PIETRO II, conte di Savoia
PIETRO II, conte di Savoia. – Figlio sestogenito del conte di Savoia Tommaso I e di Margherita, figlia di Guglielmo I conte di Ginevra, nacque forse a Susa intorno al 1203.
Al pari degli altri figli cadetti di Tommaso I, fu inizialmente avviato alla carriera ecclesiastica. Negli anni Venti del Duecento si inserì nei capitoli di chiese cattedrali sottoposte all’influenza politica dei Savoia: Losanna (1226), Ginevra (1229) e forse Lione (1230); fu inoltre prevosto delle Chiese di Aosta e Ginevra; fra il 1229 e il 1231 fu amministratore dell’episcopio di Losanna, in una fase di vacanza vescovile.
Il percorso di affermazione di Pietro cambiò direzione dopo la morte del padre (1233). Nel 1234 stipulò un contratto matrimoniale con Agnese, figlia di Aimone II di Faucigny, che prevedeva la trasmissione ereditaria della giurisdizione del Faucigny dapprima ad Agnese, quindi ai figli nati dal matrimonio con Pietro; l’abbandono della condizione clericale e il matrimonio avvennero tuttavia probabilmente alcuni anni più tardi, come proverebbe la conservazione della carica di prevosto aostano fino almeno al 1238. Sempre nel 1234, il trattato di Chillon sancì la preminenza dinastica del fratello maggiore Amedeo IV e definì la consistenza dell’appannaggio attribuito a Pietro (le giurisdizioni di Lompnes e St.-Rambert nel Bugey), accresciutosi nel 1337 con l’inglobamento di quello del defunto fratello Aimone.
Pietro avviò una politica di espansione nell’area del lago Lemano, che sarebbe culminata con l’affermazione di un’egemonia sabauda sul Vaud e sui territori circostanti. Uno scontro militare con Guglielmo II di Ginevra si concluse nel 1237 con la cessione a Pietro del castello di Arlod e di un indennizzo pecuniario. Nel 1240 Pietro, deciso a imporre il fratello Filippo come vescovo di Losanna, attaccò i conti di Ginevra e di Gruyère. Il tentativo fallì, ma già nel 1244 Pietro poté stipulare un vantaggioso trattato con il nuovo vescovo e ottenere l’omaggio di molte famiglie signorili dell’area, che quattro anni prima si erano schierate fra i suoi oppositori. Nel 1250 un ulteriore scontro con i conti di Ginevra terminò con un arbitrato molto favorevole a Pietro, a cui furono accordati un forte indennizzo e la cessione in pegno di giurisdizioni e omaggi spettanti ai conti di Ginevra. In quegli anni era forte la partnership con Filippo, allora arcivescovo di Lione, che Pietro sostenne nella riconquista di vari territori.
Pietro era ormai al vertice di una nutrita clientela vassallatica, esito in parte dello smembramento delle cerchie feudali di avversari sconfitti, in parte dell’acquisizione in feudo oblato di giurisdizioni precedentemente allodiali. La politica feudale di Pietro esprimeva due elementi di novità rispetto alle tradizioni dell’area. Da un lato un atteggiamento fortemente autoritario nell’accensione delle fedeltà vassallatiche: la prestazione dell’omaggio a Pietro fu imposta a molti domini locali come conseguenza della sconfitta o dell’indebitamento dei rispettivi seniores feudali. Dall’altro la sistematica messa per iscritto degli omaggi. Negli anni Sessanta Pietro avrebbe disposto la compilazione di due cartulari, contenenti in copia atti d’investitura e trattati diversi riguardanti i rapporti con i poteri locali del suo dominio personale e con altri membri della dinastia.
Nel 1255, con la successione ad Amedeo IV del minorenne Bonifacio, Pietro si fece attribuire tutti i territori sabaudi fra il Gran San Bernardo e Vevey e si procurò un’egemonia sul Chiablese; nello stesso anno accolse sotto la sua protezione le città di Berna e Morat, minacciate dai conti di Kyburg. Nel 1260 un ultimo trattato fra Pietro e i conti di Ginevra riduceva la sfera d’influenza di questi ultimi al solo Genevois; nello stesso anno Pietro otteneva, come advocatus della Chiesa di Losanna, ampie porzioni dei diritti vescovili sulla città e sul distretto e riportava una vittoria militare contro l’episcopio di Sion. Nel 1262 ricevette in dono dalla moglie i due terzi dei suoi diritti sul Faucigny. Negli anni Sessanta la politica espansionistica di Pietro si rivolse in particolar modo verso i territori borgognoni ai confini occidentali del Vaud e verso i domini degli Asburgo, che impegnarono Pietro in contrasti militari fra il 1263 e il 1267.
Sul fronte piemontese, che passò sotto il suo controllo dopo l’ottenimento del titolo comitale, l’attività politica e militare di Pietro fu meno incisiva, perché si inserì in una fase di contrazione dell’influenza sabauda sull’area. Pietro fu in contrasto con l’episcopio torinese per il controllo di alcune giurisdizioni.
Fino agli ultimi anni di vita, Pietro si spostò frequentemente tra i domini sabaudi e l’Inghilterra. Zio della regina Eleonora, Pietro si inserì nell’entourage di Enrico III nel 1240, dopo la morte del fratello Guglielmo, già potente consigliere di quel re. Enrico creò Pietro cavaliere, gli concesse alcuni feudi e gli attribuì varie funzioni militari. Pietro contribuì alla costruzione di una rete di alleanze fra la corona inglese e alcuni poteri del continente. Fu attivo in azioni diplomatiche, intese, per esempio, a favorire uno sfortunato tentativo di egemonia inglese sul Poitou (1242-43) e a gestire i rapporti con il Regno di Francia (era zio di Margherita, moglie di Luigi IX); collaborò alla stipula dell’accordo matrimoniale fra Riccardo di Cornovaglia e sua nipote Sancha di Provenza (1243); operò su incarico del re in Galles (1245) e in Scozia (1258). Pietro ottenne da Enrico III numerosi prestiti, con i quali finanziò parte delle proprie attività militari nelle Alpi occidentali.
Ebbe inizialmente un atteggiamento di apertura verso il gruppo di baroni che formulò nel 1258 le Provisions of Oxford; appartenne in una prima fase al consiglio dei Quindici, a cui quelle disposizioni attribuivano la responsabilità di riformare alcuni aspetti del sistema istituzionale inglese. Tuttavia, con l’inasprirsi dei contrasti fra la corona e i baroni, si schierò decisamente dalla parte di Enrico III.
Nel giugno 1263, alla morte del nipote Bonifacio, Pietro ottenne il titolo di conte di Savoia, in deroga al testamento di Amedeo IV, secondo cui esso sarebbe dovuto spettare al minorenne Amedeo (il futuro Amedeo V), figlio di Tommaso II. Nei mesi successivi percorse il suo nuovo dominio con l’intento di rafforzare il controllo sulle aristocrazie locali; fu attivo soprattutto in valle d’Aosta, ove presiedette assise giudiziarie e limitò fortemente l’autonomia dei signori di Montjovet e di Challant.
Dopo lo scoppio della seconda guerra dei Baroni (1263), Pietro operò in Francia, nelle Fiandre e in Inghilterra, ove partecipò alla riconquista del Regno da parte di Enrico III (1265).
Gli ultimi anni di vita di Pietro coincisero con la graduale uscita di scena dei Savoia dalle vicende politiche di primo piano della monarchia inglese. Pietro si dedicò a tempo pieno al riassetto amministrativo dei territori dominati, molto eterogenei per tradizioni politiche, istituzionali, linguistiche.
La storiografia recente ha messo in discussione il carattere di cesura precedentemente attribuito all’età di Pietro nella storia delle istituzioni sabaude. Sul piano amministrativo, le riforme promosse da lui e dal suo successore Filippo impressero un’accelerazione, certo decisiva, a processi di riassetto già parzialmente avvertibili nei decenni precedenti. Sul piano della costruzione istituzionale il contributo di Pietro, cadetto e privo di figli maschi, fu limitato dalla sua funzione di gestore temporaneo del titolo comitale, che avrebbe dovuto trasmettersi in seno alla discendenza del fratello maggiore Tommaso II. Pietro, per esempio, rinunciò a impiegare il titolo di marchio in Italia e inizialmente alla sepoltura nella necropoli familiare di Hautecombe; ancora nel suo ultimo testamento (1268), poi, è forte la distinzione giuridica fra i domini pervenutigli come appannaggio o grazie alle sue conquiste, quelli ereditati dai fratelli defunti e il resto delle giurisdizioni comitali. Tali ambiguità impedirono che, parallelamente alla struttura amministrativa dei domini sabaudi, si precisassero la qualità e le forme dell’autorità dei conti sull’insieme dei territori dominati e i meccanismi successori in seno alla dinastia comitale.
Sotto l’impulso di Pietro, il controllo del potere centrale sui funzionari locali – che incominciavano a organizzarsi secondo la triade di castellani, balivi e giudici – si accrebbe grazie all’introduzione e alla sistematizzazione di nuove prassi amministrative e documentarie.
All’età di Pietro si riferiscono i primi esempi conservati di computi: rotoli contenenti elenchi di entrate e uscite in denaro e in natura eseguite dagli ufficiali locali, redatti in occasione della verifica contabile a cui periodicamente costoro dovevano sottoporsi. I primi computi superstiti si riferiscono all’attività di vari castellani dell’appannaggio di Pietro (Vaud, Chiablese, Vallese); divenuto conte, Pietro applicò la prassi del computus alla maggior parte dei territori sabaudi. Come conte promosse anche la ripartizione del dominio in balivati – circoscrizioni di carattere prevalentemente militare che raggruppavano più castellanie – già in uso nel suo appannaggio. Potenziò infine la presenza di giudici comitali, ancorando le loro funzioni a giudicature corrispondenti in sostanza ai territori dei balivati.
Il livellamento amministrativo – che alla morte di Pietro era lungi dall’essere completo – fu favorito dall’emanazione di una breve raccolta di statuti, riguardanti soprattutto l’amministrazione della giustizia e l’esercizio del notariato pubblico. Nel testo tradizionalmente attribuito a Pietro è in verità cospicua la presenza di norme più antiche, rielaborate nella seconda metà del Duecento, e di additiones apportate dai suoi successori.
Morì il 16 o il 17 maggio 1268 a Pierre-Châtel (Isère) e fu sepolto a Hautecombe.
Il soprannome di «petit Charlemagne», frequentemente usato nella tradizione erudita e storiografica, è attestato all’inizio del Quattrocento nelle Chroniques de Savoie dello storico di corte Cabaret.
L’assenza di eredi maschi diretti e il matrimonio della sola figlia femmina, Beatrice, con Guigo VII, delfino di Viennois (1253), avevano impedito la nascita di una dinastia di Savoia-Faucigny, in previsione della quale erano stati stipulati gli accordi matrimoniali con Agnese ed era stato formulato un primo testamento di Pietro (1234). In verità, ancora pochi giorni prima della morte Pietro aveva designato Beatrice come erede della maggior parte dei suoi domini personali nel Genevois e nel Vaud, mentre al fratello Filippo sarebbe dovuta spettare la contea di Savoia. Queste disposizioni furono stravolte da due codicilli, redatti l’11 e il 14 maggio sotto la pressione di una parte dell’entourage comitale, che favorirono largamente Filippo e impedirono il parziale smembramento dei domini sabaudi che l’applicazione del testamento del 7 maggio avrebbe comportato. Nel primo codicillo i nipoti di Pietro erano raccomandati alla corona inglese e dotati di vari appannaggi in Inghilterra, al fine di assicurare loro un futuro presso la corte inglese e al contempo di impedirne un radicamento patrimoniale entro lo spazio sabaudo. Nel secondo la figlia Beatrice, considerata ormai membro della dinastia delfinale piuttosto che di quella sabauda, era privata di quasi tutto il cospicuo lascito recentemente attribuitole, a vantaggio del futuro conte Filippo.
Fonti e Bibl.: Matthaei Parisiensis monachi Sancti Albani Chronica Majora, a cura di H.R. Luard, IV, London 1877; C. Nani, Gli statuti di Pietro II conte di Savoia, in Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, s. 2, XXXII (1880), pp. 5-56.
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