REGIS, Pietro Giovanni
REGIS, Pietro Giovanni. – Nacque a Roburent, nei pressi di Mondovì, il 17 luglio 1747.
Iscrittosi alla facoltà di teologia dell’Università di Torino, fu fra gli elettori alla carica di rettore nel 1770 e nel 1771. Laureatosi il 15 maggio 1771, il 20 giugno 1772 fu aggregato al Collegio teologico. Il 1° marzo 1773 Vittorio Amedeo III, salito al trono da pochi giorni, lo nominò provicario (o vicario in seconda) della parrocchia di corte per la Cappella della Sindone (Archivio di Stato di Torino, Camerale, Patenti Controllo Finanze, reg. 47, c. 5). Nel 1775 fu eletto vicepreside e prefetto di teologia nel Regio Collegio delle Province. Nel 1776, a soli tre anni dalla nomina, lasciò l’incarico nella parrocchia di corte per la nomina, il 12 settembre, a professore straordinario di Sacra scrittura e lingue orientali all’Università di Torino (reg. 53, c. 38). L’11 aprile 1777 divenne professore effettivo (reg. 54, c. 18) e un mese dopo pubblicò a Torino la sua prima opera conosciuta, l’Oratio per la laurea del cavalier Giuseppe Morozzo, in cui la celebrazione degli incarichi ricoperti per i Savoia dalla potente casata monregalese dei Morozzo lascia intuire un patronage di questi in suo favore.
Nel 1779 pubblicò, sempre a Torino, il suo primo importante trattato, il Moses legislator, seu de Mosaicarum legum praestantia.
L’opera si inseriva nella difesa dell’Antico Testamento dopo l’uscita di opere quali le Recherches sur l’origine du despotisme oriental (1761) di Nicolas Antoine Boulanger e l’Examen critique des apologistes de la religion chrétienne (1766) di Nicolas Fréret. Partecipava, inoltre, al dibattito sull’ebraismo suscitato dalla voce Moïse presente nel Dictionnaire philosophique di Voltaire (1764) e dalle Lettres de quelques juifs portugais et allemande à M. de Voltaire (1769) del padre Guénée. Regis vi compiva un’aperta difesa della legge mosaica dalle critiche che vedevano in Mosè un tiranno, autore di una vera e propria teocrazia, riprendendo la tesi della differenza tra la legge mosaica – «Deo auctore, editam per Mosem» – e la legge talmudica, giudicata assai negativamente.
Nel 1788 Regis fu tra i professori compresi fra i 111 esaminatori sinodali del Sinodo di Torino voluto dal cardinale Vittorio Gaetano Costa d’Arignano, arcivescovo della capitale, e in quegli anni pubblicò diverse orazioni per personaggi legati alla corte e alle magistrature. Era ormai una delle figure più in vista della cultura subalpina, tanto che Carlo Denina, in una memoria letta all’Accademia di Berlino il 5 luglio 1792, scriveva che non vi erano «filosofi e giureconsulti che transitando da Torino» non cercassero di conoscerlo (Denina, 2005, p. 22). Il 20 dicembre di quello stesso 1792, Regis entrò a fare parte della Patria società letteraria, una delle principali accademie della capitale, su proposta del teologo Giovan Matteo Pavesio, con cui egli pare iniziasse da allora una stretta collaborazione. Fu nelle adunanze di tale società che Regis lesse le bozze del suo nuovo lavoro, il trattato De judaeo cive libri II (Torino, Tipografia Regia, 1793, 2 voll.), tratto in parte dal De sacra chronologia (manoscritto presso la Biblioteca del Seminario Metropolitano di Torino, Mss., 16, 25), probabilmente la sua opera più importante.
Nel primo libro De indole Hebraeorum, dedicato ai principi della religione giudaica ribadiva le tesi espresse nel Moises legislator. Il secondo, An expediat istius indolis gentem inserere civitati si dichiarava contrario alla concessione agli ebrei dei diritti di cittadinanza, ribadendo i classici argomenti della letteratura antiemancipativa. A rendere originale il trattato erano però le tesi espresse nel terzo libro, De mutationibus, quae genus judaicum suscipere queat. In esso infatti, Regis suggeriva che agli ebrei fosse comunque progressivamente estesa una serie di diritti – in particolare quelli di laurearsi, esercitare le professioni civili e ricoprire almeno i gradi iniziali dei pubblici impieghi – e fosse concessa una qualche forma di diritto a possedere beni, così da dare il via a una sorta di emancipazione per gradi.
Nell’ottobre del 1792, in seguito allo scoppio della guerra contro la Francia, il governo chiuse le lezioni dell’Università di Torino. Per consentire agli studenti di sostenere comunque gli esami e la laurea, fu stabilito che i trattati dei docenti, non potendo essere più dettati ex cathedra, fossero stampati. Regis pubblicò allora le Institutiones theologicae ad Subalpinos (I-II, Torino, Tipographia Regia, 1793-1794), primo manuale di teologia edito in Piemonte, e il De re theologica ad Subalpinos (I-III, Torino 1794-1796).
Come ha scritto Pietro Stella, nelle Institutiones Regis mostrò «uno sforzo sincero di comporre le correnti teologiche allora operanti in Piemonte: la tomista, l’agostiniana e la criptogiansenista», e «il desiderio di comporre un testo che potesse soddisfare tutti o, almeno, non urtasse nessuno [...] che si levasse al di sopra delle controversi ideologiche» (Stella, 1958, p. 90). Ciò nonostante, le Institutiones suscitarono un’aspra polemica. Emidio Ziucci, ministro pontificio alla corte sabauda, criticò l’opera, dichiarando che in essa Regis sosteneva posizioni filogianseniste. Regis fu quindi costretto a una ritrattazione formale (Reprehensa in Theologicis Institutionibus eademque excussa) che pubblicò sia come opuscolo a sé stante (1794) sia come parte del De re theologica.
Durante la prima occupazione francese (1798-99), Regis si schierò dalla parte dei francesi. Fu allora membro della Società patriottica di Torino insieme, fra gli altri, con Pavesio (Buniva, 2000, p. 103). Si impegnò attivamente, per la causa della rivoluzione: nel febbraio del 1799, per esempio, si recò a Mondovì, «vestito alla francese e da secolare», come commissario del governo di Torino, per preparare l’annessione alla Francia (Lombardi, 1961, p. 118). Stando a quanto racconta Felice Bongiovanni, all’arrivo delle truppe austro-russe, Regis pensò inizialmente di lasciare Torino, ma decise infine di restare in città. Mal gliene incolse, perché fu arrestato insieme con altri membri della Consulta. Dopo Marengo (14 giugno 1800) e il ritorno dei francesi, fu liberato e chiamato a far parte dei trenta membri della Consulta del Piemonte, sempre accanto a Pavesio. Nello stesso tempo tornò all’Università, divenuta nazionale, per insegnarvi diritto pubblico e delle genti. Nel novembre del 1800 lesse e pubblicò l’Elogio [...] ne’ funerali del cittadino Giuseppe Pavesio bibliotecario nazionale [li] 9. frimale anno 9 / 30 novembre 1800 v.s. (Torino, Stamperia Filantropica, 1800), in cui mostrava ampia adesione ai principi francesi. Nel 1801 fu compreso tra i membri della Société libre d’instruction del Turin e fu eletto membro del Collegio elettorale del Dipartimento della Stura e del Consiglio generale.
Con l’affermarsi dell’Impero, Regis uscì dalla scena politica. Dal 1805 il suo nome scomparve anche dai ranghi universitari. Prospero Balbo, rettore dell’Università di Torino, nel 1809 propose che fosse richiamato nella facoltà di teologia, allora riaperta, ma ottenne soltanto, nel 1811, la sua nomina a «professeur émérite de théologie», con un’adeguata pensione (Almanach de l’Université impériale, Paris 1811, p. 195). Al rientro dei Savoia, Regis era troppo compromesso per quanto fatto fra il 1798 e il 1805, per cui, nell’ottobre del 1814, fu epurato definitivamente dai ranghi universitari.
In realtà, sin dal 1805 si era ritirato nella natia Roburent, dove morì il 29 novembre 1821, dopo aver visto diversi suoi allievi partecipare ai moti di quell’anno.
Fonti e Bibl.: T. Vallauri, R., P., in E. De Tipaldo, Biografie degli italiani illustri nel secolo XVIII, IV, Venezia 1834, pp. 34 s.; V. Gioberti, Del primato morale e civile degli italiani, II, Bruxelles 1843, p. 83; G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna, XVI, Torino 1847, Roburent, pp. 478 s.; G. Sforza, L’indennità ai giacobini piemontesi perseguitati e danneggiati (1800-1802), in Biblioteca di storia italiana recente, II (1909), pp. 5, 26 s.; C. Calcaterra, Le adunanze della Patria Società letteraria, Torino 1943, pp. 281-312; F. Bongioanni, Mémoires d’un jacobin (1799), a cura di G. Vaccarino, Torino 1958, pp. 15 s.; P. Stella, Giurisdizionalismo e giansenismo all’Università di Torino nel secolo XVIII, Torino 1958, pp. 78-90; G. Lombardi, Le classi sociali nell’evoluzione politica ed economica di Mondovì durante il passaggio dalla dominazione francese all’azione rivoluzionaria del Risorgimento, in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, n.s., XLVI (1961), p. 118; P. Delpiano, Il trono e la cattedra. Istruzione e formazione dell’élite nel Piemonte del Settecento, Torino 1997, pp. 191-204; O. Favaro, Vittorio Gaetano Costa d’Arignano (1737-1796): pastore illuminato della Chiesa di Torino al tramonto dell’ancien régime, Casale 1997, pp. 236, 424 s.; G. Tuninetti, Facoltà teologiche a Torino. Dalla facoltà universitaria alla facoltà dell’Italia settentrionale, Casale 1999, pp. 69 s., 91, 96; M. Buniva, Memoria al figlio unigenito, a cura di G. Losano - G. Slaverio, Torino 2000, p. 103; D. Carpanetto, L’università nel XVIII secolo, in Storia di Torino, V, Dalla città razionale alla crisi dello Stato d’Antico regime, a cura di G. Ricuperati, Torino 2002, pp. 207, 231; C. Denina, Considerazioni di un italiano sull’Italia, a cura di V. Sorella, Torino 2005, p. 22; G. Tuninetti, Biblisti e storici nelle facoltà teologiche dell’Università e del Seminario arcivescovile di Torino, in Et Verbum caro factum est. Tra Sacra Scrittura e storia della Chiesa, a cura di G. Tuninetti, Cantalupa 2009, pp. 15, 19 s.; A. Merlotti, Il dibattito sull’emancipazione ebraica in Piemonte alla fine del Settecento, in Ebrej. Via Vico. Mondovì XV-XX secolo. Studi in memoria di Marco Levi, a cura di A. Cavaglion, Torino 2010, pp. 207-211.