CERETTI, Pietro
Nacque ad Intra (oggi Verbania, provincia di Novara) il 24 agosto del 1823 da Pietro e da Caterina Rabbaglietti.
Di famiglia particolarmente agiata, il C. venne affidato per la sua prima istruzione a sacerdoti i quali sperimentarono il suo carattere ribelle. Entrato nel seminario di Arona, si mostrò insofferente dei metodi didattici tradizionali e della rigida disciplina cui doveva sottostare. Soltanto nell'ultimo periodo trascorso nell'istituto il C. cominciò ad appassionarsi allo studio, specialmente a quello del latino. Manifestò subito per la poesia una straordinaria attitudine, che gli fece acquistare la fama di poeta estemporaneo. Ammesso come alunno esterno in un collegio di gesuiti a Novara, risultò primo nella classe di retorica alla fine del 1840. Qui compose, su invito del suo maestro, la tragedia Il duca di Guisa (pubbl. postuma in Opera omnia), il cui soggetto aveva tratto dalle storie del Davila. Recatosi poi a Firenze, si dedicò agli studi letterari, entrando in relazione con gli intellettuali del gabinetto Vieusseux.
Gli studi filosofici, in particolare, ebbero per il C. la maggiore importanza, anche se fece studi scientifici e storico-filologici. Dopo alcune traduzioni di poeti stranieri, nel 1843egli compose la Eleonora di Toledo, (pubblicata postuma in Opera omnia), che narra la vicenda di un amore colpevole e infelice. I personaggi del breve e incompiuto poema rivelano nel C. uno studio attento della realtà psicologica unito ad un'efficace ricostruzione ambientale. Nello stesso periodo di tempo il C. compose poesie, denominate poi "giovanili", che presentano un carattere e un contenuto filosofici. Nel 1841tornò ad Intra dove compose le Ultime lettere di un profugo, pubblicate nel '47, che rappresentano la presa di coscienza del suo mondo interiore, in contrasto quasi sempre con quello degli altri.
Verso il 1844 il C. percorse un grande numero di paesi europei, studiandone le lingue. Sposò la pavese Amalia Valvassori, la quale morì il 15 marzo del 1858, lasciandogli una figlia, Argia, ancora in tenera età. Nell'estate del 1858 si recò presso Chambéry dove, in una villetta chiamata "La Chaumière", trascorse tre mesi di studio preparando la seconda edizione del Pellegrinaggio in Italia che pubblicò a Intra nello stesso anno sotto lo pseudonimo di Alessandro Goreni. Nell'autunno del 1860 il C. si stabilì a Firenze presso le Cascine dove diede alle stampe il manifesto o sommario e parte della prefazione della Idea circa la genesi e la natura della Forza. Dal 1864 al 1884, anno della sua morte, il C. si dedicò esclusivamente allo studio della filosofia. L'esito negativo della pubblicazione in latino della sua opera maggiore, il Pasaelogices Specimen (Intra 1864-1871), descritto con piacevole ironia, gli fece nascere il proposito di non pubblicare più nulla. Nel 1872 perdette la madre e nel 1874 il padre: in questo stesso anno si manifestarono i primi sintomi di quella malattia che logorò in dieci anni la sua forte fibra. Nell'estate del 1876 il C. non ebbe più la forza di uscire da casa; inoltre dal 1878 in poi le sue opere furono quasi tutte dettate.
Nell'ultimo periodo della sua vita il C. finì per dedicare tutto il suo tempo alla meditazione filosofica. Appartengono a questa fase, in gran parte, i Sognie favole (Torino 1886), le Grullerie poetiche (Torino 1890) e in parte anche maggiore le Massime e dialoghi (Torino 1886), senza contare drammi, romanzi e altre opere di varia importanza.
Nella estate del 1884 il C. piombò in uno stato di prostrazione da cui non riuscì a riprendersi. Morì il 28 luglio 1884 ad Intra.
Passò attraverso varie fasi di pensiero, che si possono ridurre a quattro principali, sotto cui rientrano i suoi scritti: e cioè un primo periodo poetico; un secondo filosofico, nel quale il C. è prevalentemente hegeliano; un terzo, nel quale prevale il pensiero delle riforme sociali; e, infine, un quarto nel quale predomina un soggettivismo assoluto, culmine del sistema da lui chiamato "contemplativo". Le distinzioni di un periodo dall'altro non sono nette ed anzi le varie fasi sfumano l'una nell'altra. Pur nella varietà dei periodi, I`elemento comune a tutti è sempre il pensiero hegeliano, anche quando il C. si distacca per alcuni aspetti da esso.
La fase propriamente poetica si estende dal '43 al '60 e la sua poesia si richiama ai canoni estetici del romanticismo in opposizione a quelli del classicismo. Dopo le Ultime lettere di un profugo (1847), la composizione del Prometeo (1848) rappresenta il passaggio decisivo da un pessimismo intuitivo ad un pessimismo più critico e riflessivo. Nell'ultimo periodo della sua vita prevalsero nel C. le forme del pensiero filosofico. Il periodo culturalmente più importante del C. rimane tuttavia quello propriamente filosofico che ebbe inizio verso il 1860 con la conoscenza approfondita di Hegel. Nel 1864 il C. comincia la stampa del Pasaelogices Specimen, opera colossale per estensione, in latino.
Il C. vide nella speculazione hegeliana il punto culminante della filosofia e per questo se ne fece suo sostenitore, pur tentando di riformare l'hegelismo. L'Idea hegeliana, secondo il C., non considera che le sue determinazioni, le categorie di "essere" "essenza" "concetto", non le ha per sua intrinseca natura ma le assume dallo Spirito. Spirito e Idea sono per il C. inscindibili nel senso che, dove è Spirito, qui è anche Idea e viceversa: fuori dello Spirito non c'è né Idea né Natura. Ciò fa sì che l'essenza della filosofia è lo Spirito assoluto in quanto coscienza assoluta e logos assoluto. Per il C. si può parlare di "panlogismo", nel senso che la sua filosofia è ridotta a dottrina del logos nelle sue diverse forme. Egli aveva, d'altra parte, subito anche altre profonde influenze: quella del Leopardi e forse anche quella dello Schopenhauer, che egli chiama suo "intrinseco amico", e delle grandi dottrine pessimistiche dell'antico Oriente.
Nella sua riforma del sistema hegeliano sono già presenti alcuni punti importanti che anticipano quel sistema "contemplativo", che caratterizza l'ultimo periodo di speculazione originale. Questa elaborazione teorica personale occupa l'attività del C. negli ultimi quattordici anni della sua vita, dal 1871, anno in cui abbandona la redazione del Saggio di panlogica (Torino 1864-71), al 1884, anno della sua morte. Le idee del C. nell'ultimo periodo, oltre che in alcune brevi operette filosofiche, come la Sinossi dell'Enciclopedia speculativa (1876), le Considerazioni sul sistema della natura e dello spirito (1878) e altri minori lavori, sono contenute in particolar modo nei romanzi e nelle Massime e dialoghi.
Però, in nessuna di queste opere il C. ci ha lasciato una esposizione chiara e sistematica delle sue idee fondamentali. La filosofia del C. perviene in ultimo ad una morale ascetica e contemplativa: l'ideale della vita sta nel giungere alla contemplazione di Dio ed alla liberazione dalle passioni e il solo progresso dell'umanità è il progresso nella razionalità e nella apatia. Postume sono le edizioni di questi ultimi suoi scritti: Opera omnia, a cura di P. D'Ercole, I-XV, Torino 1885-1905, e Scritti scelti inediti di varia filosofiae letteratura, a cura di V. Alemanni, I-II, Roma 1915-20.
Bibl.: P. D'Ercole, Notizia degli scritti e del pensiero filosoficodi P. C., Torino 1886; V. Alemanni, P. C.: l'uomo, il poeta, il filosofo teoretico, Milano 1904; P. D'Ercole, La filosofia dellanatura di P. C., Torino 1904; Id., Il saggio di panlogica, ovvero l'encicl. filosofica dell'hegeliano P. C., I-II, Torino 1911, P. Martinetti, P. C., in Saggi e discorsi, Torino 1926; V. Alemanni, P. C., in Filosofia, II (1950), pp. 150-169; G. Gentile, Storia della filosofia ital., Firenze 1969, pp. 631-42.