FAVA, Pietro Ercole
Nacque a Bologna il 21 sett. 1669 dal conte Alessandro e dalla nobildonna Argia de' Ghisilieri. Avviato dapprima, ai consueti studi spettanti al suo rango, dimostrò una certa predisposizione alle lettere che sfociò nell'associazione all'Accademia degli Accesi nel 1688 (Bergamini, 1988) e più tardi nella composizione di un poemetto in ottave, la Vienna liberata, in sei canti, "alla maniera di Torquato Tasso" (Oretti, ms. B. 130), che circolò manoscritto con dedica a "Sua Maestà di Gioseffo re dei Romani poi Augustissimo Imperadore" (Ibid.; cfr. inoltre Orlandi, 1714). Ma rivolse i suoi interessi soprattutto alle arti del disegno, seguendo l'esempio dei padre, "amantissimo della pittura", come lo definisce il biografo Zanotti (1739, II, p. 194).
Il F. iniziò l'apprendistato come pittore esercitandosi sugli affreschi dei Carracci esistenti nel suo palazzo, ed anzi lo Zanotti (1739) ipotizza che il suo interesse per la pratica pittorica fosse motivato dal desiderio di emulazione verso gli artisti ospitati dal padre Alessandro; tale esercizio era in parte mediato dall'insegnamento di Flaminio Torri, secondo quanto attesta il biografo. Il F. infatti si applicò a copiare nutti què disegni di Flaminio Torri, che furono tratti da quelle Storie di Enea, che nel fregio di una di quelle stanze avea dipinto Ludovico Carracci, con tale diligenza, assiduità, e franchezza, ch'egli era uno stupore" (Zanotti, 1739, II, p. 195). Successivamente frequentò l'"accademia del nudo" che Lorenzo Pasinelli teneva nella sua casa.
Il corso prevedeva l'esercizio sulle opere dei maestri del Seicento (lo Zanotti [1739] ricorda una testa di S. Sebastiano da S. Cantarini); frequentando lo studio del Pasinelli, il F. si era legato di solida amicizia con Donato Creti. Grazie all'intervento del Pasinelli, Alessandro Fava prese a proteggere il promettente Creti, al punto da accoglierlo stabilmente in casa sua. Lo Zanotti, biografo privilegiato del F., poiché suo sodale in Accademia, insiste molto sugli scambievoli rapporti tra il Creti e il F., che si risolsero in un vantaggio per entrambi, poiché Donato era sollevato dalle angustie economiche e il F. riceveva ottimi ammaestramenti dal compagno.
Successivamente il F., non considerando più sufficiente lo studio continuato sui grandi classici della scuola bolognese, decise di recarsi a Roma., e "lasciando ogni altro studio, intieramente alla pittura si diede" (Zanotti, 1739, II, p. 195).
II biografo (ibid.) ricorda l'appassionato studio degli affreschi del Domenichino in S. Andrea della Valle, del Mosè di Michelangelo, dell'Ercole e della Flora di palazzo Farnese, secondo un consolidato programma di stampo classicista.
Nel 1690 il F. ritornò a Bologna. Entro quella data aveva realizzato alcuni dipinti di sua invenzione, un elenco dei quali è offerto, con utili precisazioni relative alle dimensioni e al numero dei personaggi, dal Masini, nelle Aggiunte, manoscritte, alla Bologna perlustrata, che risalgono al 1790 (cfr. Arfelli, 1957). Accanto a questa produzione di opere di "suo capriccio" (Zanotti, 1739, II, p. 196, e già in questo è implicito un giudizio di qualità) il F. proseguì lo studio attraverso le copie dal Cantarini, dal Pasinelli, "e da altri uomini tali"; si recò inoltre a Modena, per trarre copie in disegno da dipinti della galleria Estense, e quindi a Venezia, secondo un percorso in uso tra gli artisti bolognesi dopo i Carracci. Vi si recò con il Creti, e il soggiorno fu di non poco interesse per quest'ultimo; quanto abbia giovato al F. non è dato di sapere, perché il dipinto che eseguì al ritorno in patria - la Madonna col Bambino e i ss. Paolo e Alberto - dopo essere stato per tutto il Settecento, come attestano le guide, nella chiesa di S. Tommaso del Mercato, fu smarrito in seguito alle soppressioni napoleoniche. Perduto è anche il piccolo dipinto raffigurante S. Carlo che si appresta a dire messa, eseguito con "franchezza, ed eleganza" (ibid.) per la cappelletta domestica dell'appartamento superiore del palazzo arcivescovile.
La destinazione privata della maggior parte delle opere del F. ne ha favorito la dispersione, o il mancato riconoscimento; è infatti in via dubitativa che Roli (1977, p. 257) gli ha attribuito la non mediocre Adorazione dei magi che si conserva nella sagrestia della chiesa di S. Maria di Galliera, dirimpetto al palazzo Fava, che mostra, nella resa felice delle figure, nell'impianto disegnativo ben costruito e nel delicato colorismo, i risultati del lungo apprendistato. Delle numerose altre opere citate dai biografi si ricordano il Transito della Madonna per la chiesa della Trinità; ancora il Transito della Madonna per il cardinal P. Lambertini, il futuro papa Benedetto XIV, eseguita, come la precedente, nel quarto decennio del secolo; S. Pietro apostolo in cielo, per la cappella del palazzo arcivescovile di Sasso (oggi Sasso Marconi); e inoltre L'incoronazione di Carlo V imperatore, nonché una seconda versione del S. Pietro apostolo che riceve dal Redentore le chiavi, eseguita per la cappella privata del seminario di Ferrara (cfr. Barotti, 1770, p. 185), e la Resurrezione di Cristo (firmata e datata), che risale al 1731 e fu commissionata al F. dal cardinal Lambertini, per la cattedrale della città di Ancona (dove ora si trova; si tratta della sola tela rimasta). Firmata e datata infine era l'Adorazione dei magi (distrutta nella seconda guerra mondiale: cfr. Inventario d. oggetti d'arte d'Italia, VIII, Prov. di Ancona…, a cura di L. Serra, Roma 1936, p. 8), che due anni prima il F. aveva eseguito per la stessa sede e per lo stesso committente.
Basandosi sulla conoscenza di questi dipinti, il Lanzi (1809, p. 152) ha lasciato una favorevole testimonianza sulle qualità del conte bolognese, che "per quanto ci si descriva come un dilettante di pittura... ci pare più degno del ruolo de' nobili professori". E nel novero dei professori di pittura era di fatto il F. sin dalla fondazione della bolognese Accademia Clementina, alla cui nascita non poco egli aveva contribuito. È ancora lo Zanotti (1739) la fonte precipua per la conoscenza di questo aspetto dell'attività del F., nel duplice ruolo di segretario della Clementina, della quale redasse gli Atti fin dalla fondazione (manoscritti presso la bolognese Accademia di belle arti), e di storico. Nel 1706 ospitò nel suo palazzo la prima riunione indetta dai pittori bolognesi per deliberare sulla fondazione di una Accademia che li asservisse all'autorità della compagnia dei pittori (Zanotti, I, p. 10) e fu tra i firmatari del Memoriale che fu in seguito consegnato al gonfaloniere e ai senatori dell'assunteria di Milizia e di Magistrato per far presente lo stato di necessità in cui versavano gli artisti bolognesi, al fine di sollecitare la creazione di un'Accademia. che non poco avrebbe giovato alla rivalutazione dell'arte e soprattutto della figura dell'artista (cfr. anche Benassi, 1988, pp. 90 s.).
È evidente il significato politico della sua presa di posizione a difesa della categoria dei pittori, quale unico nobile tra i firmatari.
Il F. rassegnò le dimissioni da accademico effettivo nel 1709, poco dopo la fondazione della Clementina, perché solo dilettante della pittura; fu comunque reintegrato nel ruolo il 29 dic. 1711 (Zanotti, 1739, 1, p. 57; cfr. anche Benassi, 1988, p. 107) e nel 1719 fu direttore di figura (Zanotti, I, p. 63). Nell'anno del principato di Raimondo Manzini, il 1723, fu da questo scelto quale viceprincipe (Ibid., I, p. 69) mentre nell'anno del principato di Donato Creti (1729) fu nuovamente direttore. Fu anche principe nel 1733 (Ibid., II, p. 198), e in quell'anno, probabilmente su iniziativa del F., l'Accademia fece erigere in S. Domenico la Memoria al conte generale L. F. Marsili da A. G. Piò.
Sappiamo dagli Atti (ad annum) che il F. pretendeva che nella lapide dedicatoria comparisse anche il suo nome, accanto a quello del suo antico sodale (cfr. E. Riccomini, Vaghezza e furore. La scultura del Settecento in Emilia Romagna, Bologna 1977, p. 56).
II F. morì a Bologna il 7 giugno 1744 e fu sepolto nella chiesa di S. Giacomo. Presso la Biblioteca comunale di Bologna (ms. B. 453) si conserva il suo testamento.
Nelle postille manoscritte alla sua Storia (pubbl. in Ottani Cavina-Roli, 1977, p. 154) lo Zanotti informa: "Morto è questo povero Cavaliere la notte passata alle ore sei circa. Egli era molto ricco, ma nel pari dabbene, e limosiniere senza eguale. Ha certo giovato a molti, e credo che a niuno fatto mai danno. Era ben poi un cattivissimo pittore, ma zelante dell'onore della pittura". Più vivace è la memoria lasciataci da Crespi (1769), che ha offerto del F. un ritratto garbatissimo e scherzoso, a controbilanciare il formale racconto dello Zanotti.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B. 130: M. Oretti, Notizie de' professori del dissegno, VIII, cc. 52-56; Ibid., ms. B. 104: Id., Le pitture che si ammirano nelli palaggi, e case de' nobili, cc. 63, 175 (cfr. l'indice del ms. a cura di E. Calbi-D. Scaglietti Kelescian, Marcello Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese, Bologna 1984, ad vocem); Ibid., ms. B. 110: Id., Le pitture nelli palazzi, e case di villa, cc. 10, 136 (cfr. D. Biagi, Marcello Oretti e il patrimonio artistico del contado bolognese, Bologna 1981, ad vocem); A. Masini, Aggiunta alla Bologna perlustrata [1690], in A. Arfelli, "Bologna perlustrata" di Antonio di Paolo Masini e l'"Aggiunta" del 1690, in L'Archiginnasio, LII (1957), pp. 232 s.; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 124; Id., Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1714, p. 235; P. G. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, I, pp. 10 s., 16 s., 47, 57, 63, 69, 87, 125; II, pp. 102, 193-198, 276; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, pp. 265-269; C. Barotti, Pitture e sculture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, p. 185; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 312 s.; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1789], Bassano 1809, p. 152; Le pitture di Bologna, Bologna 1792, p. 71 (cfr. l'indice a cura di A. Emiliani, Il patrimonio artistico e architettonico di Bologna 1792, Bologna 1979, ad vocem); G. Bottari-S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, VII, Milano 1822, pp. 123, 138, 140 s.; C. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 199; G. Bosi, Manuale pittorico felsineo, Bologna 1959, p. 29; P. G. Gazzoli, Cenni storici della chiesa della Madonna di Galliera e dei padri filippini, Bologna s.d., p. 35; R. Roli, Donato Creti, Milano 1967, p. 58 n. 19; A. Ottani Cavina-R. Roli, Commentario alla "Storia dell'Accademia Clementina" di G. P. Zanotti (1739), in Atti e mem. dell'Accademia Clementina di Bologna, XII (1977), pp. 59 s., 154; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandoffi, Bologna 1977, p. 257; E. Angeleri, Origini dell'Accademia Clementina, in Atti e mem. dell'Accademia Clementina di Bologna, XVIII (1985), pp. 58, 60, 63; S. Benassi, L'Accademia Clementina. La funzione pubblica. L'ideologia estetica, Bologna 1988, ad Indicem; M. G. Bergamini, Dai Gelati alla Renia (1670-1689). Appunti per una storia delle accademie letterarie di Bologna, in La colonia Renia. Profilo documentario e critico dell'Arcadia bolognese, Bologna 1988, I, p. 50; F. Montefusco Bignozzi, La colonia Renia e le arti figurative, ibid., p. 380; La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, I, pp. 258 ss., 379; II, p. 713; Diz. enc. Bolaffi dei pittori... ital., IV, p. 336; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 306.