EMILIANI (Miani), Pietro
Nacque a Venezia nel 1362 da Giovanni Miani, del ramo di S. Cassiano, e da Fiordelise Barbarigo.
Pur nell'assenza di notizie certe sulla prima parte della sua vita, la data di nascita si può fissare con relativa precisione poiché l'11 maggio 1409 dichiarò di avere 47 anni "vel quasi" (ciò farebbe dedurre che sia nato non prima del mese di giugno). Egli usò costantemente la forma latinizzata del cognome in luogo di quella originaria, Miani, secondo una tendenza comune ad altre casate patrizie, che s'inseriva nella più generale rivendicazione per Venezia del ruolo di legittima erede di Roma.
Nulla si sa della sua educazione, svoltasi probabilmente tra Venezia e Padova, con maestri che gli trasmisero l'amore per la letteratura antica. La buona conoscenza del greco letterario, rara ai suoi tempi, è stata generalmente attribuita alla frequentazione di Manuel Crisolora: ma i rapporti documentati con lui (1407) appaiono troppo tardi per rendere probabile un preciso discepolato. Per tutta la vita fu un grande collezionista di codici, tra i primi ad interessarsi a quelli greci, che fece conoscere a umanisti come L. Bruni, D. Niccoli, A. Traversari. T . prima notizia certa su di lui riguarda appunto l'acquisto di un Seneca nella vendita dei libri già del cancellier grande R. Caresini (1390).
Appartenente a una famiglia cospicua, imparentata con i Barbarigo, i Contarini, i Morosini, intraprese con successo la carriera politica, giungendo al rango senatorio e ricoprendo incarichi importanti (Consiglio dei dieci, 1395; elettore ducale, 1400; capo della Quarantia, 1402-03). In data non precisabile sposò una Contarina Contarini, morta in data non posteriore al 1405, da cui ebbe almeno due figli maschi e due femmine. Fu probabilmente in seguito alla morte della moglie che l'E. abbracciò lo stato ecclesiastico, pur se fino all'elevazione al vescovado non oltrepassò il rango di suddiacono.
Nel 1406, in società con tre nobili veneziani, si aggiudicò per 1.500 ducati il "Maglio" di Padova, confiscato dalla Serenissima insieme con le altre proprietà dei Carraresi dopo la conquista della città: attraverso due successive società di esercizio detenne cosi con i soci il monopolio della produzione metallurgica padovana fino al 1423, data in cui si rinunciò ad ogni attività produttiva, probabilmente allineandosi alle tendenze prevalenti tra la nobiltà veneta, orientata piuttosto verso l'investimento agrario nella Terraferma: nel 1425 l'intero edificio fu alienato.
L'esaltazione al soglio pontificio del veneziano Angelo Correr (Gregorio XII: novembre 1406) favori il suo passaggio ad ambizioni ecclesiastiche. Convocato dal papa all'inizio del 1407, in pochi mesi bruciò le tappe di una folgorante carriera: già a Roma in febbraio, e nominato chierico di camera almeno dal marzo, in aprile è indicato come uno "di prinzipal apreso miser lo papa"; il 20 maggio ricevette la nomina a vicecamerlengo, con funzioni di supplenza per la carica di camerlengo, finché a questa fu elevato il nipote di Gregorio, Antonio (giugno). Proprio con costui si determinarono ben presto violenti dissapori, che lo costrinsero ad abbandonare la corte pontificia ai primi di ottobre.
Se le fonti antiche tendono ad accreditare soprattutto la versione di ostilità personali è più probabile che il contrasto si sia determinato sulla grave questione dello scisma (Gregorio andava eludendo gli impegni solennemente presi al momento dell'elezione), o su altri delicati problemi, quale quello del patriarcato di Aquileia. Nel breve soggiorno romano l'E. conquistò comunque stima e appoggio presso vari cardinali di Curia, e strinse duraturi rapporti con L. Bruni e altri protagonisti del movimento umanistico.Già di ritorno a Venezia al cadere del 1407, l'E. partecipò in seguito ai lavori del concilio di Pisa, figurando come testimone a carico di Gregorio XII nel sommario processo che portò a dichiarare scismatici i due pontefici contendenti e, quindi, alla loro deposizione. L'elezione di un nuovo papa da parte del concilio (il cretese Pietro Filargo, che assunse il nome di Alessandro V) e la morte del cardinale Giovanni da Castiglione favorirono l'E., che il 12 ag. 1409 fu nominato vescovo di Vicenza al posto del defunto. Il 22 di quel mese, con deliberazione del Senato, Venezia, in sempre più aperta polemica con Gregorio XII, da cui non veniva favorita come si attendeva nella questione del patriarcato aquileiese, decise di giurare obbedienza ad Alessandro V - anch'esso suo suddito -, negandola al Correr: la nuova situazione permise la pronta ratifica dell'elezione dell'Emiliani.
Per solennizzare il suo ingresso nella diocesi, in data compresa tra il 30 sett. 1409 (ducale per il possesso del vescovado) e il 14 maggio 1410 (primo atto documentato a Vicenza), seguendo l'uso veneziano di eseguire musiche celebrative Bertrand Ferragut compose il mottetto Excelsa civitas Vincencia. La cura che l'E. dedicò agli aspetti musicali della liturgia è attestata anche dalle provvidenze per assicurare adeguata istruzione nel canto figurato e sufficienti rendite ai cantori della cappella della cattedrale.
In contrasto con i privilegi concessi nel 1406 dal doge al Comune di Vicenza, nessun chierico locale figurava tra i suoi familiari, prevalentemente veneziani (non mancavano però italiani d'altre regioni e stranieri), e anche nella distribuzione dei benefici l'E. non favori gli ecclesiastici vicentini. Tra i suoi collaboratori si segnala il cancelliere Lorenzo Visconti (Arsenio da Milano), legato al movimento riformatore di Ludovico Barbo. Disattese pure l'obbligo della residenza, esplicitamente richiamato negli stessi statuti, con frequenti e prolungate assenze dalla sede, a cui preferi non solo Venezia, ma spesso anche Padova, dove possedeva una casa, o centri minori come Sossano ed Este. Già ai primi del 1411 il Senato gli intimò di rientrare a Vicenza, per scongiurare i tentativi di scalzarne la signoria veneziana, favoriti da Sigismondo d'Ungheria: ciò oltretutto testimonia il carattere eminentemente politico che la Serenissima attribuiva all'insediamento di suoi patrizi nelle diocesi di Terraferma.
Tuttavia l'E. non fu del tutto insensibile alle istanze di rinnovamento e di riforma ecclesiastica, cui appaiono ispirati alcuni atti significativi del suo episcopato. Negli anni in cui guidò la diocesi eventi importanti stimolarong nuovo fervore nella pietà popolare vicentina: l'apparizione della Madonna sul Monte Berico e il culto che ne derivò (il vescovo benedisse la prima pietra della cappella votiva il 25 ag. 1428), il ritrovamento dei corpi dei Ss. Felice e Fortunato, la predicazione di s. Bernardino da Siena, l'insediamento di religiosi aderenti a congregazioni riformate. Sarebbe tuttavia arduo, allo stato della documentazione, rintracciare un coerente disegno innovatore nell'azione pastorale dell'Emiliani.
Continuavano intanto i rapporti con importanti umanisti (oltre ai già citati, Z. Trevisan il Vecchio, p. P. Vergerio, F. Barbaro, p. Bracciolini, G. Guarini), per qualcuno dei quali l'E. fu generoso ospite e mecenate. Nel testamento, steso il 2 apr. 1429, oltre a vari lasciti caritativi e a generosi legati personali, impegnò forti somme per la costruzione di due cappelle: una, intitolata a S. Pietro, nella chiesa veneziana di S. Maria Gloriosa dove è ospitato il suo monumento funebre, nella maniera dei Dalle Masegne, terminato nel 1464, l'altra nella cattedrale di Vicenza. Lasciò i suoi libri al figlio Faustino e ai nipoti Matteo e Filippo, eredi dell'altro figlio Giovanni premortogli, a condizione che non venissero alienati per almeno 15 anni dopo la sua morte. Già all'atto della registrazione (8 apr. 1429) e in un successivo codicillo (Vicenza, 2 maggio 1433) fu però costretto a temperare l'eccessiva generosità delle disposizioni precisando le destinazioni prioritarie delle rendite effettivamente riscosse.
L'E. mori a Vicenza il 4 maggio 1433; il suo successore, F. Malipiero, dovette impegnarsi in lunghe contese giudiziarie con eredi e legatari per annullare gli oneri di cui testando l'E. aveva gravato i redditi diocesani.
Un'importante lettera del 1408, con le motivazioni del suo abbandono della corte papale, edita (sotto il cognome Damiani) da J. Vincke, Briefe zum Pisaner Konzil, Bonn 1940, pp. 51 ss., è stata rivendicata all'E. dal Girgensohn. Un biglietto dell'E. a F. Barbaro è stato edito da C. Griggio. Di un'opera sui salmi penitenziali, ricordata da F. Sansovino, sembrano oggi perdute le tracce; comunque della sua biblioteca faceva parte urlo splendido salterio greco.
Fonti e Bibl.: Il testamento dell'E., conservato in più copie all'Arch. di Stato di Venezia, è pubblicato da D. Girgensohn. I documenti presso l'Archivio della Curia vicentina sono indicati negli studi di Mantese e Zironda. Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patrizii veneti, V, c. 73r; F. Ughelli, Italia sacra, Venetiis 1720, V, coll. 1060 s.; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, Venezia 1752-54, I, pp. XLVII, 232, 318, 351; II, pp. 35 s., 53; G. B. Soravia, Le chiese di Venezia descritte e illustrate, II, Venezia 1823, pp. 130 s.; B. Cecchetti, Libri, scuole, maestri, sussidii allo studio in Venezia nei secc. XIV e XV, in Arch. veneto, XXXII (1886), p. 360; G. Dalla Santa, Uomini e fatti dell'ultimo Trecento e del primo Quattrocento, in NuovoArchivio veneto, XXXII (1916), pp. 465 s., 68, 73, 87 ss., 93; J. Vincke, Acta Concilii Pisani, in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, XLVI (1938), pp. 147, 154, 230, 233, 237, 240 s., 243; P. Sambin, Ricerche di storia monastica medievale, Padova 1959, pp. 92-105; G. Cracco, Riforma e decadenza nel monastero di S. Agostino di Vicenza, in Riv. di storia della Chiesain Italia, XIV (1960), p. 220; A. Gallo-G. Mantese, Ricerche sulle origini della cappella musicale del duomo di Vicenza, Venezia-Roma 1964, pp. 20 ss., 28 s.; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III, 2, Vicenza 1964, pp. 111-19 e passim; G. Gualdo, Frammenti di storia veneta nei sommari di registri perduti di Alessandro V (1409-1410), in Miscellanea Gilles Gerard Meersseman, I, Padova 1970, pp. 419 ss., 454; F. P. Luiso, Studi su l'epistolario di Leonardo Bruni, Roma 1980, pp. 30, 37-40, 42, 45 s., 53 s., 63 s.; C. Griggio, Ilcodice berlinese Lat. Fol. 667. Nuove lettere di F. Barbaro, in Miscellanea di studi in onore di V. Branca, III, 1, Firenze 1983, pp. 169 s.; M. C. Billanovich, Per la storia del lavoro nel '400: il Maglio di Padova, in Viridarium floridum. Studi di storia veneta offerti… a P. Sambin, Padova 1984, pp. 232 ss., 238-41; D. Girgensoliti, Il testamento di Pietro Miani ("Emilianus") vescovo di Vicenza († 1433), in Arch. veneto, CXXXII (1989), pp. 5-60; M. L. King, Umanesimo e patriziato a Venezia nel Quattrocento, II, Roma 1989, pp. 590 ss. e passim; R. Zironda, Aspetti del clero secolare e regolare della Chiesa vicentina dal 1404 al 1563, in Storia di Vicenza, III, 1, Vicenza 1989, pp. 158 s., 161-64, 173; K. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi, I, Monasterii 1913, p. 526.