PIETRO I d'Arborea
PIETRO I d’Arborea. – Figlio primogenito del giudice d’Arborea Barisone I e di Pellegrina de Lacon, nacque verosimilmente alla metà degli anni Quaranta del XII secolo.
Alla morte del padre, avvenuta nel 1185, si aprì un conflitto per la successione al trono giudicale, conteso tra Pietro, figlio di primo letto ed erede dell’antica dinastia dei Lacon-Serra, e il nipote Ugo Ponç de Bas, figlio della sorella Sinispella e di Ugo de Cervera, visconte di Bas, che Barisone aveva associato al trono su pressione della seconda moglie, la catalana Agalbursa de Cervera, zia e tutrice di Ugo Ponç.
In precedenza Pietro era già stato giudice ‘di fatto’ negli anni in cui il padre Barisone era forzatamente trattenuto a Genova, dopo l’incoronazione a «re di Sardegna» del 1164 e sino al 1171, per il debito contratto con il Comune ligure, che aveva appoggiato e finanziato quell’incoronazione.
In alcune schede del condaghe (registro patrimoniale) del monastero camaldolese di S. Maria di Bonarcado si ricorda, infatti, il giudice «Petru et Goantine de Serra, in cuia corona partirus sendo iudice maiore in Genua», e ancora «cun iudice Petru e cun sa mama donna Pelerina de Lacon, ki regiant su logu pro iudice Barusone, chi stavat in Genua» (Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, 2002, schede n. 123, 156).
I due contendenti cercarono da subito l’appoggio delle potenti Repubbliche marinare, che da decenni condizionavano la vita politica ed economica del giudicato, e che si schierarono apertamente: Pisa con Pietro e Genova con Ugo Ponç. Con la protezione di Pisa e con il sostegno dei maggiorenti del giudicato, Pietro iniziò a regnare sin dal maggio del 1185, come ricorda la legenda sigillare descritta con molta cura dal notaio Atzo Piacentino (Tola, 1861, I, sec. XII, doc. 139) «principium regni iudicis Petri arborensis […] anno domini MCLXXXVI mense maii» (data espressa secondo lo stile dell’incarnazione pisana in uso nell’Arborea); mentre Agalbursa, fuggita a Genova, aveva stretto un’alleanza con il Comune ligure perché aiutasse il proprio nipote minorenne a rientrare in possesso, sotto la sua tutela, del Regno d’Arborea.
Nel contenzioso si trovò coinvolto anche il giudice di Torres Barisone II che, nel novembre del 1186, si impegnò ad aiutare i genovesi nel caso fossero intervenuti militarmente in Sardegna «pro negocio Arboree» (Tola, 1861, I, sec. XII, doc. 109); promise anche di fornire vettovaglie e cavalli ai catalani, alleati di Agalbursa, che si fossero impegnati a riportare la propria conterranea nel giudicato in qualità di tutrice di Ugo Ponç.
Nonostante l’accordo tra Agalbursa e il Comune ligure, non sembra che a Genova vi fosse la reale volontà di spodestare il giudice in carica: la città – che aveva affrontato un grosso sforzo finanziando le mire regali di Barisone d’Arborea – tentava, con accordi incrociati con il regnante e con il pretendente al trono, di assicurasi la soluzione dei debiti a essa dovuti, unitamente a una preminenza economica e politica sul giudicato.
Nel 1186 Pietro rafforzava la sua alleanza con Pisa donando all’Opera della cattedrale pisana di S. Maria «curtem de Sollii» con tutte le sue pertinenze e i servi (Fadda, 2001, doc. 14), ma tre anni più tardi, il 7 febbraio 1189, si avvicinava a Genova promettendo di saldare alcuni debiti, che forse erano un retaggio dell’alleanza a suo tempo stipulata dal padre con il Comune ligure. Nello stesso documento il giudice dichiarava di voler diventare «vassallus et civis ianuensis», impegnandosi a concedere all’arcivescovo della città la stessa quantità di «curie» che già possedeva nella sua terra l’arcivescovo di Pisa (Tola, 1861, I, XII secolo, doc. 128). A questa prima alleanza fece seguito, nei mesi immediatamente successivi, una serie di atti e donazioni che rafforzarono i suoi legami con la città ligure. Degna di nota la concessione, redatta a Oristano dal cancelliere della curia arborense Pietro Pagano, con la quale Pietro «rex et iudex Arboree et vassallus Ianue civitatis» donava al Comune di Genova «in perpetuum, tantam terram in villa d.Aristano maiori qui fabricari possunt .C. botegas» e una chiesa con annesso cimitero (Tola, 1861, I, sec. XII, doc. 133), concessione che attesta il rafforzamento della presenza mercantile genovese nel Regno giudicale, con evidenti ricadute economiche. Il 29 maggio 1189 Pietro si legava all’Opera della cattedrale di S. Lorenzo di Genova, impegnandosi a pagare annualmente e in perpetuo la somma di 20 lire (Tola, 1861, I, XII secolo, doc. 131).
La guerra tra Pisa e Genova si era risolta il 12 dicembre del 1188, grazie anche alla mediazione del pontefice Clemente III (1187-1191), con un accordo di pace con il quale si cercò di rinnovare l’equilibrio politico-economico in Sardegna; il documento incluse anche una clausola con la quale le due città si impegnavano a mantenere la parità nel numero delle «donnicalie» possedute in Sardegna (Tola, 1861, I, XII secolo, doc. 127).
In seguito a questa pace, gli accordi tra il Comune ligure e Pietro d’Arborea, stipulati nel 1189, possono essere visti come il tentativo genovese di riequilibrare ulteriormente i rapporti politici ed economici sull’isola nell’eterno confronto con Pisa: se quest’ultima aveva visto un suo cittadino, il marchese Oberto di Massa, divenire giudice di Càlari, altrettanto accadeva in Arborea a favore di Genova, visto che Pietro se ne dichiarava «vassallus et civis» (I Libri iurium, 1996, docc. 401 s., 404).
Il contenzioso per la successione al trono d’Arborea si risolse invece solo il 20 febbraio 1192, quando Pietro e il nipote Ugo Ponç, ancora minorenne e sotto la tutela di Raimondo de Turrigia, giunsero a un accordo, stipulato sotto l’egida del Comune di Genova, in virtù del quale il Regno d’Arborea conservava la sua integrità territoriale e i due giudici si impegnavano a governare in ‘condominio’; un accordo che, a giudizio di Enrico Besta, dava a entrambi la pienezza dei poteri sovrani senza scindere materialmente l’unità del territorio giudicale (Besta, 1908-09, p. 159). Sembra possibile che Pietro avesse stipulato questo patto per diminuire la pressione genovese e nel tentativo di scongiurare definitivamente la possibilità di essere cacciato dal proprio giudicato da parte del Comune ligure, con il quale peraltro si era alleato, oppure da parte dei catalani, già alleati di Agalbursa e ora schierati in difesa di Ugo Ponç.
Il nuovo assetto politico-istituzionale del Regno giudicale d’Arborea resse sino ai primi mesi del 1196, quando il giudice di Càlari Guglielmo di Massa, succeduto al padre Oberto nel 1190, invase il giudicato, adducendo a pretesto una presunta illegittimità del potere di Pietro, che venne catturato e gettato in carcere insieme al figlio Barisone. Anche Ugo Ponç, il giudice condomino, dovette rifugiarsi a Genova, dove probabilmente fuggì anche l’arcivescovo d’Arborea, il genovese Giusto.
Nel frattempo Guglielmo, che aveva inutilmente chiesto alla Sede apostolica la ratifica del nuovo stato di fatto in Arborea, era riuscito a farsi riconoscere come legittimo giudice dai suffraganei dell’arcidiocesi arborense e dai canonici di quel capitolo; nel 1200 si accordava con Ugo Ponç, al quale concedeva la metà del giudicato d’Arborea come dote del matrimonio che questi avrebbe dovuto contrarre con sua figlia Preziosa, quando questa avesse raggiunto la maggiore età.
Pietro morì prigioniero nei primi anni del Duecento, mentre il figlio Barisone venne liberato e sposò Benedetta, figlia di primo letto del giudice di «Càlari e Arborea» Guglielmo, che alla morte del padre (1214) divenne portatrice di titolo, trasmettendo le prerogative regie al marito (Besta, 1908-09, pp.181 s., n. 6).
Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, sec. XII, docc. 109, 117, 119, 123, 125, 128-134, 137-141, 143; F. Artizzu, Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, I-II, Padova 1961-62, I, docc. 1 s.; I Libri iurium della Repubblica di Genova, a cura di D. Puncuh, I, 2, Genova 1996, docc. 392-394, 396, 398-404, 407; B. Fadda, Le pergamene relative alla Sardegna nel Diplomatico della Primaziale dell’Archivio di Stato di Pisa, in Archivio storico sardo, XLI (2001), doc. 14; Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, a cura di M. Virdis, Cagliari 2002, schede n. 123, 129, 155 s., 218; Innocenzo III e la Sardegna. Edizione critica e commento delle fonti storiche, a cura di M.G. Sanna, Cagliari 2003, pp. XXVIII-XXXIX, docc. 3, 12.
E. Besta, La Sardegna medioevale, I-II, Palermo 1908-09, I, pp. 152-164, 181 s.; G. Pistarino, Genova e la Sardegna nel secolo XII, in La Sardegna nel mondo mediterraneo, Atti del primo Convegno internazionale di studi... 1978, II, a cura di M. Brigaglia, Sassari 1981, pp. 100-106; Genealogie medievali di Sardegna, a cura di L.L. Brook et al., Cagliari-Sassari 1984, tav. II, lemma 9, p. 170; S. Petrucci, Re in Sardegna a Pisa cittadini, Bologna 1988, pp. 15-22; M.G. Sanna, Il giudicato d’Arborea e la Sardegna tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo. Aspetti storici, in Chiesa, potere e cultura in Sardegna dall’età giudicale al Settecento, Atti del 2° Convegno internazionale di studi... 2000, a cura di G. Mele, Oristano 2005, pp. 415-438.