FERLONI, Pietro
Non si conoscono gli estremi anagrafici di questo arazziere attivo a Roma dal 1717, quando fu nominato direttore della fabbrica pontifidi S. Michele fondata nel 1710 per volere di papa Clemente XI. Fu membro della Congregazione dei virtuosi al Pantheon e nel 1725 fu nominato da papa Benedetto XIII ufficiale minore palatino incaricato, in quanto direttore del S. Michele, della custodia degli arazzi appartenenti al Vaticano (De Strobel, 1989, p. 59, n. 27).
Gli arazzi prodotti durante i 53 anni in cui il F. fu direttore dell'officina del S. Michele furono realizzati sotto la sua supervisione e quindi vengono generalmente a lui ascritti. Uno dei primi lavori documentati (Ibid., p. 59) è il restauro del 1725 e 1726 di sei arazzi vaticani del Seicento. Al 1725 circa sono anche datati i sei arazzi e i tre frammenti, conservati ai Musei Vaticani, raffiguranti il Riposo dalla fuga in Egitto (Ibid., p. 60). Alla seconda metà del terzo decennio del XVIII secolo dovrebbe risalire l'arazzo del F. raffigurante La famiglia reale polacca (ubicazione ignota), ricordato in uno scritto posto dal pittore P. L. Ghezzi in calce ad una sua caricatura del F. conservata alla Biblioteca apostolica Vaticana (Olszewski, 1982, fig. 8, p. 107). Il Ghezzi scrisse di aver ricevuto nel 1730 una medaglia d'oro dal re di Polonia, come ringraziamento per il lavoro eseguito dall'arazziere su suo disegno, e aggiunse la notizia, rivelatasi errata, secondo la quale il F. morì il 16 nov. 1740.
A partire dal 1732 il F., su commissione del cardinale P. Ottoboni e su disegno dei pittori D. Puglisi, M. Ricciolini e F. Borgognone, realizzò 15 arazzi, raffiguranti alcuni episodi della Gerusalemme liberata del Tasso, che furono destinati all'arredo di cinque stanze del palazzo della Cancelleria a Roma, come risulta dall'inventario dei beni del cardinale stilato nel 1740 (Ibid., pp. 108 s.).
Quattro degli arazzi dell'Ottoboni si trovano oggi al Metropolitan Museum di New York: Aladino apprende della vicinanza dei crociati, l'unico non citato nell'inventario del cardinale, del 1740 circa; La sfida di Sofronia, firmato e datato 1739; Icrociati arrivano a Gerusalemme, del 1734; Erminia e i pastori, firmato e datato 1733. Altri due, Armida nella tenda di Goffredo del 1736 e Goffredo annuncia la morte di Dudone, firmato e datato 1732, si conservano invece al S. Francisco Opera House. Della serie se ne conoscono altri: Goffredo scelto per dirigere la crociata e Icrociati tirano a sorte, del 1734-1735, si trovano nell'ambasciata della Germania presso la Santa Sede, mentre è ignota l'ubicazione di Armida si prepara ad andare al campo dei crociati e di Clorinda e Tancredi in combattimento (Standen, 1982, figg. n. 2 p. 149, n. 4 p. 151).
Nel 1734 uscì dall'atelier dell'arazziere Ilpeccato originale dell'Österreichisches Museurn di Vienna (Göbel, 1928, p. 424). Nello stesso anno il F. firmò e datò l'arazzo, di ubicazione ignota, raffigurante La creazione di Eva, unico oggi noto (Standen, 1982, p. 161) della serie riproducente gli affreschi delle Logge di Raffaello in Vaticano. Al quarto decennio del XVIII secolo appartiene anche la Crocefissione realizzata per papa Clemente XII (De Strobel, 1989, p. 60).
Tra il 1740 e il 1741 il F. realizzò arazzi con motivi decorativi, noti solo attraverso documenti, per le bancate della cappella pontificia del palazzo apostolico (Ibid., p. 63, n. 34). A partire dal 1741, e sino al 1746, il F. e bottega eseguirono i tre arazzi offerti da papa Benedetto XIV alla chiesa di S. Petronio a Bologna, dove si conservano, raffiguranti Cristo affida a s. Pietro la tutela del gregge delle anime, donato il 13 luglio 1742 in occasione della festa dei Ss. Pietro e Paolo (Ibid., p. 61), La moltiplicazione dei pani e Cristo che consegna le chiavi. Icartoni degli ultimi due (Roma, palazzo Pallavicini) furono realizzati appositamente da P. Batoni.
In questi tessuti il F. riuscì "a rendere assai efficacemente gli elementi della pittura del Batoni e al tempo stesso a far riacquistare all'arazzo quei valori monumentali che gli sono propri. Questi pezzi, quindi, ben si identificano con l'ambiente culturale e artistico romano dell'epoca e si distaccano, almeno in parte, dal gusto tipicamente settecentesco di intendere l'arazzo esclusivamente come elemento decorativo" (De Strobel, 1989, p. 62).
Su commissione del medesimo papa bolognese, che volle farne dono al convento di S. Maria degli Angeli della sua città natale, negli stessi anni la fabbrica del S. Michele eseguì otto arazzi raffiguranti Figure di Sibille e Storie del Vecchio Testamento. Del gruppo oggi ne restano solo sei che, pesantemente alterati da interventi ottocenteschi, si conservano nella chiesa parrocchiale di Manerbio (Viale Ferrero, 1968, p. 24).
Oltre agli arazzi monumentali, destinati a solenni cerimonie, la fabbrica di S. Michele realizzò anche lavori di piccole dimensioni, per la devozione privata, come le due versioni dell'Addolorata, della metà del XVIII secolo, tratte da quadri di G. Reni (New York, Metropolitan Museum; Standen, 1985, pp. 786, 788).
Nel 1764 il F. stipulò un contratto con Clemente XIII per il ciclo di arazzi del palazzo dei Conservatori a Roma, dopo che dieci anni prima gli accordi presi con Benedetto XIV riguardanti la medesima commissione non avevano avuto seguito, forse per la morte di papa Lambertini (De Strobel, 1989, p. 67).
Nel giro di quattro anni il F. realizzò i quattro arazzi e, per rappresentare altrettanti episodi delle leggendarie origini di Roma, fece eseguire i cartoni dal pittore D. Corvi, che per Romolo e Remo allattati dalla lupa, La vestale Tuzia e Camillo e il maestro di Falerii riprodusse opere di N. Poussin e P. P. Rubens, mentre nell'arazzo raffigurante la Dea Roma creò una composizione originale (Ibid.).
Sempre sotto papa Rezzonico il F., tra il 1759 e il 1767, realizzò sette arazzi per la cappella Paolina nel palazzo del Quirinale, oggi conservati ai Musei Vaticani. Tessuti su cartoni di S. Pozzi, riproducenti opere di C. Maratta, L. Garzi, C. Ferri e F. Barocci, gli arazzi rappresentano la Ss. Comunione (consegnato nel 1759), la Comunione degli apostoli (1760), la Gloria di tutti i santi (1760-1761 c.), La resurrezione di Lazzaro (1761), La Circoncisione di Nostro Signore (1762-1763 c.), l'Adorazione dei magi (1763), la Comunione degli apostoli (1760) e, del 1767, l'Assunzione (De Strobel, 1989, pp. 63-66, figg. 65-75).
De Strobel (pp. 64 s.) ha formulato la convincente ipotesi che La Cena del Signore eseguita dal F. nel 1760 per la sala da pranzo del palazzo apostolico vaticano, come annunciato dal Cracas nel Diario ordinario, non sia la copia dell'arazzo donato nel 1533 da Francesco I a Clemente VII e raffigurante il celebre affresco di Leonardo da Vinci, come comunemente ritenuto (Viale Ferrero, 1962), bensì di uno degli arazzi del Quirinale, la Comunione degli apostoli, o Ultima Cena, che i documenti dicono terminata prima dell'aprile 1760. La copia settecentesca dell'arazzo donato da Francesco I, conservata al Vaticano come l'originale, non fu del resto eseguita dal F. ma da suo nipote Felice Cettomai nel 1780 (Ibid., fig. 89 p. 64).
Non sono stati rintracciati gli arazzi ricordati da E. Müntz (1882) raffiguranti Il potere spirituale e temporale del papa, in 10 pezzi, e le Quattro stagioni. Nel 1769 il F. venne affiancato dal Cettomai, che nei documenti compare citato come "suo coadjutore" (De Strobel, 1989, p. 68). Il F. morì, probabilmente a Roma, nel 1770 (Thieme-Becker), anno in cui fu sostituito da G. Folli alla guida della fabbrica del S. Michele.
Bibl.: P. Gentili, Sulla manifattura degli arazzi. Cenni stor., Roma 1874, p. 66; E. Müntz, La tapisserie, Paris 1882, p. 337; P. Gentili, Cenni stor. sulle origini e vicende dell'arte degli arazzi in Roma, Roma 1915, pp. 33, 40, 46-49; F. Clementi, La fabbrica degli arazzi nell'ospizio di S. Michele a Ripa, Roma 1926, pp. 10, 16, 20, 22 s.; H. Göbel, Wandteppiche, Leipzig 1928, II, pt. I, pp. 423-425; F. Clementi, L'arte dell'arazzo a Roma, in Capitolium, XIV (1939), pp. 329, 331 s.; Arazzi e tappeti antichi, a cura di M. Viale Ferrero, Torino 1952, p. 89; Id., Arazzi italiani, Milano 1962, pp. 56 s.; M. Viale Ferrero. Arazzi del Seicento e del Settecento, Milano 1968, pp. 22-24; E. A. Standen, Studies in the history of tapestry 1520-1790, in Apollo, CXIV (1981), pp. 49, 51; E. J. Olszewski, The tapestry collection of cardinal Pietro Ottoboni, Ibid., CXVI (1982), pp. 107-111; E. A. Standen, Tapestries for a cardinal-nephew: a Roman set illustrating Tassos Gerusalemme liberata, in Metropolitan Museum Journal, XVI (1982), pp. 147-164; M. Viale Ferrero, Arazzo e pittura, in Storia dell'arte ital. (Einaudi), XI, Forme e modelli, Torino 1982, pp. 151 s.; E. A. Standen, European post-medieval tapestries and related hangings in the Metropolitan Museum of art, New York 1985, II, pp. 776-786, 788 s.; A. M. De Strobel, te arazzerie romane dal XVII al XIX secolo, Roma 1989, ad Indicem;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon XI, p. 405.