LABRIOLA, Pietro
Figlio di Giuseppe e Maria Grillo, nacque a Napoli l'11 marzo del 1820. Studiò al conservatorio partenopeo, diplomandosi in canto e pianoforte sotto la guida, rispettivamente, di Giacomo Guglielmi e Pietro Casella. Debuttò come cantante in un'accademia al teatro del Fondo, esibendosi in seguito in molte province del Regno.
Nel 1852 venne nominato nel ruolo di tenore presso la Cappella reale di Napoli. Oltre a ciò, si dedicò all'insegnamento di musica e canto: tra i suoi allievi spicca Nicola D'Arienzo, futuro direttore delle scuole musicali che operavano nell'Albergo dei poveri e, in seguito, di S. Pietro a Majella.
Il L. sposò Amalia Petrella, figlia del famoso compositore Errico.
Compose un numero notevole di canzoni, il cui grande successo è confermato dalla presenza nei cataloghi dei maggiori editori del tempo: il napoletano Fabbricatore, per esempio, gli dedicò due album, Il bazar musicale (settanta tra canzoni e ballabili) e L'aura di Mergellina (1865).
Anche il milanese Lucca, già editore del suocero, pubblicò due sue raccolte fra il 1856 e il 1857: Sere di Napoli (sei brani su versi di Domenico Bolognese) e Aure dell'Infrascata (dodici canzoni su testi di vari autori, quali Ernesto Del Preite, Gaetano Dura e Michelangelo Tancredi).
Nel 1858, sempre a Napoli, Teodoro Cottrau, proprietario della casa editrice denominata Stabilimento musicale partenopeo, lo impegnò a comporre canzoni in dialetto; tuttavia, pur creando un buon numero di brani, il L. non riuscì a ottenere lo strepitoso successo della prima produzione. Per questo motivo l'editore decise di stampare titoli vecchi e recenti del L., pubblicando una serie composta da novantotto canzoni, dal titolo I canti della sirena. Canzoni, serenate e barcarole napoletane.
La fama del L. è legata soprattutto ad alcuni titoli, rimasti in repertorio sino ai nostri giorni. Si ricorda, per esempio, la canzone Graziella, realizzata in collaborazione con il poeta D. Bolognese nel 1840 e pubblicata nello stesso anno da Girard (il brano, musicato anche da Guglielmo Cottrau, è poi ripreso da Vincenzo De Meglio nel 1882 nell'Eco di Napoli); altro grande successo è la sua versione de Lu cardillo, scritta con il poeta Del Preite e pubblicata da Fabbricatore nel 1848. Si menziona, ancora, Lo spassatiempo del 1867, su testo attribuito al letterato Enrico Cofino, ma in realtà rielaborazione di un canto più antico di matrice non colta.
Questa tipologia di canzoni si inserisce in quel filone di revisioni e trascrizioni di canti popolari, svuotati e completamente decontestualizzati dalla loro matrice originaria, ripresi da musicisti ottocenteschi e adattati alle esigenze esecutive di un pubblico borghese.
Altro pezzo di grande successo è Luisella, che, composta nel 1856, si presenta quale una delle innumerevoli versioni di un testo che susciterà una serie infinita di risposte e repliche; lo stesso fenomeno è riscontrabile ne Lu ciuccio de Cola del 1859. Sono, inoltre, da ricordare I maccheroni del 1850 su testo di Del Preite e Lu trovatore su versi di Raffaele Santelia (composto intorno al 1855), che descrive il fanatismo causato nei ceti popolari dalla messinscena dell'opera verdiana, indicandone l'influenza sulla moda.
Nonostante la sua fervida attività, il L. condusse una vita sempre al limite della povertà: infatti, in mancanza di qualsiasi tutela del diritto di autore, il compenso medio - e unico - per ogni canzone si aggirava intorno ai 30 carlini, senza alcuna possibilità di lucrare su successive edizioni. Lo stato delle sue finanze è provato dalla richiesta di ammissione del figlio dodicenne a S. Pietro a Majella, nella quale chiede una "piazza franca" (o ammissione gratuita), viste le sue precarie condizioni fisiche ed economiche, testimoniate da un certificato di povertà.
Morì a Napoli il 22 nov. 1900.
Fonti e Bibl.: [G. Tafuri], Napoli e la sua canzone. Diz. dei poeti e musicisti, Napoli 1949, p. 81; E. De Mura, Enc. della canzone napoletana, Napoli 1969, I, pp. 301 s.