PIETRO da Mantova
PIETRO da Mantova (Petrus de Mantua, Petrus Mantuanus, Petrus Alboinis de Mantua, Petrus Alboini Mantuanus). – Nacque da Giovanni attorno alla metà del Trecento, con ogni probabilità a Mantova. È noto che il padre sarebbe stato titolare di un beneficio ecclesiastico nella cattedrale della città natale, ma sulla sua famiglia le notizie sono scarse, tanto che si ritiene preferibile privilegiare le denominazioni Pietro da Mantova o Petrus Mantuanus con le quali è prevalentemente indicato nelle fonti e pure nella letteratura critica del XIX e XX secolo.
Pietro studiò quasi sicuramente a Padova: nella documentazione universitaria è con certezza attestato nel 1389 (Gloria, 1888, p. 512). Qui poté studiare le opere logiche dei docenti di Oxford e soprattutto quelle della tradizione parigina: l’Università di Padova si distingueva allora per tali studi; vi insegnavano Biagio Pelacani da Parma, Angelo da Fossombrone, Jacopo da Forlì, Bartolomeo da Mantova, tutti conoscitori della logica sia parigina che oxoniense.
A questi anni patavini risale la stesura di una delle opere principali di Pietro, la Logica. Il testo non si distingue né per la proposizione di idee nuove né per il suo distaccarsi dal formalismo del tardo nominalismo, ma si caratterizza piuttosto per l’autonomia di interpretazione e di discussione che l’autore dimostra gettando luce, fra l’altro, sui rapporti fra logica e studia humanitatis, tanto da essere «raffinata architettura terministica» (Vasoli, 2002, p. 118).
Ben presto, tuttavia, Pietro si trasferì a Bologna, dove si coltivava in particolare lo studio della logica inglese: qui è documentato nel 1392 come lettore di filosofia naturale (Dallari, 1924, pp. 16 s.), avendo come colleghi Francesco da Camerino e Giacomo di Armi. A quell’anno risale una sua lettera diretta a Pietro Tomasi di Padova in cui si evidenziano i suoi legami ancora forti con l’ambiente padovano e i legami con un Petrus Paulus nel quale s’è voluto identificare Pietro Paolo Vergerio. A Bologna, dove svolse la sua attività di docente sino al 1399, insegnò a partire dal 1395 anche filosofia morale. Tale insegnamento gli valse una certa notorietà, tanto che proprio di tale sua attività Coluccio Salutati si congratulò in una lettera del 1398, paragonandola a quella dei più illustri filosofi inglesi contemporanei, ed esaltandone l’erudizione e le ricerche.
A tematiche di filosofia naturale è dedicata l’altra importante opera di Pietro, attribuibile forse proprio al periodo bolognese: il Tractatus de primo et ultimo instanti, secondo Cesare Vasoli «un esempio importante del tentativo di utilizzare nell’ambito dei problemi ‘fisici’ i procedimenti dei calculatores» (Vasoli, 2002, p. 118). In essa si affronta la possibilità di dare dei limiti temporali agli oggetti. Nella sua analisi l’autore, pur muovendosi sul piano della fisica escludendo ogni considerazione sia logica che teologica, parte da termini astratti della logica per tornare alle cose concrete della natura. Nel secondo e nel terzo libro sono affrontati rispettivamente l’iniziare a essere e il cessare di essere.
Quanto al suo insegnamento di filosofia morale, se ne è spesso discusso. Certo è che Pietro si occupò di Seneca, le cui Epistolae furono tra le fonti principali dei seguaci della filosofia stoica nei secoli XIV e XV e in special modo per coloro che si interessavano di etica e di filosofia morale. Lo testimonia l’importante e unico frammento pervenuto di una sua esposizione della prima lettera a Lucilio (l’Expositio primae epistolae Senecae ad Lucillum, nel cod. Vat. Lat. 5223) che dovette costituire l’incipit del corso di filosofia morale. Si tratta della lettera in cui Seneca tratta del buono e cattivo uso del tempo nella vita degli uomini, tema che al filosofo mantovano interessava in modo particolare.
Lo scritto denota una grande sensibilità e accuratezza filologica da parte dell’autore, che analizza in modo minuto ogni passo del testo.
Nonostante Pietro da Mantova (che fu anche un profondo conoscitore della fisica aristotelica, come evidenziano i numerosi lavori di Cesare Vasoli e le più recenti indagini di Marco Sgarbi cui si rimanda) sia stato attivo per un periodo di tempo piuttosto breve – un solo decennio – il suo pensiero godette di larga notorietà e fu accolto con favore negli ambienti scolastici italiani. La sua Logica ebbe larga diffusione e continuò ad essere letta e discussa tanto a Padova quanto a Bologna e Pavia sino alla sua prima pubblicazione a stampa, avvenuta a Padova nel 1492: il testo non era stato, dunque, dimenticato nemmeno a decenni di distanza dalla morte del suo autore e anzi le sue opere continuavano a essere impiegate in ambito scolastico. Anche il Tractatus de primo et ultimo instanti è considerato dalla critica contemporanea non un manuale compilativo, ma il frutto di riflessioni originali. Non per nulla a Pietro da Mantova fecero esplicito riferimento, nel Quattrocento, Gaetano da Thiene, Simone da Lendinara, Alessandro Achillini. Secondo Pietro Pomponazzi il filosofo mantovano fu «acutissimo», e l’unico fra i calculatores a meritare d’essere ricordato e studiato. La sua ‘fortuna’ si sarebbe protratta almeno sino al principio del Cinquecento, quando la logica dei calculatores declinò con la lettura delle opere in greco di Aristotele e dei commentatori greci.
La morte di Pietro da Mantova va collocata fra l’ottobre del 1398, quando appare menzionato per l’ultima volta nel registro delle lezioni, e il 1400, anno cui risale una lettera di Arcangelo della Pergola a Pietro Turchi, dalla quale si ricava per l’appunto che la sua morte sarebbe avvenuta l’anno precedente.
Fonti e Bibl.: A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), I, Padova 1888, p. 512; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799. Aggiunte e indice, IV, Bologna 1924, pp. 16 s.; R. Cessi, La giovinezza di Pietro Tomasi erudito del secolo XV, in Athenaeum, I (1913), p. 131; Epistolario di Coluccio Salutati, a cura di F. Novati, III, Roma 1896, pp. 318-322; P. Veneto, Logica Magna, a cura di M. McCord Adams, Oxford 1978, pp. XI s.
Dictionnaire des Sciences Philosophiques, a cura di A. Franck, V, Paris 1851, p. 102; C. Dionisotti, Ermolao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, Firenze 1955, pp. 219-253; C. Wilson, William Heytesbury, Medieval Logic and the Rise of Mathematical Physics, Madison 1956, pp. 32-38, 177; E. Faccioli, Mantova. Le lettere, I, La cultura nel Medioevo, Mantova 1959, p. 478; E. Garin, La cultura fiorentina nella seconda metà del ’300 e i «barbari britanni», in La rassegna della letteratura italiana, LXIV (1960), p. 187; C. Vasoli, Pietro Alboini da Mantova. «Scolastico» della fine del Trecento e un’epistola di Coluccio Salutati, in Rinascimento, XIV (1963), pp. 3-21 (anche in Arte, pensiero e cultura a Mantova nel primo Rinascimento in rapporto con la Toscana e con il Veneto, Firenze 1965, pp. 57-75, e in Id. Studi sulla cultura del Rinascimento, Manduria 1968, pp. 11-39); T.E. James, De primo et ultimo instanti Petri Alboini Mantuani, Columbia University Ph.D, Berlin-New York 1968; E. Garin, Medioevo e Rinasci-mento, Roma-Bari 1973, pp. 36 s.; T.E. James, Peter Alboini of Mantua: Philosopher-Humanist, in Journal of the history of philosophy, XII (1974), pp. 161-170; A. Maierù, Il problema del significato nella logica di P. da Mantova, in Antiqui und Moderni. Traditionsbewußtsein und Fortschritts-bewußtsein im späten Mittelalter, a cura di A. Zimmermann, Berlin-New York 1974, pp. 155-170; T.E. James, A fragment of an exposition of the First Letter of Seneca to Lucilius attributed to Peter of Mantua, in Philosophy and humanism. Renaissanxe essays in honor of Paul Oskar Kristeller, a cura di E.P. Mahoney, Leiden 1976, pp. 531-541; A. de Libera, Apollinaire Offredi critique de Pierre de Mantoue: le Tractatus de Instanti et la logique du changement, in English logic in Italy in the 14th and 15th Centuries. Acts of the 5th European Symposium on Medieval logic and semantics, a cura di A. Maierù, Napoli 1982, pp. 255-291; W.J. Courtenay, The early stages in the introduction of Oxford logic into Italy, ibid., pp. 16-28; E.P. Bos, Peter of Mantua’s Tract on Appellatio and his interpretation of immanent forms, ibid., pp. 231-252; Id., Peter of Mantua and his rejection of ampliatio and restrictio, in The rise of British logic. Acts of the 6th European Symposium on Medieval logic and semantics, a cura di O. Lewry, Toronto 1983, pp. 381-399; Id., Peter of Mantua’s treatise De veritate et falsitate, sive de taliter et qualiter, in Medieval semantics and metaphysics. Studies dedicated to L.M. de Rijk, Professor of ancient and Medieval philosophy at the University of Leiden, on the occasion of his 60th Birthday, a cura di E.P. Bos, Nijmegen 1985, pp. 291-312; M. Bertagna, La dottrina delle conseguenze nella logica di P. da Mantova, in Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, XI (2000), pp. 459-495; C. Vasoli, La tradizione scolastica e le novità filosofiche umanistiche del tardo Trecento e del Quattrocento, in Id., Le filosofie del Rinascimento, a cura di P.C. Pissavino, Milano 2002, p. 118; L. Bianchi, Le scienze nel Quattro-cento. La continuità della scienza scolastica, gli apporti della filologia, i nuovi ideali di sapere, ibid., p. 101; S. L’Occaso, Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (1382-1459), Mantova 2005, p. 334; M. Sgarbi, Pietro Alboini da Mantova. Logico, fisico e umanista della fine del Trecento, in Atti e Memorie della Accademia nazionale virgiliana di scienze lettere e arti, n.s., LXXVI (2008), pp. 77-99.