LASAGNI, Pietro
Figlio di Nicola e di Carolina Toparini, nacque il 15 giugno 1814 a Caprarola, presso il lago di Vico, dove il padre era stato relegato nel 1800 dal restaurato governo pontificio in seguito alle sue movimentate vicende nella Repubblica Romana del 1798-99.
Comandante della guardia nazionale sedentaria, Nicola (Roma 1766 - Caprarola 1833) era stato arrestato dai Francesi poco prima della caduta della Repubblica e rinchiuso in Castel Sant'Angelo con l'accusa di contatti con le truppe napoletane nemiche; poi, dopo la Restaurazione, non solo era stato allontanato da Roma ma, nel 1802, era stato arrestato di nuovo e condannato al pagamento di 10.000 piastre d'argento per irregolarità nei registri contabili. A queste disavventure seguirono il matrimonio, la nascita di quattro figli e notevoli ristrettezze economiche dovute alla difficoltà di trovare una soddisfacente e stabile occupazione. Provvidenziale fu quindi per lui e per tutta la famiglia l'aiuto del fratello Bartolomeo, che non solo lo assistette con sovvenzioni e con interventi presso amici e personaggi influenti per fargli ottenere l'impiego di geometra addetto alle stime censuarie dei fondi rustici per il nuovo catasto, ma provvide anche all'educazione dei figli e ai loro studi.
A differenza dei due fratelli maggiori Gioacchino e Francesco, che intrapresero la carriera forense, il L. fu avviato a quella ecclesiastica. Nel novembre del 1828 entrò nel seminario di S. Salvatore a Rieti per passare, qualche anno dopo, al seminario romano. Nel marzo del 1835, tramite i buoni uffici dello zio, gli fu assegnato dal principe Francesco Borghese un beneficio ecclesiastico nella cappella Borghesiana della basilica di S. Maria Maggiore. Ordinato sacerdote il 17 dic. 1836, il giorno dopo celebrò la prima messa nella chiesa di S. Apollinare. Intanto, mentre partecipava a conferenze di approfondimento teologico, frequentava anche i corsi di giurisprudenza e faceva pratica nello studio di mons. L. De Medici Spada, vicepresidente del tribunale civile. Nel 1839 ottenne la licenza e l'8 maggio 1840 conseguì brillantemente la laurea di dottore in legge.
Dopo un primo viaggio di circa due mesi a Parigi, nel marzo 1841, dove ebbe modo di farsi apprezzare dallo zio, alto magistrato francese e dall'internunzio A. Garibaldi, il L. vi ritornò l'anno successivo come segretario di quest'ultimo, e nel gennaio del 1843, con l'arrivo del nunzio R. Fornari, ottenne la nomina di uditore della nunziatura. Durante questo periodo, importante soprattutto per il potenziamento delle sue capacità burocratico-relazionali, nel gennaio del 1846 fu incaricato di recare la berretta cardinalizia all'arcivescovo di Aix, J. Bernet, e, nel settembre del 1850, al suo diretto superiore, monsignor Fornari. In precedenza, con la promozione a cameriere segreto e a cameriere d'onore del papa, aveva ricevuto i primi titoli tipici della carriera ecclesiastica che saranno poi seguiti da quelli di prelato domestico (1852) e di chierico di camera (1863).
Tornato a Roma nel 1851 insieme con lo zio Bartolomeo e il cardinale Fornari, l'11 marzo 1853 entrò a far parte del tribunale della Sacra Consulta e nell'aprile fu inserito tra i membri della commissione speciale incaricata di snellire la celebrazione dei processi provvedendo in modo sollecito alla trattazione dei reati minori riguardanti i delitti comuni commessi per spirito di parte. Il 5 novembre dello stesso anno il L. fu nominato da Pio IX delegato apostolico di Viterbo. Una volta al governo del territorio che comprendeva i luoghi dove aveva trascorso la sua infanzia e dove era solito trascorrere le vacanze insieme con la madre, i fratelli, i parenti e gli amici, vi si dedicò con grande impegno riservando particolare attenzione ai problemi economico-sociali e della sicurezza pubblica.
Tra le altre realizzazioni, condusse con notevole successo la lotta al brigantaggio, particolarmente virulento nella zona dei Monti Cimini, e, favorendo l'aggregazione di grandi e piccoli risparmiatori della città e della provincia, promosse la fondazione della Cassa di risparmio di Viterbo. Sotto i suoi auspici la città venne anche arricchita del nuovo monumentale teatro, opera dell'architetto romano V. Vespignani, che fu inaugurato il 4 ag. 1855. Per le sue doti egli fu molto apprezzato e benvoluto dai Viterbesi, che gli conferirono la cittadinanza onoraria, e dal resto della popolazione, che ne conservò buona memoria.
Il 20 giugno 1856 passò alla delegazione apostolica di Forlì, territorio tradizionalmente difficile per i contrasti politici e per il mantenimento dell'ordine pubblico, tanto più alla vigilia degli eventi che entro pochi anni avrebbero portato all'annessione delle Legazioni al Regno d'Italia. Agendo con prudenza e moderazione, evitò di ricorrere ai metodi repressivi e si ritirò a Rimini; ma ciò gli procurò una lettera con cui il 21 giugno 1859 il card. G. Antonelli lo redarguiva duramente per la sua "inerzia" di fronte all'"intimidazione di pochi facinorosi" e per non aver "contrapposta alcuna energica misura, valendosi anche della truppa che non poca era sotto i suoi ordini".
Su questo punto gli sarà però resa giustizia nel necrologio apparso il 21 apr. 1885 nell'Osservatore romano: "Quando la rivoluzione del 1859 sottrasse quelle province al dominio della Santa Sede, egli poté dapprima farne partire, senza offesa di sorta, le poche truppe che vi stanziavano e quindi uscirne egli stesso in mezzo al rispetto e all'ossequio della città insorta".
Dopo il ritorno a Roma, dal febbraio al novembre del 1860 il L. tenne la presidenza della Commissione straordinaria di beneficenza incaricata di dare lavoro al gran numero di braccianti disoccupati con interventi di scavo al foro Romano, alle Terme di Caracalla, alla via Latina ecc., e con la costruzione di abitazioni per i poveri al piazzale di S. Clemente. Nel 1862 fu covisitatore degli ospizi degli orfani e nel 1863 fu inserito tra i membri della Commissione per la revisione dei consuntivi. Il 16 giugno 1868 fu nominato delegato apostolico di Frosinone e seppe gestire con il consueto equilibrio (ma emettendo questa volta una più vibrata protesta) l'occupazione del territorio da lui amministrato da parte delle truppe italiane nel settembre del 1870. Al ritorno a Roma fu nominato segretario della congregazione Concistoriale e del S. Collegio cosicché, alla morte di Pio IX, rivestì nel conclave del 1878 le funzioni di segretario di Stato. Il nuovo papa Leone XIII lo nominò cardinale in pectore nel concistoro del 13 dic. 1880: pubblicato il 27 marzo 1882, fu iscritto tra i cardinali diaconi con il titolo di S. Maria della Scala. In seguito fu nominato segretario dei memoriali, fece parte di numerose congregazioni cardinalizie ed ebbe altri incarichi di minore rilievo.
Il L. morì a Roma il 19 apr. 1885 e fu sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero del Verano.
Fonti e Bibl.: Abbondante è il materiale documentario riguardante il L. contenuto nell'archivio di famiglia, Archivio Lasagni, conservato presso l'Arch. di Stato di Roma. Nei diversi fondi della Segreteria di Stato dell'Arch. segr. Vaticano (Parte moderna; Esteri; Spogli di cardinali e officiali di Curia, b. 1; Morte di pontefici e conclavi, Pio IX, scatole 1/a e 1/b; Leone XIII, scatole 3/a, 3/b, 4/a e 4/b) sono presenti le carte che scandiscono puntualmente lo svolgimento della carriera ecclesiastica del Lasagni. Alcune copie di documenti relativi agli incarichi di delegato apostolico a Forlì e a Frosinone si trovano in Roma, Museo centrale del Risorgimento, bb. 30, 36; vol. 667. I pochi profili biografici del L. sono costituiti da necrologi. Il 21 apr. 1885 ne sono apparsi alcuni nell'Osservatore romano, IlMattino, Journal de Rome, Voce della verità, e il 22 su Unità cattolica. I primi tre giornali hanno pubblicato un testo praticamente identico, poi confluito anche in A. Brunialti, Annuario biogr. universale, I, Roma-Napoli 1885, pp. 514 s. Altri riferimenti e notizie sono in R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa dal ritorno di Pio IX al XX settembre, I, Roma 1907, p. 337; A. Pasquali-Lasagni, Un romano magistrato di Francia: il presidente L., in Roma, VII (1929), 4, pp. 157 s.; E. Soderini, Il pontificato di Leone XIII, I-III, Milano 1932-33, ad ind.; A. Scriattoli, La Cassa di risparmio di Viterbo dalla sua fondazione nel 1854 al 1936, Viterbo 1937, pp. 6, 9 s., 12, 15, 17; D. Silvagni, La corte pontificia e la società romana nei secoli XVIII e XIX, a cura di L. Felici, III, Roma 1971, ad ind.; IV, ibid. 1971, ad ind.; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, LXIV, p. 93; CI, p. 205; CII, p. 162.