MALVESTITI, Pietro
Nacque il 26 giugno 1899 ad Apiro, in provincia di Macerata, da Giovanni e da Ernesta Garzonio, primo di dieci figli. Durante gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza i frequenti spostamenti del padre, ufficiale dei carabinieri, portarono il M. in diverse città, fino a terminare gli studi di ragioneria a Bergamo, ospite del collegio S. Alessandro. Arruolatosi nel giugno 1917, nell'aprile successivo, dopo aver frequentato la scuola per ufficiali, fu inviato al fronte, dove venne decorato con la croce al merito di guerra. Dopo il congedo, nel 1921, entrò all'ufficio borsa della Banca popolare di Milano.
Educato in una famiglia di forti sentimenti cristiani, il M. partecipò fin da giovane alla vita del movimento cattolico milanese. Un ruolo particolarmente incisivo nella sua maturazione intellettuale fu esercitato da F. Olgiati, cui il M. rimase sempre legato da forte amicizia.
Nel dopoguerra prese parte alle attività delle organizzazioni cattoliche, impegnandosi come propagandista dell'Azione cattolica e nelle file del movimento sindacale cattolico. Non s'inserì, invece, nel nascente Partito popolare italiano (PPI), verso il quale mantenne sempre, anche in anni successivi, un giudizio critico. Al contempo, militò nelle file dell'Unione nazionale reduci di guerra, assumendo in essa ruoli di responsabilità a livello provinciale. L'accondiscendenza nei confronti del fascismo manifestata da gran parte della dirigenza nazionale di quell'organizzazione lo spinse, peraltro, a uscirne per dare vita alla Lega lombarda reduci di guerra, raggruppamento autonomo d'ispirazione cattolica. D'altronde, anche dopo la marcia su Roma, e ancora fino al 1926, il M. ebbe modo in più di un'occasione di esternare la propria opposizione al fascismo, sia prendendo la parola pubblicamente (come avvenne in occasione della commemorazione di don G. Minzoni a Milano, nell'agosto 1924, davanti alla basilica di S. Ambrogio) sia argomentando le proprie convinzioni in una serie di articoli intessuti di forti accenti sociali e patriottici, comparsi nella stampa cattolica.
In essi, da un lato, formulava severe critiche nei confronti degli esponenti politici cattolici, ritenuti responsabili di non aver perseguito in maniera efficace la trasformazione profonda dello Stato liberale e di non essersi opposti con sufficiente fermezza all'ascesa del fascismo, dall'altro, sviluppava una prima analisi del fenomeno fascista - alla radice del quale indicava la presenza di elementi anticristiani, esiti della modernità - e al contempo prefigurava un primo abbozzo di alternativa a esso. A suo avviso, infatti, la crisi europea che aveva condotto al fascismo liberticida sarebbe stata superata in una restaurata cristianità, fondamento di nuovi equilibri sociali e politici.
Furono queste le convinzioni di fondo che ispirarono il Movimento guelfo d'azione, organizzazione clandestina cui il M. - formato, tanto dal retroterra reducista quanto da quello di militante cattolico, a un attivismo contrario a ogni forma di attendismo - diede vita nel 1928, insieme con G. Malavasi e con alcuni amici del movimento cattolico milanese e bresciano.
Una scelta con cui venne superato, più da un punto di vista pragmatico che non da quello di una compiuta teorizzazione, il nodo problematico della liceità, per dei credenti, della resistenza a un regime politico considerato illegittimo. Intento del movimento era, innanzitutto, quello di denunciare davanti all'opinione pubblica nazionale e internazionale il carattere oppressivo della dittatura fascista, smuovendo ed educando le coscienze di un popolo che avrebbe dovuto trovare nella propria identità cristiana le sorgenti di una rinnovata libertà e di un diverso assetto sociale.
Il movimento, radicato soprattutto nel territorio lombardo, si fece dunque promotore, a partire dal 1931, della diffusione di diversi manifesti, nelle cui argomentazioni il piano politico, nell'ambito del quale il valore della libertà era assunto come elemento fondamentale, e quello sociale, in cui la forte carica popolare era ispirata innanzitutto alle analisi della Rerum novarum (cui si affiancava una qualche suggestione in chiave classista), si intersecavano con quello religioso, declinato con accenti non privi di un certo integralismo e con l'attribuzione di un ruolo centrale al tema del "Regno di Cristo". Alla radice di tale complessa impostazione si collocava, evidentemente, l'articolata tradizione sociale e religiosa del cattolicesimo lombardo, dalle cui diverse anime il guelfismo del M. ereditava elementi ideali solo parzialmente eterogenei tra loro. La sostanziale compenetrazione tra la caratterizzazione religiosa e l'impegno politico dei guelfi, peraltro, non condusse mai alla ricerca di sostegni da parte della gerarchia ecclesiastica, che al contrario sconfessò esplicitamente il loro operato.
Nel marzo 1933 i promotori del movimento vennero individuati e tratti in arresto, trasferiti nel carcere di Roma e qui processati dal Tribunale speciale, con l'accusa di cospirazione "contro il sentimento nazionale": accusa respinta dal M. in forza del rifiuto di identificare nazione e fascismo. Il 30 genn. 1934 il M. venne condannato a cinque anni di reclusione, per scontare i quali, a causa della malattia alle vie respiratorie aggravatasi durante il periodo di carcerazione che aveva preceduto il processo, venne inviato a Pianosa. Tuttavia, anche in seguito all'interessamento di ambienti vaticani, gli fu concessa la grazia, e tornò perciò in libertà quello stesso anno. Non gli fu consentito, però, riprendere il suo precedente lavoro e quindi s'impiegò come contabile presso varie industrie, finché non venne assunto all'ufficio borsa della Banca provinciale lombarda.
Nella seconda metà degli anni Trenta il M. orientò la propria opposizione al regime in direzione di una più articolata riflessione culturale e politica, che lo vide confrontarsi in riunioni riservate, da un lato, con alcuni intellettuali appartenenti alla cultura laica milanese, dall'altro, con vecchi e nuovi amici del Movimento guelfo e con altri rappresentanti del cattolicesimo lombardo e nazionale. Le idee maturate in quegli anni trovarono espressione in un nuovo manifesto programmatico, la cui stesura in dieci punti (caratterizzati, tra l'altro, da una significativa prospettiva europeista) venne definita negli anni di guerra.
Nei primi anni Quaranta il M. concorse in maniera decisiva al processo che, attraverso il non facile convergere tra gli ex popolari e gli esponenti guelfi, condusse alla creazione della Democrazia cristiana (DC). Dopo una serie di contatti, l'accordo tra le due generazioni di antifascisti cattolici venne raggiunto durante un incontro tra il M. (con altri guelfi) e A. De Gasperi, che si tenne nell'agosto 1942 a Borgo Valsugana. In seguito a ciò si costituì una commissione mista, con i rappresentanti delle due componenti, che redasse il cosiddetto "programma di Milano" della Democrazia cristiana, documento per molti aspetti debitore ai "dieci punti guelfi", che venne reso noto all'indomani del 25 luglio 1943 insieme con una lunga presentazione nella quale il M. comunicava la confluenza del Movimento guelfo d'azione nel nuovo partito.
Il M. s'impegnò pubblicamente nell'organizzazione del partito e nel coordinamento che raggruppava le forze politiche antifasciste. Dopo l'8 settembre si trovò perciò esposto al pericolo della ritorsione nazifascista e, nel dicembre successivo, fu costretto a espatriare, trovando rifugio in Svizzera.
Qui proseguì la lotta politica, dando vita, insieme con altri esuli, a un battagliero foglio di elaborazione politica, Libertà, e collaborando con altri periodici, tra cui il quindicinale In attesa. Il periodo di permanenza in Svizzera fu così occasione di confronto sia con le concezioni programmatiche delle altre forze politiche, sia con le diverse posizioni presenti all'interno della DC. Già in questo periodo, del resto, emersero alcune difficoltà di rapporti tra il gruppo dei guelfi e le diverse componenti sia nazionali sia lombarde del partito, difficoltà che almeno in parte segnarono anche la successiva esperienza politica del Malvestiti.
Nel settembre 1944 venne invitato da E. Tibaldi nella neocostituita Repubblica dell'Ossola, dove assunse la responsabilità della gestione delle finanze. Durante la ritirata dell'ottobre successivo subì un incidente in seguito al quale fu ricoverato in gravi condizioni a Berna. Rientrato clandestinamente in Italia nell'aprile 1945, ebbe un ruolo importante nella preparazione della liberazione di Como.
Terminata la guerra, s'impegnò in modo particolare nell'animazione del dibattito programmatico e politico interno al partito, entrando a far parte, in occasione del primo congresso (aprile 1946), del consiglio nazionale. Assunse anche, insieme con L. Meda, la direzione del settimanale della DC lombarda, Democrazia, schierandolo su posizioni nettamente repubblicane.
Chiamò a collaborare alla testata numerose personalità del cattolicesimo lombardo (come don P. Mazzolari, al quale fu legato da un'amicizia pluridecennale, iniziata nel periodo guelfo), facendo del settimanale la palestra di una vivace elaborazione ideale e programmatica, espressione soprattutto delle correnti di sinistra del partito.
Eletto consigliere comunale a Milano e deputato all'Assemblea costituente, nel maggio 1947 venne nominato sottosegretario alle Finanze nel quarto governo De Gasperi, per poi ricoprire lo stesso incarico al Tesoro nel quinto e nel sesto dei governi presieduti da De Gasperi, durante i quali fu anche chiamato a presiedere il comitato IMI-ERP e il comitato tecnico misto italo-americano per il riarmo.
Prese così forma l'intensa collaborazione del M. (che si allontanò progressivamente dalla sinistra del partito, assumendo posizioni di netto contrasto con la corrente di G. Dossetti) con De Gasperi, e, in maniera ancor più significativa, con il ministro G. Pella, con il quale s'instaurò un duraturo rapporto di amicizia e vicinanza ideale.
Il M. fu, infatti, un convinto sostenitore della cosiddetta "linea Pella", la politica economica voluta dal ministro in accordo con L. Einaudi e volta a difendere la stabilità della lira da ogni pericolo inflazionistico, anche attraverso un rigoroso controllo della spesa pubblica. Non solo il M. contribuì in maniera decisiva alla concreta attuazione di tale linea (mettendo a frutto anche la propria esperienza di operatore di borsa, come avvenne per la svalutazione della sterlina nel settembre 1949), ma la difese in più di una occasione dalle critiche, facendo ricorso alla propria vena di scrittore e alle competenze scientifiche maturate negli anni precedenti, in cui aveva autonomamente studiato i classici del pensiero economico. Protagonista, tra l'altro, di un'articolata polemica che, nella primavera del 1950, lo vide opporsi, da un lato, alle argomentazioni di matrice keynesiana di G. La Pira e A. Fanfani (sostenuti in quell'occasione da A. Gemelli e Mazzolari), dall'altro, ai giudizi negativi di A. Costa, si mostrò restio a ogni assolutizzazione dottrinale e proteso, piuttosto, alla ricerca di un concreto ed eclettico equilibrio tra le differenti impostazioni teoriche. Tale concezione empirica del processo economico fu ribadita dal M. anche alcuni anni più tardi, quando si trovò a difendere i governi centristi dalle critiche di L. Sturzo, il quale, in alcuni articoli, aveva imputato loro il cedimento a una politica economica statalista.
Eletto alla Camera dei deputati nella circoscrizione Milano-Pavia dal 1948 al 1958, divenne ministro dei Trasporti nel luglio 1951 e poi (dopo la breve parentesi dell'ultimo governo De Gasperi, nel quale non ricoprì alcun incarico), terminò la propria esperienza governativa come ministro dell'Industria e del commercio nel governo Pella, tra l'agosto 1953 e il gennaio 1954. Nel 1958, dopo l'entrata in vigore del trattato di Roma, venne nominato, su indicazione del governo italiano, alla vicepresidenza della commissione della Comunità economica europea (CEE).
Il M. si trovò così ad affrontare i problemi connessi all'avvio di un'istituzione complessa come quella della CEE, e a dover fare i conti con gli scetticismi e le tensioni politiche legate alla gestione dei primi passi dell'abbattimento daziario doganale.
Le difficoltà da affrontare non diminuirono quando, nel settembre 1959, il M. venne nominato presidente della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), in una fase non facile per l'economia delle risorse energetiche europee.
Se segnarono in un certo senso l'apice della vita pubblica del M., gli incarichi alla guida degli organismi europei comportarono però anche, per l'ormai sessantenne uomo politico (la cui salute era stata segnata dalle guerre, dal carcere e dalle successive prove), una notevole fatica fisica e morale, acuita dalla percezione di un insufficiente sostegno da parte del mondo politico italiano.
Nel 1963 il M. accolse la pressante richiesta di A. Moro e accettò di candidarsi nuovamente alle elezioni politiche, sempre nel collegio Milano-Pavia, come capolista per la Camera. La difficile battaglia per le preferenze lo vide tuttavia sconfitto: un responso accolto con naturale amarezza dal M., che, peraltro, entrò comunque a Montecitorio, subentrando come primo dei non eletti a D. Del Bo, a sua volta nominato alla presidenza della CECA, dalla quale lo stesso M., senza essere tenuto a farlo, si era anticipatamente dimesso.
Il M. morì a Milano il 5 nov. 1964.
Il M. svolse un'intensa attività di pubblicista. Fra le sue opere principali si ricordano: Campane nei Promessi sposi, Lugano 1944; Parte guelfa in Europa, Milano 1945; Vigilia d'esuli. Parole di fede e indicazioni di vita consapevole, ibid. 1946; I diritti e la dignità del lavoro nella costituzione della Repubblica, ibid. 1947; Economia programmatica od economia libera?, ibid. s.d. [ma 1948]; La lotta politica in Italia dal 25 luglio 1943 alla nuova costituzione, a cura di P. Bondioli, ibid. s.d. [ma 1948]; Dollaro e sterlina, Roma 1949; Padre Semeria, Milano 1951; Saggi e polemiche sulla linea Pella, ibid. 1951; Tecnica ed economia della politica dei trasporti, Roma 1951; Lo Stato democratico, ibid. 1952; Realizzazioni e orientamenti di una politica dei trasporti, ibid. 1952; L'industria italiana nell'attuale momento economico e problemi del commercio con l'estero, ibid. 1953; Polemiche intorno ai problemi del primo Risorgimento italiano e della Democrazia cristiana, ibid. 1953; Introduzione al congresso di Napoli, in La Democrazia cristiana di fronte all'avvenire, Milano 1954, ad ind.; Don Ferrante, Per nozze Malvestiti-Mondello, Perugia 1954; Commemorazione di E. Falk, Milano 1954; Lo Stato e l'economia, Roma 1955; I socialdemocratici, ibid. 1957; La nominatività dei titoli azionari, Torino 1957; Statalismo e realtà economica, ibid. 1958; Perché il Mercato comune, Milano 1958; Discorso sulla Zona di libero scambio, Roma 1959; C'è una speranza in Europa, Luxembourg 1959; "E pluribus unum", ibid. 1960; I grandi spazi economici, Roma 1960; "Achtung! Banditi". Saggio politico sulla Resistenza. Per nozze Gulminelli-Rodolfi, Milano 1960; Costruire l'Europa, ibid. 1963; Lettere al presidente. Carteggio De Gasperi - Malvestiti (1948-1953), a cura di C. Bellò, ibid. 1964; I corsivi di Fanfulla, a cura di G. Busetto - L. Rebuzzini, ibid. 1972; Mia dilettissima( Lettere alla famiglia del guelfo condannato dal Tribunale speciale, introduzione e commento di S. Antonioli - G. Cameroni, ibid. 1989.
Fonti e Bibl.: Le carte del M. sono conservate a Roma presso l'Archivio dell'Istituto Luigi Sturzo. Vedi inoltre: G. Malavasi, Il processo dei guelfi, in Fascismo e antifascismo (1918-1936). Lezioni e testimonianze, I, Milano 1962, pp. 250-256; G. Galli - P. Facchi, La sinistra democristiana. Storia e ideologia, Milano 1962, ad ind.; G. Malavasi, Il Movimento guelfo d'azione, in Storia dell'antifascismo italiano, a cura di L. Arbizzani - A. Caltabiano, II, Roma 1964, pp. 95-100; Id., Il Movimento guelfo d'azione, in Il contributo dei cattolici alla lotta di Liberazione, a cura di G. Cavalli, s.l. 1964, pp. 147-151; R.A. Webster, La croce e i fasci. Cattolici e fascismo in Italia, Milano 1964, ad ind.; G. Brusetto - L. Rebuzzini, Uno spirito libero: P. M., Milano 1965; G. Pallotta, Il Movimento guelfo d'azione, Roma 1966, passim; P. Scoppola, La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni, Bari 1971, pp. 283-302; L. Giulietti, Dal Movimento guelfo di azione a Comunità nuova: antifascismo e socialità, in La Resistenza bresciana, II (1971), pp. 13-32; P. M., Milano 1972; G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e Dossetti, 1945-1954, I-II, Firenze 1974, ad ind.; Lettere di antifascisti dal carcere e dal confino, a cura di G. Pajetta, Roma 1975, II, pp. 178-190; G.B. Naitza - G. Pisu, I cattolici e la vita pubblica in Italia (1919-1943), Firenze 1977, pp. 98-104; C. Brezzi, Il cattolicesimo politico in Italia nel '900, Milano 1979, pp. 121-163; Un inedito di M., a cura di S. Tramontin, in Civitas, XXX (1979), 5, pp. 29-42; R. Broggini, I rifugiati italiani in Svizzera e il foglio "Libertà!". Antologia di scritti 1944-1945, Roma 1979, ad ind.; R. Moro, Azione cattolica, clero e laicato di fronte al fascismo, in Storia del Movimento cattolico in Italia, IV, Roma 1981, pp. 87-377; F. Fonzi, Mondo cattolico, Democrazia cristiana e sindacato (1943-1955), in Il sindacato nuovo. Politica e organizzazione del movimento sindacale in Italia negli anni 1943-1955, a cura di S. Zaninelli, Milano 1981, pp. 717-820; C. Brezzi, Movimento guelfo, in Diz. stor. del Movimento cattolico in Italia 1860-1980, Casale Monferrato 1982, I, 2, pp. 333-335; Id., M., P., ibid., II, pp. 321-325; G. Fanello Marcucci, Alle origini della Democrazia cristiana, 1929-1944. Dal carteggio Spataro - De Gasperi, Brescia 1982, ad ind.; G. Malavasi, L'antifascismo cattolico. Il Movimento guelfo d'azione (1928-1948), intervista a cura di G. Acocella, Roma 1982, passim; G. Fanello Marcucci, Documenti programmatici dei democratici cristiani (1899-1943), Roma 1983, ad ind.; P. Roggi, I cattolici e la piena occupazione. L'attesa della povera gente di G. La Pira, Milano 1983, ad ind.; E. Signori, La Svizzera e i fuorusciti italiani. Aspetti e problemi dell'emigrazione politica, 1943-1945, Milano 1983, ad ind.; S. Antonioli - G. Cameroni, Cattolici clandestini. F. Sorbaro e il Movimento guelfo d'azione, Milano 1985, ad ind.; C. Bellò, L'onesta democrazia di P. M.: memorie e documenti, Milano 1985; C. Pesenti, Una cospirazione antifascista: P. M. e il Movimento guelfo d'azione, in Studi e ricerche di storia contemporanea, 1985, n. 23, pp. 99 s.; G. De Antonellis, P. M., in Diz. della Chiesa ambrosiana, III, Milano 1987, s.v.; G. Campanini, I programmi del partito democratico cristiano (1942-1947), in Cristiani in politica. I programmi politici dei movimenti cattolici democratici, a cura di B. Gariglio, Milano 1987, pp. 183-211; E. Fumasi, Origini e primi sviluppi della Democrazia cristiana a Milano (1941-1946), in Boll. dell'Archivio per la storia del Movimento sociale cattolico italiano, XXVI (1991), 3, pp. 307-351; G. Tassani, P. M., in Il Parlamento italiano 1861-1988, XV, Milano 1991, pp. 252 s.; R. Broggini, Terra d'asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945, Bologna 1993, ad ind.; Cattolici ambrosiani per la libertà, a cura di G. De Antonellis, Milano 1995, ad ind.; A.L. Carlotti, Il laicato cattolico in Lombardia e la lotta di liberazione, in Cattolici e Resistenza nell'Italia settentrionale, a cura di B. Gariglio, Bologna 1997, pp. 137-164; E. Fumasi, Il pensiero economico di P. M. e i rapporti internazionali, in Pensare l'Italia nuova. La cultura economica milanese tra corporativismo e ricostruzione, a cura di G. De Luca, Milano 1997, pp. 355-376; M. Bocci, Oltre lo Stato liberale. Ipotesi su politica e società nel dibattito cattolico tra fascismo e democrazia, Roma 1999, ad ind.; P. M. nell'antifascismo e nella Resistenza, Milano 2000; P. Trionfini, Un carteggio inedito di M. con Mazzolari, in Impegno, XIV (2003), 1, pp. 33-53; Id., P. M. e don Mazzolari dal Movimento guelfo d'azione ad "Adesso", ibid., XV (2004), 1, pp. 96-122; Id., L'"antifascismo cattolico" di G. Malavasi, Roma 2004, ad ind.; La Repubblica dell'Ossola: settembre-ottobre 1944, Domodossola 2004, ad ind.; P. Craveri, De Gaspari; bologna 2006, ad indicem.