SACCHI, Pietro Francesco
– Nato a Pavia nel 1485 dal sarto Giovanni Antonio, l’artista risulta documentato a Genova nel 1501, anno in cui entrò, in qualità di «exercens arte pictoriae», nella bottega del maestro Pantaleone Berengario, presso la quale venne introdotto dal fratello maggiore Giovanni Angelo (Alizeri, 1874, p. 142; Maiocchi, 1949, p. 138), anch’egli pittore a Pavia, come documenta un atto notarile del 2 ottobre 1500, che lo cita in qualità di testimone (Maiocchi, 1949, p. 127; per un ulteriore documento del 26 aprile 1502, p. 154).
Nell’aprile del 1510 Sacchi accolse nella propria bottega genovese come «famulo et discepolo» il fratello minore Battista (Alizeri, 1874, pp. 153 s.). Il 9 agosto dell’anno successivo la locale confraternita di S. Maria di Castello gli affidò l’esecuzione di una tela raffigurante Tre santi non meglio indicati nel contratto di commissione (pp. 145 s.). L’opera, destinata a decorare la loro sede (oratorio di S. Maria, S. Bernardo e dei Ss. Re Magi), fu consegnata dal maestro nel gennaio del 1512 (Alizeri, 1874, p. 146) e andò verosimilmente perduta a seguito del bombardamento francese del 1684, quando l’edificio subì ingenti danni. Nel medesimo anno Sacchi eseguì per l’oratorio di S. Maria Angelorum di Genova una perduta tavola «entrovi s. Gio. Battista che ancor fanciullo prende congedo dal padre, dalla madre, per ritirarsi al deserto» (Soprani, 1674, p. 269). Alla fase giovanile del pittore è stata riferita la Pentecoste conservata nella cattedrale di Albenga (Romano in La cattedrale di Albenga, 2007, pp. 201-208), già avvicinata alla sua produzione (Frangi, 1988, p. 100), ma come opera di un ignoto maestro di ascendenza lombarda attivo nel primo quarto del XVI secolo.
Al 1514 risale la realizzazione del Calvario (Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie), firmato «PETRI FRANCI(SCI) SACHI DE PAPIA OPUS» e datato 1514, proveniente dalla chiesa genovese di S. Marta (Soprani, 1674, p. 270). Il 21 aprile 1515 ricevette da Brasco Salvago, precettore dell’ospedale di S. Giovanni di Prè, la commissione per la realizzazione della pala raffigurante, nello scomparto centrale, i Quattro Dottori della Chiesa (Parigi, Musée du Louvre), conclusa nel 1516, come attesta l’iscrizione «PETRI FRANCISCI SACHI DE PAPIA OPUS 1516». La pala, smembrata durante le soppressioni napoleoniche, era corredata da una cimasa rappresentante il Compianto di Cristo (ubicazione sconosciuta) e da una predella con Storie dei quattro Dottori della Chiesa, oggi irreperibile, acquistata negli anni Settanta del XIX secolo dal marchese Giuseppe Cambiaso per essere collocata nella cappella della sua villa di Genova Prà.
Il 20 dicembre 1516 Sacchi fu multato insieme ad altri pittori per non aver rispettato alcune norme dello statuto dell’Arte (Alizeri, 1874, p. 152). Il 4 aprile dell’anno seguente il fratello Battista terminò il proprio periodo di apprendistato, entrando come «laborante» nella bottega di Pietro Francesco (pp. 153 s.), il quale il 14 dicembre 1517 s’impegnò a dipingere una pala raffigurante nello scomparto centrale i Ss. Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Lorenzo e Stefano (nella cimasa la Pietà con i ss. Agostino e Nicola da Tolentino; nella predella Cristo con i dodici Apostoli) per un certo Giacomo Borzone «habitatori Niciae», opera che, secondo le indicazioni fornite dal committente, doveva essere simile a quella che il pittore aveva da poco terminato per la chiesa dei Ss. Nazario e Celso di Arenzano (pp. 156 s.). Entrambe le opere risultano disperse.
Nel 1518 Sacchi firmò e datò le due versioni della Sacra famiglia con s. Giovannino conservate a Strasburgo (Musée des beaux-arts) e in collezione privata. Allo stesso periodo risale l’esecuzione della Sacra famiglia (già Dresda, Gemäldegalerie), concordemente ascritta al pittore, come pure l’Adorazione dei pastori (Greenville, Bob Jones University), che condivide con le opere appena ricordate forti analogie stilistiche.
Il 17 marzo 1520 il patrizio Bernardo Giustiniani commissionò a Sacchi una tavola raffigurante S. Giorgio e altri santi (p. 158), identificata con il S. Giorgio e il drago e santi conservato presso la chiesa della Ss. Annunziata di Levanto (Donati, in Le arti a Levanto nel XV e XVI secolo, 1993, pp. 32 s.), e databile effettivamente all’inizio del terzo decennio del Cinquecento. Allo stesso anno risale la realizzazione del trittico raffigurante S. Antonio Abate tra s. Giovanni Battista e s. Benedetto (Pieve Ligure, oratorio di S. Antonio Abate), accostato anche al nome del fratello Battista (Bonzi, 1928, p. 4) o ascritto a un seguace (Castelnovi, 1987, p. 155; Bartoletti, 1988, p. 829). Si tratta di un’opera che evidenzia nell’impostazione delle figure principali una chiara dipendenza dai modi di Pietro Francesco.
Il 10 novembre 1522 Sacchi ricevette dal «formagiarius» Bartolomeo Canacia la richiesta di due opere da eseguire probabilmente su tela (Alizeri, 1874, pp. 159 s.). Nell’atto fu indicato il soggetto della prima, l’Andata al calvario, mentre non fu specificato quello della seconda, come neppure la destinazione finale dei manufatti. L’8 luglio 1523 il pittore accettò l’incarico di dipingere la tavola commissionata dal patrizio Pasquale de Fornari raffigurante i Ss. Antonio, Paolo e Ilarione (Genova, Museo di S. Agostino), conservata in origine nella distrutta chiesa genovese di S. Sebastiano (p. 172). L’opera, recante l’iscrizione «PETRI FRANCISCI SACHI DE PAPIA 1523», dopo la soppressione del complesso monastico pervenne almeno dal 1935 nelle collezioni civiche (Labò, 1935, p. 292). Negli stessi anni è possibile collocare la realizzazione del trittico con la Vergine e il Bambino tra i ss. Lazzaro vescovo e Lazzaro lebbroso (Genova, Museo diocesano), proveniente dalla chiesa dell’ospedale di S. Lazzaro, la tavola con i Ss. Gerolamo, Benedetto e Martino (Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie) e il S. Paolo (Londra, National Gallery). Risale invece a una fase più precoce la Madonna con il Bambino e i ss. Francesco, Benedetto e committenti conservata presso la chiesa di S. Maria di Gesù ad Alcamo, già avvicinata alla produzione di Sacchi da Roberto Longhi (1953, p. 37), ma la cui paternità risulta alquanto dibattuta.
Al 24 gennaio 1525 è documentato l’affidamento al maestro da parte del presbitero Bonifacio Ruggero da Taggia, «capellano Ecclesie Majoris Yanuensis» (Alizeri, 1874, p. 164), di un dipinto destinato alla chiesa di S. Domenico di Taggia che doveva raffigurare la Vergine con i ss. Maria Maddalena, Antonino, Marta e Bonifacio (Bartoletti, 1988, p. 828). Le tavole centrali del polittico risulterebbero allontanate dalla loro ubicazione originale alla fine dell’Ottocento, mentre la predella venne rubata nei primi anni del XX secolo. Pochi giorni dopo (11 febbraio) il pittore stipulò un contratto con Nicola Assereto per l’esecuzione di una perduta pala destinata alla chiesa di S. Quirico di Assereto presso Rapallo (Alizeri, 1874, pp. 165-167). Nel 1526 Pietro Francesco dipinse per la cappella Botto nella chiesa di S. Maria di Castello di Genova l’Apparizione della Madonna Odigitria e i ss. Giovanni Battista, Antonino e Tommaso d’Aquino, datata e firmata «PETRI FRANCISCI SACHI DE PAPIA OPUS 1526 MENSE APRILIS». L’anno seguente prese in locazione da Marco degli Abati per lire 75 annue una casa sulle alture di Montegalletto (Varni, 1861, p. 6; Alizeri, 1874, p. 170) ed eseguì per la chiesa di Monte Uliveto a Multedo (Genova Pegli) la Deposizione dalla Croce, recante l’iscrizione «PETRI FRANCISCI SACHI DE PAPIA OPUS 1527, MENSE APRILIS», destinata a ornare il coro dell’edificio, dove fu ricordata dal biografo Raffaele Soprani (1674, p. 270). Nella stessa chiesa era presente una piccola Deposizione dalla Croce (oggi Genova, Museo diocesano), ritenuta opera della bottega di Pietro Francesco o di mano del fratello Battista (Bonzi, 1928, pp. 3 s., 6), ma successivamente ascritta a un anonimo della prima metà del Cinquecento influenzato dall’attività del maestro (Bocco, 1968, p. 50). Nel catalogo di Sacchi può essere inserita la tavola con S. Siro in cattedra tra i ss. Andrea e Bartolomeo (Genova Nervi, chiesa di S. Siro), mentre dalla sua bottega proviene il Calvario conservato nello stesso edificio, stilisticamente affine alla produzione del maestro (Bonzi, 1928, pp. 4, 6; Bocco, 1968, p. 50).
Nel 1528 Pietro Francesco stipulò un contratto con Benedetto Vaccari per l’esecuzione di una pala per la chiesa genovese di S. Maria delle Grazie (Alizeri, 1874, p. 173), che venne conclusa, dopo la scomparsa del pittore, da Agostino Bombelli. Infatti nello stesso anno Sacchi morì nel sobborgo genovese di Albaro, dopo essere stato colpito dalla peste (p. 174). Il 23 luglio dello stesso anno il fratello Battista – cui sono state avvicinate alcune opere che risentono della lezione di Pietro Francesco, tra cui il trittico con la Vergine tra le ss. Maria Maddalena e Agata (già Genova Struppa, oratorio di S. Alberto; Castelnovi, 1987, pp. 155 s.; Bartoletti, 1988, p. 829) – fece redigere il proprio testamento, nominando suoi eredi il fratello minore Gerolamo, i nipoti e il maestro vetraio Gregorio Gandolfo (Zanelli, in La pittura in Liguria, 1999, p. 407, con bibl. prec.). Battista morì a distanza di pochi giorni da Pietro Francesco (Alizeri, 1874, pp. 175 s.; Zanelli, in La pittura in Liguria, 1999, p. 407).
Fonti e Bibl.: G.P. Lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, scoltura ed architettura (1584), a cura di R.P. Ciardi, II, Firenze 1975, pp. 353 s.; R. Soprani, Le vite de’ pittori, scoltori et architetti genovesi e de’ forastieri che in Genova operarono, Genova 1674, pp. 269 s.; R. Soprani - C.G. Ratti, Delle vite dei pittori scultori e architetti genovesi, I, Genova 1768, pp. 374 s.; F. Ticozzi, Dizionario dei pittori dal rinnovamento delle belle arti fino al 1800, II, Milano 1818, p. 209; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo, V, Firenze 1834, p. 242; S. Varni, Elenco dei documenti e notizie da servire alla storia delle belle arti in Liguria, Genova 1861, p. 6; F. Alizeri, Notizie dei Professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, III, Genova 1874, pp. 140-178, 276-278, 511, 513, 515-518, 520 s.; M. Bonzi, Pier Francesco Sacchi nel quarto centenario della morte (1528-1928), in La Grande Genova, VIII (1928), pp. 1-6; M. Labò, Sacchi, Pier Francesco, in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, XXIX, Leipzig 1935, pp. 292 s.; Mostra della pittura antica in Liguria dal Trecento al Cinquecento (catal. Genova), a cura di A. Morassi, Milano 1946, pp. 78-80; D. Morani, Dizionario dei pittori pavesi, Milano 1948, pp. 114-117; R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia dall’anno 1330 all’anno 1550, II, Pavia 1949, pp. 127, 138, 154; A. Morassi, Capolavori della pittura a Genova, Milano-Firenze 1951, pp. 52-54; R. Longhi, Frammento siciliano, in Paragone, IV (1953), 47, pp. 3-44; A. Bocco, Contributi per la valutazione dell’opera di Pier Francesco Sacchi, in Arte lombarda, XII (1968), pp. 43-50; G.V. Castelnovi, Il Quattro e il primo Cinquecento, in La pittura a Genova e in Liguria, a cura di C. Bozzo Dufour - E. Poleggi, I, Genova 1987, pp. 73-160; M. Bartoletti, S., P.F., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1988, pp. 828 s.; F. Frangi, I pittori pavesi in Liguria dalla fine del Quattrocento al 1528, in La pittura a Pavia dal Romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1988, pp. 95-101, e schede pp. 239-242; Le arti a Levanto nel XV e XVI secolo (catal. Levanto), Milano 1993 (in partic. M. Bartoletti, P.F. S.: S. Giorgio e il drago, scheda 11, pp. 72-76; P. Donati, Pittori e scultori a Levanto, pp. 32-33); G. Zanelli, Cultura d’oltralpe e linguaggio toscano nell’opera di P.F. S., in Arte lombarda, CXXIII (1998), pp. 18-25 (con altra bibl. prec.); La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999 (in partic. G. Zanelli, Tra Genova e Savona, pp. 31-36; Id., Sacchi, Battista, p. 407; Id., S., P. F., p. 408); G. Zanelli, L’eredità di Filippino Lippi e gli esordi di Raffaele de’ Rossi: influssi toscani nella produzione pittorica ligure di primo Cinquecento, in Bollettino dei Musei civici genovesi, XXII (2000), 65, pp. 31-34; Id., I “Quattro Dottori” e il “Trittico di s. Lazzaro”: l’attività di P.F. S. per due chiese ospedaliere genovesi, in La Commenda dell’Ordine di Malta. Arte e restauri di un ospedale genovese del Medioevo, a cura di G. Rossini, Genova 2001, p. 118-123; Id., Fra Lombardia, Toscana e Roma: presenze e comparse a Genova all’inizio del XVI secolo, in Studi di storia dell’arte, XIV (2003), pp. 141-172; C. Masi, Indagini riflettografiche su opere di P.F. S. Risultati e nuovi quesiti, in Nord/Sud. Presenze e ricezioni fiamminghe in Liguria, Veneto e Sardegna. Prospettive di studio e indagini tecniche. Atti del workshop internazionale... 2005, a cura di C. Limentani Virdis - M. Bellavitis, Padova 2007, pp. 119-131; La cattedrale di Albenga, a cura di J. Costa Restagno - M.C. Paoli Maineri, Albenga 2007 (in partic. G. Romano, Scheda per la Pentecoste all’altare del Santissimo, pp. 201-208; C. Masi, La Pentecoste alla luce delle indagini tecniche, pp. 209-219); G. Zanelli, Pittori e dipinti fiorentini di primo Cinquecento a Genova, in Pittori fiorentini a Palazzo Spinola. Dipinti di primo Cinquecento (catal.), a cura di A. Muzzi - G. Zanelli, Genova 2013, pp. 13-73 (in partic. pp. 21, 37, 43); Id., Un’immagine “che vive, che muove, che prega”. L’Adorazione dei Magi di Joos van Cleve in S. Donato, in Joos van Cleve. Il trittico di S. Donato, a cura di G. Zanelli, Genova 2016, pp. 22-61 (in partic. pp. 50-55).