PIETRO da Sant'Andrea
PIETRO (Cathin?) da S. Andrea. – Nacque verosimilmente tra il 1180 e il 1190 a S. Andrea, località in diocesi di Faenza, secondo notizie attestate a partire dal pieno XIV secolo; ancora più tarda è invece la tradizione relativa alla sua appartenenza familiare, in quanto il cognome Catin/Cathin comincia a essere attestato da Girolamo De Rubeis alla metà del XVIII secolo, pur con riferimento a una precedente tradizione locale calabrese.
Probabilmente Pietro si unì a Francesco d’Assisi durante la missione di quest’ultimo nella Marca e in Romagna nel 1213. Nel 1217, con la creazione delle prime undici province dell’Ordine, Pietro venne assegnato come primo ministro provinciale alla Calabria.
Non fondata è la tradizione che vuole Daniele, poi martirizzato, quale primo provinciale di Calabria (in questo senso anche Lucas Wadding, Annales minorum, I, Quaracchi 1931, p. 274, che ha contribuito alla fortuna della falsa notizia).
Con verosimile coincidenza rispetto ai percorsi stradali, il primo luogo di insediamento per Pietro in Calabria fu Castrovillari, situata sulla via «a Regio ad Capuam», tra il 1217 e il 1220, dove si sarebbe fermato sul sito di un diruto monastero dedicato a s. Benedetto.
È certamente un falso, invece, la lettera attribuita allo stesso Pietro e datata al 1216, con la quale avrebbe scritto alle autorità di Seminara per ottenere un locus in cui insediare i suoi confratelli nella cittadina (Francesco Russo cerca di salvare l’autenticità del testo, negata decisamente da Primaldo Coco e Biagio Cappelli); il testo è tramandato dal solo De Rubeis ed è stato poi riedito da autori moderni, senza però giungere a conclusioni certe sulle origini del falso.
La Calabria settentrionale fu il primo e principale scenario della missione di Pietro, che qui proseguì con la costituzione di nuovi loci; in particolare quelli di Castrovillari e Cosenza sarebbero stati favoriti dallo stesso Federico II, anche se manca documentazione certa e pare anzi alquanto improbabile il diretto coinvolgimento di Federico II impegnato in Germania sino al 1220. Le varie e molto incerte tradizioni locali attribuiscono a Pietro anche la costituzione di loci a Scalea, Corigliano, Rossano, Bisignano, S. Marco, Crotone, Amantea, in assenza anche qui di documentazione coeva. Difficile stabilire per quanto tempo Pietro mantenne il ruolo di provinciale in Calabria, in quanto le fonti al riguardo sono molto tarde e sembrano sdoppiare la figura dello stesso Pietro; risulterebbe così distinto da un «Pierio» che sarebbe stato il suo primo successore nel 1226, e ancora da un Pietro da Crotone nel 1230.
La vicenda di Pietro interseca molto presto quella dei martiri di Ceuta, ad alcuni dei quali si cerca di attribuire il ruolo di provinciale; secondo questa debole tradizione a Daniele (il capo dei martiri) sarebbe succeduto nuovamente dopo l’ottobre 1227 lo stesso Pietro.
Nel 1239, a seguito della decisione di Federico di allontanare dal Regno i francescani, anche Pietro sarebbe stato costretto ad abbandonare la Calabria e (secondo Paolino da Venezia) sarebbe stato perseguitato dall’imperatore, sino a causarne la morte. Secondo Tommaso da Pavia l’episodio di violenza si sarebbe ripetuto, ulteriormente aggravato, nel 1253 sotto Corrado IV, ai danni di un Pietro provincialis Calabriae, che non può quindi coincidere con quello giustiziato da Federico II secondo Paolino da Venezia.
Corrado IV era convinto che Pietro fosse a conoscenza dei dettagli di una congiura ordita contro di lui e lo fece inutilmente torturare, malgrado tra i suoi torturatori figurassero alcuni congiurati. In seguito lo sfortunato provinciale di Calabria sarebbe defunto, non senza brillare dopo la sua morte per miracoli. Nella narrazione di Tommaso da Pavia restano punti oscuri sia la denominazione del frate (Pietro è nome sin troppo generico), sia la veridicità dell’intero episodio che, non attestato altrimenti, sembra voler avvalorare ulteriormente la tesi guelfa della crudeltà ed empietà degli Svevi; Tommaso aggiunge comunque indicazioni sulla morte in odore di santità del Pietro in questione, accompagnata da miracoli post mortem; nulla dice a proposito della data e delle modalità della morte stessa.
La morte, accettando che si tratti sempre della stessa persona, sarebbe sopraggiunta per martirio più tardi e viene fissata nel culto al 15 aprile 1264; non va però sottaciuto che l’unica fonte medievale a menzionare la morte di Pietro, cioè l’Anonimo di Erfurt, la colloca all’anno 1266.
Secondo quanto riportato solo a partire da De Rubeis, Pietro negli ultimi anni si sarebbe dedicato alla conversione della comunità ebraica di Castrovillari, sino a quando non fu imprigionato da un ebreo di nome Parrasio che lo avrebbe fatto uccidere ponendogli un elmo rovente sul capo. Difficile valutare la credibilità di quest’ultima vicenda, ignorata sino al XVIII secolo e che sembra piuttosto proiettare nel passato svevo tensioni e violenze contro gli ebrei che sembrano meglio armonizzarsi con la piena età angioina e rispondere a logiche posteriori alla cacciata degli ebrei dal Regno.
Secondo la tradizione locale, raccolta da De Rubeis, il corpo di Pietro sarebbe stato abbandonato sul greto del torrente Fiumicello, poco fuori della città, dove venne poi miracolosamente ritrovato, conteso tra diversi istituti ecclesiastici e infine sepolto nel convento da lui fondato a Castrovillari, nella cui chiesa rimase e fu oggetto di culto. Una prima ricognizione delle reliquie avvenne nel 1304 e allora forse si cominciò a riorganizzare la memoria del frate defunto. Nel XVI secolo divenne anche patrono di Castrovillari e il suo culto era noto a Wadding (Annales minorum, t. IV anno 1264, p. 234); nel 1809 le sue reliquie vennero nascoste dai frati in procinto di abbandonare il convento a seguito della soppressione e non sono state più rinvenute.
Gran parte della biografia di Pietro è caratterizzata dunque da notizie incerte e tradizioni tardive, molto contaminate, in cui forse sono confluite tradizioni differenti e che potrebbero anche fare riferimento a personaggi omonimi ma diversi tra loro. Vita e miracoli di Pietro sarebbero stati inseriti in un manoscritto risalente al XIV secolo e oggi perduto, dal quale sostiene di aver tratto una copia De Rubeis da Aquila, del convento di Castrovillari, verso il 1750 all’interno di una sua più ampia opera (Vita del Beato Pietro e Cronica dei Minori Conventuali di Calabria), una cui copia manoscritta è conservata presso privati e rimane a oggi inedita, pur essendo stata utilizzata da numerosi studiosi.
Fonti e Bibl.: Tommaso da Pavia (Thomas Tuscus), Dialogus de rebus gestis Imperatorum et Pontificum, in MGH, Scriptores, XXII, Hannoverae 1872, p. 516; (Minorita di Erfurt), Chronica Minor. Continuatio, in MGH, Scriptores, XXIV, Hannoverae 1879, p. 205; Chronica XXIV generalium ordinis fratrum minorum, Quaracchi 1897; Paolino da Venezia, Provinciale Ord. Minorum seu Polychronicon Jordanis, in Bullarium Franciscanum, V (1898), app. I, p. 594; Catalogus Sanctorum, a cura di L. Lemmens, Roma 1903, p. 24. Negli Acta SS. viene ricordato in Octobris VIII, Bruxelles 1853, p. 584, tra i praetermissi; P. Coco, Saggio di storia francescana di Calabria dalle origini al secolo XVII, Taranto 1931, pp. 1-22; F. Russo, Il b. Pietro da S. Andrea, primo ministro della provincia francescana di Calabria: appunti storico critici sulle origini francescane in Calabria, in Miscellanea Francescana, 1938-1942, pp. 432-456 (1938), 471-494 (1939), 49-76 (1940), 49-73 (1941), 39-64 (1942); poi anche in volume (Roma 1942); Id., Su alcuni apocrifi del primitivo francescanesimo calabrese, rist. da Miscellanea Francescana, XLIII (1943), in Id., Scritti storici calabresi, Napoli 1957, pp. 231 s.; B. Cappelli, Apocrifi del francescanesimo calabrese, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, XIII (1944), pp. 191-194; F. Russo, Pietro da Sant’Andrea, in Bibliotheca Sanctorum, X, Roma 1968, coll. 723 s.; Id., I francescani Minori Conventuali in Calabria (1217-1982), Catanzaro 1982; Id., Serie dei ministri provinciali della Provincia minoritica dei sette Martiri di Calabria, in Miscellanea Francescana, XXXVI (1936), poi in Id., Scritti storici calabresi, Napoli 1957, pp. 239-259; I. Fortino, I Martiri di Ceuta. Alle origini del francescanesimo in Calabria, Soveria Mannelli 2006.