EBOLI (de Ebulo, de Ebulis), Pietro di
Apparteneva a una famiglia capuana di antica nobiltà - nei documenti gli Eboli vengono qualificati come milites, nobiles e barones - chenon ha rapporti con la città omonima nella provincia di Salerno. Non si conosce la sua data di nascita che tuttavia va collocata intorno al 1200.
Nel sec. XIII gli Eboli erano già divisi in numerosi rami. La famiglia era proprietaria di possedimenti a Capua e nei dintorni, come anche in altre località della Terra di Lavoro. Durante il regno di Federico II la "domus de Ebulo" entrò nella cerchia dei nobili più influenti, grazie ai servizi prestati all'imperatore. Il destino degli Eboli si intrecciò allora con quello delle altre grandi famiglie del Regno, come gli Acquaviva e gli Aquino, i Capece, i Caracciolo, i Filangieri, i Morra ed altri, quando i membri di queste famiglie si susseguivano nelle cariche, dopo la riorganizzazione amministrativa dell'Italia. Come tutte queste grandi famiglie anche gli Eboli furono trascinati nel conflitto tra l'imperatore e il papa e coinvolti, dopo la morte di Federico II, nelle lotte di cui furono protagonisti Corrado IV e Manfredi, Innocenzo IV e Alessandro IV, gli Angioini e il re d'Inghilterra. In base alla posizione assunta, gli Eboli vengono qualificati ancora oggi dagli storici come "guelfi" o come "ghibellini", mentre in realtà non perseguivano altro fine che l'interesse proprio e della famiglia.
Quindi anche gli Eboli erano divisi in un ramo "imperiale" e in un ramo "papale". Il primo vantava come capostipite un "Ebulus filius Marini", dal quale discendevano, senza che i rapporti di parentela siano sempre chiari, l'E. (che non va confuso con il magister Pietro da Eboli, autore del Liber ad honorem Augusti scritto per Enrico VI) e i suoi figli Marino, Tommaso, ed Enrico suo figlio o suo fratello. Tutti sono quasi sempre ricordati come partigiani di Federico II e furono investiti da lui di uffici importanti.
Fidati collaboratori dei papi, dal tempo di Innocenzo III in poi, furono invece il cardinale Tommaso di Eboli (Tommaso da Capua, forse un fratello dell'E.) e il nipote di questo, Marino Filomarino di Eboli, appartenente ad una famiglia napoletana imparentata con gli Eboli capuani mediante legami matrimoniali non meglio precisabili. Dal 1244 Marino esercitava la funzione di vicecancelliere della Curia romana e fu dal 1252 al 1257 arcivescovo eletto di Capua. La predilezione per i nomi Marino, Tommaso e Pietro in tutti i rami della famiglia complica ulteriormente la precisa collocazione genealogica dei singoli membri.
Generalmente l'E. viene qualificato come figlio di Ebulo ("domini Ebuli filius") che va identificato con tutta probabilità con quell'"Ebulus filius Marini" ricordato spesso nelle fonti capuane. L'E. comunque non va confuso con il "Petrus iudex de Ebulo", attestato verso la metà del secolo XIII nella zona di Salerno e nella valle del Sarno. L'esempio dell'E. come quello di altri membri della sua casata conferma l'osservazione che Federico II usava affidare con preferenza le cariche amministrative e militari più importanti a nobili e giuristi originari di Capua e dei dintorni; Pietro Della Vigna e Taddeo da Sessa sono gli esempi più famosi.
Dal gennaio 1224 fino all'autunno del 1226 l'E. ricopri la carica di giustiziere di Terra di Lavoro, insieme con Niccolò di Cicala.
In questa veste egli dovette indagare sui diritti del monastero di Montecassino e riscuotere nelle terre sottoposte al dominio del monastero la colletta generale per l'imperatore in previsione della Dieta di Cremona e della crociata. Dopo l'autunno del 1226 le notizie sull'E. cominciano a scarseggiare. A probabile che egli fosse impegnato nei preparativi per la crociata: nel novembre 1226 infatti Federico II nominò il "comes Petrus de Ebulo" suo procuratore per garantire il rispetto degli accordi con il papa relativi alla Terrasanta. Presumibilmente però l'E. si trasferi, come Marino ed Enrico, in un periodo imprecisato nell'Italia settentrionale. A ricordato infatti l'ultima volta in un elenco, compilato verso la fine del 1239, contenente i nomi dei lombardi presi prigionieri presso Cortenuova ed altrove ed affidati in custodia a nobili del Regno. In questo elenco compare tra i baroni della Terra di Lavoro un "Petrus de Ebulo", al quale era stato consegnato il milanese Sado de Hayato. In un documento dell'arcivescovo eletto di Capua, Marino Filomarino di Eboli, del 1252 a favore dei suoi nipoti ("Thomasius quondam domini Petri de Ebulo et Nicolaus quondam Matthei de Ebulo et Jacobus filius Marini") l'E. risulta defunto.
Figlio o forse fratello dell'E. fu Enrico, ricordato per la prima volta nel 1238 come podestà imperiale di Vicenza, dove rimase fino alla fine di aprile 1239. Nell'elenco di prigionieri lombardi detenuti nel Regno di Sicilia, della fine dello stesso anno, Enrico figura tra i baroni della Terra di Lavoro ed aveva in custodia il milanese Durando. Dopo questa data egli non è più menzionato con funzioni amministrative al servizio dell'imperatore.
Il suo nome ricorre però dal 1239 al 1249 in vari documenti capuani relativi ad affitti e permute, che lo segnalano come proprietario di beni immobili a Capua e fuori della città. Nel luglio 1251, dopo che Capua e Napoli erano passate dalla parte pontificia, anche Enrico - come altri membri della sua famiglia - fu informato da Innocenzo IV, tramite un messaggero fidato, dei tentativi del papa per venire ad un accordo con Manfredi e con Bertoldo di Hohenburg. Se ne può dedurre che egli allora fosse uno dei capi della fazione pontificia a Capua. In un documento del 1266, rilasciato dall'arcivescovo eletto di Capua, Marino Filomarino di Eboli, a favore di Francesco. figlio di Enrico, quest'ultimo risulta già defunto. Tra i testimoni di questo documento compare anche un Tommaso di Eboli, che nello stesso 1266 risulta in contatto con la corte inglese (come nove anni prima un certo Giovanni di Eboli) a proposito dei progetti siciliani del principe Edmondo.
Forse si può identificare con Enrico anche il "Henricus de Ebulo iustitiarius tempore Frederici II" ricordato in un documento brindisino del 1261 per una deposizione a proposito dell'esenzione del clero di Brindisi.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. Angelica, cod. 276: G. B. Prignano, Historia delle famiglie di Salerno normande (sec. XVII), ff. 210v-216v (Della famiglia d'Evoli); Ryccardi de Sancto Germano Chronica, in Rer. Ital. Script., 2 ed., VII, 2, a cura di C. A. Garufi, pp. 117, 122, 126 s., 138-141; Historia diplomatica Friderici secundi, a cura di J.-L-A. Huillard Bréholles, Parigi 1852-61, II, pp. 541, 694, 697; V, p. 613 (per Enrico, pp. 214, 613); Gli diurnali di messer Mattheo di Giovenazzo, a cura di H. Pabst, in Mon. Germ. Hist., Script., XIX, Hannoverae 1866, p. 474; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, V, a cura di J. Ficker-E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, nn. 1685, 1687, 12938, 14687 (per Enrico, nn. 2353, 8441, 13283, 14122); F. Schneider, Toscanische Studien, in Quellen und Forsch. aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XI (1908), pp. 269-273; B. Mazzoleni, Gli atti perduti della Cancelleria Angioina transuntati da Carlo de Lellis, in Regesta Chart. Ital., XXV, XXXI, Roma 1959, n. 540; M. Ohlig, Studien zum Beamtentuni Friedrichs II. in Reichsitalien…, Kleinheubach 1936, pp. 87 S. (per Enrico, p. 63); H. M. Schaller, Studien zur Briefsammlung des Kardinals Thomas von Capua, in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, XXI (1965), pp. 376, 378, 384 (per Enrico, pp. 375, 485); N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, 1, München 1973, pp. 135 s., 315; E. Kantorowicz. Federico II imperatore, Milano 1978, pp. 365, 487, 742.
Per Enrico cfr. inoltre Nicolai Smeregli Vincentini Annales civitatis Vincentiae, in Rer. Ital. Script., 2 ed., VIII, 5, a cura di G. Soranzo, p. 5; Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, III, a cura di C. Rodenberg, in Mon. Germ. Hist., Epist. saec. XIII, Berolini 1894, pp. 100 s.; Codice diplomatico barese, X, Bari-Trani 1927, pp. 87 s.; H. Niese, Normannische und staufische Urkunden aus Apulien, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, IX (1906), p. 91; Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, I, Napoli 1957, p. 132; II, ibid. 1960, p. 102; G. B. Verci, Storia degli Eccelini, III, Bassano 1779, p. 276.