DISCEPOLO (Discepoli), Pietro
Nacque a Verona nel 1584 da Girolamo e Felice De Marinis.
Il padre era stato tipografo nella città veneta (dal 1585 al 1598); si era trasferito a Viterbo nei primi anni del Seicento in qualità di stampatore del Comune. Il D. affiancò presto il padre nella sua attività e questi lo nominò suo procuratore il 10 febbr. 1608. Nel 1611 lo troviamo a Foligno, dove esercita l'arte tipografica insieme a Vincenzo Colombara, col quale stampa tre edizioni. Nel 1614 era di nuovo col padre a Roma, dove questi aveva impiantato una nuova officina. Dopo la morte di Girolamo (15 genn. 1615) il D. insieme col fratello Agostino, più giovane di qualche anno, ricevette la conferma nella carica di stampatore del Comune, in virtù delle qualità professionali dimostrate da entrambi. La produzione dell'azienda registrò allora un notevole incremento, dapprima raddoppiandosi e successivamente giungendo a triplicarsi rispetto a quella di Girolamo, grazie anche alle numerose commissioni di librai romani. Dal 1616 al 1620 c'è infatti un vero e proprio boom, specialmente nel campo della letteratura popolare e religiosa, con tirature spesso superiori al migliaio di copie.
Alla fine del 1616 il D. sposò a Roma Costanza Chellini, figlia di un mercante fiorentino, impiegando la cospicua dote da lei portata (888 scudi) nella costruzione di una moderna cartiera a Viterbo, in contrada Cuculo, destinata a rimanere in funzione fino ai primi del Novecento: i ruderi sono ancora oggi visibili sotto la casa Ragonesi. Il D. si rendeva in tal modo indipendente dalla cartiera di Ronciglione per l'approvvigionamento della carta, fornitagli fino ad allora da un certo Bartolomeo. Nel 1619 decise di darla in affitto per, la durata di tre anni, a decorrere dal 1° marzo 1620, in cambio di 150 scudi annui, pagabili sia in moneta sia in carta.
Il 1619 segna l'apice della produzione: il Carosi ha contato ben 36 edizioni stampate da Pietro e Agostino in quell'anno. Ma nel '20 una costituzione di Paolo V imponeva il visto del maestro del Sacro Palazzo su ogni nuovo libro stampato a Roma, con grave danno per le piccole tipografie di provincia. Nonostante le pressioni del Comune, conscio delle difficoltà che tale disposizione arrecava, e i buoni uffici del vescovo di Viterbo e del cardinale di S. Susanna, il viterbese Scipione Cobelluzzi, non si riuscì a far decentrare il controllo presso un padre domenicano della Quercia o di S. Maria di Gradi. Nel frattempo, proprio a causa di questa situazione, il D. si risolse ad aprire di nuovo bottega a Roma, dove ebbe come apprendista quel Francesco Mercuri che sarà attivo anni dopo a Ronciglione, stipulando un accordo col fratello Agostino, col quale gli lasciava la cartiera e teneva in comproprietà con lui il negozio della stampa viterbese.
Il D. morì a Viterbo nel febbraio del 1622, lasciando una situazione tutt'altro che florida dell'azienda, nella quale i debiti erano superiori ai crediti, come si ricava dall'inventario del 6 marzo.
Tra i creditori figurava anche Agostino, che il 20 febbraio aveva ottenuto dal Consiglio comunale la conferma della patente e l'incarico di tutore delle tre figlie di Pietro. Agostino continuò a lavorare fino alla morte, avvenuta sempre a Viterbo il 4 ott. 1630, quando aveva 40 anni, probabilmente a causa dell'epidemia di peste che infuriava in quel periodo. La produzione risulta in questo lasso di tempo inferiore sia quantitativamente sia qualitativamente a quella degli anni 1615-20. Dopo la morte di Agostino, nel periodo 30 ottobre 1630-25 gennaio 1631, sono attivi gli eredi, nei quali andranno riconosciuti Bernardino Diotallevi, cognato del D. e di Agostino, e Ottavio Longo che aveva sposato la vedova del Discepolo. Di questi due il Diotallevi era destinato a succedere ai Discepolo per quanto riguarda la carica di stampatore comunale.
Il D. e Agostino stamparono insieme circa 200 edizioni negli anni 1615-1622. Il solo D. una decina nel breve periodo romano. Almeno 116 ne stampò Agostino da solo nel periodo 1622-1630. Nei pochi mesi in cui l'officina fu retta dagli eredi si conoscono solo cinque libri. Una ventina di edizioni sono invece attribuibili all'azienda Discepolo, senza poter specificare a quale membro della famiglia. Come si è detto, la produzione editoriale del D. e di suo fratello fu indirizzata prevalentemente alla letteratura popolare religiosa e profana. Notevole anche l'attività al servizio della città viterbese, con la stampa dei bandi del legato e del Comune. Dall'inventario del 1622 si ricavano notizie interessanti sulla tiratura, soprattutto delle edizioni a carattere popolare: oltre a "Bertoldi, Bertoldini, figure, lunari, historie diverse", si registrano ben 1240 copie di un Giosafat, 950 di una Gloria d'amore, 695 della Moglie superba e 570 della commedia Pantalone impazzito. Per contro della Vita de Santi Tolomeo e Romano del Nobili, stampata presumibilmente solo due anni prima, rimanevano nella bottega solo 60 esemplari, mentre della Schiodatione di Christo del De Carli, stampata nel 1619, non più di 74.
Sono rare le edizioni di maggior impegno e pregio. Un solo caso si conosce di stampa dei Discepolo su pergamena. Frequenti invece le ristampe di opere di successo già pubblicate altrove. E il caso della Selva de vari giochi, per la quale si conoscono almeno nove edizioni precedenti quella di Agostino del 1624. Le marche tipografiche usate dal D. ed Agostino sono le stesse cinque che erano state impiegate da Girolamo (vedi s.v., in questo Dizionario).
Non è facile separare la produzione del periodo in cui il D. lavorò insieme col fratello da quella portata avanti da Agostino dopo la sua morte. In linea di massima i criteri e le scelte editoriali dei due fratelli sono simili. Per la scelta degli autori, entrambi mostrano scarso interesse per i classici. Una sola edizione di Cesare tra i latini, due del Tasso tra gli italiani: l'Aminta (1619) e gli Intrichi d'amore (solo Agostino nel 1629). Massiccia invece la presenza di minori contemporanei e poligrafi come Giovanni Briccio (di gran lunga l'autore più presente nel catalogo dei Discepolo con più di venti edizioni stampate dal D. e Agostino), commediografi come Domenico Baldaraco, M. A. Raimondi e V. Verucci; divulgatori scientifici come Cesare Crivellati. Per la letteratura popolare, in gran parte anonima, che rappresenta una parte considerevole della produzione dei Discepolo, ricorderemo alcune edizioni di Giulio Cesare Croce.
Fonti e Bibl.: M. Faloci Pulignani, L'arte tipografica a Foligno nel XVII secolo, in La Bibliofilia, XVIII (1916), pp. 106-133; A. Dresler, Ober Einzelzeitungen der Druckerei Discepoli in Viterbo 1615-1650, in Börsenblatt für deutschen Buchbandeln, Frankfurter Ausgabe, n. 5, 16 genn. 1951; A. Carosi, Girolamo, P. e Agostino Discepoli (1603-1631), Viterbo 1962; D. E. Rhodes, La stampa a Viterbo "1488-1800", Firenze 1963, pp. 14 s.; Catalogue of Seventeenth Century Italian books in the British Library, London 1988, III, p. 1049; A. Carosi, Le edizioni di B., M. e G. Diotallevi... Annali e documenti. Appendice: ancora edizioni Discepoli, Viterbo 1990, pp. 317-58.