FERRÈ, Pietro Maria
Nato il 5 luglio 1815 a Verdello (provincia di Bergamo), apparteneva ad una agiata famiglia cremasca. Il padre Gaetano era cancelliere del tribunale di Crema, la madre Virginia Passi (o Pazzi) era una gentildonna bergamasca. Tornata la famiglia a Crema, il F. vi frequentò il ginnasio civico ed entrò quindicenne nel locale seminario dove, ripetute le due classi della rettorica, si applicò agli studi di filosofia e dogmatica, mostrando un precoce amore per la letteratura. Negli anni di seminario ebbe occasione di leggere il Nuovo saggio sull'origine delle idee di A. Rosmini e colpito da quelle teorie si dedicò al loro studio. Diacono il 23 dic. 1837., fu ordinato sacerdote il 31 marzo 1838.
Per cultura, erudizione nelle materie ecclesiastiche, rigore logico e chiarezza d'esposizione - doti sempre riconosciutegli - nel 1841 fu destinato all'insegnamento di teologia dogmatica, esegesi e storia ecclesiastica nel seminario di Crema. Ricoprì l'incarico sino al novembre 1849, quando fu eletto arciprete e parroco della cattedrale, come tale si occupò della direzione di diverse comunità religiose. Venuto a mancare il vescovo C. G. Sanguettola, l'11 febbr. 1854 il capitolo lo designava all'unanimità vicario capitolare della diocesi. In tale qualità partecipò a Lodi ad una conferenza dei prelati lombardi sul tema dell'istruzione del clero, e vi si distinse per l'energica difesa delle teorie filosofiche del Rosmini contro gli attacchi che ancora persistevano pur dopo il decreto Dimittantur.
Nel 1854 partecipò a Vienna alle conferenze dei vescovi del Lombardo-Veneto, convocate in occasione del concordato tra S. Sede e Impero austroaungarico. Il 5 genn. 1857 l'imperatore Francesco Giuseppe lo nominò vescovo di Crema, designazione confermata dalla S. Sede il successivo 19 marzo; la consacrazione avvenne a Roma nella chiesa di S. Maria dell'Anima dieci giorni più tardi per mano del cardinale camerlengo L. Altieri. Nell'aprile 1858 il F. avviò la prima visita pastorale alla sua diocesi, conclusa nel giro di due anni, e si preoccupò anzitutto di curarvi la moralità del clero ed impedire la diffusione di testi posti all'Indice. Il 20 giugno 1859 fu trasferito alla più importante sede episcopale di Pavia, ma la caduta del dominio austriaco in Lombardia proprio in quei giorni ed il mancato riconoscimento della validità del decreto di nomina da parte del governo di Vittorio Emanuele II ne impedirono di fatto la traslazione.
Con decreto dell'8 luglio seguente fu incaricato di continuare a reggere la Chiesa di Crema come amministratore apostolico; negli otto anni di permanenza cercò principalmente di risolvere il problema dell'educazione delle fanciulle povere, soprattutto delle sordomute, che affidò alle cure delle figlie della Carità e a beneficio delle quali aveva pubblicato nel 1859 a Milano una Corona di laudi a Maria Vergine Immacolata ed a Gesù Cristo suo Divin Figliuolo. Per iniziativa del governo italiano, il 27 marzo 1867 fu traslato alla sede di Casale Monferrato, ove fece il suo ingresso il 15 agosto seguente.
Nel 1870 prese parte attiva al concilio vaticano I. Il 4 gennaio pronunciò un lungo discorso, proponendo diverse correzioni di dettaglio allo schema sugli errori moderni. Intervenne poi quattro volte durante la discussione della costituzione Dei Filius, in particolare sul primo capitolo: il 23 marzo teneva una lunga dissertazione d'ispirazione rosminiana sulla distinzione tra essenza e sostanza in relazione al problema della natura divina.
In gennaio aveva sottoscritto la petizione della maggioranza in favore dell'infallibilità pontificia e fu poi tra coloro che chiesero di affrontare immediatamente la spinosa questione e concludere al più presto la discussione generale sulla costituzione Pastor aeternus. In ciò si distingueva, dall'atteggiamento dell'episcopato piemontese, antinfallibilista per motivi di opportunità, e fu l'unico a pronunciarsi a favore, insieme con l'allora vescovo di Saluzzo, L. Gastaldi. Il 30 giugno prendeva la parola circa il capitolo IV della costituzione dogmatica Pastor aeternus per opporsi a una serie di critiche sollevate dalla minoranza e a chi esigeva l'unanimità morale per una definizione.
Fu tra i pochi padri conciliari rimasti a Roma anche dopo il voto del 18 luglio, ed intervenne ancora sullo schema rielaborato circa l'amministrazione delle dio.cesi sede vacante. Il 18 agosto tenne presso l'Accademia romana di S. Tommaso d'Aquino un discorso che, con il titolo S. Tommaso d'Aquino e l'ideologia, ebbe una traduzione in inglese nel 1875 e tre edizioni in francese. Rientrato nella sua diocesi, s'impegnò particolarmente nell'assistenza agli indigenti, fondando la Società delle figlie di Maria Immacolata, la Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli e la Società di buone opere e sostenendo gli istituti d'educazione già esistenti. La sollecitudine nella cura del seminario diocesano gli valse le lodi della S. Sede (commenti alle Relationes ad limina del 1873 e 1879).
Ne migliorò infatti le condizioni economiche e con notevoli facilitazioni lo aprì anche ai giovani meno abbienti; curò personalmente il programma di studi sino al punto di presenziare sempre agli esami e per esso scrisse un compendio di teologia dogmatica ed esegesi biblica. Nel 1879 lo riformò, affiancandovi agli studi di filosofia e teologia quelli umanistici e letterari ed introducendo la figura di un direttore spirituale e il regolamento di s. Carlo Borromeo. Conseguentemente il numero degli alunni raddoppiò, con grande sollievo per una diocesi perennemente afflitta da carenza di sacerdoti.
Nel 1879, conclusa la prima visita pastorale, celebrò il sinodo diocesano. Il F. aveva prodotto tre documenti di commento alle conclusioni conciliari. Nel 1871 a Casale Monferrato usciva Istruzione pastorale sul dogma dell'infallibilità pontificia definito sulla sessione quarta dell'ecumenico Vaticano concilio, cui seguirono (ibid. 1874) La costituzione dogmatica Dei Filius e ancora (ibid. 1877) i tre tomi de La costituzione dogmatica prima intorno alla Chiesa, Pastor aeternus.
L'emanazione nel 1879 dell'enciclica di Leone XIII Aeterni Patris che promuoveva lo studio di s. Tommaso, pur non comportando apertamente biasimo o condanna per le teorie rosminiane, provocò il riaccendersi di violente polemiche. Vi si distinsero i gesuiti, che sostenevano esistesse una netta contrapposizione tra la dottrina tomistica e il pensiero di Rosmini., e ciò spinse il F. a prenderne pubblicamente le difese. Nel corso della visita triennale a Roma del 1879 manifestò al pontefice l'intenzione di pubblicare un'opera volta a dimostrare come la filosofia rosminiana non contrastasse, bensì sviluppasse il pensiero di s. Tommaso. Diede così alle stampe a Casale Monferrato, tra il 1880 ed il 1886, gli undici volumi Degli universali secondo la teoria rosminiana, confrontata colla dottrina di s. Tommaso d'Aquino e con quella di parecchi tomisti e filosofi moderni.
La morte lo sorprese a Casale Monferrato (Alessandria) il 14 apr. 1886, ancora dedito con passione ai suoi compiti e ai suoi scritti, senza dargli il tempo di completare il testamento col quale intendeva beneficiare i seminari di Crema e Casale Monferrato. A quest'ultimo rimasero i manoscritti della Teologia alla quale lavorava da anni e che, secondo varie testimonianze, era ormai intenzionato a pubblicare. Il 26 nov. 1936 la salma fu traslata nel duomo di Casale.
Altri scritti: Sull'Immacolato Concepimento della beata Vergine Maria, Milano 1855; Esposizione del principio filosofico di Antonio Rosmini e sua armonia colla dottrina cattolica con un'appendice su l'ordinamento dello studio teologico (lettere), Verona 1859; La Chiesa cattolica maestra infallibile di celesti verità e madre feconda di santi, Crema 1863; Panegirico del Cuore purissimo di Maria Vergine, Genova 1879.
Fonti e Bibl.: C. Polonini, Biografia di mons. P. M. F. vescovo di Casale Monferrato, Milano 1886; V. Papa, Mons. P. M. F., vescovo di Casale del Monferrato, in La Sapienza, VIII (1886), pp. 295-305; L. Torre, Scrittori monferrini, Casale Monferrato 1898, pp. 176 s.; D. Morando, Aneddotti su mons. P. M. F., in Rivista rosminiana, XXXI (1937), pp. 82 s.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XVI, coll. 1234 s.; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, VIII, Patavii 1978, pp. 187, 230, 439; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, V, p. 1490; F. Sforza Benvenuti, Diz. biografico cremasco, Crema 1888, pp. 134-137; A. Brunialti, Annuario biogr. univers., II, Torino 1885, pp. 496 s.; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, III, Milano 1934, p. 45. Per l'attività pastorale vedi anche: Arch. segreto Vaticano, S. Congregazione del Concilio, Relationes ad limina, Cremen II, Casalen III. Sulla partecipazione al concilio vaticano I e le posizioni filosofiche e teologiche: G. Allievo, recens. al vol. X di Degli universali, in La Sapienza, VIII (1886), pp. 312-317; Acta et decreta sacrorum conciliorum recentiorum collectio lacensis, VII, Friburgi Brisgoviae 1890, ad Indicem, coll. 1777 s.; Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, a cura di L. Petit - I. B. Martin, L, Arnhem-Leipzig 1924, pp. 200-204; LI, ibid. 1926, pp. 80, 90-97, 213 ss., 253 s.; LII, ibid. 1927, pp. 530, 944-953; LIII, ibid. 1927, pp. 22 s., 26 s.; U. Betti, La costituzione dommatica "Pastor aeternus" del concilio vaticano I, Roma 1961, pp. 124, 262, 396 s., 431, 561; L. Delion, Diario del concilio vaticano I, a cura di V. Carbone, Roma 1962, pp. 100, 161, 175; G. Muzio, Una grande figura del Vaticano I. Mons. P. M. F., in Osservatore romano, 28 nov. 1964, p.8; M. Maccarrone, Il concilio vaticano I e il "Giornale" di mons. Arrigoni, I, Padova 1966, pp. 171, 355; II, ibid. 1966, pp. 18, 66, 74, 76, 108, 133; F. Traniello, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870), Milano 1970, p. 309.