CORRADINI, Pietro Marcellino
Nacque a Sezze (ora prov. Latina) il 2 giugno del 1658 da Torquato, che era di famiglia originaria di Reggio Emilia, e da Porzia Ciamariconi. Compì alla Sapienza di Roma gli studi umanistici e giuridici, laureandosi in utroque;datosi poi alle avvocature in Curia, pubblicò a Roma nel 1688 De iure praelationibus, ristampato poi a Venezia nel 1700 e a Genova nel 1717. Con quest'opera si acquistò gran fama negli ambienti curiali tanto che Innocenzo XII lo nominò nel 1699 canonico del Laterano e sottodatario, carica che conservò anche sotto Clemente XI, il quale, oltre a nominarlo suo uditore, gli affidò l'incarico di difendere i diritti della S. Sede contro l'imperatore Giuseppe.
Questi, senza il beneplacito di Roma com'era consuetudine, aveva inviato una lettera sulle "Preces Primariae" alle sedi ecclesiastiche di nomina imperiale colla quale si arrogava il diritto di nomina nelle sedi che erano allora vacanti. Per difendere i diritti di Roma il C. pubblicò allora con lo pseudonimo di Corrado Oligenio un'erudita opera, Primariae preces imperiales, edito nel 1706 con la falsa indicazione di luogo Friburgi Brisgoviae.
Con questa ulteriore conferma delle sue capacità, rapidissima fu la carriera ecclesiastica del C.: il 29 maggio 1706 fu nominato referendario delle Due Segnature e nel luglio consultore della S. Penitenzieria; infine il 7 nov. 1707 fu elevato all'arcivescovato di Atene.
In seguito il C. fu incaricato da Clemente XI di studiare a fondo, soprattutto dal punto di vista giuridico, la questione di Comacchio che, insieme ad altri territori dello Stato pontificio, era stato occupato come feudo dell'Impero dalle truppe austriache nel corso della guerra di successione spagnola. Fallito un tentativo pontificio di liberarlo con le armi, non restava al papa che appellarsi al diritto. La commissione istituita, di cui faceva parte il C., malgrado le resistenze opposte dal rappresentante imperiale, si pronunciò favorevolmente nei confronti del papa; Comacchio tornò a far parte dello Stato pontificio, ma solo nel 1725. Il frutto delle ricerche del C. è contenuto nella Relatio iurium Sanctae Sedis ad civitatem Commachensem, Romae 17, pubblicata anonima.
Il 18 maggio 1712 il C. fu nominato in pectore cardinale di S. Giovanni a Porta Latina, pubblicato il 26 settembre dello stesso anno; passò poi al titolo di S. Maria in Trastevere. Fino al 1718, anno in cui fu creato prefetto della Congregazione del Concilio, non ebbe incarichi di particolare rilievo; di questo periodo è il suo intervento per la fondazione del collegio della Sacra Famiglia a Sezze per fanciulle povere, che fu consacrato nel 1718, ed ebbe vasta diffusione in altre regioni, anche in Sicilia. Ciò testimonia dell'amore che il C. ebbe sempre per il luogo natale, che dimostrò sia col suo interessamento al progetto di prosciugamento, delle Paludi Pontine, sia con gli studi archeologici che già in questo periodo aveva pubblicato, il De civitate et ecclesia Setina, Romae 1702, con cui voleva rivendicare al paese natale la prerogativa di sede vescovile, e il Vetus Latium profanum et sacrum, i cui primi due volumi uscirono a Roma nel 1704-05 e che G. R. Volpi continuò, poi, su materiale raccolto dal C., in nove volumi, datati Romae 1726-45.
Nel primo volume il C. tratta degli antichi abitatori del Lazio, nel secondo di quelli di Sezze e del Circeo. I primi due volumi del C. videro nuovamente la luce nel 1748 col titolo De primis antiqui Larii populis, urbibus, regibus. L'opera è tutta di prima mano, frutto di sopralluoghi accurati e di un diretto esame dei documenti, grazie al quale il C. entrò a buon diritto nel numero degli archeologi ed eruditi settecenteschi. Egli fece parte anche dell'Arcadia assumendo il nome di Filotimo.
Nello stesso periodo il C. collaborò sempre più strettamente col papa, anche in campo teologico, come è dimostrato dalla sua partecipazione alla stesura della bolla Unigenitus, emanata l'8 settembre 1713 contro le manifestazioni del giansenismo e in particolare contro le centodieci proposizioni di Quesnel. Ciò non restò senza conseguenze per la Chiesa; intanto il C., che resse la Congregazione fino al 12 maggio 1721, emanò un decreto, rimasto famoso, che regolava la questione dei concorsi prescritti dal concilio per ottenere le chiese parrocchiali. Le altre tappe della sua carriera curiale furono la nomina nel 1721 a prodatario apostolico, che mantenne anche sotto Benedetto XIII e l'elevazione il 15 dicembre 1734 al vescovato di Frascati.
Di gran rilievo l'attività politica che svolse sotto i pontificati di Clemente XI, Innocenzo XIII, Benedetto XIII, Clemente XII e Benedetto XIV. L'opera del C., che fece sempre parte del gruppo dei cardinali "zelanti", fu costantemente volta alla difesa del prestigio e della potenza della S. Sede, la cui debolezza politica agli inizi del sec. XVIII era abbastanza palese.
Era questa una delle tante conseguenze della guerra di successione spagnola e del conflitto tra Spagna e Austria che insanguinava l'Europa. Ai primi del sec. XVIII la lotta per le sorti dell'impero spagnolo aveva dato luogo al formarsi di nuove alleanze: contro i Borboni di Francia e di Spagna si poneva l'Austria con l'Inghilterra e le Province Unite. Per quanto riguarda i problemi sorti per lo Stato pontificio, oltre alla già detta questione di Comacchio, bisogna ricordare l'ostilità di Filippo V di Spagna nei confronti di Roma, condotta in un clima di rigido regalismo. Nel 1718 il mancato conferimento dell'arcivescovato di Siviglia al card. Giulio Alberoni, principale ispiratore della politica spagnola, causò la rottura dei rapporti diplomatici tra la Spagna e la S. Sede.
Nel 1720 il C. fu chiamato a far parte di una congregazione di cardinali nominata per decidere il comportamento che la Chiesa avrebbe dovuto tenere nei confronti del card. Alberoni, responsabile di aver scatenato la guerra per la conquista della Sardegna; la Congregazione, riunitasi per quattro giorni al Quirinale, si dichiarò favorevole all'apertura di un processo, in cui peraltro l'Alberoni fu assolto da ogni accusa.
Nel 1736 infine il conflitto assunse toni assai drammatici a causa dei moti antispagnoli scoppiati a Roma e nel Lazio; il re Filippo ordinò la chiusura delle nunziature di Madrid e di Napoli, il richiamo dei rappresentanti spagnoli da Roma per piegare la resistenza del papa nei confronti dell'investitura di Napoli a don Carlos e costringerlo a concessioni nel campo della politica ecclesiastica, specie per quanto riguardava il diritto di patronato.
Il C. fu chiamato da Clemente XII a far parte di una commissione di dieci cardinali, in seguito ristretta a tre, tra cui sempre il C., che doveva tentare un'ultima trattativa; gravi erano gli ostacoli, non ultimo l'intransigenza del rappresentante spagnolo a Roma, il card. Troiano Acquaviva; i lavori si conclusero con la stipulazione di un concordato con la Spagna nel 1737; per quanto riguardava il Regno di Napoli si giunse a risultati concreti solo nel 1741.
Nel 1731 scoppiò con estrema violenza il conflitto con Carlo Emanuele III.
Fermo sostenitore del diritto dello Stato di fronte alla Chiesa, Vittorio Amedeo II aveva difeso le leggi sabaude sui valdesi contro il decreto pontificio di condanna, imposto tributi al clero, esautorato in parte l'Inquisizione, espulso da Torino l'internunzio, contrastato violentemente l'interdetto lanciato sulla Sicilia dai vescovi esiliati dal viceré e confermato da Clemente XI. La situazione si deteriorò a tal punto che tutte le diocesi sarde e numerose piemontesi erano prive del titolare.
Vennero intavolate trattative, ma il C. paventava che il debole Benedetto XIII capitolasse di fronte al Savoia e quindi ancor più "si era ivelenito contro il re Vittorio" (Carutti, Storia del regno di Vittorio Amedeo p. 438). Infatti, pur sussistendo una situazione che poteva preludere ad un accordo di reciproca soddisfazione, i corrotti collaboratori di Benedetto XIII fecero in modo che il papa, nella fase conclusiva delle trattative, non si consigliasse col Collegio cardinalizio, per cui si giunse, il 28 maggio 1727, ad un concordato che faceva tali concessioni al Savoia in materia di immunità e giurisdizione ecclesiastica che suscitò lo sdegno del mondo politico romano.
"Quando furono divulgati i trattati - scrive il Carutti, storico di parte sabauda - proruppero in violentissime esclamazioni gli zelanti del S. Collegio. Corradini parea uscito di senno per la collera; chiesta invano udienza al papa, gli diresse un biglietto di vivissime rimostranze e, non ricevendo risposta, un altro ne replicò più insolente e ardiva ripetere... che tutto l'accaduto era stato fatto ad insaputa delle congregazioni e contro la volontà del S. Collegio: morire i papi, vivere eterne le congregazioni..." (ibid., p. 470). Carlo Emanuele III, succeduto nel 1730 al padre, si rifiutò di ricevere l'inviato pontificio, dopo che questi aveva affermato che il concordato offendeva l'autorità pontificia e la giurisdizione episcopale in Sardegna, creando un grave precedente per i rapporti tra la S. Sede e gli altri Stati.
Il C. si schierò, come sempre rigido assertore dei diritti della Chiesa, con quei cardinali che auspicavano una posizione assai rigida nei confronti del Savoia e di quel gruppo di prelati che, nella scia del card. Coscia, agivano in maniera venale e disonesta, danneggiando il prestigio e il potere effettivo dello Stato pontificio. Nel 1740 Benedetto XIV, che si proponeva una politica di riconciliazione nei confronti degli Stati europei, incaricò il C., ormai vecchissimo ma che aveva sempre seguito la controversia col Savoia, di trovare un onorevole accomodamento con la corte di Torino, e il 5 genn. 1741 si giunse alla firma di due convenzioni circa i feudi pontifici in Piemonte e la materia beneficiaria.
Il pontefice Benedetto XIII alla sua elezione nel 1724 aveva ereditato una situazione assai grave e complicata e dal punto di vista politico e da quello finanziario; egli non aveva la capacità di affrontarla, mancando totalmente di sensibilità politica e diplomatica, e si dedicò unicamente alle più appariscenti forme di religiosità mentre la corruzione e l'affarismo dei suoi collaboratori contribuirono al fallimento della sua azione di governo. Niccolò Coscia era stato il segretario di Benedetto XIII durante il suo cardinalato a Benevento, e, appena eletto, il papa volle chiamarlo a Roma ed elevarlo al cardinalato. Invano il C. vi si oppose, insieme con altri cardinali; e rimase sempre uno dei pochi che osasse levare moniti e rimostranze contro il disonesto comportamento del neo eletto.
Un'altra prova della disonestà del Coscia e della ferma posizione del C. si ebbe nel 1727 a proposito della questione del Tribunale della monarchia sicula e della legazione apostolica di Sicilia. Con un breve del 21 luglio 1725 il papa impose ai vescovi siciliani l'applicazione della bolla di soppressione dei due istituti emanata da Clemente XI, ma che non era stata mai applicata. Tale decisione riempì di sdegno il C. anche per la segretezza con cui, come al solito, era stata condotta la cosa. Quando poi nel 1727 il Cienfuegos, rappresentante imperiale, combinò, con la connivenza del Coscia, un breve pontificio di compromesso per la giurisdizione ecclesiastica in Sicilia, si approfittò dell'assenza del C. da Roma per farlo sottoscrivere al papa.
Quando poi si giunse ad un accordo definitivo sulla giurisdizione ecclesiastica in Sicilia, con cui si demandava all'imperatore di decidere, quasi vicario della S. Sede, le cause ecclesiastiche in sostituzione dei vescovi in ultima istanza, il C. mostrò violentemente il suo risentimento. In seguito Benedetto XIV cercò di addivenire ad un accordo per quanto riguardava la questione della Sicilia, ma finché il C. fu in vita, le trattative furono complicate dal suo rigido atteggiamento.
Già nel 1725 Benedetto XIII aveva espresso il desiderio di visitare Benevento, ma i cardinali bloccarono tale iniziativa paventando il decesso del papa fuori di Roma; l'anno seguente il papa riuscì a realizzare il suo desiderio e fece stabilire dal C. l'itinerario fino a Terracina e a San Felice Circeo, dove voleva ispezionare la nuova pescheria eretta sul modello di quelle di Comacchio. Nel viaggio di ritorno il pontefice venne ospitato dal C. a Sezze.
Bisogna inoltre ricordare che il C., per l'autorità e il prestigio di cui godeva in Curia, fece parte di congregazioni create per le più disparate questioni: nel 1724, insieme con i cardinali Collicola e Lercari, fece parte di una commissione istituita per porre rimedio al disordine finanziario dello Stato pontificio; nell'agosto del 1730 fece parte della congregazione "De nonnullis" istituita da Clemente XII per giudicare coloro che avevano abusato della fiducia del defunto Benedetto XIII; il 20 dicembre la congregazione ingiunse al Coscia, che fu scomunicato, la rinunzia all'arcivescovato di Benevento. Inoltre il C. intervenne perché non venisse concesso il cardinalato a Vincenzo Bichi, che si rifiutava di lasciare la nunziatura del Portogallo. C'è poi da segnalare l'opera del C. nella commissione cardinalizia istituita per appianare le divergenze sorte col cardinale arcivescovo di Parigi de Noailles che, insieme con alcuni teologi domenicani, riteneva che la bolla Unigenitus fosse inconciliabile con la dottrina professata dall'Ordine.
Di grande rilievo la parte avuta dal C. nel corso dei vari conclavi. Nel 1721 si pose nel gruppo degli zelanti, ma una sua eventuale candidatura fu osteggiata dall'Austria memore delle "Primarie Preci" e dell'atteggiamento del C. nella questione di Comacchio. Il C. appoggiò la candidatura del card. Conti che fu eletto e prese il nome di Innocenzo XIII. Sotto il suo breve pontificato il C., che era datario, non partecipò ad avvenimenti di rilievo. Nel 1724 fu tra i papabili del partito degli Albani; ma il conclave si trascinò a lungo per l'incrociarsi delle interferenze straniere e degli intrighi dei cardinali. L'irritazione popolare aumentava di giorno in giorno, finché il gruppo degli Albani, tra cui il C., propose la soluzione della candidatura del neutrale card. Orsini, che fu eletto e prese il nome di Benedetto XIII.
Il C. fu confermato datario e, come abbiamo visto, partecipò attivamente alla politica dello Stato della Chiesa. Le maggiori probabilità di essere eletto al soglio pontificio il C. le ebbe nel conclave del 1730: il 17 e il 18 giugno raggiunse i trenta voti e fino ai primi di luglio si mantenne sui 24-28 voti; era infatti appoggiato dai cardinali clementini, francesi e zelanti. Contro di lui si schierarono però Spagna, Austria, Savoia e Portogallo, memori dell'atteggiamento tenuto dal C. durante il pontificato di Benedetto XIII; il C. addirittura ebbe l'esclusiva imperiale. All'elezione del card. Corsini, che prese il nome di Clemente XII, il popolo romano rimase deluso in quanto aveva sperato in quella del C. che godeva di grandi simpatie popolari. Nel conclave del 1740 egli, che pure aveva, malgrado l'età, buone possibilità di venire eletto, fu vittima dell'opposizione della corte viennese. Anche con Benedetto XIV il C. godette di gran prestigio e veniva continuamente consultato dal papa, specie per le questioni di maggiore momento come nel 1742, quando si trattò dell'elezione dell'imperatore.
Il C. fu protettore di vari Ordini e luoghi pii, quali il monastero del Bambin Gesù, quello benedettino di Subiaco e quello di Cassino; fu inoltre patrono e protettore dell'ospedale di S. Gallicano.
Morì di peste a Roma l'8 febbr. 1743 e fu sepolto in S. Maria in Trastevere.
L'ambasciatore veneto Lorenzo Tiepolo così lo descrive nella sua relazione da Roma del 1713: "il cardinal Corradini ha avuto non poca parte in tutti gli affari di Stato. È soggetto di mente, dotto nel drito, ma di non uguale esperienza negli interessi de' principi, de' quali non potendo formare una vera idea, non poteva ne meno prender quelle risoluzioni, che più gli convengono. Si distinse per la fermezza nel sostener la sua oppinione appresso il Papa e appresso il mondo per la sincerità d'operare, non essendogli addossata la colpa di non intiera fede, che la maldicenza ascrive principalmenteal presente governo... Io l'ho ritrovato forte nel suo impegno, ma pieghevole alla ragione".
Fonti e Bibl.: Lettere del e al C. si trovano in Bibl. Ap. Vaticana, Vat. lat. 9811, ff. 69-85, 254-256; Borg. lat. 234, ff. 6v, 94, 98v, 140, 179, 223v; 236, ff. 116-117, 164; 237, ff. 5, 42, 56; 241, ff. 7-8, 113, 118-120, 179, 253-255, 346-348; 244, ff. 69-135; 245, ff. 10-13v, 15-17, 26-27, 45-47v, 65-68, 85v-86v, 117-118, 143-144v, 152v; 514, f. 269; 565, ff. 319, 324v, 587. Oltre alla bibliografia relativa ai vari pontefici sotto cui il C. visse e operò, cfr. F. Valesio, Diario di Roma, V-VI, Milano 1979, ad Ind.;G. Rossi, Petrus Marcellinus Corradinus Setinus archiepiscopus Atheniensis, Romae s. d.; Relazione istorica delle vertenze ... tra la corte di Roma e quella del re di Sardegna, allorché fu assonto al pontificato Benedetto XIII, Torino 1731; D. Giorgi, Petri Marcellini ... Corradini ... elogium historicum, in Raccolta d'opuscoli scient. e filol., XXXVII, Venezia 1747, pp. 327-359; Correspondance de Benoît XIV, a cura di E. Heeckeren, I, Paris 1912, pp. 31, 98, 100, 297; Relazioni di amb. sabaudi, genovesi e veneti ... (1693-1713), a cura di C. Morandi, in Fonti per la storia d'Italia, XV, Bologna 1935, ad Indicem, F. M. Renazzi, Storia dell'Univ. degli studi di Rcma, IV, Roma 1805, p. 180; F. Fabi Montani, Elogio stor. del card. P.M.C., Roma 1844; D. Carutti, Storia del regno di Carlo Emanuele III, I, Torino 1859, p. 152; Id., Storia del regno di Vittorio Amedeo II, Firenze 1863, ad Indicem;F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplom. des conclaves, IV, Bruxelles 1866, pp. 16-140 passim; A. Arata, Il processo del card. Alberoni, Piacenza 1923, ad Indicem; P.Castagnoli, Il card. G. Alberoni, II, Piacenza-Roma 1931, ad Indicem;L. von Pastor, Storia dei papi, XV, Roma 1962; XVI, 1-2, ibid. 1953-54, ad Indices; V.Venditti, Fonti e docum. corradiniani, Città del Vaticano 1969; G. De Sanctis, P. M. C., cardinal zelante, Roma 1971; V. Venditti, Il setino card. P. M. C., Roma 1959; Id., Un mancato papa nel più drammatico ccnclave del sec. XVIII, P. M. C., in Fidès, LX (1960), 6, pp. 175-78;, Id., La questione di Comacchio e il card. C., ibid., 12, pp. 364-67; U. Dei Re, I cardinali prefetti della S. Congregazione del Concilio, Città del Vaticano 1964, p. 283; G. Natali, Il Settecento, I, Como 1964, ad Indicem; V.Venditti, P. M. C. archeologo laziale nel '700, in Lazio ieri e oggi, XVI (1980), pp. 136-39; M. Bosi, P. M. C. da Sezze card., giureconsulto e diplomatico, in Lunario romano, X, Seicento e Settecento nel Lazio, a cura di R. Lefevre, Roma 1981, pp. 539-46; Nouvelle biographie générale, XI, col. 908.