BIANCOLINI, Pietro Giovanni
Non si conosce l'anno della nascita di questo eretico modenese del sec. XVI. Nei molti processi dell'Inquisizione nei quali ricorre il suo nome e si danno notizie della sua attività è spesso detto "cimatore di panno" o mercante. In realtà, il B. era uomo di notevole cultura, come dimostra l'inventario dei libri sequestratigli dall'Inquisizione. La sentenza di uno dei suoi processi non lascia dubbi a proposito: egli vi è detto "civis et notarius". Non risulta, tuttavia, che abbia esercitato il notariato, mentre dall'atto di confisca dei suoi beni risulta la fortuna e la floridezza dei suoi commerci. La pratica della mercatura e i viaggi frequenti che essa comportava, specialmente a Venezia e a Lione, gli diedero l'occasione di entrare in contatto con una vasta cerchia di aderenti alla Riforma protestante; le notevoli possibilità economiche e il quotidiano contatto con tessitori e mercanti della sua città ne fecero uno dei propagatori più influenti delle dottrine protestanti negli ambienti popolari modenesi.
Le prime notizie sulla sua evoluzione religiosa fanno risalire l'inizio del suo orientamento eterodosso al 1543-1544, anni in cui, rifugiatosi a Modena l'eretico veneziano Bartolomeo Fonzio, il B. ne frequentò l'abitazione insieme con un folto gruppo di letterati (Filippo Valentini, Ludovico Castelvetro, Giovanni Bergomozzi, Giulio Sadoleto). È del 1552 il primo di tre processi, seguito a un più attento intervento dell'Inquisizione nella vita religiosa modenese a causa dei vivacissimi contrasti suscitati dalla predicazione del canonico regolare Giovanni Francesco da Bagnacavallo (quaresima del 1551). Dai dieci interrogatori di cui si compone questo processo l'attività del B. risulta già intensa. La sua propaganda fra lo stuolo dei suoi garzoni e fra i minori mercanti, oltre che insistere su temi ormai comuni (negazione del purgatorio, negazione dell'autorità del papa, della presenza reale del corpo e del sangue nell'eucaristia, del valore dei suffragi), tocca temi meno consueti: sfiducia nell'azione riformatrice del concilio ("che concilii son questi che non gie interviene il papa, imperatore et re de Franza et altri simili, che si dice gli hanno da intervenire?"); biasimo e condanna dello sfarzo dei paramenti sacri e delle ricchezze della Chiesa in genere, che il B. vorrebbe fossero distribuite ai poveri; libertà della predicazione sull'esempio di quanto avveniva in Germania. Quest'ultimo punto della protesta religiosa del B. faceva riferimento al caso recente di Giovanni Francesco da Bagnacavallo, la cui predicazione aveva suscitato discussioni e contrasti e l'intervento dell'inquisitore, per gli accorgimenti e le argomentazioni tortuose e i termini sfumati di cui il canonico regolare si era servito per inculcare il punto di vista luterano sulla fede e sulle opere; ma indicava anche la necessità della pratica nicodemitica, con la quale il B. coprirà sempre abilmente la sua attività fino all'anno della fuga da Modena. Nel corso degli interrogatori egli aggravò la sua posizione processuale per l'abilità con cui seppe insistere sulla negativa, che non sfuggì all'inquisitore ("sed potius subdole et calide tergiversationibus et recusationibus nobiscum egeris"). Tuttavia, dopo una sommaria ritrattazione, la condanna fu lieve, improntata alla mitezza voluta dal vescovo E. Foscarara.
Nel biennio 1556-1557 il B. fu podestà di Piacenza. Ivi fece subito parlare di sé, oltre che per la sua ostentata indifferenza di pubblico magistrato verso riti e cerimonie sacre, anche perché non nascondeva le sue reali opinioni religiose a una larga cerchia di collaboratori e di amici. Ne seguirono indagini dell'Inquisizione che diedero luogo a un processo, al quale tuttavia non seguì una condanna in quanto il B. mandò all'inquisitore una lettera in cui si diceva finalmente "illuminato" da Dio e quindi deciso ad abbandonare ogni opinione difforme dagli insegnamenti della Chiesa. Nel 1559 questo processo piacentino fu ripreso a Modena su denuncia del fratello Ludovico; ma la sua interruzione fu dovuta probabilmente allo stesso motivo per cui esso era stato interrotto a Piacenza.
Il pericolo corso in occasione del secondo processo, che se concluso avrebbe fatto di lui un "relapsus", non indusse il B. ad abbandonare le sue convinzioni, né lo distolse dal proposito di una intensa quanto prudente e circospetta propaganda di esse. Tra il 1560 e il 1566 è a capo di una vasta "congregazione di fratelli", insieme con G. Graziani, G. Rangoni, G. Bergomozzi e G. Sadoleto.
Il profilo dottrinale di questa comunità è incerto: su uno sfondo prevalentemente mistico-valdesiano si disegnano tendenze più radicali, di tipo anabattistico, con qualche caso di antitrinitarismo. Ma alla eterogeneità dottrinale fa riscontro una maggior coesione nell'attività pratica, circondata da gran segreto e coperta da consapevole prudenza nicodemitica. A questa attività il B. contribuì con la distribuzione di libri eterodossi, con la lettura di essi in riunioni segrete e mediante l'organizzazione di un'intensa pratica caritativa, che animava del suo insegnamento sul valore delle opere: "Il christiano debbe fare delle opere bone solo per amor di Dio et non con dissegno et speranza d'alcuna mercede".
Nell'agosto del 1566, intensificatasi l'opera di repressione dell'Inquisizione, la "congregazione" fu dispersa. Il 17 dicembre il governatore di Modena, Ippolito Turchi, chiedeva a Ferrara se doveva cedere alle insistenze dell'inquisitore di arrestare il B., avvertendo tuttavia che "la cosa darà da dire assai a questa città". Nel frattempo questi si era rifugiato a Sassuolo, donde subito partì per i Grigioni insieme con il Graziani e il Bergomozzi, come poté accertare l'inquisitore Nicolò da Finale che ne decretò il bruciamento in immagine il 2 sett. 1570. Della sua attività nei Grigioni non si trova traccia nei documenti finora noti.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena,Inquisizione, b. 3: Processi 1550-1565; b. 4: Processi 1566-1568; T. Sandonnini,L. Castelvetro e la sua famiglia, Bologna 1882, p. 277; J. Tedeschi-J. Henneberg,Contra Petrum Antonium a Cervia relapsum et Bononiae concrematum, in Italian Reformation Studies in honour of Laelius Socinus, Firenze 1965, pp. 237, 250-252, 264.