FRAGIACOMO, Pietro
Figlio di Domenico, originario di Pirano, e di Caterina Dolce nacque a Trieste il 14 ag. 1856. A otto anni (Pica, 1905), o forse a dodici (Ojetti, 1911), si trasferì con la famiglia a Venezia. Nel 1871 andò a vivere a Treviso avendo trovato un impiego, inizialmente come tornitore e fabbro, quindi come disegnatore, presso la Società veneta di costruzioni meccaniche. Nel 1877, rientrato in famiglia, si iscrisse all'Accademia di belle arti di Venezia. Seguì, tra gli altri, i corsi della scuola di paesaggio istituita e diretta da D. Bresolin, presso il quale fece le prime esperienze di pittura all'aperto.
Dopo un solo anno abbandonò gli studi. Continuò tuttavia a dipingere sotto la spinta di G. Favretto, del quale divenne amico. Intorno al 1878-79 conobbe E. Tito con il quale era solito recarsi a dipingere vedute a S. Pietro in Castello, come il F. stesso confidò a Ojetti (1911, p. 186). Nel 1880 partecipò all'Esposizione nazionale di Torino presentando il dipinto Un noioso accidente (ubicazione ignota). Nel corso degli anni Ottanta il F. prese parte con i suoi paesaggi alle maggiori esposizioni nazionali: a Milano nel 1882, a Roma l'anno seguente, nuovamente a Torino nel 1884, dove presentò Venezia povera (il quadro, già nella collezione Marzotto a Vicenza, fa parte di una nutrita serie di dipinti grandi e piccoli d'analogo soggetto e composizione). Nel 1887 a Venezia partecipò all'Esposizione nazionale artistica di belle arti con quattro opere, tra cui Silenzio (Campopiano, 1995, fig. 7); l'anno seguente prese parte con Casupole di pescatori all'Esposizione internazionale di Monaco di Baviera e nel 1889, con Scirocco, a quella di Parigi.
Già in Un noioso accidente, che è una delle sue prime prove, anche se nota solo attraverso la descrizione fattane dall'Ojetti (1911, p. 187), appare evidente che per il F. il soggetto dell'opera - in questo caso un uomo e una donna in mezzo alla campagna con la vettura in panne - ha una funzione secondaria rispetto all'interesse per la veduta.
Diversamente da Favretto e Tito, il F. non fu attratto dai motivi del folklore veneziano. Dedicò piuttosto la sua attenzione al paesaggio dell'entroterra lagunare e alle variazioni della luce e del colore nel cielo e sulle acque. Le sue molteplici vedute del paesaggio veneziano inquadrato dalle rive del canale della Giudecca, dove aveva lo studio, ricordano gli analoghi paesaggi di G. Ciardi. Di fatto, oltre agli influssi della pittura di paesaggio di F. Carcano, che la critica solitamente individua nella sua opera, il F. risentì del lavoro di Ciardi per la scelta di una Venezia periferica e popolare (le case e le barche a vela dei pescatori con la città monumentale appena accennata sullo sfondo) e per l'essenzialità nella definizione compositiva del paesaggio.
Nei titoli che diede ai suoi quadri il F., seguendo la linea di un romanticismo ormai estenuato, volle sottolineare l'approccio intimistico alla veduta, intesa come proiezione del suo stato d'animo: ad esempio Pace, premiato a Brera nel 1891, o Riposo, del 1892, conservato alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Grazie a La campana della sera (Trieste, Museo Revoltella) nel 1893 il F. fu premiato all'Esposizione nazionale di Roma e l'anno seguente a quella internazionale che si tenne a Vienna; attraverso il dipinto diede un'interpretazione sommessa e crepuscolare (il momento in cui suona la campana dell'Ave Maria, al tramonto) del medesimo scorcio veneziano rappresentato dieci anni prima da L. Nono in Refugium peccatorum (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna).
A partire dagli anni Novanta il F. abbandonò la pittura dai toni chiari e dalla pennellata leggera degli inizi. Scelse di realizzare i suoi paesaggi attraverso una stesura materica del colore, sia nelle opere di maggiore impegno sia nei relativi e numerosi bozzetti preparatori di piccole dimensioni. Contemporaneamente sperimentò l'uso della tempera con sovrapposizioni di velature a olio (Ojetti, 1911, pp. 190 s.).
Nel 1895, quando ormai, grazie alla sua personale produzione di paesaggista, si era ritagliato un ruolo di primo piano nel contesto artistico veneziano e nazionale, il F. entrò a far parte del comitato ordinatore dell'Esposizione internazionale d'arte della città di Venezia (la futura Biennale), che era composto, tra gli altri, da G. Ciardi, E. Tito e L. Nono. In quell'occasione il F. espose due dipinti - una marina (Un saluto) e un paesaggio di montagna (Tristezza), entrambi di ubicazione ignota ma conosciuti attraverso fotografie - aggiudicandosi un premio di 2.500 lire (Natura e arte, IV [1894-95], p. 785). Da quel momento partecipò a tutte le edizioni della Biennale veneziana, soprattutto come espositore (nel 1910 allestì una mostra individuale con 72 lavori), ma anche come commissario della sezione veneta (1905). Proprio la rassegna veneziana offrì al F., artista solitario e strettamente legato alla tradizione del naturalismo ottocentesco, la possibilità di confrontarsi con la ricerca internazionale. Nei primi anni del Novecento, ad esempio, guardò "agli stilemi compositivi art nouveau, specie nella loro declinazione tedesca e quindi jugendstil" (Pistellato, 1992, p. 895) i cui influssi si riscontrano in quadri quali Armonie del silenzio (esposto alla Biennale di Venezia del 1910; ora a Firenze, Galleria d'arte moderna) o I pioppi (Piacenza, Galleria Ricci Oddi).
Anche nel Novecento il F. prese parte alle principali esposizioni nazionali, quali ad esempio le Promotrici di Torino o le esposizioni della Società degli amatori e cultori di Roma (Ponente, 1994), e partecipò anche a mostre quali la prima di Ca' Pesaro a Venezia (1908) o la prima Secessione romana (1913). Nel 1918, inoltre, allestì una personale con 133 opere presso la galleria Pesaro di Milano.
La vastissima produzione del F. - A. Paponi, ha schedato circa 500 opere - è oggi divisa in collezioni private, ma anche in raccolte pubbliche: oltre a quelle già nominate, si ricordano le gallerie civiche d'arte moderna di Milano, Torino, Venezia, Roma, Palermo, o il Museo d'arte italiana a Lima.
Il F. morì a Venezia il 18 maggio 1922.
Anche la sorella del F., Antonietta, nata a Venezia il 13 giugno 1859 (Comanducci), fu pittrice di paesaggi. Il suo stile appare molto vicino a quello del fratello tanto che alla morte di questo molti suoi dipinti vennero attribuiti al F. (Campopiano, 1995, p. 128). Dal 1907 al 1924 partecipò a tutte le edizione della Biennale di Venezia e nel 1935 prese parte alla mostra allestita in occasione del quarto decennale della rassegna (E. Zorzi, La mostra dei quarant'anni d'arte veneta, in Corriere della sera, 28 marzo 1935). Nel gennaio del 1937, presso la galleria Geri di Milano, si tenne una personale dell'artista dove furono esposti quindici paesaggi (dal 1885 al 1922) e cinque pastelli. Ignoto è l'anno di morte.
Fonti e Bibl.: V. Pica, P. F., in Emporium, XXII (1905), pp. 403-416; U. Ojetti, Ritratti d'artisti italiani, Milano 1911, pp. 181-192; V. Pica, P. F., Bergamo 1912; P. Scarpa, F., Bergamo 1934; Venezia nell'Ottocento. Immagini e mito (catal., Venezia), Milano 1983, pp. 74-76; La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, ad Indicem e pp. 833 s.;…, Il Novecento/1, I-II, Milano 1992, ad Indicem; P. Pistellato, II, pp. 894 s. (con bibl.); A. Ponente, in Museo d'arte italiana di Lima, Venezia 1994, pp. 117 s.; Tesori d'arte delle banche lombarde, Milano 1995, p. 255; P. Campopiano, P. F. Poeta lagunare, s.l. né d. (ma Cremona 1995), con ult. bibl. (p. 128, figg. 50-57, per Antonietta); A. Pellizzari, Venezia povera, ibid., pp. 25-30; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 272 s.; Encicl. Italiana, XV, p. 832; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori…, Milano 1971, II, pp. 1276-1278 (anche per Antonietta). Un catalogo generale delle opere del F. è in corso di redazione a cura di A. Baboni.