MARTINA, Pietro
(Piero). – Nacque a Torino il 30 dic. 1912 da Antonio e da Maria Anna Viazzi.
Il M. iniziò molto giovane il suo apprendistato come fotografo presso lo studio paterno, dove si eseguivano, in particolare, foto industriali. Si avvicinò alla pittura da autodidatta, cominciando a disegnare e a dipingere senza seguire corsi regolari. Contemporaneamente, frequentava scrittori e artisti dell’ambiente culturale torinese tra cui F. Casorati e il gruppo dei Sei di Torino. Decisivi, in particolare, furono F. Menzio e C. Levi che lo indirizzarono e incoraggiarono a intraprendere la carriera artistica (Autopresentazione, in P. M., 1980, p. 12).
Al 1934 risale la sua prima opera nota, un S. Bartolomeo scorticato che, mostrando le carni sanguinanti, tiene nelle mani la propria pelle. La figura del santo martire, ripetuta in seguito diverse volte, divenne per il M., come afferma Levi (P. M., 1980, p. 47), una sorta di mito personale, risolto attraverso il suo modo delicato e fluido di proporre le forme, senza definirle, alleggerendole di ogni materia.
Il M. iniziò a esporre a Torino in mostre collettive alla metà degli anni Trenta: nel 1935 e nel 1936 alla Società promotrice di belle arti e nel 1938 alla Sindacale della Società degli amici dell’arte. Nel 1936 cominciò a dipingere nello studio di corso Regina Margherita, scelto come luogo proprio della sua ricerca pittorica, che rimarrà sede del suo lavoro fino al 1971. I primi dipinti furono paesaggi (Torino, la Liguria, Venezia), ritratti come Donna con il cappello viola (Comune di Firenze, collezione della Ragione) e Donna con cappello (1937: Torino, collezione privata, in P. M., 2003, p. 44) in cui affermò l’uso del colore secondo modi impressionistici, e nature morte, in linea con il repertorio di Menzio, Levi e G. Chessa, come Mele cotogne (Santena, collezione privata, in P. M., 1980, p. 44), cui si aggiunse la citazione matissiana del pesce rosso nel vaso di cristallo, mutuata dai Sei di Torino, come in Natura morta con pesce rosso esposto alla sua prima personale a Genova nel 1938 (P. M., 2003, p. 17).
I dipinti presentati alla galleria Genova mostrarono la volontà del M. di raggiungere uno stile proprio e autonomo. Egli cominciò a fondere gli oggetti, dapprima isolati e corporei, in una comune atmosfera costituita dal colore, che smorzandosi addolciva e dilatava le forme grazie all’uso del bianco, facendo perdere spessore e consistenza agli oggetti e alle figure. A Genova egli espose anche Interno di studio con cappello del 1937 (Torino, collezione privata, ibid., p. 46), in cui lo studio di corso Regina Margherita non era soltanto uno sfondo di ritratti ma costituiva esso stesso l’oggetto primario della rappresentazione.
Seguirono, tra il 1939 e il 1943, le personali alla galleria La zecca di Torino e alla Barbaroux di Milano con presentazioni di S. Solmi, e quella alla galleria Il fiore di Firenze con un testo di M. Masciotta.
A Milano il M. espose Figura di donna sdraiata (1940: Milano, Galleria civica di arte moderna) in cui, attraverso il collo di pelliccia e la chioma scura dei capelli, riuscì a dare risalto e volume alla figura.
In questi anni fu il colore a produrre immagini e spazi, dando una particolare luce agli oggetti e provocando emozioni. Il M. giunse a creare concretezza in una pittura fatta di accostamenti tonali, consolidando la sua visione fissata in un realismo nudo ed essenziale, come mostrò nella Ragazza al clavicembalo (Torino, collezione privata, ibid., p. 50), in cui egli fece vivere tutti gli elementi soltanto come accordo di colore, realizzando un ambiente concreto fatto di passaggi di piani.
Nel 1942, Il M. partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia; e dal 1943, per quattro volte, alle Quadriennali romane. Al 1942 risale Rose e conchiglie (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), caratterizzato dalla pennellata larga e sciolta, ancora leggermente smorzata negli accordi tonali, molto vicina ai Grandi fiori del 1943 (Torino, Galleria civica d’arte moderna e contemporanea).
In seguito ai bombardamenti su Torino che distrussero la sua casa, trascorse alcuni mesi ad Alassio e a Firenze, dove frequentò l’ambiente del caffè Giubbe rosse; poi si trasferì in Abruzzo dove incontrò Annunziata (Adelia) Cutò che sposò a Nereto il 24 apr. 1944.
Tornati a Torino nel 1946, il M. collaborò all’allestimento di Nozze di sangue di F. García Lorca e di Woyzeck di G. Büchner al teatro Gobetti e nel 1947 partecipò al premio Torino come espositore.
Questi anni furono contraddistinti da partecipazioni a mostre collettive e da una progressiva evoluzione pittorica, una graduale ricerca di forme essenziali, più saldamente costruite, rinforzando il colore, formato da impasti più densi e corposi, fino ad arrivare a una pittura altalenante tra espressionismo e qualche vaga suggestione di scomposizioni e ricomposizioni formali cubiste.
Un viaggio nel Sud d’Italia, in particolare un soggiorno in Puglia intorno al 1949, segnò una svolta importante nella sua attività pittorica, in seguito alla quale adottò un colorismo energico e violento che escluse ogni mezzo tono nei contrasti di luce, adottando sempre nuovi accordi di colori distesi assai spesso nella loro purezza.
Rappresentativi di questo nuovo modo di sentire, furono Paesaggio meridionale (Torino, Galleria d’arte moderna) e Buoi (Torino, collezione privata, in P. M., 1980, p. 70) entrambi del 1949. Trasferitosi a Roma nel 1950, li espose alla galleria Il Pincio nell’aprile del 1951, in una mostra personale con sedici opere ispirate ai viaggi nel Sud, presentate dall’amico Levi (ibid., p. 74). Nella capitale, dominata dal neorealismo di R. Guttuso, il M. rimase affascinato dalle istanze sociali dell’arte e, tornato a Torino, riscoprì la città operaia.
Studiò dal vero le lavoratrici di una fabbrica tessile, che compivano gesti sul telaio con la stessa precisione delle giovani donne che pigiavano i tasti del clavicembalo, realizzando in questi anni opere che espose alla Biennale di Venezia del 1952 (La tessitrice n. 2 del 1952: Roma, Raccolta d’arte della Confederazione generale italiana per il lavoro, direzione nazionale; Ragazza al clavicembalo del 1950: Venezia, Banca nazionale del lavoro) e che testimoniano il suo impegno e la sua partecipazione al dibattito artistico e politico di quegli anni.
Ancora Torino fu la protagonista della pittura degli anni successivi, con le vedute invernali delle rive della Dora e dei suoi ponti, talvolta percorsi da cortei di manifestanti, dove nuovamente fu il colore a costruire la realtà e a farsi materia, modellando forme e volumi, come in Torino d’inverno (Torino, collezione privata, in P. M., 2003, p. 60), nella Manifattura di tabacchi (Roma, Banca di Roma, Capitalia) e in Ponte con bandiere rosse (Suzzara, Galleria d’arte moderna) esposti alla XXVIII Biennale veneziana del 1956, dove gli fu assegnata una sala in cui campeggiava il ritratto di Vincenzo Ciaffi (1955: Torino, Galleria civica d’arte moderna e contemporanea), la cui immagine fu resa come blocco compatto entro il profilo trilobato della poltrona che si stagliava sul fondo bianco.
In questi anni il M. partecipò in modo assiduo ai premi nazionali di pittura (quali Sardegna, 1959 e Arezzo, 1960), vincendo il primo premio in più occasioni. Nel 1962 fu nuovamente invitato alla Biennale veneziana dove gli fu riservata una sala personale. Qui espose una serie di quadri intitolati Nudi distesi e Nudi nella vigna, fra i quali Nudo nella vigna rosso (Napoli, collezione privata, ibid., p. 64) e Nudo nella vigna giallo (1961: Torino, collezione privata, ibid., p. 65), che furono all’origine di una nuova stagione della sua pittura, più ricca di stratificazioni cromatiche e materiche, in cui i gesti e i corpi della figura umana erano resi dal contrasto di colore e di luce.
Intorno al 1960, egli adottò la tecnica dei collages, concepiti inizialmente come presupposto per future opere a olio, fatti di carta velina colorata di cui egli sfruttò le leggerezze, le trasparenze, le increspature e i timbri cromatici delicatissimi, come in Nudo nella vigna azzurro (1961: Torino, collezione privata, ibid., p. 73), o vigorosi e brillanti, come in Nudi gialli (1961) dell’archivio Casorati di Torino) e in Nudi che rissano (1963: Torino, Regione Piemonte). Per la Danae (1966: Vercelli, collezione privata, ibid., p. 81) ricorse, invece, alla carta dorata, creando eleganti e improvvise iridescenze. I collages furono protagonisti della personale tenutasi nel 1967 nelle sale dell’associazione Piemonte artistico culturale di Torino, presentati da E. Montale.
Il M. fu docente al liceo artistico di Torino (1954) ed ebbe le cattedre di disegno e ornato all’Accademia di belle arti di Milano (1966) e di pittura a quella di Palermo. A Torino nel 1969 divenne titolare della cattedra di decorazione e dal 1970 di quella di pittura all’Accademia Albertina, di cui rimase direttore dal 1973 al 1978.
Il M. morì a Torino il 5 luglio 1982, dopo una lunga malattia che negli ultimi anni lo aveva tenuto lontano dalla pittura.
Fonti e Bibl.: L. Pacchioni, P. M., in Le Arti. Rass. bimestrale dell’arte antica e moderna, III (1941), 3, pp. 200 s.; M. Bernardi, M. - Auber, in Gazzetta del Popolo (Torino), 10 febbr. 1949; A. Rossi, Pitture di P. M., in La Stampa (Torino), 10 febbr. 1949; A. Mezio, Il torinese ad Eboli, in Il Mondo, 21 apr. 1951; G. Sciortino, Ama il sole P. M., in La Voce repubblicana, 10 apr. 1951; G.R. Morteo, M.: i rossi, i gialli, i blu e poi gli argenti e gli ori e i grigi intrisi di bianco, in Arte 2000, III (1974), 20, pp. 62-65; P. M. (catal.), a cura di P. Fossati - Ann. Martina - Ant. Martina, Torino 1980 (in particolare si vedano le presentazioni di S. Solmi, pp. 54 s., e di M. Masciotta, p. 64); Omaggio a P. M. 1912-1982 (catal.), a cura di R. Guasco, Torino 1984; V. Bertone, P. M., in 1945-1965. Arte italiana e straniera (catal.), a cura di P. Fossati - R. Maggio Serra - M. Rosci, Milano 1987, p. 343; G. Di Genova, Storia dell’arte italiana del ’900 per generazioni: generazione anni dieci, Bologna 1990, pp. 330-332; P. M. (catal.), a cura di L. Riccio - F. Riccio, Torino 1991; La pittura in Italia, Il Novecento/1, 1900-1945, Milano 1992, I, ad ind.; II, p. 958; Il Novecento/2, 1945-1990, ibid. 1993, I, ad ind.; II, pp. 770 s.; C. Auneddu, P. M., in Galleria civica d’arte moderna e contemporanea: Torino. Il Novecento (catal.), a cura di R. Maggio Serra - R. Passoni, Torino 1993, pp. 333, 352, 478, 643; P. Mantovani, P. M., in Opere d’arte e documenti acquisiti per la Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino 1986-1992, a cura di R. Maggio Serra, Torino 1993, pp. 329-333; P. M. Percorsi di pittura dagli anni Trenta agli anni Settanta (catal.), a cura di M.T. Roberto - Ant. Martina, Torino 2003, (in particolare si veda il contributo di M.T. Roberto, Tasselli per P. M., pp. 15-27); G. Corso, P. M., in La raccolta d’arte Esso 1949-1983 (catal.), a cura di L. Cantini - C. Michelli, Milano 2007, pp. 60 s., 232 s.