CORCADI (Conradi, Corradi), Pietro
Nacque probabilmente a Bolsena (Viterbo) nella seconda metà del sec. XIII.
Le fonti letterarie non riportano alcuna notizia sull'infanzia e la fanciullezza del C. e pochissime, del resto, sono quelle relative a tutta la sua vita ed attività, la cui conoscenza rimane, finora, quasi esclusivamente affidata alle assai scarne e incerte notizie deducibili dalla cosiddetta "cronaca Orsucci" a lui attribuita. Da questa si può dedurre che nacque con ogni probabilità nella seconda metà del sec. XIII; nel proemio infatti l'autore afferma che, quando nel 1290 iniziò il lavoro, era "iuvenis et ignorans". Per quanto riguarda poi il luogo della nascita sussistono due ipotesi; l'una lo vuole nativo di Bolsena, di cui narra con precisione e ricchezza di particolari avvenimenti che altre fonti storiche trattano con maggior trascuratezza, l'altra ne rivendica la nascita a Firenze sulla base, soprattutto, della preponderante importanza data nella cronaca ai fatti di questa città e dell'uso di chiamare "parte nostra" quella dei Fiorentini. Ma, mentre ambedue questi ultimi argomenti sembrano alquanto deboli, la prima ipotesi appare rafforzata e convalidata dalle ricerche - senza dubbio da allargare e approfondire - di uno storico locale, Consalvo Dottarelli, che ha identificato il C. in un Pietro Conradi varie volte presente nei documenti cittadini. Se è giusta l'identificazione, ai dati indiziarii possiamo accostare quelli documentari.
Il 4 marzo 1281 durante la prima visita pastorale del vescovo diocesano Francesco da Bagnoregio il C., insieme con altri illustri cittadini di Bolsena, sedette alla tavola del vescovo apparecchiata nella canonica della chiesa di S. Cristina, primo segno di un precoce prestigio e dei suoi futuri allineamenti politici. Pochi anni dopo, nel 1294, lo ritroviamo infatti podestà in Bolsena per la Chiesa; proprio durante la sua podesteria la città subì uno dei più violenti. attacchi che mai Orvieto, sempre desiderosa di estendere il suo diretto dominio sui castelli della Vai di Lago, le avesse sferrato. L'assedio, iniziato alla fine di maggio, fu, nel racconto del C., duro e feroce, per di più favorito e facilitato dalla defezione e dal tradimento di alcuni bolsenesi tra cui lo stesso comandante della piazza, Andrea, fratello del C., che introdusse in città gli Orvietani. Il 12 giugno Bolsena, ormai ridotta allo stremo, per evitare la totale distruzione si arrese; il C. con un figlio, la moglie e tutta la sua famiglia fu condotto prigioniero ad Orvieto dove rimase fino all'anno successivo. In un atto del 24 giugno 1295 è infatti nominato dal bolsenese Cloro Clori a rappresentarlo, insieme con tali messer Pietro di Guidone e messer Bartolomeo di Simone, davanti alla Curia del podestà d'Orvieto nella causa che egli aveva contro il Comune delle Grotte. Ma l'anno successivo è di nuovo a Bolsena dove dal 4 settembre la S.. Sede aveva definitivamente imposto il suo assoluto dominio.
Con la bolla Illius vices, emanata appunto in quel giorno, papa Bonifacio VIII aveva infatti troncato ogni dissidio con Orvieto imponendo che tutti i castelli di Val di Lago fossero sottoposti al regime della Sede apostolica, che questa e ilComune di Orvieto eleggessero alternativamente il podestà in ogni castello della Val di Lago, che tali castelli fossero tenuti a mandare ad Orvieto "palleum valoris sex librarum in die iovis carnisprivii" (Cod. dipl., p. 352). Legati a questo documento e alle sue disposizioni sono i successivi avvenimenti della vita del C.; il 28 novembre egli è infatti presente nella sua qualità di giudice ordinario - così testimonia il documento, ma niente di più si sa della sua carriera - alla notifica della bolla che il cappellano del papa, Oddone degli Arcioni, fece ai Bolsenesi e alle altre terre di Val di Lago, mentre l'11 febbraio, ancora una volta come vicario per la Chiesa, elegge il nuovo sindaco di Bolsena destinato a portare il pallio al podestà di Orvieto, Barone di San Miniato.
Dopo un lungo periodo privo di notizie sono di nuovo i dati indiziarii a fornirci una indicazione; attraverso la cronaca si può, infatti, dedurre che il C. fosse ancora in città nel 1323 quando alcuni ghibellini senesi al comando di Geo o Deo dei Tolomei, di ritorno da un mancato attacco ad Orvieto fomentato dalla presenza nella cavalleria toscana di alcuni Filippeschi, si spinsero fino a Bolsena nel tentativo, non riuscito, di saccheggiarla. Frattanto i rapporti tra Papato e Impero si andavano rapidamente deteriorando; il pontefice Giovanni XXII aveva ripetutamente cercato di frenare l'ascesa di Ludovico II il Bavaro giungendo a scomunicarlo il 23 marzo 1324, ma il pericolo per le terre della Chiesa era sempre grande. A Bolsena la prima scomunica fu pubblicata il 3 agosto sulla piazza di S. Cristina innanzi al Parlamento convocato dal vicario; una seconda scomunica, quella lanciata da Avignone il 15 sett. 1324 mediante la bolla Dudum pro eo furesa pubblica con le stesse formalità il 21 dicembre di quell'anno. . Il C. ne fu testimone e firmatario insieme a Nerio Bernardi e ser Monaldo di Giovanni da Bolsena. Ma la sua partecipazione agli avvenimenti che legarono Bolsena al Bavaro non si limitò a questo; quattro anni dopo lo ritroviamo, infatti, a difendere la sua città dagli attacchi dell'imperatore durante la marcia di ritorno in Germania. La contesa, iniziata il 4 agosto, fu - è lo stesso C. a raccontarla - assai aspra, ma Bolsena, sebbene difesa da non più di 50 tra fanti e cavalieri inviati dal rettore del Patrimonio, resistette tanto da costringere il Bavaro a togliere il campo.
Con gli avvenimenti del 1328 sembra terminare la permanenza del C. in patria; nella cronaca attribuitagli non ci sono più riferimenti a Bolsena, mentre l'attenzione si concentra sulle vicende di Firenze tra cui l'inondazione del 1333 e la presa di potere di Gualtieri di Brienne di cui il C. si mostra fautore. Tali circostanze hanno fatto supporre una sua milizia nell'esercito fiorentino, ma siamo nel campo delle pure ipotesi, così come rimane ipotetico anche l'anno della sua morte, che dovette comunque essere successivo al 1342, anno con cui si conclude la narrazione contenuta nel codice Orsucci, e anteriore al marzo 1355, anno in cui lo attesta morto un documento in cui compare uno dei suoi figli, Cecco. Si ha ricordo anche di un altro figlio, forse il primogenito, di nome Pietruccio.
La cronaca attribuita al C. è contenuta nel cod. O.40 dell'Archivio di Stato di Lueca, comunemente noto come codice Orsucci. Si tratta più che altro della prima stesura di un'opera di carattere più compilativo che originale che l'autore realizzò sia mettendo insieme preesistente materiale storico latino e volgare relativo alla storia generale e a quella di Firenze e della Toscana, sia aggiungendo notizie nuove come quelle attinenti alla storia di Bolsena. Le sue fonti principali, a volte trasferite di peso nella nuova trattazione, sono il Chronicon di Martin Polono, il Libro fiesolano nella versione del cod. Laur.-Gaddiano Reliqui 18, la Cronaca da Ottaviano a Benedetto XII conosciuta come Cronaca Napoletano-Gaddiana e, forse, lo stesso Giovanni Villani. Come si intuisce, soprattutto un centone di opere che ha però il pregio di fornire particolari originali e di chiarire alcune vicende poco conosciute circa alcune terre del Patrimonio di S. Pietro.
Fonti e Bibl.: S. Baluze-I. D. Mansi, Miscellanea novo ordine digesta, IV, Lucae 1764, pp. 98-116 (con ediz. parz. della cronaca); P. Scheffer Boichorst, Florentiner Studien, Leipzig 1874, p. 227; Quellen und Forsch. zur ältesten Geschichte der Stadt Florenz, a cura di O. Hartwig, Marburg 1875, pp. XXX-XLIII; Codice diplom. della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1884, p. 346 n. DLXII; Inventario dei R. Arch. di Stato di Lucca, IV, Lucca 1888, pp. 294 ss.; P. Santini, Quesiti e ricerche di storiografia fiorentina, Firenze 1903, pp. 51 ss.; Ephemerides Urbevetanae, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XV, s. 1, a cura di L. Fumi, pp. 189-200; C. Dottarelli, Storia di Bolsena, Orvieto 1928, pp. 204-208 e passim;A. Del Monte, La storiogr. fiorentina dei secc. XII e XIII, in Bull. d. Ist. stor. ital., LXII (1950), pp. 187 s.; Repertorium fontium hist. Medii Aevi, III, p. 401.