontificio, le cui città, rimaste prive del sostegno imperiale, avevano chiesto di riconciliarsi con il Papato. Riservandosi una più ampia libertà di azione nel Regno di Sicilia, Innocenzo IV limitò per quelle regioni le prerogative del suo legato, il quale, stabilitosi alle frontiere del Regno, nella Marca d'Ancona, tentò di organizzare la rivolta delle città della Terra di Lavoro e della Puglia, ottenendo un indubbio successo. Su un piano più generale, la sua azione politica, rivolta alla ricuperazione dell'influenza papale sul Regno, non fu felice.
Il legato non poté pretendere di esservi riuscito in maniera soddisfacente e definitiva. La precaria situazione finanziaria in cui versava la tesoreria legatizia; lo stato disunito e indisciplinato delle truppe; l'impossibilità di impadronirsi dell'efficiente ordinamento statale del Regno di Sicilia, anche dopo la morte di Federico II; queste ed altre ragioni spiegano l'inevitabile insuccesso del C., al quale però non facevano difetto né l'abilità diplomatica, che era a tutti palese sin dalla sua prima legazione tedesca, né il grande coraggio militare.
Negli ultimi mesi del 1251 il C., dopo aver ultimato la sua legazione, fa ritorno in Curia. A Perugia sottoscrive di nuovo il 13 dicembre. Fino al 13 apr. 1253 si trattiene alla corte papale, accompagnando il pontefice nelle sue varie peregrinazioni nell'Italia centrale e agendo in qualità di "auditor" in innumerevoli "causae", concernenti anche i territori da lui visitati nelle precedenti legazioni. Un ultimo incarico innocenziano, che prese inizio nell'aprile del 1254, lo investì dei più ampi poteri legatizi per le stesse regioni che gli erano state affidate durante la prima legazione, ossia la Germania, la Danimarca, Svezia, Pomerania e Polonia. Fu questo l'ultimo periodo di intensa attività politico-religiosa del C., durante il quale fu chiamato ad occuparsi soprattutto del conflitto che opponeva da tempo Guglielmo d'Olanda a Margherita di Fiandra. Il 24 luglio 1254 riuscì a Le Quesnoy a far concludere una tregua delle ostilità di tre mesi. Ad Anversa ottenne la ripresa delle trattative per la definitiva composizione del conflitto. Questa intensa attività diplomatica rientrava nel più ampio disegno di sostenere la politica del re dei Romani Guglielmo di Olanda e di impedire che gli venisse opposto un altro candidato alla corona germanica. Su questo piano, la legazione del C., svoltasi principalmente tra Anversa, Cambrai, Liegi e Colonia, può essere considerata pienamente riuscita. In Curia lo ritroveremo solo nel luglio 1255, durante il pontificato di Alessandro IV, alla cui elezione il C. non aveva potuto prendere parte, e con il quale non ebbe particolari rapporti di amichevole collaborazione. La sua influenza fu, in questi ultimi anni di cardinalato, meno preponderante; la sua attività più moderata.
In quindici anni di cardinalato il C. aveva assunto nella sua "familia" o corte cardinalizia un folto gruppo di persone. Se per i familiari chierici, che portano i titoli di camerarius,capellanus,clericus,clericus camerae, la situazione documentaria si è rivelata abbastanza generosa, scarse sono le notizie finora riscontrate riguardo alla composizione della parte laica della domus cardinalizia del Capocci. Ciò è dovuto forse allo smarrimento del suo testamento, che viene ricordato in una bolla di Urbano IV (Les registres d'Urbain IV, n. 150). Tra i suoi familiari eccelle Alberto Behaim o da Boehaming, autore di una nota raccolta cancelleresca papale e uno dei più celebri curialisti tedeschi della prima metà dei secolo XIII, la cui assunzione a cappellano cardinalizio deve esser messa in relazione con la seconda legazione tedesca del C. (1254-1255). Altri ecclesiastici di origine germanica risultano attestati nella cappella del C.: sono Gualtiero da Geroldseck e Corrado da Lichtenberg - che furono poi chiamati a dirigere la diocesi di Strasburgo, dal 1260 al 1263 il primo, dal 1273 al 1299 il secondo - ed Eberardo da Waldburg, che era stato eletto sin dal 1248 vescovo di Costanza.
Nel suo testamento il C. aveva ordinato ai suoi esecutori, i cardinali Odo da Châteauroux e Giovanni Gaetano Orsini, di far costruire nelle vicinanze di S. Maria Maggiore, con una buona parte della sua fortuna personale, un ospedale con chiesa e convento. L'ospedale, dedicato secondo le ultime volontà del C. a S. Andrea Apostolo (si chiamò in seguito "S. Andreas de Piscinula iuxta S. Mariam Maiorem"), fu ultimato solo dopo varie e complicate vicende finanziarie, nelle quali dovettero intervenire più volte Urbano IV e Clemente IV. Quest'ultimo fu in grado, nel 1265, di consegnare l'opera al primo rettore, il frater Sanguineus dell'Ordine di S. Antonio di Vienne.Le notizie a nostra disposizione sulla data di morte del C. non concordano del tutto. Esse possono essere ridotte a tre tradizioni, di poco divergenti l'una dall'altra: al 19 maggio la fissavano gli autori del Necrologium Adriense (a cura di Bindi, p. 240); al 20 maggio tre lapidi nelle chiese romane di S. Prassede, SS. Silvestro e Martino e S. Giorgio in Velabro, alle quali il cardinale aveva destinato alcuni suoi beni; al 21 maggio, infine, il Liber anniversariorum Basilicae Vaticanae. L'anno della sua morte fu senz'altro il 1259, data riportata dalle tre lapidi; la sua ultima sottoscrizione è del 30 aprile di quell'anno (Potthast, n. 17552). Nella sottoscrizione del 27 maggio 1259 il suo nome non compare già più (Urkundenbuch der Stadt Strassburg, I, Strassburg 1879, p. 331). Poiché nel mese di maggio del 1259 la Curia romana si trovava ad Anagni, è lecito presumere che il C. sia deceduto in quella città. Fu però sepolto nella basilica di S. Maria Maggiore, nella cappella di S. Barbara, che egli stesso aveva fatto costruire.
Fonti e Bibl.: Il cod. Corsiniano 1678 (34.E.19) del 1623 (Roma, Bibl. Corsiniana) conserva una ined. e autogr. Historia de gente Capocina di Giov. Vincenzo Capocci (m. nel 1625), che si era servito anche di documenti provenienti dall'archivio di famiglia. Pier Luigi Galletti (morto nel 1790) ne fece una copia, conservata nell'attuale Vat. lat. 7934; cfr. V. Forcella, Catal. dei manoscritti relativi alla storia di Roma nella Bibl. Vaticana, I, Roma 1879, p. 151; U. Balzani, Landolfo e Giovanni Colonna secondo un codice Bodleiano, in Arch. d. R. Soc. rom. di st. patria, VIII (1885), p. 236, e G. Silvestrelli, Castell'Arcione,ibid., XL (1917), pp. 144-149. L'albero genealogico del cod. Chigi G. VI. 164 (sec. XVII) deriva dalla Historia suddetta. Importanti notizie cronistiche si troveranno in R. Malispini, Storia fiorentina, a cura di U. Follini, Firenze 1816, pp. 32 s.; Annales Ianuenses, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, p. 214; Matthaeus Paris., Chronica Majora, a cura diH.-R. Luard, London 1872-1883, ad Indicem; F. Pagnotti, Niccolò da Calvi e la sua Vita d'Innocenzo IV con una breve introduzione sulla istoriogr. pontificia nei secc. XIII e XIV, in Arch. d. R. Soc. rom. di st. patria, XXI(1898), pp. 85-87. Documenti pontifici, imperiali, cardinalizi, ecc., in Regesta Honorii papae III, a cura di P. Pressutti, II, Romae1895, nn. 4078, 6203 s.; Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, Paris 1884-1921, ad Indicem; Les registres d'Alexandre IV, acura di C. Bourel de la Roncière - J. de Loye, Paris 1895-1959, ad Indicem (s.v. Petrus de Capua); Les registres d'Urbain IV, a cura di J. Guiraud, Paris 1899-1958, ad Indicem; Les registres de Clément IV, a cura di E. Jordan, Paris 1893-1945, nn. 347 e 1763; A. Potthast, Regesta pontificum Romanorum, Berolini 1874-74, ad Indicem; Epistolae saec. XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, acura di C. Rodenberg, in Mon. Germ. Hist., I-III, Berolini 1883-1894, ad Indices; F. Schillmann, Die Formularsammlung des Marinus von Eboli, I, Rom 1929, nn. 156, 280, 338, 363, 365, 715, 998, 1418, 1632; J. F. Böhmer-J. Ficker-E. Winkelmann, Regesta Imperii, VAbteilung, Die Regesten des Kaiserreichs von 1198-1272, Innsbruck 1881-1901, ad Indicem (inn. 1500, 1501, 2042, 7019, 7121, 8402, 8910 si riferiscono però al cardinale Pietro Capuano, che era anch'egli titolare di S. Giorgio in Velabro, morto nel 1242, e non al C.); J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Historia diplom. Friderici secundi, Parisiis 1852-1861, ad Indicem;E. Winkelmann, Acta Imperii inedita saeculi XIII, IInnsbruck 1880, pp. 364, 447; II, ibid. 1885: pp. 723, 725; G. Ferri, Le carte dell'archivio liberiano dal sec. X al XV, in Arch. d. R. Soc. rom. di st. patria, XXVIII (1905), p. 37 n. 50; XXX (1907), pp. 119 n. 55, 141 n. 95; H. Nélis, Document falsifié relatif à l'origine des béguines, in Revue belge de philologie et d'histoire, III (1914), pp. 120-124 (falsificazione di un suo documento legatizio del 1254); D. P. Waley, Constitutions of the cardinal legate Peter C., July 1249, in English histor. Review, LXXV (1960), pp. 660-664; W. Hagemann, Studien und Dokum. zur Geschichte der Marken im Zeitalter der Staufer, in Quellen und Forsch. aus ital. Arch. u. Bibl., XXXVII(1957), p. 126 n. 5; XLIV (1964), pp. 129 n. 7, 134 n. 10, 135 n. 11; XLVI (1966), pp. 93, 102, 178 n. 87. Indispensabili gli itinerari legatizi redatti dagli autori dei Regesta Imperii: III, p. 1549 e IV, p. 2150 (per gli anni 1247 e 1248); V, pp. CLIV-CLV (per gli anni 1249-1250); III, p. 1567 e IV, p. 2151 (per gli anni 1254 e 1255). L'itinerario curiale si desume dalla lista delle sottoscrizioni ai privilegi papali composta da Paravicini Bagliani, Cardinali di Curia, cfr. infra. Per le iscrizioni lapidarie romane v. V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, II, Roma 1873, p. 495 n. 1494 (S. Prassede; cfr. P. Fedele, Tabularium S. Praxedis, in Arch. d. R. Soc. rom. di st. patria, XXVII[1904], pp. 30 s., e G. Tomassetti, Della Campagna romana,ibid., XXIX [1906], p. 71 n. 20); IV, p. 6 n. 2 (SS. Silvestro e Martino); XI, p. 387 n. 597 (S. Giorgio in Velabro). Per i SS. Silvestro e Martino cfr. anche A. Silvagni, La basilica di S. Martino,l'oratorio di S. Silvestro e il titolo costantiniano di Equizio, in Arch. d. R. Soc. rom. di storia patria, XXXV (1912), p. 417 n. 15. Notizie necrologiche a noi note in Liber anniversariorum Bas. Vat., in Necrologi e libri affini della provincia Romana. Necrologi della città di Roma, a cura di P. Egidi, I, in Fonti per la storia d'Italia, XLIV, Roma 1908, p. 214; Necrologium Adriense, a cura di V. Bindi, in Monum. stor. ed artistici degli Abruzzi, Napoli 1889, p. 240; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 7934: G. V. Capocci, Historia de gente Capocina, f.57v. Una accurata descrizione del sigillo e dello stemma del C. in Regesta Imperii, V, n. 13769. Il suo testamento non si è conservato; lo ricorda però Urbano IV il 25 ott. 1262 (Guiraud 150). Cfr. anche il cod. Vat. lat. 7934, f. 57v. Notizie biografiche di A. Ciaconius, Vitae et gesta summorum pontificum... cum notis ab Augustino Oldoino recognitae, II, Romae 1677, pp. 125-128; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della S. Rom. Chiesa I, 2, Roma 1792, pp. 276-278; F. Schirrmacher, Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871 (cfr. in particolare a p. 590l'ed. di una lettera del C. al Comune di Bologna sulla morte di Federico II); A. Adinolfi, Roma nell'età di mezzo, II, Roma, 1881, p. 192; L. Sorricchio, Il Comune atriano nei sec. XIII e XIV, Atri 1891, pp. 32-39; F. Savini, Sulla vera patria del cardinale P. 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