D'ASARO, Pietro
Nacque a Racalmuto (Agrigento) intorno al 1579, dato che in un rivelo, redatto il 25 nov. 1636, il D. dichiara di avere 57 anni (Demma, 1984). Fu detto il Monocolo, l'Orbo di Racalmuto (egli stesso si firmava "Mono-colus Racalmutensis").
Scarse e frammentarie le notizie biografiche dei D., soprattutto per gli anni giovanili. Dai pochi documenti rintracciati (cfr. Demma, 1984) risulta nel 1618 presente a Racalmuto come padrino di battesimo, insieme con il fratello Paolino sacerdote; nel 1623 viene ricordato come "clerico" (aveva preso cioè gli ordini minori), coniugato con una certa Vincenza e padre di un figlio, Giovanni Battista. Nel 1636 aveva quattro figli, un discepolo diciottenne, Guido di Benedetto (del quale rimane un dipinto nella chiesa del Monte di Racalmuto), un garzone, la madre a carico, ed era proprietario di beni consistenti in case e terreni. Altri documenti notarili degli anni 1632-36, per acquisti di terreni e questioni di eredità, denunciano una posizione economica abbastanza agiata.
Ma fino al 1607, anno in cui firma e data un S. Michele arcangelo, oggi perduto, per la chiesa di S. Maria di Gesù dei minori osservanti presso Palermo (Mongitore, ante 1743), non esiste alcuna traccia della sua attività artistica. Si pone a questo punto il problema assai complesso della formazione del D. dato che i biografi forniscono notizie avare e contraddittorie. Le ipotesi di Demma 0984), sulla scorta delle fonti antiche, sembrano essere le più convincenti. Dopo un primo tirocinio a Palermo, nell'ultimo decennio del Cinquecento, in un ambiente pittorico dominato dalla cultura tardomanierista centromeridionale, si può supporre che il D... negli anni tra il 1600 e il 1607 circa, abbia compiuto un viaggio di studio e di aggiornamento in alcuni dei principali centri artistici italiani.
Recatosi a Roma forse nell'anno del giubileo del 1600, si può presumere che vi si fermò qualche anno aiutato anche dai vari pittori siciliani ivi residenti, primo fra tutti T. Laureti. Successivamente si recò a Genova, appoggiato forse dai Del Carretto, signori di Racalmuto, di origine ligure, che con ogni probabilità dovettero procurargli alcune commissioni di famiglie nobili, e subito dopo a Milano. Tornato in Sicilia certamente prima del 1607, il D. si ritirò a Racalmuto, dove la sua presenza è documentata più volte fino alla morte - avvenuta l'11 giugno 1647 - tranne brevi spostamenti a Palermo e nei paesi dell'Agrigentino. Le prime opere certe a noi note sono il S. Giuliano (1608) nella chiesa di S. Giuliano di Racalmuto la Natività con i SS. Chiara, Francesco e Giovanni Battista (1609) per la chiesa di S. Vito di Chiusa Sciafani (oggi nei depositi della Galleria regionale di palazzo Abatellis di Palermo), il S. Carlo Borromeo in adorazione del Crocifisso (1612) nel convento di S. Domenico di Palermo e un S. Nicolòin trono (1613) oggi nella chiesa madre di Racalmuto, proveniente dalla chiesa omonima. Dipinti che rivelano chiaramente l'assimilazione della cultura tardomanieristica locale di matrice paladinesca con apporti toscoromani, largamente diffusa in quei decenni nella Sicilia occidentale, e che sul piano dello stile sono molto vicini agli esiti dei due "Zoppo di Gangi" (G. Vazano e G. Salerno) e di L. Bazano. A questo stesso periodo, intorno agli anni 1609-1613, sono riferibili anche tre piccole tele palermitane raffiguranti l'Adorazione dei magi, forse bozzetti di pale d'altare, di finissima mano, due conservate nella Galleria di palazzo Abatellis e una nella chiesa di S. Cita di Palermo; la Vergine con S. Elisabetta nella chiesa di S. Giovanni di Mussomeli, il Crocifisso con i SS. Ausiliatori e una Sacra Famiglia, entrambi nella chiesa del Carmine di Racalmuto.
All'incirca negli anni tra il 1613 e il 1618 si collocano una serie di dipinti di genere del D., ricordati dalle fonti - "... segnalossi ancora ne' suoi quadri, e specialmente nel dipingere paesi, frutta, fiori e diversità di animali, volatili maritimi e campestri, ... in Palermo e in altre città del Regno" (Fedele da San Biagio, 1788, p. 207) - con soggetti allegorico-biblici caratterizzati da un vivo interesse per la raffigurazione di animali e di nature morte e dalla deformazione espressionistica, quasi caricaturale, delle figure: quella che è stata definita la "pittura brutta" del D. (Mirabelli, 1984). Si tratta, in particolare, di due tele raffiguranti Or o (Palermo, coll. priv. e GalfeJeria di palazzo Abatellis, proveniente dalla raccolta di Agostino Gallo); di due Scene di naufragio (coll. priv., Palermo e Taormina), e di un dipinto raffigurante David e Abigail della coll. Anastasi di Palermo.
Nell'ambito della produzione a soggetto religioso sono databili in questi stessi anni il S. Michele arcangelo della chiesa dell'Itria di Racalmuto, l'Immacolatacon i SS. Francesco e Chiara della chiesa madre; e inoltre una tavoletta con La Maddalena penitente (prov. dal convento dei cappuccini di Castronovo) e una Lapidazione di S. Stefano, entrambe firmate, dei depositi della Galleria di palazzo Abatellis a Palermo e La morte del Giusto della Pinacoteca Zelantea di Acireale (proveniente dalla coll. Leonardi).
Nel 1618 l'artista eseguì il Martirio dei SS. Crispinoe Crispiniano, firmato e datato, per l'oratorio omonimo di Termini Imerese, oggi nella chiesa di S. Carlo, in cui si possono cogliere, pur nell'impianto compositivo di tipo manieristico, chiari influssi caravaggeschi, soprattutto nei contrasti luministici e nelle notazioni di crudo realismo. Questa attenzione al linguaggio caravaggesco, sebbene in maniera epidermica e discontinua, si riscontra in altre opere immediatamente successive: dall'Ultima Cena (1611) della Galleria di palazzo Abatellis (prov. dal convento di S. Maria di Gesù di Palermo), con precisi riferimenti alla tela di ugual soggetto di Alonzo Rodriguez e puntuali citazioni da F. Paladini, alla Visitazione (1622) del Museo diocesano di Palermo (proveniente dalla Congregazione di S. Maria di Gesù), ritenuta una delle sue prove migliori, all'Immacolata della chiesa di S. Giuseppe di Termini Imerese, proveniente dall'ex collegio gesuitico.
Fra le altre pale d'altare che si possono datare negli anni Venti del Seicento vanno ricordate almeno la Cena in casa del Fariseo della chiesa madre di Racalmuto, il Miracolo di S. Isidoro Agricola della chiesa della Madonna della Stella di Barrafranca (di controversa attribuzione), la Madonna dell'Itria della chiesa omonima di RacaImuto, e infine il singolare Autoritratto della chiesa madre di Racalmuto.
Le ultime opere del D. - una Sacra Famiglia con i ss. Gioacchino e Anna (1626) della chiesa madre di Cammarata e una Sacra Famiglia (1633) della chiesa madre di Canicattì, "sacre conversazioni" con marcati accenti arcaizzanti, la Madonna della Catena della chiesa madre di Racalmuto e la Vergine del Rosario della chiesa di S. Maria di Gesù di Racalmuto, firmata e datata 1636, oggi distrutta - evidenziano il ritorno a moduli stilistici e compositivi di un gusto tardomanieristico ormai estenuato, malgrado l'inserimento di eleganti nature morte e di vibranti effetti luministici.
A Palermo, nella Galleria regionale di palazzo Abatellis, si conserva inoltre un piccolo gruppo di disegni del D., provenienti dalla collezione Sgadari di Lo Monaco (Presentazione al tempio, Fugain Egitto, in S. Rosaliapreghiera, S. Rosaliaintercede per la città di Palermo, Scene di martirio, Sacra Famiglia), studi preparatori di pale d'altare.
Per spessore di riferimenti e originalità di elaborazione, la personalità del D., pur nei limiti di una cultura provinciale e periferica, si impone come una delle più rappresentative ed eclettiche - insieme allo Zoppo di Gangi, G. Alvino e al Bazano - nel variegato panorama artistico della Sicilia occidentale dei primi decenni del Seicento, degna pertanto di una maggiore considerazione critica.
Il substrato manieristico mutuato dalla lezione paladinesca e sostanziato da altri apporti continentali, sul quale si innestano in alcune fasi del suo percorso spunti caravaggeschi e richiami alla cultura genovese, soprattutto nelle opere a soggetto profano, costituisce l'aspetto più facilmente definibile del suo stile, arricchito spesso da un gusto narrativo e da notazioni realistiche e di "genere" di indubbia qualità.
Fonti e Bibl.: Per la bibl. completa e il corpus dei dipinti si rimanda al catal. della mostra dedicata al D. nel 1984. Ma vedi anche; A. Mongitore, Memorie dei pittori, scultori... siciliani [ante 1743], a cura di E. Natoli, Palermo 1977, pp. 125 s.; G. Meli, La Pinacoteca del Museo di Palermo, Palermo s. d., pp. 24-28, 34, 58 s.; R. Pirri, Sicilia sacra, I,Palermo 1733, p. 758; Fedele da S. Biagio, Dialoghi familiari sopra la pittura, Palermo 1788, pp. 206-210; V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, a cura di G. Di Marzo, I, Palermo 1856, p. 395; II, ibid. 1859, pp. 584, 618; S. Lanza di Trabia, Nuovissima guida per il viaggiatore in Sicilia, Palermo 1884, pp. 162 s.; G. Orlando, Breve storia del santuario in S. Maria di Gesù vicino Palermo, Palermo 1886, p. 139; N. Tinebra Martorana, Racalmuto. Mem. e tradizioni, Girgenti 1897, pp. 163-167; G. Patiri, Termini Imerese antica e moderna, Palermo 1899, p. 93; P. A. Gioia, Mem. storiche di Canicattì, Palermo 1919, p. 29; A. Rizzo, Il Monocolo di Racalmuto, in Giornale di Sicilia, 9 marzo 1925; R. Cusimano, Brevi cenni di storia termitana, Palermo 1926, pp. 88, 106; R. Grillo, P. D., in L'Ora del Popolo, 13 luglio 1948; Id., Un pittore della maternità gloriosa: P. D., in L'Illustraz. siciliana, sett.-dic. 1952, pp. 4 s.; S. Morgana, IlMonocolo pittore, in Boll. della Camera di commercio di Enna, agosto 1953, pp. 39 s.; D. De Gregorio, Cammarata, Palermo 1965, pp. 42 s.; N. E. Messana, Racalmuto nella storia della Sicilia, Canicattì 1969, pp. 121 s.; VIIMostra di opere d'arte restaurate (catal.), a cura di M. Stella, Palermo 1970, pp. 17 s.; M. Donato, La pinacoteca Zelantea di Acireale, Acireale 1971, pp. 121 s.; A. Barilaro, S. Domenico di Palermo, Palermo 1971, pp. 52, 162 s.; B. Alessi, Y-O., in L'Amico del popolo, 15 e 29 luglio 1973; M. R. Chiarello, Lo Zoppo di Gangi, Quaderno A.F.R.A.S. (Arch. fot. reg. arte sic.), n. 6, Palermo 1975, p. 111; T. Viscuso, in XMostra di op. d'arte restaurate, Palermo 1977, pp. 89 ss.; M. P. Demma, L'attiv. di P. D. attraverso lafase mediana della sua produz., in BCA-Sicilia, IV (1983), 1-4, pp. 83-92; V. Abbate, in Caravaggio in Sicilia. Il suo tempo, il suo influsso (catalogo), Palermo 1984, pp. 70-72; M. P. Demma, ibid., pp. 256-258; Id., P. D. "Il Monocolo di Racalmuto" (catal.), Palermo 1984; U. Mirabelli, La pittura brutta di P. D.: il disordine della fantasia, in Sicilia Tempo, XXII (1984), 205, pp. 25 ss.; Id., Armonia e disordine della fantasia nella pittura del Monocolo di Racalmuto, ibid., 213, pp. 65 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, II, p. 173 (sub voce Asaro, Pietro); Dizionario dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 163; Diz. Encicl. Bolaffi, I, p. 243.