VERMIGLI, Pietro Martire
Nato a Firenze l'8 settembre 1500, fu uno dei maggiori dotti della "chiesa riformata", il teorizzatore più sistematico e conseguente delle dottrine zwingliano-calviniane. Di buona e ricca famiglia, entrò a 16 anni nel convento agostiniano di Fiesole, e a 19 anni si recò a Padova, dove frequentò lo Studio. Vi rimase fino a ventisei anni, poi cominciò varî viaggi di prediche e lezioni nei conventi, durante uno dei quali, a Bologna, studiò l'ebraico. Poi per tre anni rimase a Spoleto, come abate. Nel 1528 fu nominato priore del convento di S. Pietro ad Aram, a Napoli, ed entrò presto in contatto con il circolo del Valdès, dove conobbe Bernardo Ochino, che ebbe notevole influenza su di lui. Presto si mise anch'egli a predicare in tono nuovo, attenendosi ai nuovi principî, ma senza polemizzare esplicitamente. Nel 1541 si dovette allontanare da Napoli, essendo stato nominato visitatore dell'Ordine; nel 1542 fu nominato invece priore del convento di San Frediano a Lucca. Qui costringe i canonici a osservare strettamente la regola, ma più ancora si preoccupa dell'educazione e della formazione spirituale dei novizî; chiama Celso Martinengo da Brescia, Paolo Lazise da Verona a insegnare le lingue classiche, Emanuele Tremellio per l'ebraico: e Celio Secondo Curione l'aiuta e l'appoggia. Chiamato davanti al Capitolo dell'ordine a render ragione del suo operato (in quest'anno 1542 aveva pubblicato anonimo il primo scritto di propaganda per la Riforma, Una semplice dichiarazione sopra i dodici articoli della fede cristiana), prese la fuga.
Nell'autunno del 1542, insieme al Lazise, al Terenziano e al Tremellio passando per Pisa, Firenze, Bologna, dopo essersi incontrato a Firenze e consigliato con l'Ochino, lasciò l'Italia e per Zurigo si recò a Strasburgo, dove fu ben ricevuto dal Butzer. A Strasburgo esercitò una notevole attività come insegnante d'ebraico in quell'accademia. Della residenza strasburghese è la prima opera dottrinale del V., l'esposizione del credo apostolico. Dopo cinque anni di permanenza a Strasburgo (1547) il V. accetta, con l'Ochino, l'invito dell'arcivescovo Cranmer a recarsi in Inghilterra, e diventa professore a Oxford, dove collaborò con il Butzer e con l'Ochino alla riforma della vita ecclesiastica inglese, specialmente per quel che riguarda la liturgia. Decisa la riforma del diritto ecclesiastico inglese, fra i commissarî fu nominato il V.: cominciato nel novembre 1552, il lavoro fu terminato nel febbraio 1553. Intanto gli era morta la moglie Catharina Dammartin di Metz, ch'egli aveva sposata nel 1546. La reazione cattolica seguita alla morte di Edoardo VI (6 luglio 1553) cacciò anche il V. dall'Inghilterra. Dopo altri tre anni passati a Strasburgo, dove però gli mancò la tolleranza reciproca (fra luterani e calvinisti) di prima, il V. si recò a Zurigo e vi divenne professore di teologia e di ebraico, occupandosi anch'egli della comunità locarnese (dal 1556 in poi). Tanto a Strasburgo, dove aveva insegnato teologia e filosofia, quanto a Zurigo, il V. si occupò degli esuli inglesi e delle loro sorti. Due volte aveva rifiutato di andare a insegnare all'università di Heidelberg e aveva rinunziato anche a una cattedra a Ginevra; ma non poté esimersi dal prender parte al colloquio di Poissy (1561). Ritornato a Zurigo dopo il fallimento delle grandi speranze destate dal colloquio, vi moriva il 12 novembre 1562.
L'attività e l'influenza del V. furono grandi: oltre che al colloquio di Poissy, partecipò a due importanti dispute fra protestanti: a quella di Oxford sull'Eucaristia, contribuendo più di ogni altro a fare eliminare il dogma della transustanziazione dal sistema dogmatico della Chiesa anglicana, e a quella fra luterani e calvinisti sulla predestinazione (a Strasburgo), sostenendo con rigorosa coerenza il concetto calvinistico della predestinazione; epistolarmente partecipò anche alla difesa della tradizione ecclesiastica contro il movimento antitrinitario italiano in Polonia. La sua posizione teologica fu quella di un calvinista rigidissimo, estremo. La sua opera più importante è costituita, oltre che da varî commenti dai Loci Communes (Londra 1576; ultima ediz. completa del 1656). Altre opere: Trattato della vera Chiesa cattolica e della necessità di vivere in essa (1573; ristampato nella Biblioteca della Riforma Italiana, Firenze 1884, con il titolo: Se gli Evangelici siano scismatici per essersi separati dai papisti); Defensio doctrinae veteris et apostolicae de sacramento Eucharistiae contra Steph. Gardiner; Tractatio de eodem sacr., Londra 1549; tradotta in inglese e francese, 1562, è la raccolta degli atti della disputa di Oxford; In Epist. S. Pauli ad Romanos (Zurigo 1561); commenti alla 1ª epistola ai Corinzî, al libro dei Giudici, ai libri di Samuele e dei Re, al Genesi, a Geremia; Dialogus de utraque Christi natura, Zurigo 1562.
Bibl.: Simler, Oratio de vita et obitu Domini Petri Martyris, Zurigo 1562; lettere nelle Zürich Letters, della Parker Society, Cambridge 1842, e nell'Opus epistolicum del Calvino; C. Schmidt, Peter Martyr V., Leben und ausgewählte Schriften, nach handschriftlichen und gleichzeitigen Quellen, Elberfeld 1858; Benrath, in Realencycklopädie für protestantische Theologie und Kirche, XX, p. 550 segg.; Gordon, Dictionary of National Biography (1899), LVIII, p. 253 segg.; L. Pastor, Storia dei papi, trad. ital., V, pp. 226, 322, 325, 669-71.