GAZZOTTI, Pietro
Nato a Modena nel 1635, dopo aver preso i voti fu al servizio dell'abate Vittorio Siri come "aiutante di studio" dal 1660 al 1668.
Tra la fine del 1646 e l'inizio del '47 il Siri fu costretto a lasciare Venezia (ove erano apparsi i primi volumi del suo Mercurio) in seguito a contrasti sorti con le autorità della Repubblica. Si trasferì allora a Modena, dove rimase per tre anni, ospite del duca Francesco I. Il G. era appena dodicenne ed è improbabile che sia entrato allora al servizio del Siri, che nel 1649 si trasferì a Parigi, ma fece ritorno in Italia nel 1650 e ancora nel 1657, inviato da Luigi XIV a Modena con un incarico diplomatico. È possibile che in tale occasione il Siri abbia conosciuto l'ormai ventenne G. e l'abbia portato con sé in Francia.
Durante questo periodo il G. si dedicò allo studio della storia e, avendo occasione di frequentare la biblioteca di G.R. Mazzarino, che conservava i manoscritti del cardinale, decise di scrivere una storia della Francia contemporanea. Nel 1668 si stabilì a Roma, divenendo segretario di monsignor Gaspare Carpegna, auditore di rota dal 1664. Passò poi con monsignor Francesco Del Giudice, allora vicelegato a Bologna e quando nel 1673 questi fu nominato governatore di Fano, il G. entrò al servizio del cardinale Fabrizio Spada, nominato nunzio apostolico presso il duca di Savoia Carlo Emanuele II. Sebbene non vi siano documenti in tal senso, è assai probabile che il G. abbia allora accompagnato lo Spada a Torino, e che in tale occasione abbia conosciuto Francesco Guglielmo Carron marchese di San Tommaso, il quale pochi anni dopo lo avrebbe chiamato nella capitale subalpina.
I personaggi presso i quali il G. servì durante il periodo romano erano tutti alti prelati colti e amanti delle lettere, destinati a compiere una brillante carriera diplomatica e politica. Il Carpegna, per esempio, stava allora vivendo la fase più intensa di un cursus honorum che lo avrebbe visto cardinale nel 1670 e più volte vicino al soglio pontificio. Del Giudice sarebbe poi divenuto figura di primo piano nella Spagna di Filippo V, e per lungo tempo primo ministro di fatto. Carpegna possedeva una biblioteca considerata fra le più grandi e ricche della capitale ed era protettore di diversi artisti e letterati. In tale ambiente il G. poté quindi apprendere molte notizie utili alla sua Historia delle guerre d'Europa sia attraverso la lettura di libri e documenti, sia attraverso la diretta conoscenza di personaggi che avevano avuto parte negli avvenimenti.
Alla fine del 1674 (pochi mesi dopo che lo Spada aveva lasciato la nunziatura di Torino per quella di Parigi) il G. si trovava a Venezia, e lì predisponeva la stampa della sua Historia, alla quale aveva lavorato sin dal suo ritorno in Italia sei anni prima. A Venezia il G. incontrò Domenico Del Giudice, principe di Cellamare e duca di Giovinazzo, conosciuto all'epoca del servizio presso il fratello Francesco, che nel 1690 diventò cardinale. Domenico Del Giudice svolgeva allora importanti incarichi per la corte di Madrid e stava organizzando un viaggio in diverse capitali europee. Il duca volle che il G. lo accompagnasse in qualità di segretario. Giunto a Parigi, poté continuare gli studi per la sua Historia, rinviandone così la pubblicazione. Nel 1676 si trovava a Madrid, dove incontrò il marchese di San Tommaso, segretario di Stato piemontese, il quale lo convinse a lasciare il servizio del duca per trasferirsi a Torino, con la promessa di una carriera di storiografo per la reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours. Allettato da tale prospettiva il G. accettò e giunse a Torino nel novembre del 1676.
L'esito sfortunato della guerra contro Genova (1672) e i gravi fatti accaduti in seguito nello stato sabaudo (in particolare la condanna a morte del conte Catalano Alfieri, capro espiatorio della sconfitta) avevano indotto il governo sabaudo a una particolare attenzione verso le opere storiche che venivano pubblicate. Il governo di Torino cercava di guadagnarsi la collaborazione di coloro che attendevano alla stesura di lavori in cui si trattava della guerra con Genova. In cambio di tale collaborazione si promettevano ricompense sia in denaro, sia in incarichi onorifici. È nell'ambito di tale politica, nella quale il marchese di San Tommaso ricoprì un ruolo centrale, che dev'essere inquadrata la chiamata a Torino del Gazzotti.
La vicenda torinese del G. è necessariamente legata a Girolamo Brusoni, giunto nella capitale subalpina intorno al 10 luglio 1676 e il 20 agosto nominato consigliere e storico di corte. Quando il G. arrivò a Torino il marchese di San Tommaso preferì non accoglierlo nel proprio palazzo, ma farlo alloggiare nell'abitazione del Brusoni allo scopo di allontanare da sé il sospetto di parteggiare per gli Spagnoli, avendo il G. servito il duca di Giovinazzo.
Quale compenso per il servizio sabaudo, il G. ottenne uno stipendio di 1000 lire annue (la stessa somma data al Brusoni) e la promessa da parte del marchese di San Tommaso di un incarico ufficiale a corte. Il Brusoni (che in dicembre aveva cominciato a scrivere una Storia della casa di Savoia, poi rimasta manoscritta) stava allora organizzando, su ordine della reggente Maria Giovanna Battista, un'Accademia di belle lettere che avrebbe avuto provvisoriamente sede nella sua stessa abitazione, dove il 31 genn. 1677 si tenne la prima adunanza. Fra i presenti, oltre a numerosi membri della nobiltà di corte, era anche il duca di Giovinazzo, allora a Torino in attesa di trasferirsi a Napoli come tesoriere del Viceregno. Anche il G. era stato cooptato dal Brusoni nell'Accademia ed era entrato a far parte, in qualità di segretario, della seconda delle due classi (una formata da nobili, l'altra da borghesi) delle quali essa si componeva.
Il G. rimase nella casa del Brusoni sino al settembre 1677, quando il marchese di San Tommaso volle trasferirlo in una nuova abitazione, in via de' Cavagnari, presso un tal Masina. Il marchese aveva lasciato intendere al G. che presto i loro progetti si sarebbero realizzati, ma il 30 novembre il non anziano ministro morì improvvisamente, e fu sostituito nella carica di segretario ducale dal figlio Carlo Giuseppe Vittorio. Il G. perse così il suo principale appoggio politico, giacché il nuovo marchese non approvava l'atteggiamento del padre nei confronti del G. e del Brusoni; rifiutò così qualsiasi favore al G., che in una lettera del 4 dic. 1677 si era rivolto a lui.
Al principio del 1678 il duca di Giovinazzo si espresse contro la nuova edizione dell'Historia d'Italia del Brusoni (poi stampata, nel 1680, dal tipografo torinese Zavatta) a causa di un lungo passo in cui, a proposito di una congiura di Palermo, compariva un suo antenato. Il nobile napoletano si garantì l'appoggio del padre gesuita piemontese Carlo Maurizio Vota, che nei primi mesi di quell'anno era stato incaricato dalla corte sabauda della revisione dell'opera brusoniana. Il Vota non tardò a scontrarsi aspramente con il Brusoni, provocando il suo risentimento contro il duca e contro il G., inviso al Brusoni per il suo noto legame col duca.
Non è chiaro il ruolo del G. in questa vicenda, ma il Brusoni scrisse alla duchessa Maria Giovanna Battista una lettera in cui lo accusava non solo d'esser l'autore di diversi scritti contro di lui, ma d'approfittarsi della bontà della reggente, giacché la sua Historia era opera di poco valore e nociva agli interessi della casa sabauda. Nell'attacco al G. ebbe un ruolo rilevante il priore nizzardo don Guglielmo Gillio, anch'egli membro dell'Accademia del Brusoni.
Sin da gennaio il G., che ormai dubitava della concreta possibilità di ottenere un incarico a corte, aveva inviato al marchese di San Tommaso un tomo della sua Historia pregandolo di farne dono alla reggente e di adoperarsi affinché la sua opera fosse pubblicata quanto prima. Chiedeva quindi di sottoporre il suo lavoro al giudizio del governo, cosicché, soppressi i passi ritenuti contrari agli interessi sabaudi, si potesse giungere alla pubblicazione. Nello stesso tempo, tuttavia, non aveva intenzione di pregiudicare i suoi rapporti con la Repubblica di Genova, tanto più che il suo futuro a Torino appariva quanto mai incerto: tramite un certo Agostino Pertuso, quindi, inviò copia di numerosi passi della sua Historia ad Agostino Saluzzo, presidente degli Inquisitori della Repubblica, pregandolo di giudicare se in essi si recasse danno agli interessi genovesi. Il Saluzzo rispose inviando al G. sei scudi d'oro e promettendo che avrebbe letto l'opera.
Non è noto come siano proseguite le trattative (che dovettero svolgersi soprattutto quando il G. era già a Venezia), certo è che nell'Historia risulta chiaramente come tutti i passi che il G. aveva sottoposto all'attenzione delle autorità genovesi fossero stati rivisti dall'autore in modo tale da non riuscire sgraditi alle autorità della Repubblica.
Dopo oltre tre mesi il G. non aveva avuto ancora risposta dalle autorità sabaude; comprese allora come all'origine di tale situazione non vi fosse solo il mancato appoggio del marchese di San Tommaso, ma anche l'opposizione del Brusoni, che era riuscito a screditarlo di fronte alla duchessa. Tale situazione lo indusse, alla fine di aprile del 1678, a lasciare Torino e a far ritorno a Modena.
Appena giunto in patria, il 18 maggio scrisse un'interessante e accorata lettera al marchese Chabod de Saint-Maurice, in cui, dopo aver ripercorso la propria esperienza a Torino, giustificava la brusca partenza con la necessità di difendere la sua reputazione, attaccata dalle accuse del Brusoni e dal mancato appoggio del marchese di San Tommaso e della reggente. Informava inoltre il Saint-Maurice dell'intenzione di pubblicare al più presto l'Historia per evitare che, rinviandola ulteriormente, l'opera perdesse interesse. Il G. non voleva tuttavia inimicarsi la corte di Torino e per tale ragione inviava al marchese un manoscritto contenente una serie di passi del suo lavoro in cui si parlava di casa Savoia in relazione alla guerra del 1672 contro Genova, al fine di concordare con il governo torinese cosa dovesse esser soppresso o modificato. Per un parere intorno alla sua opera, il G. invitava Saint-Maurice a rivolgersi al nunzio pontificio a Torino, mons. Giuseppe d'Este-Musti al quale l'aveva fatta leggere prima di partire e che aveva mostrato di apprezzarla (quasi che con tale suggerimento il G. volesse mostrare al marchese di poter ancora contare su buoni appoggi).
Rimasto a Modena poco meno di tre settimane, alla fine di maggio il G. era già a Venezia per sovrintendere alla pubblicazione dell'opera. Nel frattempo i già tesi rapporti con Torino andarono deteriorandosi, soprattutto perché la sua improvvisa partenza dalla capitale era stata interpretata come un vero e proprio affronto: il Saint-Maurice, infatti, non rispose mai alla lettera inviatagli. Appena giunto a Venezia il G. apprese, non senza sorpresa, che la reggente aveva chiesto al governo della Serenissima di non stampare la sua Historia. Il 28 maggio scrisse al marchese di San Tommaso per protestare contro il provvedimento, lamentandosi di "essere stato sacrificato al Brusoni e trattato come un facchino". A Torino s'era però deciso di non trattare più con lui ma solo con i Riformatori veneziani e quando, nel 1680, il G. poté finalmente consegnare al tipografo Nicolò Pezzana il manoscritto dell'opera, i Riformatori lo obbligarono a sopprimere molti passi riguardanti casa Savoia. Fatto ritorno a Modena, nell'ottobre 1681 i due volumi dell'Historia delle guerre di Europa dal 1643 al 1680 videro finalmente la luce e il G. ne inviò una copia alla reggente, cogliendo l'occasione per dolersi delle numerose censure alle quali era stato costretto.
Il giorno prima, il 15 ottobre, il G. aveva inviato a Genova un'altra copia dell'Historia, affinché fosse presentata al doge. I due volumi furono rimessi agli inquisitori di Stato, i quali il 1° giugno 1682 comunicavano al doge che l'opera - soprattutto per il modo in cui trattava della guerra di dieci anni prima col duca di Savoia - era degna del gradimento della Repubblica. Il G. ricevette così non solo una ricompensa di 100 scudi d'oro (che gli giunsero a Modena il 9 ag. 1682) ma anche l'assicurazione che le autorità genovesi (tramite Francesco Maria Sauli) gli avrebbero fornito tutti i documenti necessari per altri suoi lavori, purché mantenesse analogo riguardo per la Repubblica. Il G. naturalmente accettò, ponendo quale unica condizione che il suo operato rimanesse segreto.
Oltre che dalla ricompensa genovese, la lunga attesa per la pubblicazione fu premiata dalla buona accoglienza che l'opera ebbe sia presso il pubblico (tanto che il G., informato che a Bologna si voleva fare un'edizione non autorizzata della sua opera, chiese e ottenne un privilegio col quale si impediva la ristampa per dieci anni), sia presso i dotti.
Scarse sono le notizie sul G. durante quest'ultima fase della sua vita. Al rientro in patria entrò al servizio del principe Cesare d'Este, e un suo viaggio a Roma nel 1683 è con tutta probabilità da mettere in relazione con tale incarico. Nel 1684 venne eletto arciprete e vicario foraneo di Formigine, carica che mantenne sino al 1691, quando (il 22 ottobre) venne trasferito nella parrocchia di S. Giorgio in Modena. Gli impegni ecclesiastici non gli fecero comunque abbandonare l'ufficio di segretario del principe al quale, nell'ultimo decennio del secolo, aggiunse quello di maestro dei figli di Rinaldo d'Este duca di Modena.
Con tutta probabilità il privilegio contro le ristampe della sua opera era legato al progetto di un nuovo lavoro o almeno a una edizione aggiornata dell'Historia, tanto più che le guerre scatenate da Luigi XIV negli anni Novanta gli offrivano abbondante materiale. Negli ultimi anni del secolo il G. prese quindi a lavorare a un seguito della Historia e l'opera (che avrebbe dovuto intitolarsi Historia delle guerre di Lodovico XIV) doveva già essere quasi finita nel 1698. In tale anno, infatti, su sollecitazione del duca Rinaldo, aveva trasmesso a Luigi XIV alcuni passi del suo nuovo lavoro e ne aveva ricevuto in ricompensa la nomina a "istoriografo" di Francia, senza però una pensione né un qualsiasi altro beneficio. Era da Genova, tuttavia, che il G. s'aspettava una ricompensa per le sue fatiche. Egli, infatti, non aveva mai interrotto i rapporti con la Repubblica e nell'aprile del 1699 poteva annunciare a Francesco Maria Lercaro d'aver compiuto la storia dalla pace di Nimega (1678) a quella di Rijswijk (1697) e di volergliela inviare al più presto perché la sottoponesse all'esame delle autorità della Repubblica e valutasse anche la possibilità di stamparla a Genova.
Fatto tesoro delle esperienze precedenti, il G. si guardò bene dal comunicare a Torino (ove dal 1685 era al potere Vittorio Amedeo II) la notizia della sua nuova opera, che pure trattava non poco dello Stato sabaudo. Inviata l'opera al Lercaro il 10 maggio, a metà settembre giunse la risposta degli inquisitori genovesi, i quali, pur approvandola, richiedevano alcune modifiche, soprattutto nella descrizione del bombardamento di Genova da parte della flotta francese nel 1684. In dicembre le correzioni erano terminate e, risultate gradite a Genova, vennero compensate con altri 100 scudi d'oro. Intanto il G. comunicava al Lercaro d'aver deciso d'ampliare il suo lavoro, giungendo sino al 1699. Nel 1700 il G. si trasferì a Venezia, ove gli eredi del Pezzana si erano detti disposti a stampare l'opera, e consegnò il manoscritto nelle mani dei revisori della Serenissima, mentre intanto (sempre tramite il Lercaro) inviava agli inquisitori di Genova le nuove parti del suo lavoro. Tutto sembrava svolgersi per il meglio quando alcuni ostacoli posti dai Riformatori veneziani e un "affare di giustizia" fra i Pezzana e il G. (L.A. Muratori, Carteggio, lettera di A. Zeno, 18 giugno 1701) costrinsero a rinviare la stampa, e il G. decise poi di aggiungervi anche l'anno 1700 e di pubblicare l'opera a Modena; a tal fine inviò una supplica al duca Rinaldo. Il documento non è noto, ma un memoriale anonimo e non datato (riferibile al 1700-01) di un funzionario estense si pronuncia favorevolmente alla pubblicazione a Modena della nuova Historia a patto di riscrivere alcune pagine "a maggior vantaggio" della casa d'Este: l'opera si sarebbe pubblicata con poca spesa da parte dello Stato e con un considerevole guadagno sia di prestigio sia di denaro. L'anonimo autore del Memoriale proponeva poi di aggiungere all'opera del G. la Vita del duca Francesco II d'Este (duca di Modena dal 1662 al 1694), opera del conte Gerolamo Graziani, che non voleva pubblicarla col suo nome; se inserita nell'opera del G., avrebbe conosciuto maggior diffusione.
Questi progetti furono interrotti dalla sua improvvisa scomparsa, avvenuta a Modena il 21 sett. 1701.
Dal carteggio Muratori-Zeno si apprende che nel dicembre si pensava di affidare l'edizione a un non precisato libraio genovese, ma in breve anche tale possibilità decadde e l'Historia delle guerre arrivate dal principio del regno di Lodovico XIV re di Francia sino ad hoggi con casa d'Austria et d'altri principi… rimase manoscritta ed è ora conservata nella Biblioteca Estense di Modena, Codd. It., 1126 (= alfa M.G.5-7).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Arch. segreto Estense, Arch. per materie, Letterati, b. 21; Ibid., Camera ducale, Particolari, bb. 607 (Gazzotti), 133 (Bergomi); Modena, Arch. dell'Accademia naz. di scienze, lettere ed arti, arm. D, filza U.4/u: G. Franchini, Memorie degli scrittori modenesi (copia del secolo XVIII), c. 9v; Arch. di Stato di Genova, Miscellanea politica ed economica, mazzo 4 (le lettere del G. sono state edite da A. Neri); Arch. di Stato di Torino, Corte, Storia della real casa, Storie particolari, mazzo 21, f. 6; ibid., Lettere di particolari, G., mazzo 18: Gazzotti Pietro (pubblicate dal Neri); L.A. Muratori, Carteggio, XLVI, a cura di A. Burlini Calapaj, Firenze 1975, pp. 236-238, 246 s., 251-253 (scambio epistolare con A. Zeno); G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, II, Modena 1782, pp. 387-389; G. Claretta, Sulle avventure di Luca Assarino e Gerolamo Brusoni…, Torino 1873, p. 92; A. Neri, P. G. e le sue relazioni con la corte di Torino e la Repubblica di Genova, in Atti della Deputazione di storia patria per le province dell'Emilia, n.s., I (1877), pp. 75-98; G. Claretta, Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della real casa di Savoia…, Torino 1878, pp. 206-208.