RUFFO, Pietro I
Oriundo di Tropea, in Calabria, appartenente a famiglia di piccoli feudatarî, fu tratto dall'ombra da Federico II, che lo nominò dapprima giustiziere, poi maresciallo del regno. L'intelligenza, lo zelo per l'ufficio, la provata fedeltà al suo signore, lo resero a questo caro, tanto più negli ultimi anni di vita. Vicario di Corrado IV, che nel 1253 lo creò conte di Catanzaro, in Sicilia e in Calabria, e poi, alla morte di costui, dell'erede Corradino, il R. ruppe le relazioni, che non erano state mai cordiali, con Manfredi, di cui aveva intuito le intenzioni usurpatrici ai danni della legittima discendenza sveva. E favorito dai tempi e dalle circostanze, gli parve possibile il trasformare il suo vicariato in una effettiva signoria sulle suddette regioni, dove grande era il suo prestigio e vivo l'attaccamento verso di lui delle popolazioni. Ma le tendenze accentratrici, abilmente dissimulate, suscitarono vive opposizioni in Messina, ch'egli, per solleticarne il forte spirito municipalistico, aveva scelto a sede del suo vicariato. La curia messinese, sotto la spinta d'una ricca borghesia mercantile, si sentì minacciata dall'autoritarismo di colui che i cronisti dissero volesse farsi re di Sicilia. Cacciato a furia di popolo il R. dalla città, svaniva quell'effimero tentativo di signoria, che, effettuatosi senza alcuna partecipazione popolare, avrebbe attuato la secessione della Sicilia dalla restante monarchia, trent'anni prima del Vespro. In tali difficili emergenze egli venne a trovarsi apertamente contro Manfredi, ostentante più del solito il suo lealismo verso Corradino e contro Innocenzo IV, che, diffidente del R., dichiarava la sovranità della Chiesa sulla Sicilia e la Calabria e si faceva promotore di franchigie, che incoraggiavano le città siciliane a sollevarsi, mentre in Calabria s'irrobustivano le fila del partito di Manfredi. Fallì il R. nel duplice tentativo di penetrare in Messina all'ombra del vessillo della Chiesa e di combattere in Calabria Manfredi. Afflitto dall'insuccesso militare riportato in questa regione, che riteneva la sua roccaforte, si recò da Alessandro IV a sollecitare, dopo aver fatto professione di schietto guelfismo, la spedizione pontificia in Calabria. Anche questa fallì al suo scopo, mentre l'astro di Manfredi ascendeva al meriggio (1255-56). La potenza dell'intraprendente ministro di Federico II era finita: la contea di Catanzaro confiscatagli e data ai suoi rivali, i Lancia; egli veniva assassinato da un sicario di Manfredi nel 1257.
Bibl.: E. Pontieri, La pretesa fellonia di Pietro R., in Archivio storico siciliano, 1926.