ZAGURI, Pietro Marco
– Nacque a Venezia il 6 giugno 1738, dal patrizio Pietro Angelo e da Caterina Corner.
Dopo la scomparsa del nipote Pietro nel 1795 e quella del fratello, il senatore e letterato Pietro Antonio, nel 1806 rimase l’ultimo erede della famiglia, che alla sua morte si estinse.
Compì gli studi nel gesuitico Collegio dei nobili di Bologna, dove si distinse ottenendo nel 1759 il titolo di principe di accademia. Ordinato sacerdote nel 1763, si recò dapprima all’Università di Padova, dove nel 1776 si laureò in utroque iure, e poi a Roma, dove perfezionò gli studi teologici.
Pubblicò in forma anonima un’opera intitolata Piano per dar regolato sistema al moderno spirito filosofico. Istruzioni anecdocte di un libero pensatore (Padova 1776 e 1777; Roma 1779; Napoli 1786; Vicenza 1791), in cui affrontò le nuove idee filosofiche, sostenute dagli «spiriti forti», mostrandone la fallacia attraverso l’uso dell’ironia. In tal modo Zaguri mostrò di conoscere le opere di Spinoza, Bayle, Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Helvétius e La Mettrie, con cui era entrato in contatto, malgrado la censura veneta. Questo scritto suscitò un notevole interesse negli ambienti intellettuali ed ecclesiastici, tanto che papa Pio VI accettò la dedica della quinta edizione. Seguì l’Orazione funebre recitata in un’assemblea di amanti del buon senso (Venezia 1777): il sarcastico elogio di un illuminista che finì per scatenare una «clamorosa polemica» (Berengo, 1956, p. 161). Infatti, malgrado la sua palese derisione delle «dottrine dei moderni», l’opera fu dichiarata contraria alla fede cattolica dalla Repubblica, la cui pretestuosa difesa dell’ortodossia nascondeva la volontà giurisdizionalista di colpire un prelato vicino alla S. Sede.
Grazie anche al prestigio conferitogli dalle pubblicazioni, ristabilitosi da una grave malattia, il 15 dicembre 1777 Zaguri fu nominato vescovo di Ceneda. Qui si distinse per l’impegno nella predicazione, nel mantenimento della disciplina del clero e per il sollievo dato alla popolazione durante una carestia. Incontrandolo nel corso di un viaggio alla volta di Vienna, Pio VI lo ritenne degno di una sede più prestigiosa, e così il 26 settembre 1785 lo trasferì alla diocesi di Vicenza, in sostituzione del defunto Alvise Maria Gabrieli.
Una volta fatto il suo ingresso in città il 24 marzo successivo, Zaguri vi sperimentò gli effetti della politica giurisdizionalista della Repubblica di Venezia, fra cui drastiche riduzioni di conventi, l’istituzione di precise condizioni per l’ammissione di nuovi aspiranti alla professione religiosa e l’abolizione di venti festività infrasettimanali. Quest’ultimo provvedimento fu valutato positivamente dal vescovo, che nel 1787 in una lettera pastorale ne riconobbe la legittimità sociale e religiosa. Anche una lettera ducale di Ludovico Manin del 1794, reclamante il rispetto dovuto ai luoghi di culto, incontrò il favore di Zaguri, che nel corso della sua visita pastorale (1787-1795) sentì l’esigenza di sensibilizzare parroci e fedeli a una più seria partecipazione ai riti sacri.
A seguito dell’ingresso a Vicenza delle truppe dell’Armata d’Italia guidata dal generale Bonaparte, il 28 aprile 1797 un gruppo di cittadini prese l’iniziativa di esautorare gli organi civici, sostituendoli con una Municipalità democratica. Di lì a pochi giorni un processo simile a Venezia avrebbe decretato la fine della millenaria Repubblica, inaugurando un breve periodo di autogoverno locale, destinato a concludersi con il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) e la cessione all’Austria dei territori veneto-friulani. I rapporti fra il vescovo e la Municipalità di Vicenza furono segnati sia dai tentativi di rassicurazione di quest’ultima, che affermò di voler mettere al primo posto il rispetto della religione, sia dalle pressioni affinché Zaguri tranquillizzasse a sua volta i fedeli, attraverso una lettera pastorale. I cittadini, «vedendo all’autorità vescovile unito il fervore del loro parroco», si sarebbero infatti adattati «di buona voglia al comando delle costituite autorità», che da parte loro avrebbero difeso la «romana cattolica religione» (Agostini, 2002, p. 159). Il vescovo accondiscese alla richiesta, ma la Municipalità – non soddisfatta dal primo testo – lo spinse a redigerne un secondo, più convincente. In quei mesi Zaguri non poté opporsi alla requisizione di chiese e monasteri, destinati a diventare caserme, ospedali militari o magazzini, né tantomeno al prelevamento delle argenterie. Consultò la S. Sede in merito alle nuove norme per l’elezione democratica dei parroci e il conferimento dei benefici, redatte a imitazione della Costituzione civile del clero, ma gli fu risposto di acconsentire, salvo casi di individui del tutto indegni.
A seguito dell’arrivo degli austriaci, il 29 gennaio 1798 in una lettera pastorale il vescovo dichiarò di unirsi alla gioia popolare per il cambio di governo, invitando i fedeli a liberarsi dai «semi di una falsa e irreligiosa filosofia, che ha cercato di muovere una guerra crudele, principalmente alla Chiesa e al Principato» (Collezione..., 1798, p. 43). Seguendo la direttiva che imponeva un giuramento di fedeltà a tutti i ripristinati corpi pubblici delle città, ai corpi ecclesiastici e a ciascun capofamiglia nelle campagne, da tenersi di fronte al parroco e a un notaio, il 23 febbraio 1798 Zaguri giurò fedeltà all’imperatore Francesco II, rappresentato a Vicenza dal generale Paul Kray, e invitò i parroci a adempiere scrupolosamente al loro compito. Pur mostrando scarso entusiasmo per gli interventi governativi che in chiave giurisdizionalista mirarono alla riduzione di monasteri e conventi, egli continuò a dar prova di lealtà. Per questo motivo, oltre che per lo «zelo», per i propri «talenti e lumi» e per una condotta «impuntabile» (Agostini, 2002, p. 181), nel 1804 l’imperatore ne propose la promozione a patriarca di Venezia, a seguito della morte del cardinale Ludovico Flangini. Tuttavia, pur mostrandosi onorato, il veneziano rifiutò l’incarico, adducendo gravi motivi di salute.
Quando il 26 dicembre 1805, con la pace di Presburgo, i territori veneto-friulani rientrarono in orbita francese, integrandosi ufficialmente nel Regno d’Italia il 1° maggio 1806, anche il dipartimento del Bacchiglione, con capoluogo Vicenza, fece propria la legislazione ecclesiastica napoleonica. Zaguri nel 1808 dovette recarsi a Milano per prestare un giuramento di fedeltà al viceré Eugenio e dovette accettare che le nomine dei parroci fossero sottoposte alle norme del Concordato. Si scontrò invece con il ministro del culto Giovanni Bovara sulla riduzione delle parrocchie di Vicenza, che nel 1807 si stabilì dovessero passare da 15 a 10. Zaguri cercò anche di salvare alcune chiese non parrocchiali, ma ciò nonostante molte furono distrutte o requisite, e il loro patrimonio artistico finì in parte nelle mani del demanio.
Il vescovo si mostrò invece favorevole all’introduzione del catechismo napoleonico, ispirato a quello di Jacques Bénigne Bossuet, che prevedeva tra i doveri del fedele anche l’obbedienza all’imperatore e l’obbligo di pagare le imposte, ma aveva il vantaggio di una maggiore chiarezza espositiva, così come appoggiò le nuove norme riguardanti battesimi e funerali, la collaborazione dei parroci con gli ufficiali dello stato civile e la vaccinazione antivaiolosa. Di fronte a una novità assoluta come il matrimonio civile, Zaguri si premurò di spiegare ai fedeli che il nuovo rito non sostituiva quello religioso, lo anticipava soltanto, senza scalfirne né la forma, né la sostanza. Non tutti i parroci vicentini furono tuttavia zelanti nell’attuazione delle disposizioni governative, tanto che il vescovo – sollecitato dal prefetto – dovette più volte richiamarli. D’altronde, a seguito di una breve invasione austriaca, nel 1809 non mancarono accuse rivolte a membri del clero, rei di aver tenuto discorsi antigovernativi e di aver incitato la popolazione a prendere le armi a sostegno dell’arciduca Giovanni d’Asburgo. Nel corso di quell’anno turbolento, segnato anche dalle manifestazioni popolari provocate dalla tassa sul macinato, il vescovo intervenne più volte per placare gli animi, attraverso numerose circolari ai parroci.
I suoi ultimi mesi di vita furono dedicati al conforto spirituale e materiale delle monache, segnate della soppressione delle corporazioni religiose, avviata sin dal 1806 secondo un piano proposto alle autorità dallo stesso vescovo, volto ad attenuare per quanto possibile i disagi per i religiosi.
Dopo aver nominato suo erede universale il Comune e destinato le rendite dei suoi beni «alli poveri bisognosi» cittadini (Testamento..., 1810, pp. 4 s.).
Morì a Vicenza il 12 settembre 1810 e venne sepolto nel duomo.
Opere principali. Cure pastorali, ovvero raccolta di pastorali, allocuzioni, omelie, sermoni, lettere, I-II, Vicenza 1790; Pastorale con cui indirizza al suo clero la dottrina del Cardinale Bellarmino, Vicenza 1791; Lettera circolare alli reverendi parrochi della città e diocesi sopra il vero carattere della subordinazione e sudditanza, Vicenza 1798; Orazione in morte del sommo pontefice Pio VI, Vicenza 1800; Testamento del fu illustrissimo e reverendissimo monsignore Pietro II Marco Zaguri vescovo di Vicenza, Vicenza 1810.
Fonti e Bibl.: Raccolta delle omelie recitate da S. E. reverendissima monsignor Marco Zaguri, vescovo di Vicenza, Roma 1786; Collezione delle pastorali dei vescovi dell’ex Stato Veneto al momento dell’ingresso delle truppe austriache, Venezia 1798; C. Bologna, Riflessioni intorno all’orazione latina in lode di monsignor M. Z. vescovo di Vicenza scritta dal signor d. Francesco Villardi, Alvisopoli 1816; G. Baraldi, Notizia biografica su monsignor M. Z. vescovo di Vicenza, Modena 1826; G. Baseggio, Z. M., in Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei, a cura di E. De Tipaldo, IX, Venezia 1844, pp. 162-165; M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento: ricerche storiche, Firenze 1956, pp. 138, 161-163, 186; E. Franzina, L’età della transizione. Dalle ‘riforme’ al Regno Italico, in Vicenza. Storia di una città, a cura di E. Franzina, Vicenza 1980, pp. 549-623; G. Mantese, Memorie storiche della chiesa vicentina, V, 1, Dal primo Settecento all’annessione del Veneto al Regno d’Italia, Vicenza 1982; E. Reato, P.M. Z. vescovo di Vicenza (1785-1810), dal giurisdizionalismo veneto alle riforme napoleoniche, in Archivio veneto, s. 5, CXXIX (1987), pp. 171-208; P. Preto, I «Lumi» a Vicenza, in Storia di Vicenza, III, 2, L’età della Repubblica veneta (1404-1797), a cura di F. Barbieri - P. Preto, Vicenza 1990, pp. 379-390; La Chiesa italiana e la Rivoluzione francese, a cura di D. Menozzi, Bologna 1990; Il Giornale di Ottavia Negri Velo, a cura di M. Sardo, in L’aristocrazia vicentina di fronte al cambiamento, 1797-1814, a cura di A. Chemello - G.L. Fontana - R. Zironda, Vicenza 1999, pp. 85-678; F. Agostini, Istituzioni ecclesiastiche e potere politico in area veneta: 1754-1866, Venezia 2002; I. Pederzani, Un ministero per il culto: Giovanni Bovara e la riforma della Chiesa in età napoleonica, Milano 2002; P.M. Z. (1738-1810), in La carità a Vicenza: i luoghi e le immagini, a cura di C. Rigoni, Venezia 2002, pp. 245 s.