DUSINELLI (Dusinello), Pietro
Nacque intorno alla metà del sec. XVI, probabilmente a Venezia, dato che nessuna indicazione di provenienza accompagna il suo nome nei frontespizi e nelle dedicatorie delle sue stampe. Iniziò l'attività di tipografo in Venezia nel 1578, in tempi di profonda crisi dell'arte.
L'inizio degli anni Sessanta aveva segnato infatti la fine della libertà editoriale e dell'espansione dell'industria del libro. Se durante il concilio di Trento lo Stato veneziano aveva ostacolato le ingerenze della censura ecclesiastica in nome dei propri diritti giurisdizionali, in quegli anni invece il timore di una diffusione del protestantesimo tra i nobili lo indusse ad assecondare le istanze papali aumentando i poteri dell'inquisitore. Nel marzo 1564 fu accolto l'Indice tridentino, le cui dieci regole limitarono fortemente la scelta di autori e titoli, imponendo alle tipografie riconversioni alla letteratura religiosa, alla trattatistica ortodossa e alle compilazioni devote, mentre il redditizio mercato dei "rossi e neri", ossia i libri liturgici, veniva intaccato, nel corso degli anni Settanta, dalla concorrenza di Anversa e dalla fondazione della Tipografia apostolica vaticana. Infine l'Indice di Clemente VIII del 1596 moltiplicò il numero dei libri proibiti e i poteri di inquisitore e vescovi ed estese la censura al campo delle dottrine politiche.
L'attività del D. si svolse tra il 1578 e il '99 e risenti di tutte le angustie della difficile congiuntura: la sua produzione si incentrò infatti sulla letteratura religiosa, le compilazioni e la manualistica scolastica, con qualche apertura alla letteratura profana e alla trattatistica scientifica. Esordi come semplice tipografo con una delle tante ristampe della Summa Silvestrina, divulgatissimo trattato di teologia del cappuccino Silvestro Mazzolini; ne esegui due emissioni, l'una per gli editori Giovan Battista Sessa e fratelli, l'altra per Damiano Zenaro, libraio "Al segno della Salamandra" in S. Bartolomeo. Nel 1581 possedeva già una propria bottega "Al segno della Pace" e tentava le fortune sia del filone petrarchesco, con la Lettione di Ludovico Gandini (1581), sia delle novità letterarie, con Il Messaggero del Tasso, immediata ristampa della prima edizione giuntina nel 1582, e con l'edizione postuma delle Battaglie per difesa dell'italicalingua di Girolamo Muzio (1582). Quasi subito però preferi abbandonare il settore della letteratura profana per quello della trattatistica religiosa, cercando anche in esso novità e titoli di prestigio: tradusse dallo spagnolo l'Artedi servire a Dio et specchio delle persone illustri di Alonso da Madrid (1582), ristampò per primo a Venezia il De caeremoniis cardinalium et episcoporum di Paride Grassi (1582), il Martyrologium Romanum di C. Baronio (1587), il Dispregio delle vanità del mondo del minore osservante spagnolo Diego de Estella (1583, in società con Giovanni Battista Ugolino), le Lettioni sopra dogmi del vescovo Francesco Panigarola (1584). Fu probabilmente l'esito commerciale di questi libri a permettergli di riaffrontare qualche novità letteraria, come la Vita di s. Caterina in ottave di Marco Filippi (1584), e di cimentarsi in due belle edizioni con silografie: l'Universumpoema, di Virgilio cum notis variorum (1586) e la Pratica manuale di artiglieria di Luis Collado, ingegnere dell'esercito spagnolo in Lombardia (1586, a spese dell'autore).
Nel 1588 aveva già sufficiente prestigio per accaparrarsi una committenza importante: l'editore napoletano in Venezia Nicolò de Bottis lo scelse infatti per la stampa di due raccolte ufficiali: i Privilegii et capitoli con altre gratie concesse alla fedelissima città di Napoli e Regno e le Consuetudines Neapolitanae, entrambi in-folio. Tra scritti ascetici di Mattia Bellintani (1588, 1592), compilazioni devote di Sebastiano Ammiano (1589, editore Andrea Muschio), Girolamo Garimperti (1591), Bartolomeo Albizzi (1596), e novità di scrittori veneti, come il Deheroe di Battista Nani (1588) e la traduzione di Senofonte del matematico trevigiano Marco Antonio Gandini (1588), il suo catalogo registra nel 1591 un titolo importante: la prima edizione postuma dei Prosodiae rudimenta del gesuita Manoel Alvarez, autore della grammatica latina prescritta come testo nei collegi della Società. Con gli anni Novanta però anche la sua bottega entrò in crisi. Il D. fu costretto a lavorare come semplice tipografo per Paolo Meietti (1591) e soprattutto per la società editrice denominatasi La Minima compagnia (1593-1597) e a stringere società con Fioravante Prati (1596), Girolamo Porro (1597) e Francesco Uscio (1599) non solo per la prima edizione italiana del Promptuariumcatholicum di Thomas Stapleton (1596), ma anche per libretti irrilevanti quali il Naso di verità di Alessio Porri (1597).
Salvo la pronta ristampa delle prime tre parti delle Relazioni universali di Giovanni Botero (1595), negli ultimi anni la sua produzione si arenò su poche ristampe di testi esitabili ed usciti di privilegio, ad esempio I cento ragionamenti di Francesco Panigarola (1597), su scritterelli di Alessio Porri (1597) e compilazioni quali la Raccolta di lettere di principi diversi di Paolo Emilio Marcobruni (1595), su tardive sortite nel settore del diritto, con la prima edizione del Tractatus de effectibus et defectibus clausolae codicillaris di Fabio Turretti, professore a Perugia (1596). L'ultima edizione del D. nota è il Commentariorum ac disputationum in tertiam partem d. Thomae tomus III di Francisco Suares del 1599, eseguita in società con l'Uscio per La Minima compagnia.
Al D. la Pastorello ascrive ventidue edizioni, il Grendler ventisette; il solo spoglio di cataloghi e repertori ne dà invece almeno trentacinque e si può supporre, come per tutti i tipografi del '500, che la sua reale produzione fosse almeno del doppio. La qualità delle sue stampe, buona nel primo decennio, in seguito peggiorò: sebbene la carta si mantenesse discreta, andarono via via scomparendo non solo iniziali e fregi silografici, ma anche indici ed errata comge, si ridusse la varietà dei caratteri, si infittirono i fusi. Il D. usò almeno quattro corsivi Granjon di mm 130 (1586), 85 (1586), 83 (1588-1595) e 65 (1596). La sua prima marca raffigurò la pace con ramo d'olivo in mano e la sottoscrizione "Al segno della Pace" (già insegna di Francesco De Franceschi); dal 1587 una seconda marca raffigurò invece la fortuna su una nave con in mano una vela tesa dal vento e accanto Mercurio col caduceo, col motto "In dies arte ac fortuna", il tutto allusivo alla prosperità dei commercio.
Bibl.: E. Pastorello, Tipografi, editori, librai a Venezia nel secolo XVI, Firenze 1924, p. 33; T. M. Spaulding-L. C. Karpinski, Early military books in the University of Michigan Library, Ann Arbor, Mich., 1941, p. 6; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina ital., Firenze 1953, p. 213; Dict. Catalogue of the history of printing from the John M. Wing Foundation in the Newberry Library, II, Boston 1961, p. 1238; M. E. Cosenza, Biographical and bibliographical Dictionary of the Italian printers, Boston 1968, p. 219; C. Marciani, Editori, tipografi, librai veneti nel Regno di Napoli nel Cinquecento, in Studi venez., X (1968), p. 484; P. F. Grendler, TheRoman Inquisition and the Venetian press 1540-1605, Princeton 1977, p. 228; G. Borsa, Clavis typographorum librariorumque Italiae 1465-1600, I, Aureliae Aquensis 1980, p. 132; P. Floriani, Grammatici e teorici della letter. volgare, in Storia dellacultura veneta, III, 2, Vicenza 1980, p. 181; E. Vaccaro, Le marche dei tipografi ed editori ital. delsec. XVI nella Biblioteca Angelica di Roma, Firenze 1983, pp. 271 s.
T. Pesenti