CAPUANO, Pietro (Capuanus, Petrus de Capua)
Apparteneva a una famiglia di origine longobarda che sin dal secolo XI era entrata a far parte del patriziato di Amalfi e che nel corso del secolo XII era venuta in grande fama per i cardinali, vescovi, canonici, badesse e alti funzionari usciti da essa, nonché per il fondamentale contributo alle istituzioni culturali amalfitane.
Nacque, a quel che pare, intorno al 1180 ed era nipote dell'omonimo cardinal prete di S. Marcello morto nel 1214. Suo padre era forse quel Mansone di Landolfo (1180-1213), fratello del cardinale, al quale re Federico II (1205) donò il "balneum regium" di Amalfi, ma le fonti a nostra disposizione non forniscono prove sicure per questa paternità È sicuro soltanto che egli aveva un fratello di nome Giovanni, al quale l'imperatore Federico II concesse feudi a Carinola e la comestabulia militaris in Carinola e Rocca Mondragone. I discendenti di Giovanni vissero con il nome de Gaudio come nobili feudatari a Carinola, dove tornarono anche nel 1255, dopo esserne stati espulsi nell'ultimo decennio del regno di Federico II.
La carriera del C. era predeterminata dall'esempio dello zio; questi aveva seguito gli studi e si era conquistato, con le opere teologiche, un posto nella scuola di Parigi. È probabile dunque che fosse proprio lui a spianare al nipote la strada a quell'università. A Parigi il C. si dedicò studi filosofici e teologici, ma non sappiamo chi furono i suoi maestri. All'intervento dello zio, tornato in Francia ancora una volta nel 1198 come legato, dovette certamente i vari benefici e canonicati francesi che gli garantivano il sostenimento durante gli anni di studio e la conseguente attività di insegnamento come doctortheologiae a Parigi. Sappiamo che era in possesso di canonicati nelle cattedrali di Parigi e di Sens; nel 1206 rinunciò a un beneficio nel capitolo di S. Martino a Tours a favore di un cappellano del cardinal prete Ruggiero di S. Anastasia.
Il suo insegnamento a Parigi risale molto probabilmente agli anni tra il 1206 e il 1218. Dei suoi scritti sono noti fino ad ora soltanto i Sermones (Parigi, Bibl. nat., Nouv. Acq. lat. 999) di dubbia attribuzione, mentre le altre opere, la Summa alle sentenze di Pietro Lombardo e un Alphabetum, attribuitegli in genere dalla critica, sembrano scritte rispettivamente prima del 1190 e prima del 1200, ed appartengono allo zio omonimo. Al tempo di Onorio III il C. era uno dei corrispondenti preferiti del papa nell'università di Parigi e dunque uno dei più rinomati professori. Onorio III si rivolse a lui per procurare al "magister" Matteo di Scozia il permesso di insegnare negatogli dal cancelliere dell'università, ma anche per far riscuotere denari spettanti alla Camera apostolica presso certi prelati francesi. Uno degli allievi del C. a Parigi fu Gregorio, più tardi abate del monastero della SS. Trinità di Monte Sacro in Capitanata, il quale nella dedica premessa al suo poema enciclopedico De hominum deificatione, redatto tra il 1228 e il 1239, qualificò il C. come "apud Parisius regentem cathedram orthodoxe... theologiam et theurgiam populos edocentem".
Tra la fine del 1218 e l'inizio del 1219 Onorio III accolse il C. nella sua cappella come suddiacono. Il 25 aprile lo nominò patriarca di Antiochia, dopo che il capitolo, vista respinta la nomina del suo candidato, il cardinale vescovo Pelagio di Albano, non si era più messo d'accordo su un nuovo nome. Tuttavia Onorio III nel corso dell'anno cambiò idea, nominando il C., che non era stato ancora consacrato, cardinale diacono prima dell'ott. 1219. Gli fu conferito il titolo di S. Giorgio in Velabro, allora vacante, che egli conservò fino alla morte; non è invece attendibile la notizia fornita da alcune fonti, secondo le quali il C. sarebbe stato cardinale prete di S. Croce in Gerusalemme.
Nella sua veste di cardinale diacono il C. accompagnò Onorio III già il 5 ott. 1219 a Terni, dove il pontefice restaurò la diocesi. Con molta probabilità fu anche uno dei consiglieri del papa in occasione della redazione della costituzione "Super speculam", emanata il 16 nov. 1219 allo scopo di impedire che a Parigi fosse introdotto l'insegnamento della giurisprudenza. Nel giugno del 1220 presenziò a Orvieto, sede della Curia, all'atto di sottomissione del conte Guitto di Bisenti.
L'attività del C. rimase circoscritta alla Curia; non gli furono affidate legazioni né cariche nell'amministrazione dello Stato della Chiesa. Non sono note neanche sue iniziative personali nella politica estera della Curia. Ma la sua prolungata attività a Parigi lo predestinava a svolgere le funzioni di protettore delle chiese francesi in Curia; il necrologio di Notre-Dame di Parigi elogia infatti i suoi meriti per "tota ecclesia Gallicana". D'altra parte, nel 1225 anche gli ambasciatori inglesi speravano di trovare il suo appoggio lamentando, con lui e con altri cardinali, l'atteggiamento della Curia nel conflitto anglo-francese che essi giudicavano fazioso. Per parecchio tempo il C. godette anche della fiducia di Federico II che nel 1223, quando accolse sotto la sua protezione il monastero cisterciense di S. Pietro di Canonica ad Amalfi, fondato dalla famiglia del C., lo chiamò "amicus noster". Quando le prepotenze del dapifero imperiale Gunzelin di Wolfenbüttel nel ducato di Spoleto provocarono l'ira del papa, l'imperatore, nel novembre 1222, cercò di ottenere l'intervento del C. per scolparsi presso il pontefice. D'altro canto nel 1234 Gregorio IX affidò a lui e al cardinale vescovo Giovanni di Sabina una missione presso l'imperatore per indurlo ad accettare l'arbitrato pontificio nella questione lombarda.
Nel 1221, in Curia, il C. appoggiò, insieme con Tommaso da Capua, una petizione dell'arcivescovo Pietro di Napoli, che intendeva porre un freno alle alienazioni di beni ecclesiastici con un nuovo statuto. In qualità di auditore pontificio annullò, all'inizio del 1227, l'elezione di Tommaso a vescovo di Fondi, e raggiunse anche un compromesso nella lite del suddiacono pontificio Giovanni Capocci per un beneficio in Arad. Al tempo di Gregorio IX esaminò, insieme con altri due cardinali, il monaco Walter di Eynsham eletto arcivescovo di Canterbury, ma non gradito al re inglese, la cui elezione fu poi annullata dal papa. Nel maggio del 1230 respinse la protesta dei giovanniti di S. Basilio a Roma, contro il progetto di Gregorio IX di affidare la riforma del monastero di S. Damiano nella "Terra Arnolfi" ai cisterciensi. Egli tuttavia rimase estraneo ad un'altra iniziativa pontificia in materia di politica monastica che riguardava più direttamente la sua terra nativa: quando Gregorio IX, una volta fallita la riforma affidata ai cisterciensi di S. Maria di Ferraria, decise di consegnare il monastero di S. Marina di Stella presso Maiori ai monaci florensi di Revigliano, il C. decise di non intervenire per non ledere i diritti del suo parente l'arcivescovo Giovanni Capuano di Amalfi. Nel 1232 e nel 1233 invece si rivolse con successo al capitolo generale dei cisterciensi con la richiesta di trasformare S. Pietro di Canonica, fondazione della sua famiglia, da priorato in abbazia autonoma, affidata alla congregazione di Fossanova.
Il C. è ricordato per l'ultima volta nel febbraio del 1236 a Viterbo, al seguito del papa, che accolse gli inviati di Modena venuti per sollecitare la scomunica di Bologna. Il 26 dello stesso mese sottoscrisse per l'ultima, volta una bolla pontificia. Nessuno dei numerosi privilegi pontifici conservati di quell'anno reca più la sua firma e, visto che non si hanno notizie di una qualche legazione del C., è molto probabile che egli fosse morto già il 23 marzo 1236 e non nel 1242 come si affermò di solito nella letteratura. Come giorno della sua morte viene indicato infatti dai necrologi di Montecassino e di S. Ciriaco a Roma il 23 marzo, il 21 marzo da quello di Notre-Dame e il 22 da quello di Rouen.
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