GRADENIGO, Pietro
Doge veneziano; nato nel 1251, segnò nella storia della sua patria una delle pagine più importanti. Eletto doge a 38 anni, mentre era podestà a Capo d'Istria, dai nobili sospettosi di Iacopo Tiepolo, candidato caro al partito popolare, si pose a reggere con forte mano il timone dello stato orientandolo decisamente verso l'aristocrazia, con la celebre Serrata del Maggior Consiglio (v. venezia: Storia). Respinta una tale riforma il 6 marzo 1296, fu da lui ripresa e varata l'ultimo febbraio 1297. Esercitò i cittadini nelle armi; e le armi adoperò all'interno e all'esterno senza debolezze. All'interno debellò la congiura di Marin Bocconio (1300) e nel 1310 quella di Baiamonte Tiepolo (v.). All'esterno guerreggiò con Padova per l'eterna questione delle Saline (1304); in Candia e a Zara per reprimere le consuete ribellioni; con Ferrara, per impossessarsi della città e del nodo fluviale padano, attirandosi la scomunica del pontefice. Morì il 13 agosto 1311, quando l'armistizio per la guerra ferrarese era stato proclamato (15 giugno), ma non era stata tolta la scomunica, e per ciò, oltre che per essere inviso, fu sepolto senza funerali a S. Cipriano di Murano, con questa epigrafe, che ne scolpisce il carattere: "acerbo e fermo, agli amici fedele e benigno, ai nemici avverso senza tregua".
Bibl.: v. gradenigo. Inoltre: G. Maranini, La costituzione di Venezia dopo la serrata del Maggior Consiglio, Venezia 1931.