GENTILI, Pietro
Nacque a Roma il 23 sett. 1844 da Eraclito e Clementina Dimacco. Nel 1861 - come egli stesso scrisse nei Cenni storici sulle origini… degli arazzi in Roma del 1915 - abbandonò gli studi di filosofia del Collegio romano per seguire le orme del padre, esperto arazziere e direttore della fabbrica di arazzi dell'Ospizio di S. Michele. Il G. entrò al S. Michele nel 1863 e tra 1867 e 1868 fu impegnato nell'esecuzione, ordinata da Pio IX, di due grandiosi tappeti: uno per la sala del trono del papa (Musei Vaticani, inv. 43775) e un altro, noto solo attraverso vecchie riproduzioni fotografiche, per l'anticamera segreta.
I due lavori dimostrano l'attenzione da parte del G. per i modelli prodotti a Abusson, "ma la presenza entro elaborate cornici di riproduzioni dei monumenti romani, ci rimanda al gusto per la veduta-ricordo che si era sviluppato a Roma tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento" (De Strobel, p. 134). Particolare anche la tecnica con cui i due tappeti vennero eseguiti, ossia un nuovo metodo di tessitura, elaborato dal padre del G., consistente nel rinnesto sul rovescio di tutti i fili utilizzati per la lavorazione della trama in modo da rendere il retro dell'arazzo uguale al davanti.
Sempre alla collaborazione tra padre e figlio sono da ricondurre altri due tappeti in arazzo conservati ai Musei Vaticani, l'uno (inv. 43778) che copia la decorazione a motivi geometrici di mosaici pavimentali romani, l'altro (inv. 43887), datato 1867, di ispirazione orientaleggiante.
L'attività di Eraclito ci è nota proprio attraverso gli scritti del G. che, oltre a ricordare luogo e anno di nascita del padre (Macerata, 1810), descrive con dovizia di particolari le sue opere più significative. Tra queste, la copia in arazzo (Musei Vaticani, inv. 43799) del famoso mosaico dell'Asoroton, descritto da Plinio e scoperto sotto Gregorio XVI, raffigurante un pavimento non spazzato con alcune maschere. Al centro dell'arazzo è riprodotto un altro celebre mosaico (Roma, Musei Capitolini), descritto da Plinio e rinvenuto nel 1737 nella villa Adriana a Tivoli, con colombe che si abbeverano a una tazza. Commissionato a Eraclito nel 1851 ed eseguito su disegno del pittore Francesco Giangiacomo, il lavoro di tessitura, come scrive il G. (1915, p. 55), "fu condotto a termine dopo quindici anni di costante assiduità, mettendo a riprova la pazienza di qualsiasi arazziere". Ciò trova conferma nell'inventario del S. Michele dove il pezzo risulta ancora presente nel laboratorio alla data del 2 marzo 1863 (Archivio romano di S. Michele a Tor Marancia, cartella "Arazzi").
Nel 1870, anno della sua morte, Eraclito fu destituito dalla qualifica di direttore della Fabbrica di S. Michele per mano del principe P. Gabrielli. Alle accuse di cattiva gestione della manifattura e di uso improprio dei macchinari e dei lavoranti, pubblicate a Roma nel 1879 da Giacomo Balestra nella Relazione dell'Ospizio di S. Michele, rispose l'anno seguente il G. con gli Appunti critici sulla relazione Balestra riguardanti la Fabbrica degli arazzi nell'Ospizio apostolico di S. Michele (Roma 1880).
Alla cooperazione tra padre e figlio sono inoltre da ricondurre, su committenza di Pio IX, i quattordici postergali per le bancate dei cardinali di S. Pietro e un arazzo con Scena campestre (De Strobel).
Nel 1870 il G. venne allontanato dal S. Michele a motivo, secondo quanto egli stesso scrisse più tardi, di "male intese partigiane antipatie politiche" (1915, p. 58) collegate agli sconvolgimenti politici in atto. Risale allo stesso periodo l'incarico, conferitogli da Pio IX, di istituire uno studio provvisorio in Vaticano, che ebbe sede in un locale in fondo alla loggia delle Benedizioni (Archivio dei Musei Vaticani, Laboratorio arazzi, "Appunti di Silvio Grossi"). Tra le prime realizzazioni della nuova manifattura fu l'arazzo con il Martirio di s. Agnese (Musei Vaticani) tratto dall'originale di Francesco Grandi. Terminata dopo tre anni e mezzo di assiduo lavoro l'opera fu inviata all'Esposizione universale di Filadelfia del 1874, dove ottenne un notevole successo rimanendo però danneggiata - ricorda il G. nei Cenni storici… del 1915 (p. 59) - durante il viaggio di ritorno. Sempre alla committenza di Pio IX è riconducibile l'arazzo con la Glorificazione di s. Giuseppe, eseguito per la cappella Sistina su disegno del Grandi in occasione e ricordo della bolla pontificia del 1871 con la quale Pio IX proclamava s. Giuseppe patrono universale della Chiesa.
L'opera (Musei Vaticani, inv. 43881), attualmente esposta nella chiesa romana di S. Giuseppe dei padri oblati all'Aurelio, venne lasciata a metà nel 1891 e fu terminata solo nel 1915, pochi mesi dopo l'elezione di Benedetto XV (1914). Nell'arazzo è raffigurata la bolla pontificia nelle mani di un angelo che appare inginocchiato dinanzi a s. Giuseppe. Il G. stesso, in Arazzi antichi e moderni del 1897 (pp. 61 s.), descrive il pezzo rivendicando un ritorno all'arazzo di tipo decorativo, ossia semplificato nella lavorazione e nel disegno, in contrasto con i nuovi sistemi, introdotti dalla fabbrica dei Gobelins, volti a una perfetta imitazione della pittura.
Nello stesso tempo il G. ebbe dal pontefice il compito di occuparsi della conservazione delle opere nelle collezioni vaticane, mansione già dell'Ospizio di S. Michele; rientra in quest'ambito l'attività di restauro sull'arazzo della Discesa dello Spirito Santo, una delle prime opere create dalla manifattura del S. Michele.
Nel 1887 Leone XIII, con motu proprio del 18 marzo, decise di impiantare una scuola di arazzi nel palazzo pontificio del Vaticano affidandone la direzione al G., dietro il compenso di 200 lire mensili "e con l'obbligo di istruire permanentemente non meno di dodici allievi", come ricorda il G. negli Arazzi… del 1897 (p. 58). La nuova scuola di arazzi non vide mai la luce e ciò a causa, secondo il G., dell'opera "malvagia di alcuni personaggi della Corte Pontificia" (Cenni storici…, p. 62). La delusione fu tale da spingerlo a accettare il suggerimento del cardinal L.M. Parrocchi e di monsignor J. De Montel, consulente ecclesiastico dell'ambasciata d'Austria presso la S. Sede, di realizzare un arazzo a grandezza naturale con l'imperatore Francesco Giuseppe e l'imperatrice Elisabetta, assassinata proprio nel 1898 (ibid., p. 63).
Per condurre a buon fine la difficile impresa il G. organizzò un laboratorio in via di Borgo S. Angelo al n. 112. L'arazzo, tratto dall'originale del pittore Salvatore Nobili, direttore della Fabbrica dei mosaici in Vaticano, fu terminato dopo quattro anni e mezzo di lavoro e venne esposto il 16 febbr. 1902 nel palazzo delle belle arti a Roma. Il doppio ritratto imperiale fu molto apprezzato dai contemporanei per il valore artistico nonché tecnico, come mostrava la preziosa fattura del velo sottilissimo che ricopriva l'immagine della defunta imperatrice. L'opera, su pressione di monsignor De Montel, fu donata dal G. all'imperatore nella speranza, risultata vana, di ottenere in cambio un cospicuo premio.
Il successo dell'arazzo fruttò al G. l'incarico, conferitogli dal ministro G. Baccelli, di elaborare un progetto per una fabbrica di arazzi in Roma. Ma anche tale disegno naufragò di fronte alle pesanti spese necessarie all'impianto del laboratorio, come scrisse il G. nel Discorso… del 1902 (p. 25).
Sempre al 1902 risale un reclamo presentato dal G. al Consiglio comunale di Roma contro la trattativa privata del Comune per l'assegnazione dell'esecuzione dei parati destinati ad addobbare i balconi dei palazzi capitolini. Il G., rivendicando all'Ospizio di S. Michele o, in alternativa, al nuovo laboratorio di arazzi che sarebbe dovuto sorgere su iniziativa del ministro Baccelli, il diritto alla commissione, contestò con vigore (ma inutilmente) la scelta operata dal Comune in favore del pittore Erulo Eroli (Lettera aperta a s.e. il principe d. Prospero Colonna sindaco di Roma, Roma 1902) che, a suo avviso, non aveva competenze nel campo dell'arazzo.
Le sorti del G. si risollevarono solo con l'elezione al soglio pontificio di Benedetto XV che, nel 1915, lo invitò a presentare uno schema di progetto per l'impianto di una regolare manifattura di arazzi in Vaticano. Nel 1916 il G., portato a termine il già ricordato arazzo di S. Giuseppe iniziato nel 1871, divenne direttore della nuova fabbrica vaticana (sorta nei locali della Zecca) oltre che responsabile della manutenzione e del restauro degli arazzi dei palazzi apostolici e dei Musei Vaticani.
Per celebrare tale iniziativa il G. volle tessere un grande arazzo, che probabilmente non venne mai realizzato, in cui doveva essere rappresentato Benedetto XV che approva l'istituzione della fabbrica. Nel bozzetto, ideato dallo stesso G. ed eseguito dal pittore Cesare Antonelli, egli si raffigurò nell'atto di sottoporre il progetto della nuova manifattura al pontefice. Nel laboratorio di arazzi dei Musei Vaticani è conservato un altro bozzetto, datato 1915, in cui compare Benedetto XV nell'atto di tagliare l'orditura dell'arazzo di S. Giuseppe, a ricordo della cerimonia realmente avvenuta il 6 luglio 1915.
Il G. rimase alla direzione della fabbrica vaticana fino alla morte, avvenuta a Roma il 9 febbr. 1918.
Molto prolifica fu la sua attività di scrittore. Fu studioso della storia degli arazzi ma anche un appassionato sostenitore di quest'arte, che cercò di conservare e rivitalizzare. A scritti di carattere polemico si affiancano, infatti, opere di indirizzo storico o più specificatamente tecniche, come il saggio Memoria sulla conservazione degli arazzi (Roma 1886) diramato gratuitamente dal G. in tutta Europa allo scopo di far rivivere tale arte impedendo speculazioni ed esportazioni illecite. Nello scritto - che nacque come risposta polemica alla sospensione, dovuta a monsignor D. Farabulini, del restauro degli arazzi di Raffaello, commissionato al G. da Pio IX nel 1865 - l'autore fornisce interessanti notizie sulla tecnica di intervento ricostruttivo utilizzata dal padre, e, più in generale, sulla concezione ottocentesca di conservazione e restauro degli arazzi.
Del G. si ricordano, oltre a quelli già citati, i seguenti scritti, tutti editi a Roma: Breve illustrazione di un arazzo antico fiammingo, esistente nel Museo Vaticano, rappresentanteGesù Bambino in grembo alla Vergine con allusione al Ss. Sagramento dell'Eucarestia (1868); Sulla manifattura degli arazzi (1874); Sur l'art des tapis. Details historiques (1878); Sulla conservazione degli arazzi… (1886); Conferenza sull'arte degli arazzi tenuta al palazzo delle belle arti in Roma in occasione della esposizione dei tessuti e merletti (1887); Memoria storico-amministrativa diretta a s.e. il ministro di Grazia e giustizia comm. Giuseppe Zanardelli, sul conto del Nobile Sodalizio di S. Michele Arcangelo ai Corridori di Borgo (1889); Relazione d'inchiesta sulla gestione del regio commissario straordinario, inviato temporaneamente ad amministrare l'Opera pia di S. Michele ai Corridori di Borgo (1891); Arazzi antichi e moderni (1897); Per l'inaugurazione della nuova privata fabbrica di arazzi in Borgo S. Angelo 112 (1899); Discorso sull'arte degli arazzi tenuto al palazzo delle belle arti in Roma nell'occasione dell'esposizione dell'ultimato arazzo rappresentante s.m. l'imperatore Francesco Giuseppe… (1902); Relazione dell'ispezione eseguita dall'arazziere prof. P. Gentili agli arazzi del Museo nazionale di Napoli presentata il 24 luglio 1901 (1909); infine gli autobiografici Cenni storici sulle origini e vicende dell'arte degli arazzi in Roma (1915).
Fonti e Bibl.: Necr., in Il Marzocco, 17 febbr. 1918; C.G. Marchesini, Arazzi e arazzieri di Roma, in Capitolium, XIX (1944), p. 74; E. Di Castro, L'Istituto di S. Michele a Ripa, in L'Urbe, XXXII (1969), p. 22; G. Tiricanti, IlS. Michele passato ed avvenire, in Capitolium, XLIV (1969), pp. 80, 85; E. Barbensi, La fabbrica di arazzi a S. Michele a Ripa (1870-1928), tesi di laurea, Terza Università degli studi di Roma, 1992-93, pp. 293-304; A.M. De Strobel, L'arazzeria di S. Michele tra il Settecento e l'Ottocento, in Arte e artigianato nella Roma di Belli. Atti del convegno… 1997, Roma 1998, ad indicem.