PIETRO di Domenico da Montepulciano
PIETRO di Domenico da Montepulciano. – La provenienza di questo artista, documentato tra Ancona e Recanati tra il 1418 e il 1427, è materia di discussione: l’indicazione «de Monte Pulitiano» apposta sulla Madonna dell’umiltà del Metropolitan Museum of Art di New York (1420) e su altre opere ha indotto per molto tempo a individuarla in Montepulciano, in Toscana. Si è poi ipotizzato che Pietro di Domenico vide i propri natali nell’omonimo villaggio nei pressi di Filottrano, non lontano da Recanati (Rotondi, 1938, p. 181), ma la documentazione attesta anche l’esistenza di un Pietro di Domenico «pictore de Venetiis», che nel 1421 risulta cittadino anconetano e compare quale testimone di un atto (Gianandrea, 1893), plausibilmente identificabile nell'artista. Dopo la morte, nel 1434, quest’ultimo è ricordato quale «de Racaneto» e così, in altri atti, i nipoti Domenico e Pierpaolo, figli del fratello Paolo (Scoccianti, 2000; Mazzalupi, Regesto…, 2008, pp. 339 s. doc. 83).
Nel XIX secolo Ricci (1834) riferì il polittico di San Vito a Recanati del 1422, firmato «Petrus pinsit», a Pietro da Recanati, a testimonianza di un radicamento in tale località di cui evidentemente si serbava memoria.
Quale sia l’effettivo luogo di nascita di Pietro di Domenico da Montepulciano, la sua attività artistica si esplicita, in base ai documenti figurativi noti, a partire dal secondo decennio del Quattrocento.
È stato proposto che si riferisca a lui un atto del 1407 con cui i fratelli Cecco, Paolo e Pietro di Domenico, abitanti a Recanati, acquistarono una casa (Mazzalupi, Pietro di Domenico…, 2008, p. 117 nota 10), che costituirebbe la testimonianza più antica della biografia di Pietro di Domenico. A monte della prima opera datata, nel 1418, la critica ha collocato il polittico con la Madonna con il Bambino e quattro santi proveniente dalla Collegiata di Monte Santo (oggi Potenza Picena), riferito a Pietro da Gnoli (1921-22). Il registro maggiore, in cui si segnala la probabile presenza di San Girio, patrono di Monte Santo, si conserva in una collezione privata fiorentina, mentre dall’ordine superiore proviene la tavola con San Marco (Ancona, coll. privata), che doveva affiancare gli altri tre evangelisti.
Accanto a un’anconetta, relitto di un altarolo portatile, raffigurante la Madonna con il Bambino tra due sante e il Cristo morto (Hannover, Landesmuseum), l’opera evidenzia come l’itinerario formativo di Pietro debba aver compreso fonti figurative di marca adriatica, quali Bitino da Faenza operoso nella costa romagnola, e dell’entroterra marchigiano, includendo la conoscenza di Giovanni di Corraduccio da Foligno. È protagonista di questi primi risultati un’umanità sorridente e aggraziata, che costituì sempre la cifra distintiva di Pietro di Domenico, ponendolo tra le voci più poetiche della stagione tardogotica marchigiana.
Non è escluso che la sua opera più antica possa essere costituita dalla Madonna dell’umiltà (già Roma, collezione Massimo), che rivela in nuce tali caratteri (Boskovits, 1994, p. 282 nota 39), insieme a un forte influsso di Olivuccio di Ceccarello, analogamente attivo nella zona di Ancona.
Il polittico a due ordini raffigurante la Madonna dell’umiltà e santi (Osimo, Museo diocesano) fu commissionato, come recita l’iscrizione superstite con la data 1418, da Caterina, vedova di Antonio di Fanello, notaio osimano. Il polittico campeggiava in origine nel Duomo e infatti comprende, accanto ai santi omonimi dei coniugi, le immagini di vari santi venerati nella città (Fiorenzo, Vittore, Vitaliano e Benvenuto), insieme a Leopardo, titolare della chiesa.
I rapporti con Bitino da Faenza appaiono qui ancor più evidenti, specialmente nel busto di s. Benvenuto, mente gli ornati floreali in pastiglia della carpenteria rivelano una spiccata aderenza al gusto veneto, in sintonia con la destinazione adriatica di polittici e altaroli realizzati a Venezia. La stessa presenza della Madonna dell’umiltà al centro del complesso trova rispondenza in precedenti lagunari, noti nelle Marche. La più fine situazione conservativa rispetto alle tavole sopra citate rende visibile la delicatezza dei trapassi luministici e la preziosità ornamentale, il registro psicologico che trapassa dalla serena levità degli angeli e dei giovani martiri allo sguardo accigliato di s. Antonio abate, al dolce patetismo della Crocifissione apicale.
Risultati coevi sono la tavoletta con San Paolo (Philadelphia Museum of Art), di cui si è proposta l’origine dalla predella del polittico osimano (De Marchi, 1999), la Madonna dell’umiltà e due angeli affrescata nell’ex monastero annesso alla chiesa di Santa Maria di Castelnuovo a Recanati, nella quale si conserva un affresco con il Cristo passo pure attribuito a Pietro (Minardi, 2008, p. 105). A Osimo l’attività di Pietro di Domenico si ritrova in due frammentarie immagini mariane nella chiesa di S. Francesco, poi intitolata a S. Giuseppe da Copertino, ma soprattutto nella decorazione di una cappella nella chiesa abbaziale di S. Nicolò, oggi incorporata nell’attiguo convento. I deperiti affreschi che si conservano raffigurano la Crocifissione e alcune storie della Vergine nella parete di fondo, gli evangelisti e i dottori della Chiesa nella volta e una serie di santi (e una Virtù) nei sottarchi. Il ciclo dovette essere realizzato negli anni in cui fu abate Niccolò Bianchi, che nel 1422 divenne vescovo di Osimo (Mazzalupi, Pietro di Domenico…, 2008, p. 129).
La datazione al 1418-20 circa avanzata da Rotondi, che attribuì i dipinti a Pietro (1936, pp. 110-113), appare la più verosimile, considerando la posizione intermedia che a livello stilistico essi rivelano rispetto alle opere datate tra secondo e terzo decennio, nonché alcuni dettagli del costume. Si fa qui strada un pittoricismo più caldo e denso, che prelude ai raggiungimenti formali degli anni seguenti.
L’Incoronazione della Vergine (Washington, Howard University Gallery of Art) doveva costituire lo scomparto centrale di un polittico di cui non sono pervenuti altri tasselli. Nel 1420 Pietro firmò la Madonna dell’umiltà e angeli (New York, Metropolitan Museum of Art), proveniente dalla chiesa dei Camaldolesi a Napoli, alla quale giunse probabilmente da un insediamento dell’Ordine nel territorio di Ancona (Mazzalupi, 2006, p. 110). È merito di Gnoli (1921-1922) aver riconosciuto nel medesimo artista i due «Petrus» firmatari di questa tavola e del successivo polittico di Recanati.
La stesura raffinatissima delle applicazioni dorate e la lavorazione del fondo attraverso la tecnica della granitura sono un omaggio alla lezione di Gentile da Fabriano, rientrato brevemente in patria nel corso dello stesso 1420 (De Marchi, 1987), e fanno di questa una delle opere emblematiche della pittura tardogotica nelle Marche. La tavolozza cromatica si schiarisce, come si osserva nel pentittico con la Madonna dell’umiltà e quattro santi, in origine a due registri, dipinto per la chiesa di S. Vito a Recanati (Recanati, Museo Civico Villa Colloredo Mels). Il complesso, firmato e datato 1422, fu realizzato «tempore domini Francisci prepositi Sancti Viti», ovvero di Francesco di Paoluccio, che morì pochi anni dopo (Mazzalupi, Pietro di Domenico…, 2008, p. 134). Esso conferma i legami con Gentile, sanciti anche dalla fiottante esuberanza floreale intorno alla Vergine, e tali innesti si arricchiscono di una più evidente estrosità calligrafica nei contorni dei manti, in ritmi più ondulati, derivati dalla conoscenza dell’arte di Lorenzo e Jacopo Salimbeni (il secondo presente nella stessa Recanati nel 1421).
Nel corso degli anni Venti Pietro di Domenico ottenne altre importanti commissioni, tra cui la tavola con s. Pietro in cattedra (Newark, coll. Alana), presente nel XVIII secolo a Recanati e destinata alla decorazione del monumento funerario di Gregorio XII (De Marchi - Mazzalupi, Entre tradition…, 2008). Un’incisione seicentesca fornisce un’immagine prossima a quella primitiva del sepolcro del pontefice, il quale nel 1415 aveva abdicato, per essere poi nominato legato della Marca e morire nel 1419 a Recanati, la cui cattedrale di S. Flaviano ospita ancora oggi il suo sarcofago scolpito. Della tavola dipinta da Pietro resta una porzione della parte superiore, ove si apprezzano la ricchezza materica con cui è modellato l’incarnato del santo, l’eleganza gentiliana degli angeli sullo sfondo e alcune porzioni della lavorazione in pastiglia rilevata dei dettagli ornamentali, che dovevano conferire a questa figura del principe degli apostoli un lusso sontuoso. Prossimo per stile è lo stendardo processionale raffigurante la Madonna della Misericordia del Musée du Petit Palais di Avignone, realizzato per una confraternita di disciplinati delle Marche, giacché si conosce una copia pressoché letterale eseguita dal Maestro di Staffolo (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia), esponente della pittura fabrianese del primo Quattrocento.
L’anno 1423, in cui venne edificato su volontà di Giovanni di Guglielmo l’oratorio di Santa Monica presso la chiesa di Sant’Agostino a Fermo, costituisce il terminus post quem per la datazione della ricca campagna decorativa al suo interno, in cui si dipanano storie dei santi Giovanni Battista ed evangelista, evangelisti, dottori della Chiesa e altri soggetti. Malgrado la forte consunzione della pellicola pittorica, si riconosce quale autore principale del ciclo Pietro di Domenico, affiancato dall’allievo Giacomo di Nicola da Recanati (De Marchi, 1999).
L’apertura verso gli scenari paesaggistici, le invenzioni ornamentali influenzate dal gusto dei fratelli Salimbeni, l’articolazione ricca e spigliata del racconto qualificano quest’opera come la commissione di maggior impegno, tra quelle note, condotta da Pietro e una tra le sue prove più impegnate, che ebbe ripercussioni nella pittura murale del Lazio e dell’alta Campania.
Tra gli ultimi lavori di Pietro di Domenico si segnala la Madonna con il Bambino tra i santi Domenico e Pietro martire, affrescata nella chiesa di S. Marco a Osimo, che fu affidata ai frati domenicani nel 1427-28. Pur nella propria autonomia, qui il linguaggio del pittore si pone in parallelo a quello di Arcangelo di Cola da Camerino, al quale il dipinto era stato attribuito.
Nel maggio 1427 Pietro, citato come cittadino di Ancona, è ancora in vita, ma risulta già morto nel 1432. È possibile che sia morto prima del 1429.
Nel maggio di quell’anno il nipote Domenico di Paolo (attestato dal 1428 al 1450) e Bartolomeo di Tommaso da Foligno si impegnarono a condurre a termine un’ancona, iniziata da un «magistrum Perum», per la chiesa di S. Francesco ad Ascoli Piceno, di cui non si hanno altre notizie. Si è ipotizzato che il riferimento sia a Pietro di Domenico, che avrebbe lasciato l’opera incompiuta a causa della sopravvenuta morte (Mazzalupi, Intorno a Bartolomeo di Tommaso…, 2008, pp. 116 s.).
Riscoperta nel corso del XX secolo, la personalità di Pietro è stata più ampiamente definita nel corso dell’ultimo venticinquennio di studi, grazie ai quali ha conquistato il posto che merita tra i fatti più eminenti della pittura marchigiana del Quattrocento. Sul tronco della sua arte di Domenico crebbero artisti quali Giacomo di Nicola da Recanati e, in misura minore, Bartolomeo di Tommaso da Foligno.
Fonti e Bibl.: A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, I, Macerata 1834, p. 184; A. Gianandrea, Ancora del pittore Olivuccio di Ciccarello e di altri suoi contemporanei, in Nuova Rivista Misena, VI (1893), p. 37; L. Venturi, A traverso le Marche, in L’Arte, XVIII (1915), pp. 19 s.; U. Gnoli, P. da Montepulciano e Giacomo da Recanati, in Bollettino d’arte, n.s., I (1921-22), pp. 574-580; R. Longhi, Una ‘Coronazione della Vergine’ di P. di D. da M., in Vita Artistica, I (1927), pp. 18-20; P. Rotondi, Studi e ricerche intorno a Lorenzo e Jacopo Salimbeni da Sanseverino, P. da Montepulciano e Giacomo da Recanati, Fabriano 1936, pp. 107-117; Id., Un’opera sconosciuta di P. di D. da M., in Bollettino d’arte, s. 3, XXXIII (1938), pp. 173-181; I. Patrizi, Un affresco di P. da Montepulciano, in Paragone, V (1954), 31, pp. 26-32; A. Rossi, in Mostra di opere d’arte restaurate (catal.), Urbino 1970, pp. 69-74; M. Boskovits, Osservazioni sulla pittura tardogotica nelle Marche, in Rapporti artistici fra le Marche e l’Umbria, Atti del Convegno… Fabriano-Gubbio… 1974, Perugia 1977, p. 44 (riedito in Id., Immagini da meditare. Ricerche su dipinti di tema religioso nei secoli XII-XV, Milano 1994, pp. 282-284); A. De Marchi, P. di D. da M., in La pittura in Italia. Il Quattrocento, a cura di F. Zeri, II, Milano 1987, pp. 738 s.; G. Donnini, Gli affreschi in S. Nicolò a Osimo e qualche appunto su P. di D. da M., in Notizie da Palazzo Albani, XVI (1987), 1, pp. 5-15; A. De Marchi, Gli affreschi dell’oratorio di San Giovanni presso Sant’Agostino a Fermo. Un episodio cruciale della pittura tardogotica marchigiana, in Il Gotico Internazionale a Fermo e nel Fermano (catal.), a cura di G. Liberati, Livorno 1999, pp. 48-69, scheda alle pp. 93-95; S. Scoccianti, Inediti del Gianandrea, in Omaggio a Gianandrea, Atti del Convegno… Jesi-Osimo… 1998, Ancona 2000, pp. 94-96, 98-100; M. Mazzalupi, in Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento (catal.), a cura di L. Laureati - L. Mochi Onori, Milano 2006, pp. 110 s., 210-213; M. Minardi, Profili biografici degli artisti, in Gentile da Fabriano. Studi e ricerche, a cura di A. De Marchi - L. Laureati - L. Mochi Onori, Milano 2006, p. 178; A. De Marchi - M. Mazzalupi, in Entre tradition et modernité. Peinture italienne des XIVe et XVe siècles, Torino 2008, pp. 140-155; A. De Marchi, Ancona, porta della cultura adriatica. Una linea pittorica, da Andrea de’ Bruni a Nicola di maestro Antonio, in Pittori ad Ancona nel Quattrocento, a cura di A. De Marchi - M. Mazzalupi, Milano 2008, pp. 43-47; M. Mazzalupi, P. di D. da M., ibid., pp. 114-143 (con altra bibl.); Id., Regesto documentario, ibid., pp. 335-337, 339 s.; Id., Intorno a Bartolomeo di Tommaso. Ricerche sulla 'Scuola di Ancona', in Nuovi studi sulla pittura tardogotica. Intorno a Gentile da Fabriano, Atti del convegno… Fabriano… 2006, a cura di A. De Marchi, Livorno 2008, pp. 116-119; M. Minardi, Lorenzo e Jacopo Salimbeni. Vicende e protagonisti della pittura tardogotica nelle Marche e in Umbria, Firenze 2008, pp. 105 s.; Id., in The Alana Collection. Italian paintings from the 14th to 16th century, a cura di S. Chiodo - S. Padovani, Firenze 2014, pp. 240-247.