CONTARINI, Pietro
Nacque a Venezia verso il 1446, dal secondo matrimonio di Adorno, del ramo contariniano dei SS. Apostoli. Il padre era già morto quando, nel nov. 1464, la madre Orsa Trevisan presentò il giovane diciottenne agli Avogadori di Comun. Ebbe incarichi politici di secondaria importanza: forse una scelta che egli stesso aveva maturato per dedicarsi con maggior serenità allo studio e alle lettere. Sovente le testimonianze che lo riguardano non vanno oltre la sparna notizia: nel 1468 fu avvocato "per le corte"; podestà di Oderzo (1470), fu scelto come arbitro di una contesa, riguardante i confini sul monte Cavallo, tra la Comunità di Belluno e i conti di Polcenigo. In seguito (1477) ebbe l'ufficio di auditore nuovo.
Nella chiesa dei SS. Apostoli il C. tenne, nel 1479, l'elogio funebre del cavaliere Marco Comer, che era padre della regina di Cipro. Il testo (Oratio in funere M. Cornelii) uscì in quell'anno stesso stampato da Filippo Veneto e, se si può prestar fede all'intestazione, il C. faceva parte dei Senato, benché su ciò nessun'altra fonte si esprima. Nel 1480 fu provveditore a Peschiera; ritornato a Venezia, si sposò.
Non è sicura la data delle nozze: un registro conservato nell'archivio dell'Avogaria di Comun, appartenuto al patrizio Pietro Barbaro, registra il matrimonio nel 1483. Concorda anche il Priuli nelle sue Genealogie, specificando il nome della moglie: Isabetta, figlia di Paolo Gradenigo. M. Barbaro crede invece che l'atto si debba collocare nell'anno successivo.
Alla morte del doge Marco Barbarigo (14 ag. 1486), trovandosi a Venezia un ambasciatore turco che aveva pregato la Signoria di assistere alle esequie solenni, si pensò di mettergli al fianco degli uomini esperti che gli spiegassero il significato della cerimonia. Tra questi vi fu il C. definito, dalla fonte che ci tramanda il fatto, "venetae historiae scriptor accuratus et prudens" (Callimachus Experiens). Di tale sua attività letteraria non ci è giunta altra traccia e lo stesso M. Foscarini avanza l'ipotesi che si intendesse alludere ad annotazioni private.
Negli ultimi dieci anni di vita il C. tenne l'ufficio dei Cinque savi a Rialto (14871, fu castellano e provveditore della fortezza di Coron (1489), e governatore a Nasso (1494). Mori, non si sa dove, intornoal 1496.
Delle opere del C., oltre all'orazione funebre già ricordata, cè pervenuto (Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Lat., cl. XII, 234 [= 4219]: cfr. Kristeller) un consistente gruppo di composizioni latine in distici elegiaci, spesso in forma di lettere rivolte agli amici, in lode della sua amata, Gellia. Si tratta probabilmente del lavoro che lo impegnò per tutta la vita, dove mise a frutto l'assidua lettura dei classici, e principalmente di Tibullo, Catullo e Ovidio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Segret. alle voci. Misti, reg. 5, c. 33r; reg. 6, cc. 9r, 25r, 37r, 77v, 119v, 154v;Ibid., Avogaria di Comun, Cronaca Matrimoni, reg. 106/1; ibid., Balla d'Oro, reg. 164/3, c. 64v; Ibid., Miscellanea codd., I, Storia venera, 18: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' Patritii veneri, p. 487; ibid., 25:M. Priuli, Genealogie, p. 1610; Misc. codd., III, Codd. Soranzo, 31: G. A. Cappellari Vivaro. Campidoglio venero, p. 803; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. Lat., cl. XII, 243 (4219); M. Sanuto, Diarii, X, Venezia 1883, col. 765; XI, ibid. 1884, col. 450; Callimachi Experientio [F. Buonaccorsi], De his, que a Venetis tentata sunt, Haganoae 1533 (pagine non numerate); M. F. Sansovino, Della Venetia città nobilissima, I, Venezia 1663, p. 149; G. Agostini, Istoria degli scrittori viniziani, II, Venezia 1754, p. 283; Orazioni, elogi e vite, scritte da letter. veneri Patrizi, a cura di G. A. Molin, I, Venezia 1795, pp. 128-140; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, p. 406; M. Foscarini, Della letter. veneziana, Venezia 1854, pp. 255 s.; G. Soranzo, Bibliogr. venez., Venezia 1885, p. 369; A. Medin, Storia della Repubblica di Venezia nella poesia, Milano 1904, p. 523; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, II, Bergamo 1928, p. 101; P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 262.