GAROLI, Pietro Francesco
Figlio di David, nacque a Torino nel 1638.
Nei documenti il cognome ricorre sia nella forma "Garoli" sia in quella "Garolli", mentre il nome è sempre indicato per esteso; secondo Baudi di Vesme, che ha condotto ampie ricerche sulla famiglia e sulla sua origine, la forma più corretta sarebbe Garola. Anche nell'indicare in Torino la città natale del G. le fonti non sono concordi. La notizia è riportata, con ampio seguito bibliografico, da Pascoli (1730), che poté desumerla da Ghezzi (1696) e Orlandi (1704). In documenti epistolari pubblicati da Baudi di Vesme si legge in un caso che il G. nacque a Giaveno (lettera del 20 dic. 1672); in un altro ad Andezeno (lettera del 31 genn. 1702). Nella denuncia autografa del furto subito nel 1672 il G. dichiara tuttavia di essere nato a Torino (Bertolotti) e nel testamento (Benocci, 1990) precisa che il padre era nativo di Giaveno; si può concludere pertanto che egli fosse nativo di Torino, ma la famiglia originaria di Giaveno (Mercurelli Salari).
Nel maggio del 1665 il G. venne pagato per aver "aggrandito" e "rappesato" novantanove tele della raccolta reale di Torino, aggiungendo "figure d'huomini, donne, cavalli, animali, panegiamenti, arie, paesagi, campi" (Baudi di Vesme, p. 512). Nessun'altra notizia purtroppo chiarisce i suoi esordi, ma poiché nell'elenco dei dipinti figurano opere attribuite a Giorgione, Tiziano, Bassano, Bronzino, Guercino, Mattia Preti, Lanfranco e ad altri protagonisti della pittura italiana tra Cinque e Seicento, è chiaro che il G. doveva già aver dato prova delle sue qualità e aver dimostrato, in particolare, di saper opportunamente valutare le modalità compositive dei soggetti, intervenendo in ciascun quadro con idonei inserti paesaggistici o di genere. Un ruolo centrale nella sua formazione dovettero averlo pertanto gli studi di prospettiva, dato confermato da Pascoli (1730), che ricorda viaggi di studio a Venezia, Bologna e Firenze, presumibilmente da collocare sia prima sia dopo la documentata presenza a Torino nel 1665 e anteriormente al definitivo trasferimento a Roma. Proficuo fu sicuramente il soggiorno in Emilia, dove poté studiare quel filone di pittura di prospettiva e di rovine antiche che ebbe nei dipinti di Giuseppe Maria Mitelli, Giacomo Antonio Mannini, Domenico e Giovanni Gioseffo Santi alcune delle migliori attestazioni, mentre nel campo della quadratura poté guardare ai lavori di Girolamo Curti, detto il Dentone, di Agostino Mitelli e di Angelo Michele Colonna.
Nel 1672 il G. risiedeva a Roma probabilmente da qualche tempo, se il residente sabaudo N. Gazzelli, nel rispondere al duca Carlo Emanuele II che lo aveva incaricato di trovare valenti pittori cui far eseguire quadri di genere, indicava proprio nel G. un artista che "fa bene assai di prospettiva e paese mischio" invitando il duca ad andare a vedere di persona alcune tele che il pittore aveva inviato da Roma a committenti torinesi (Baudi di Vesme, p. 513). Nel 1672 il pittore sporse denuncia per un furto di quadri subito nella sua casa nei pressi di porta Pinciana (Bertolotti). L'anno successivo l'Accademia di S. Luca di Torino, volendo aggregarsi a quella di Roma, nominò l'artista suo procuratore nella capitale. Nel 1679 fu ammesso nella prestigiosa istituzione romana dove venne nominato "maestro perpetuo nella prospettiva". Qui svolse effettivamente l'attività didattica tra il 1683 e il 1689 e, dopo un soggiorno a Viterbo nel 1691, dal 1693 al 1695 e, quindi, dal 1698 al 1708; dal 1692 ricoprì la carica di custode; nel 1703 divenne "primo custode" e "curatore dei giovani del concorso", incarico che manterrà fino al 1711, quando risulta malato.
La più antica opera nota del G., databile tra il 1679 e il 1682, è il quadro con Rovine romane consegnato dal pittore nel 1682 all'Accademia di S. Luca (Depositi, n. 858), in seguito al sollecito rivoltogli due anni prima e ottemperando così all'obbligo di dare un proprio lavoro all'istituzione dopo esserne entrato a far parte.
L'opera è una variante di ponte Milvio, impostata sulla distribuzione in diagonale dei monumenti riprodotti, nella cui costruzione si avverte il ricordo di analoghe impaginazioni proposte da Mitelli, sicuramente studiate dal G. nel suo soggiorno emiliano.
Più ardita è l'articolazione prospettico-spaziale, assimilabile a delle vere e proprie vedute d'angolo, un po' alla Ferdinando Bibiena, che il G. realizzò nell'Interno della basilica di S. Pietro e nell'Interno della basilica di S. Paolo, eseguite nel 1682 su commissione della duchessa madre Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours e ora nella Galleria Sabauda di Torino (Griseri; Gabrielli). A completare il gruppo di "vedute al di dentro di tre primarie basiliche", ricordate dal Pascoli (p. 191) tra le opere del G. che ebbero "sommo plauso", e pertanto replicate più volte, vi è quella di S. Giovanni in Laterano, citata nell'Inventario de San Ildefonso già nel 1746 tra i quadri della regina di Spagna, ma oggi non più rintracciata (Urrea Fernández). Di qualche anno successive sono le due tele pagate dal cardinale Fabrizio Spada: il Trionfo di David e David che danza davanti all'arca (Cannatà, 1992). In questi dipinti, come nella Prospettiva con rovine romane della Galleria Pallavicini, attribuibile al G. su base stilistica e forse eseguita su commissione di Niccolò Maria Pallavicini (Zeri, 1959; Benocci, 1990), gli edifici in primo piano sono delineati da un disegno molto nitido, rafforzato da vigorosi chiaroscuri, mentre le figurine sono di dimensioni ridotte e di fattura piuttosto gracile. Nei rari casi in cui i personaggi mostrano una maggiore solidità plastica è forse ipotizzabile un intervento di Luigi Garzi, sulla scorta di un passo di Pascoli (p. 191) dove si legge che questi "gli faceva di quando, in quando nelle prospettive le figure". È il caso, per esempio, dei due Paesaggi con rovine segnalati da Griseri in collezione Germano a Torino, della tela con Adone, Venere, Cupido e Mercurio che osservano un quadro con il Ratto di Europa (Christie's, 26 nov. 1976) dove il tema mitologico è inserito entro un grandioso apparato scenografico, dei due dipinti con Didone ed Enea e Cleobis e Biton entro un tempio (Boisgirard, 10 dic. 1993), entrambe da collocare in parallelo cronologico e stilistico con le opere della raccolta Spada.
A questo esiguo numero di lavori possono essere aggiunti due Capricci architettonici con rovine classiche (Sotheby's, 25 nov. 1981), Alessandro che piange sulla tomba di Achille (Christie's, 14 febbr. 1975), un Capriccio con piazza del Campidoglio (ibid., 22 apr. 1994), un Capriccio con nobili in barca (ibid., 21 ott. 1994) e alcuni rari esempi di pittura a soggetto sacro, anch'essi inseriti entro grandiose quinte scenografiche: il Capriccio architettonico con Giuseppe ebreo che parla ai suoi fratelli (ibid., 9 giugno 1975), probabilmente da collocare nel primo decennio del Settecento, il Capriccio con Cristo e l'adultera (ibid., 16 apr. 1996), il Banchetto di Belshazzar (ibid., 21 ott. 1994) e S. Orsola con le sue compagne (Sotheby's, 4 giugno 1980).
Nessuno quadro del G. può essere purtroppo identificato con quelli presentati alle annuali esposizioni di S. Salvatore in Lauro, cui prese parte nel 1687 con due opere, con una nel 1693, con due nel 1694 e con il Trionfo di David per gli Spada nel 1698 (De Marchi).
Nell'ultimo quindicennio di attività il G. si dedicò anche alla progettazione architettonica. Da alcuni scambi epistolari si desume che predispose nel 1710 i disegni per una cappella da erigersi in S. Francesco di Paola a Torino, forse da identificare con quella posta sotto il patronato di Amedeo di Castellamonte (Tamburini); e nel 1713 eseguì un progetto per il palazzo dell'università, che verrà poi realizzato da Giovanni Antonio Ricca su commissione di Vittorio Amedeo II (Baudi di Vesme, p. 514).
Entro il 1714 il G. condusse a termine gli affreschi del casino della villa del cardinale Gaspare di Carpegna.
Nella galleria del primo piano realizzò dei finti loggiati aperti su vedute campestri e urbane animate di figurine. Sulla trabeazione sono dipinti dei Putti reggifestone, nei quali è stato ipotizzato l'intervento di Garzi per le forti somiglianze con analoghe coppie realizzate da questo artista nel 1713 nella chiesa romana di S. Caterina a Magnanapoli (Benocci, 1987; 1990).
Il G. morì a Roma il 5 genn. 1716. Nel testamento indicò dei legati a favore dei pittori Giuseppe Chiari, Giuseppe Stasio, Giulio Dalmazio e della stessa Accademia di S. Luca, cui fece dono dei disegni predisposti per le sue lezioni di prospettiva, non più rintracciabili.
Fonti e Bibl.: G. Ghezzi, Il centesimo dell'anno MDCXCV celebrato in Roma dall'Accademia del disegno…, Roma 1696, p. 51; P.A. Orlandi, Abcedario pittorico…, Bologna 1704, p. 320; L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, I, Roma 1730, pp. 190-194; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, pp. 133 s.; A. Bertolotti, Artisti subalpini in Roma nei secoli XV, XVI, XVII, Mantova 1884, pp. 198, 257; F. Zeri, La Galleria Spada in Roma, Firenze 1954, p. 16; Id., La Galleria Pallavicini in Roma, Firenze 1959, p. 122; L. Mallè, Le arti figurative in Piemonte, Torino s.d. (ma 1961), p. 273; A. Griseri, Pittura, in Mostra del barocco piemontese, II, Torino 1963, p. 65; Schede Vesme.L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, II, Torino 1966, pp. 511-514; L. Tamburini, Le chiese di Torino dal Rinascimento al barocco, Torino s.d. (ma 1968), p. 144 n. 19; N. Gabrielli, Galleria Sabauda. Maestri italiani, Torino 1971, pp. 133 s.; Christie's, Fine pictures by old masters, London, 14 febbr. 1975, n. 71; Id., Pitture, sculture e disegni dal XVI al XX secolo, Roma, 9 giugno 1975, p. 14; Id., Important old master pictures, London, 26 nov. 1976, p. 23; J. Urrea Fernández, La pintura italiana del siglo XVIII en España, Valladolid 1977, pp. 271 s.; G. Incisa della Rocchetta, La collezione dei ritratti dell'Accademia di S. Luca, Roma 1979, pp. 45 s.; Sotheby's, Important old master paintings, New York, 4 giugno 1980, n. 209; Id., Old master paintings, New York, 25 nov. 1981, n. 122; S. Rudolph, La pittura del '700 a Roma, Milano 1983, p. 767; C. Benocci - V. Proietti, Villa Carpegna. Storia, architettura, restauro, Roma 1987, pp. 49-53; G. De Marchi, Mostra di quadri a S. Salvatore in Lauro (1682-1725), p. 17 e passim; C. Benocci, P.F. G. pittore di "prospettive" e la cultura accademica romana agli inizi del Settecento, in Temi di decorazione. Dalla cultura dell'artificio alla poetica della natura, Roma 1990, pp. 13-40; R. Cannatà, Il collezionismo del cardinale Fabrizio Spada, in R. Cannatà - M.L. Vicini, La Galleria di palazzo Spada. Genesi e storia di una collezione, Roma 1992, pp. 124, 141; Id., Note sul collezionismo di Bernardino, Virgilio e Fabrizio Spada, in Palazzo Spada. Arte e storia, Roma 1992, p. 42; Di Pierfrancesco G., a cura di P. Mercurelli Salari, in L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, a cura di V. Martinelli, Perugia 1992, pp. 267-273; C. Boisgirard, Dessins anciens, tableaux anciens…, Paris, 10 dic. 1993, p. 5, n. 14; Christie's, Old master pictures, London, 22 apr. 1994, n. 244, e 21 ott. 1994, nn. 86, 162; Phillips, Fine old master paintings, London, 16 apr. 1996, n. 11; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 213; Diz. encicl. Bolaffi…, V, p. 284.