LABRUZZI, Pietro
Nacque a Roma nel 1738, primogenito di Giacomo Romano, fabbricante di velluti controtagliati, e di Teresa Folli, genovese.
Il L. - la cui iniziale formazione artistica resta a tutt'oggi ancora poco chiara per la mancanza di precisi appigli cronologici e documentari - fu autore di numerose tele di destinazione chiesastica e prolifico ritrattista.
È del 1753 la prima precoce opera documentata raffigurante la Madonna con i ss. Anna e Gioacchino, eseguita per la chiesa romana di S. Maria della Luce, nell'ambito degli interventi di decorazione voluti dai padri minimi e affidati a un gruppo di artisti di cultura napoletana, fra i quali figuravano Sebastiano e Giovanni Conca e Onofrio Avellino; ciò lascerebbe supporre, vista anche l'affinità stilistica con le contigue opere di S. Conca e Avellino all'interno della chiesa, una giovanile formazione pittorica del L. nell'alveo della colonia artistica napoletana operante nella capitale pontificia. Del resto, ancora insieme con artisti di area meridionale (di nuovo S. Conca, ma anche Gaetano Sortini), il L. fu attivo nel successivo cantiere di S. Stefano in Piscinula per l'esecuzione della pala con La lapidazione di s. Stefano.
In questa prospettiva, arricchita però dall'influenza di Pompeo Batoni e da richiami cortoneschi, vanno esaminate anche le quattro tele con S. Francesco di Paola, S. Carlo Borromeo che comunica gli appestati, S. Giovanni Battista e S. Francesco in atto di ricevere le stimmate eseguite tra il 1773 e il 1775 per la chiesa di Nostra Signora di Loreto a Lisbona.
A partire dagli anni Settanta, in accordo con la riforma classicista dello stile e con il rinnovamento del gusto che a Roma e da Roma venivano diffondendosi capillarmente anche in seno alla pittura sacra, il linguaggio del L. andò rarefacendosi sul piano stilistico e compositivo. In quest'ottica è paradigmatica, per i toni severi e l'essenzialità dell'impaginazione, la pala con la Morte di s. Scolastica per la chiesa di S. Andrea a Subiaco, firmata e datata 1778.
In sintonia con la cerchia di artisti che operarono per la committenza di papa Pio VI, in particolare Antonio Concioli e Antonio Cavallucci, nel corso degli anni Ottanta la sua pittura venne sempre più drammatizzandosi, aprendosi a una tavolozza dai toni accessi e terrosi - è lo stesso percorso cromatico di Domenico Corvi - e a inquiete fisionomie dagli accenti di enfatico espressionismo. In ordine a ciò giova osservare come il L., dipingendo nel 1790 la tela con la Pentecoste per la cappella dello Spirito Santo al Pantheon (oggi nella cappella del Crocifisso), abbia assunto a modello il dipinto di Giovanni Lanfranco con soggetto analogo, oggi presso la Pinacoteca civica di Fermo. Sono invece del 1794 le due pale con I ss. Agostino e Monica e con La fuga in Egitto per la chiesa di Gesù e Maria.
Nell'ambito dell'ambizioso intervento decorativo promosso da Pio VI e affidato a un gruppo di artisti di formazione romana tra i quali spiccano i nomi di Corvi, Cristoforo Unterperger, Bernardino Nocchi e Cavallucci, nella prima metà degli anni Novanta il L. eseguì una serie di dipinti per il duomo di Spoleto: Il beato Gregorio eremita (1790 circa), La caduta della manna (1791 circa), Elia e l'angelo (1791 circa), Ilsacrificio di Melchisedec (1795 circa) e Ilsacrificio d'Isacco (1796 circa).
Sono datate 1800 le due tele eseguite per il duomo di Tivoli con il ritratto a figura intera di Pio VII (sacrestia) e con S. Lorenzo condotto al martirio (altare maggiore); mentre reca la firma e un'indicazione di data parzialmente decifrabile (ma certo degli anni Ottanta) il grande dipinto centinato raffigurante S. Michele in S. Lorenzo a Castel Madama nei pressi di Tivoli.
Dell'attività ritrattistica del L., indubbiamente riconducibile alla definizione del ritratto ufficiale codificata da Batoni nel secondo Settecento, il primo esempio conosciuto in ordine di tempo è quello dell'inglese Sir James Bland Burges (firmato e datato 1774: già presso la Cohen Gallery di Londra, ripr. in Busiri Vici, 1975, fig. 3). Al 1779 risalgono la nota effigie post mortem di Giambattista Piranesi (Museo di Roma) e quella dello scultore Vincenzo Pacetti eseguita per le collezioni dell'Accademia di S. Luca, ove tuttora si conserva. Intorno al 1780 è databile anche il ritratto di William Hadfield degli Uffizi, forse il più intenso e profondo - insieme con quello piranesiano - del corpus ritrattistico del Labruzzi. Del 1794 è invece il ritratto della pastorella Amarilli Etrusca (la poetessa lucchese Teresa Bandettini Landucci), commissionato per farne dono all'Accademia dell'Arcadia il 2 marzo di quell'anno in occasione del suo ricevimento nel Bosco Parrasio (Museo di Roma).
Il L. fu ammesso alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon nel 1780; non fu mai accolto fra gli accademici di S. Luca, nonostante la notorietà raggiunta grazie ai numerosi ritratti eseguiti per la colta e aristocratica committenza romana e internazionale.
Il L. morì a Roma nel 1805.
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