PIETRO da Firenze
PIETRO da Firenze. – Di questo francescano fiorentino, autore o compilatore di un testo agiografico su una badessa vallombrosana del Trecento, allo stato attuale degli studi non sono noti gli estremi cronologici di nascita e morte, che soltanto presuntivamente possono essere collocati non più tardi della prima metà del Quattrocento, sulla base del primo testimone manoscritto.
Pietro non è infatti che un nome sulla c. 22v del manoscritto quattrocentesco Riccardiano 271, in cui all’inizio del secondo di due testi agiografici dedicati alla beata Margherita da Faenza si legge: «Incipiunt capitula aliquorum notabilium de vita sancte memorie sororis Margharite de Faventia recollectorum per fratrem Petrum de Florentia de ordine minorum». Sulla base di questo titolo, che verrà riportato in forma pressoché identica nelle successive copie e volgarizzamenti che dal testo furono tratti, lo sconosciuto Pietro è stato tradizionalmente considerato l’autore di uno dei due scritti medievali dedicati alla beata faentina, attestati per la prima volta nel codice Riccardiano.
Anche di Margherita si hanno poche notizie certe, e in gran parte ricavate da questi due testi, i Notabilia di Pietro da Firenze e le Revelationes et gratie quas Dominus exhibuit sorori Margharite, scritte dal presbitero Giovanni da Faenza, nipote della beata.
Vissuta tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, Margherita fu una delle discepole di santa Umiltà che verso il 1280 la accompagnarono nel viaggio da Faenza a Firenze, città in cui ella sarebbe morta intorno al 1330, dopo aver aiutato la badessa nella costruzione di un monastero femminile vallombrosano in onore di s. Giovanni evangelista. Alla fama di Margherita, che rimase circoscritta all’agiografia tosco-romagnola, ha contribuito soprattutto la sua tradizionale identificazione con la monaca di piccole dimensioni che, nel polittico di Pietro Lorenzetti raffigurante santa Umiltà e conservato a Firenze nella Galleria degli Uffizi, si trova ai piedi della sovrastante badessa.
Il testo dei Notabilia, a differenza di quello di Giovanni da Faenza il quale si qualifica più volte nel corso della sua opera, non fornisce indicazioni autobiografiche: il nome di Pietro compare solo nella rubrica iniziale in ambedue i manoscritti medievali che lo riportano, il citato Riccardiano 271 e il suo apografo Laurenziano Plut. 89 inf. 24, posteriore di circa un secolo, nel quale il titolo presenta, come si dirà subito, qualche variante. Trascritti di seguito nei due manoscritti fiorentini, i testi di Pietro e di Giovanni furono utilizzati dagli agiografi successivi che hanno scritto, peraltro molto brevemente, di Margherita, fino alla loro pubblicazione negli Acta Sanctorum (1741). In particolare, dal testo di Pietro fu tratto un volgarizzamento contenuto, senza indicazioni di paternità, in un altro codice fiorentino del XV secolo (Riccardiano 1563), e all’inizio del ’600 il frate camaldolese Silvano Razzi, inserendo Margherita nella sua raccolta Vite di santi e beati toscani, tradusse in italiano gran parte dei Notabilia. Trent’anni dopo (1632) fu pubblicata a Firenze la prima biografia di santa Umiltà che si avvicinava alla definizione moderna del termine, seguita da quella di Margherita. L’autore, l’abate vallombrosano Ignazio Guiducci, scriveva in italiano, ma elencava le fonti latine da cui aveva tratto le notizie, indicando per Margherita gli scritti di Giovanni e di Pietro; specificava però che su questi due personaggi, nonostante accurate ricerche, non era riuscito a sapere nulla. A distanza di quasi quattro secoli la situazione non è mutata: anche il bollandista Johannes Stilting, che trattando di Margherita nel quinto volume di agosto degli Acta Sanctorum ha pubblicato integralmente i testi di Giovanni e di Pietro, non ha aggiunto nulla sui loro autori rispetto a quanto scritto da Guiducci.
I Notabilia, come le coeve Revelationes di Giovanni da Faenza, si configurano come uno dei primi esempi italiani di autobiografia spirituale, in cui l’interesse è focalizzato non sulle vicende della protagonista, che rimangono sullo sfondo, ma sulla sua vita mistica caratterizzata da frequenti visioni (di Dio Padre, del Figlio, di angeli e santi tra cui in particolare Umiltà e Giovanni evangelista) e da un’intensa partecipazione alla passione di Cristo. Queste visioni che la beata, ormai anziana, si sarebbe lasciata convincere a raccontare al frate Pietro, e alcuni episodi della sua vita di cui è accentuata la dimensione spirituale, costituiscono il contenuto dei Notabilia. Alla mancanza o alla genericità delle indicazioni cronologiche e dei riferimenti a episodi della vita di Margherita (compresi i rapporti con il frate Pietro, anch’essi quanto mai vaghi), si contrappone l’insistita ripetizione di affermazioni che testimoniano la familiarità dello scrivente con la beata: «sicut mihi narravit», «retulit mihi praedicta», «ut mihi retulit», «quando haec Margarita mihi narrabat», «ad dubii mei declarationem hoc mihi narravit», «sicut mihi multoties referebat» (Simonetti, 2002, pp. 175 s.). Se si considera che le visioni e gli episodi della vita della beata, con poche differenze, sono gli stessi che si leggono nelle Revelationes di Giovanni, e che anche il prologo e la conclusione ricalcano le stesse espressioni che si trovano in Giovanni (il quale però dichiara sia il proprio nome sia quello della badessa che sarebbe stata la committente del testo), queste dichiarazioni dell’autore dei Notabilia (Pietro?) hanno il sapore di un espediente finalizzato a convincere il lettore di una conoscenza diretta della vita di Margherita.
Se la lettura del testo non offre indizi illuminanti sulla figura dell’autore, permette peraltro alcune considerazioni. Si è osservato che il nome Pietro non ricorre mai nel testo dei Notabilia; nel codice Laurenziano, inoltre, il nome Pietro si legge all’inizio della parte relativa a Margherita come titolo d’insieme di entrambi i testi, le Revelationes e i Notabilia, quasi a voler indicare nel monaco fiorentino il compilatore della raccolta relativa a Margherita e non uno degli autori (Laurenziano, Plut. 89 inf. 24, c. 73v: Quedam revelationes et miracula beate Margarite de Faventia eiusdem monasterii abbatisse recollecte per fratrem Petrum de Florentia ordinis fratrum minorum), mentre il testo tradizionalmente attribuito a Pietro, che segue senza stacchi quello di Giovanni da Faenza, è preceduto da un’intitolazione generica (c. 77v: Quedam alia notabilia de vita beate Margarite de Faventia abbatisse sancti Ioannis evangeliste). L’ambiguità non è chiarita dalla formula usata in riferimento a Pietro nella rubrica premessa ai Notabilia nel codice Riccardiano 271, c. 22v: Capitula aliquorum notabilium de vita sancte memorie sororis Margharite de Faventia recollectorum per fratrem Petrum de Florentia de ordine minorum.
L’insieme di questi elementi contribuisce ad alimentare il sospetto che le notizie contenute nei Notabilia non si fondino, a differenza di quelle che si leggono in Giovanni da Faenza, su un effettivo ascolto, o comunque una conoscenza diretta delle parole di Margherita, ma che essi siano un testo costruito a tavolino in cui il redattore rielabora con uno stile un po’ piatto, se pur con qualche ricercatezza stilistica, il testo più breve di Giovanni, aggiungendo affermazioni volte a ribadire una presunta familiarità con la beata che risalirebbe all’infanzia del monaco («propter intimam familiaritatem quam secum puer habueram»: Simonetti, 2002, p. 198): familiarità della quale, peraltro, non risultano riscontri concreti. E queste omissioni, comprese le circostanze della morte di Margherita alla quale non si fa cenno, appaiono tanto più ingiustificate se si tiene conto della dichiarazione di Pietro di aver ottenuto le rivelazioni della monaca quando questa era già molto anziana («Unde cum esset etatis annorum centum et ultra, sepe super hoc secum habui prolixum colloquium in secreto, et post multa rogamina, sub secreti sigillo quod illa nunquam, dum viveret, propalarem […] hoc michi oretenus enarravit», p. 198).
Dal momento che né il testo dei Notabilia né testimonianze esterne permettono di far luce sull’identità dell’agiografo, si può giungere a mettere in dubbio che questi sia stato un minorita fiorentino di nome Pietro. Se, alla luce delle indicazioni che ha trasmesso il codice Laurenziano, si avanza l’ipotesi che Petrus de Florentia ordinis fratrum minorum non sia stato l’autore dei Notabilia de vita sororis Margarite de Faventia, ma solo il redattore che ha riunito i due testi sulla beata faentina (le Revelationes di Giovanni da Faenza e gli anonimi Notabilia), si verrebbe a spezzare anche l’esile filo che lega la paternità di questa opera al frate Pietro da Firenze.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca Riccardiana, 271, cc. 22v-31v; 1563, cc. 158v-159v; Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 89 inf. 24, cc. 77v-84v.
S. Razzi, Delle vite de santi, e beati toscani…, II, Firenze 1601, cc. 69-72; I. Guiducci, Vita, e miracoli di sant’Humiltà da Faenza, badessa e fondatrice delle monache dell’ordine di Vallombrosa, Firenze 1632, in particolare pp. 152-164; J.S. [= Johannes Stilting], Notabilia de vita sanctae memoriae sororis Margaritae de Faventia, recollecta per fratrem Petrum de Florentia de Ordine Minorum, in Acta Sanctorum Augusti, V, Antverpiae 1741, pp. 847-851; G.G. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum s. Francisci a Waddingo aliisve descriptos… Editio nova, II, Romae 1921, p. 339; Bibliotheca hagiographica Latina, Bruxelles 1900-1901, n. 5315; A. Simonetti, Margherita da Faenza tra storia e agiografia, in Hagiographica, IX (2002), pp. 161-206 (ediz. dei Notabilia alle pp. 198-205), ripubbl. in Vallombrosa. Memorie agiografiche e culto delle reliquie, a cura di A. Degl’Innocenti, Roma 2012, pp. 177-202, 323-339 (ediz. dei Notabilia alle pp. 332-338); C. Casagrande, Margherita da Faenza, in Dizionario biografico degli Italiani, LXX, Roma 2008, pp. 137 s.