GELIDO, Pietro
Nacque a San Miniato al Tedesco (oggi San Miniato, in provincia di Pisa) alla fine del 1495 o ai primi del 1496. Il suo vero cognome era probabilmente Gelati. Della sua infanzia e della prima giovinezza non si hanno notizie, tranne un vago accenno a un soggiorno a Venezia nel 1522. Dopo l'elezione del papa mediceo Clemente VII (1523) si recò a Roma, dove forse fu uno dei segretari del pontefice. Al servizio presso Clemente VII risale l'amicizia del G. con il fiorentino Pietro Carnesecchi, che sarebbe durata fino alla decapitazione per eresia di quest'ultimo (1567). A Roma il G. frequentò l'Accademia dei Vignaiuoli; forse in questo periodo cominciò a usare il soprannome con cui avrebbe poi sempre firmato le sue lettere, "il Pero".
Non sappiamo quando il G. abbia preso gli ordini sacri; alla fine del 1533 veniva designato in un atto notarile come "clericus". Dopo l'elezione di Paolo III (1534) il G. si mise al servizio della famiglia Farnese, ma cadde presto in disgrazia e, intorno all'agosto 1539, si recò in Francia come agente del cardinale Francesco Pisani.
Riconciliatosi con i Farnese, fu alle dipendenze del cardinale Alessandro, che soggiornò in Francia come legato tra il novembre 1539 e la fine di maggio dell'anno successivo. Anche dopo la partenza del cardinale il G., rimasto in Francia, continuò a fungere da suo segretario e informatore, inviandogli dalla corte numerose notizie sui rapporti tra il re e i nunzi pontifici Filiberto Ferrero (Ferrerio) e Girolamo Dandini.
Tra la fine del 1540 e l'inizio del 1541 il G. ritornò in Italia. A Firenze, l'11 febbr. 1541, venne eletto accademico fiorentino assieme con altri 41 nuovi membri, tra cui il Carnesecchi. Non sappiamo molto dei legami instaurati dal G. con gli altri accademici: tra le poche testimonianze rimaste vi è comunque un sonetto elogiativo di Benedetto Varchi (non datato) dedicato al G., il quale ricambiò tessendo a sua volta le lodi del Varchi in un suo sonetto.
Nella primavera del 1541 il cardinale Farnese veniva nominato legato pontificio di Avignone. Il G. tornò allora in Francia, dove ricoprì l'ufficio di tesoriere del Contado Venassino. Nel novembre dello stesso anno il G. venne colto da una crisi religiosa, a causa della quale chiese e ottenne il permesso di abbandonare l'incarico di tesoriere per qualche tempo, per poter studiare le sacre scritture sotto la guida del domenicano senese Ambrogio Catarino Politi, che aveva incontrato a Lione.
Il legame con il Politi, uno dei più attivi controversisti antiluterani, indica chiaramente che a questa data il G. era ancora ben lontano dall'abbracciare le posizioni religiose che vent'anni dopo l'avrebbero condotto alla fuga in terra riformata. Egli rimase accanto al Politi a Lione durante l'inverno del 1541 e la primavera dell'anno successivo; poi, nell'estate, lo accompagnò in Italia. Il 10 ag. 1542 transitava per Piacenza, diretto a Roma, in compagnia del domenicano senese. Di lì a poco, tuttavia, riprese i contatti con l'amico Carnesecchi; alla fine di novembre si trovava con lui a Bologna e con ogni probabilità lo accompagnò fino a Venezia. Si recò poi a Trento, dove forse seguì le vicende della prima convocazione del concilio, per poi tornare a Venezia nel marzo del 1543. È probabile che in questo periodo il G., tramite il Carnesecchi e il legato conciliare card. Reginald Pole, si accostasse per la prima volta alle posizioni valdesiane e accogliesse la dottrina della giustificazione per sola fede; secondo testimonianze più tarde, infatti, il G. si sarebbe allontanato polemicamente dal Politi sotto l'influsso del Pole e degli "spirituali" legati all'insegnamento dell'esule spagnolo Juan de Valdés.
A partire dall'ottobre 1543 e poi, dopo un soggiorno a Roma (da fine 1543 all'aprile 1544), dal maggio del 1544 il G. tornò al suo incarico di tesoriere del Contado Venassino. Non sappiamo con precisione se e come si fossero evolute le sue idee religiose; le sue lettere al Farnese di questo periodo contengono sia esigenze di lotta contro gli abusi che regnavano nella vita economica, politica e religiosa della Legazione, sia, d'altra parte, incitazioni a prendere severi provvedimenti contro la forte presenza valdese e riformata a Cabrières e in altre zone del Contado. Proprio al G., tra la fine del 1544 e gli inizi dell'anno seguente, venne affidato il ruolo di mediatore tra le autorità pontificie del Contado e la corte francese, la cui alleanza politico-militare portò, nella primavera del 1545, al massacro di migliaia di valdesi a Cabrières e nelle zone circostanti. Preoccupato di possibili ritorsioni nei suoi confronti da parte della popolazione, in maggio il G. abbandonò definitivamente il Contado, lasciando un sostituto nella tesoreria.
Non sappiamo esattamente cosa accadde nei due anni successivi; dal 1547, comunque, fu alle dipendenze dei Medici. Nel biennio 1547-48 esercitò le funzioni di segretario dell'ambasciatore del duca Cosimo I in Francia, il vescovo di Cortona Giovan Battista Ricasoli. Con ogni probabilità il G. rivide nuovamente il Carnesecchi, che soggiornò per cinque anni - dal 1547 al '52 - presso la corte francese. Nelle sue lettere di questo periodo è possibile cogliere echi della spiritualità valdesiana. Il G. e il Ricasoli partirono dalla corte francese il 5 maggio 1548 e, dopo una sosta a Lione dal 14 al 26 maggio, tornarono a Firenze.
Nella primavera del 1550 il G. venne accusato di eresia e convocato a Roma, dove fu condannato all'abiura e successivamente liberato. Subito dopo si mise alle dipendenze del cardinale ferrarese Ippolito d'Este. Questi utilizzò il G. per varie missioni diplomatiche. Da gennaio a ottobre del 1551 fu di nuovo presso la corte francese; nell'aprile dell'anno successivo venne inviato a Roma, per congratularsi della riconciliazione tra il papa e il re di Francia. Infine, nell'estate di quello stesso 1552, quando Siena si ribellò alla guarnigione imperiale con l'appoggio della Francia e del cardinale estense, il G. venne mandato da Ippolito nella città toscana. Nel frattempo, durante i suoi frequenti soggiorni a Ferrara, entrò in confidenza con la duchessa Renata di Francia, moglie di Ercole II d'Este. La duchessa, ardente calvinista, aveva organizzato nella sua corte un vero e proprio cenacolo riformato, che offriva ospitalità e aiuto agli eterodossi perseguitati dall'Inquisizione. Si può pertanto ipotizzare che la conversione definitiva del G. alla Riforma fosse avvenuta proprio a Ferrara.
Attraverso vicende non del tutto chiare, verso la fine di agosto del 1552 il G. passò nuovamente al servizio di Cosimo I. La fiducia riposta dal duca di Firenze nel G. era grande: nell'autunno del 1552 il duca decise di inviarlo a Venezia come suo segretario residente presso la Repubblica. Il G. giunse a Venezia il 19 ott. 1552. Nella città lagunare, pur tra notevoli difficoltà economiche, rimase come segretario di Cosimo per nove anni, durante i quali si allontanò da Venezia soltanto per brevi periodi (tra il marzo e l'aprile del 1554, ad esempio, venne inviato a Trento con l'incarico di assoldare fanti tedeschi per l'assedio di Siena).
Nel frattempo le scelte religiose eterodosse del G. erano ormai maturate definitivamente. A Venezia poté incontrare il suo vecchio amico Carnesecchi, reduce da un primo processo per eresia (1546) e in procinto di subirne un altro (1557-61). Con il Carnesecchi, che rimase tra Padova e Venezia dal 1553 al '59, il G. frequentò un circolo eterodosso composto da nobili veneziani (Agostino Tiepolo, Carlo Corner, Marcantonio Canal, Bernardino Loredan e altri). Secondo una testimonianza del 1565, il G. e il Carnesecchi si alternavano nel tenere lezioni di sacra scrittura presso quel circolo (Arch. di Stato di Venezia, Sant'Ufficio, b. 11, f. Andreas de Ugonibus, cc. 20v-21r). Ma il G. e il Carnesecchi furono in contatto continuo con molti altri eterodossi presenti a Venezia in quegli anni: il pugliese Donato Rullo, familiare del cardinale Pole, Apollonio Merenda, Fabrizio Brancuti da Cagli (un ex valdesiano ora divenuto calvinista convinto), il senese Nicolò Spannocchi e il mantovano Endimio Calandra. Quest'ultimo, che conosceva bene il G., riferì poi nel suo processo inquisitoriale del 1568 diversi episodi che mostravano inequivocabilmente le tendenze riformate del G., a quella data del resto ormai fuggito da sette anni. Nelle sue lettere al duca Cosimo, il G. esprimeva questo suo orientamento, appena celato dietro le apparenze di "neutre" notizie sugli avvenimenti politico-religiosi che scuotevano l'Europa di quegli anni e che venivano diffuse e commentate a Venezia. Probabilmente fino all'ultimo il G. si illuse che la situazione in Italia potesse mutare da un lato nel senso della tolleranza religiosa (il che sembrava accordarsi con le tendenze del duca, che proteggeva i suoi sudditi dai rigori dell'Inquisizione romana), dall'altro in direzione di una riforma della Chiesa che eliminasse gli abusi.
Queste speranze sembrarono momentaneamente rifiorire con l'elezione di Pio IV, al quale il G., nel febbraio 1561, dedicò due sonetti (ma il Calandra, nei suoi interrogatori, disse poi che il G. si era espresso verbalmente in maniera piuttosto dura nei confronti del nuovo papa).
Dopo la scoperta e la cattura dei suoi complici da parte delle autorità inquisitoriali veneziane, il G. lasciò la città il 7 dic. 1561 insieme con Fabrizio Brancuti. Si recò dapprima a Lione, poi si fermò presso la duchessa Renata, che risiedeva nel suo castello di Montargis (vicino a Orléans) e si consultò sul da farsi con vari ministri protestanti. Decise alla fine di recarsi presso la corte francese, forse nella speranza di ottenere qualche incarico politico o diplomatico. L'accesso alla corte, tuttavia, gli venne impedito dalle trame dei fuoriusciti fiorentini, che pensavano che il G. fosse una spia al servizio di Cosimo e del re di Spagna Filippo II. A questo punto, nei primissimi mesi del 1562 il G. si recò a Ginevra, sempre intenzionato a tornare alla corte di Francia non appena fosse stato possibile. Nel marzo chiese e ottenne di venire accettato come membro della Chiesa calvinista ginevrina. Dopo un nuovo soggiorno in Francia, durante il quale si incontrò a Lione con il nunzio pontificio Prospero Santacroce (il quale sperava, stante l'atteggiamento conciliante del G., di poterlo riconvertire al cattolicesimo), il G. dovette tornare a Ginevra.
Nel primo periodo del suo volontario esilio il G. non abbandonò l'illusione che la situazione religiosa in Italia potesse cambiare. In una lettera-confessione inviata a Cosimo I da Ginevra il 24 marzo 1562 il G. esortava il duca a non perseguitare gli eretici e a convincere il papa a convocare un legittimo concilio in terra tedesca. Durante il suo esilio, il G. rimase in contatto epistolare con il Carnesecchi, che gli inviò sussidi in denaro per alleviare le sue precarie condizioni economiche.
Per il periodo immediatamente successivo non abbiamo altre notizie sul Gelido. Alla metà del 1567 lo ritroviamo ministro riformato della comunità di Acceglio e della Val Maira Superiore, nel territorio del marchesato di Saluzzo. Il G. prese parte attiva alle discussioni sulla dissimulazione religiosa e sul nicodemismo; contro quest'ultima tendenza pare anche che scrivesse dei libelli, ora perduti. In qualità di pastore, inoltre, il G. partecipò al sinodo riformato di Dronero. Il 19 ott. 1567 il duca di Nevers, luogotenente generale del re di Francia, espulse dai territori francesi al di qua delle Alpi tutti i riformati non sudditi del re, pena la morte e la confisca dei beni. Non sappiamo cosa accadde al G., ormai più che settantaduenne. Di certo egli morì prima del 1570, come indirettamente ci informa una nota apposta al Summarium processus originalis del cardinale G. Morone (Il processo inquisitoriale del card. G. Morone, VI, p. 290).
Fonti e Bibl.: I due sonetti del G. dedicati a Pio IV si trovano nella Biblioteca Palatina di Parma, Pal. 557, c. 141rv. Il copiosissimo carteggio del G. si conserva in parte nell'Archivio di Stato di Parma, Carteggio Farnesiano. Estero - Francia, bb. 8, 10-12; le notizie sul soggiorno del G. a Trento (1542), Ibid., Venezia, b. 509; la lettera di raccomandazione del vescovo G.B. Ricasoli del 3 apr. 1550, Ibid., Toscana, b. 466; nella serie Venezia dello stesso fondo (b. 511) si conservano anche diverse lettere del G. al card. Alessandro Farnese da Venezia (1556-59). Lettere del cardinale Ippolito d'Este al G. e altre utili notizie sulle attività del G. negli anni 1551-52 si trovano nell'Archivio di Stato di Modena, Arch. segreto Estense - Casa e Stato, b. 153, e Ambasciatori - Francia, b. 47. La parte più consistente dell'epistolario del G. si trova comunque nell'Archivio di Stato di Firenze, Archivio Mediceo del principato, in particolare f. 4592 (dalla corte francese, 1547-48) e ff. 2970-2975 (da Venezia, 1552-61). Molte lettere si trovano tuttavia sparse in altre filze, per le quali si rinvia agli spogli settecenteschi di R. Tanzini, nella sala inventari dell'archivio, segnatura N/361 (Scritture diverse di Cosimo I. Indice riformato e corretto) e agli inventari: Arch. di Stato di Firenze, Arch. Mediceo del principato. Inventario sommario, Roma 1951, ad indicem; Arch. di Stato di Firenze, Carteggio universale di Cosimo I de' Medici… Inventario I, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, ad indicem; Inventario V, a cura di C. Giamblanco - D. Toccafondi, Milano 1990, ad indicem; Inventario IX, a cura di M. Morviducci, Milano 1990, ad indicem; Inventario IV, a cura di V. Arrighi, Milano 1992, ad indicem; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, London-Leiden 1967, p. 37. Altre lettere sparse si possono trovare in codici miscellanei o fondi d'archivio conservati presso altri istituti; cfr. ad es. Idem, a cura di P.O. Kristeller, V, ibid. 1990, p. 238. Due lettere, datate Fontainebleau 8 giugno 1540 e Venezia 13 nov. 1557, si trovano nella Biblioteca Palatina di Parma, Carteggio del card. Alessandro Farnese, cass. 105. Notizie sull'organizzazione di aiuti economici a favore di filoprotestanti in Archivio di Stato di Venezia, Sant'Ufficio, b. 15, f. 8 (Dall'Olio Giacomo, Gottardo Domenico, Da Gezus Alberto).
G. Mauro, Tutte le terze rime…, nuovamente raccolte et stampate, [Venezia] 1538, cc. 30v, 31v, 39r; M. Equicola, Institutioni… al comporre in ogni sorte di rima della lingua volgare…, Milano 1541, c. Aiiv; P. Aretino, Il sesto libro delle lettere…, Parigi 1609, cc. 25v, 103r, 120v, 124v; B. Varchi, Opere, I, Milano 1834, p. 559; Estratto del processo di Pietro Carnesecchi, a cura di G. Manzoni, in Miscellanea di storia italiana, X (1870), pp. 254, 490 s., 509, 527, 556, 560; Correspondance des nonces en France Carpi et Ferrerio. 1535-1540, a cura di J. Lestocquoy, Rome-Paris 1961, ad indicem; Correspondance des nonces en France Dandino, Della Torre et Trivultio (1546-1551), a cura di J. Lestocquoy, Paris 1966, ad indicem; Nunziature di Venezia, VI, a cura di F. Gaeta, Roma 1967, ad indicem; Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, I-II, V-VI, Roma 1981-95, ad indices; S. Pagano, Il processo di Endimio Calandra e l'Inquisizione a Mantova nel 1567-1568, Città del Vaticano 1991, ad indicem; G. Rondoni, Memorie storiche di San Miniato al Tedesco, con documenti inediti e le notizie degli illustri samminiatesi, San Miniato 1876, pp. 273-283; J.-B.-G. Galiffe, Le refuge italien de Genève au XVIe et XVIIe siècles, Genève 1881, p. 157; A. Virgili, Francesco Berni, Firenze 1881, pp. 443, 477, 479; B. Fontana, Renata di Francia duchessa di Ferrara, II, 1537-60, Roma 1893, pp. 293, 388, 394, 403; III, 1561-75, Roma 1899, pp. 53-55, 128; A. Agostini, Pietro Carnesecchi e il movimento valdesiano, Firenze 1899, pp. 58 s., 71, 130, 140 s., 200, 236-242, 247, 251, 275-278, 280; G. Jalla, P. G., riformato italiano del secolo XVI, in Rivista cristiana, n.s., I (1899), pp. 179-189, 215-221, 270-276, 289-296; L. Campana, Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi, in Studi storici, XVI (1907), pp. 48 s., 70; C. Salvadori, Un segretario del duca Cosimo a Venezia, in Bollettino dell'Accademia degli Eleuteti di San Miniato, IX (1931), pp. 1-26; E. Pommier, Notes sur la propagande protestante dans la République de Venise au milieu du XVIe siècle, in Aspects de la propagande religieuse, a cura di G. Berthoud, Genève 1957, p. 243; P. Paschini, Venezia e l'Inquisizione romana da Giulio III a Pio IV, Padova 1959, p. 139; A. Pascal, Il marchesato di Saluzzo e la riforma protestante durante il periodo della dominazione francese, 1548-1588, Firenze 1960, pp. 150, 247, 258; R. Cantagalli, La guerra di Siena, Siena 1962, ad indicem; O. Ortolani, Per la storia della vita religiosa italiana nel Cinquecento. Pietro Carnesecchi, Firenze 1963, ad indicem; A. D'Addario, Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma 1972, ad indicem; Benedetto da Mantova, Il Beneficio di Cristo con le versioni del secolo XVI, documenti e testimonianze, a cura di S. Caponetto, Firenze-Chicago 1972, pp. 459, 503; M. Plaisance, Une première affirmation de la politique culturelle de Côme I.er, in Les écrivains et le pouvoir en Italie à l'époque de la Renaissance, s. 1, Paris 1973, pp. 410 s.; V. Marchetti, Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze 1975, pp. 230-234, 237; F. Ambrosini, Tendenze filoprotestanti nel patriziato veneziano, in La Chiesa di Venezia tra Riforma protestante e riforma cattolica, a cura di G. Gullino, Venezia 1990, ad indicem; M. Firpo, Inquisizione romana e Controriforma, Bologna 1992, ad indicem; M. Venard, Réforme protestante, réforme catholique dans la province d'Avignon au XVIe siècle, Paris 1993, ad indicem.