MASSALENO, Pietro
MASSALENO (Massaleni, Messalenis), Pietro (Pietro di Sardegna). – Nacque da Nicolò verso il 1375 a Ottana nella valle del Tirso, nel centronord della Sardegna. L’anno di nascita si deduce dalla data dell’ordinazione sacerdotale che, salvo particolari eccezioni, i canoni ecclesiastici prevedevano a 25 anni. Nulla si conosce della madre.
Ancora fanciullo il M. fu affidato dai genitori a un loro nipote, Nicola, presbitero diocesano, poi vescovo di Ottana, che lo istruì nelle lettere, lo avviò al sacerdozio e gli conferì prima gli ordini minori e, il 29 marzo 1400, l’ordine presbiterale.
Ma il ricordo forte e ardente di una giovane fanciulla, per breve tempo amata prima della scelta ecclesiastica, suscitò in lui forte tensione e senso di colpa. Il difficile momento vissuto dal M. fu motivato con il venir meno del sostegno spirituale e morale di Nicola, trasferito ad altra sede vescovile pochi mesi dopo l’ordinazione sacerdotale del Massaleno.
Si propose quindi di fare penitenza visitando la Terra Santa. Nel 1405 lasciò la Sardegna con un gruppo di amici per raggiungere Venezia e imbarcarsi per la Palestina. In attesa della partenza, la compagnia fu ospitata nel monastero camaldolese di S. Michele in Isola presso Murano.
Il monastero, sotto la guida dell’abate Paolo Venier (1392-1448), viveva un forte impulso di rinnovamento, dopo la grave crisi in cui era caduto nella seconda metà del secolo XIV, grazie al ripristino dell’osservanza della regola e alle costituzioni dell’Ordine, correlati a una attenta gestione economica del monastero e del suo patrimonio fondiario. La riforma portò la crescita delle vocazioni e il cenobio divenne un fulcro di spiritualità cui facevano capo religiosi e laici.
Il viaggio ai Luoghi Santi si protrasse per cinque anni. Tornato a Venezia, il M. fece richiesta all’abate Venier di essere accolto nella comunità camaldolese. Fu ammesso al noviziato e, trascorso l’anno di prova, emise la professione monastica nel 1411.
Il profilo ascetico del M. è stato tracciato da Francesco Barbaro, umanista, uomo politico veneziano e molto vicino ai camaldolesi. Il 23 sett. 1449 inviò una missiva a Pietro Donà, monaco di S. Michele (poi abate dal 1466 al 1479), dalla cittadina di Zoppola nei pressi di Pordenone, poco dopo il termine della sua luogotenenza del Friuli e in attesa di far ritorno a Venezia, città in quel tempo impraticabile per la peste. Nella sua lettera Barbaro prorompe in commoventi parole verso il M. che definisce corso, errando sulla sua origine. Osservando che i monaci sono detti «figli dei profeti» afferma che il M., con la sua vita ritirata e di preghiera, li rappresentava pienamente, poiché viveva distaccato dal mondo come se già fosse nella patria celeste. Rammenta come sin dalla giovinezza mantenesse sempre il suo rigore, che ne fece modello esemplare di vita monastica e religiosa. Barbaro chiede poi al Donà di intercedere presso «l’uomo di Dio» e domanda al pio abate Maffeo Girardi e a tutti i suoi confratelli di pregare per lui perché fosse illuminato sulle incipienti decisioni che doveva assumere.
Al M. ricorrevano con grande venerazione molti cittadini di Venezia che si recavano al monastero e chiedevano di essere da lui benedetti. Tra essi sono ricordati i patrizi Pietro Loredan e Stefano Contarini in procinto di intraprendere un lungo viaggio.
In tarda età il M. fu costretto a letto, gravemente infermo, per lungo tempo. Si riprese grazie anche alle cure del medico del monastero Pantaleone «de’ Quagliani», il quale riferì, poco dopo la morte del M., a Nicolò Palazzini da Tolmezzo, di un miracolo del M. verso un suo concittadino, Antonio «de’ Nordis» (Bibl. hag. Latina).
Il M. morì a Murano il 20 dic. 1453; fu sepolto nel presbiterio della chiesa, accanto all’altare maggiore.
In seguito alla ricostruzione della chiesa di S. Michele, avviata dopo il 1468, si perse la memoria del luogo della sua tumulazione. Solo a Ottana vi sono attestazioni figurative e letterarie dedicate alla sua memoria e realizzate per diffondere la sua venerazione tra i concittadini (Meneghin, 1962, pp. 364 s.).
Mauro Lapi conobbe personalmente il M., di cui era confratello, e ne scrisse una Vita in latino (Bibl. hag. Latina) più encomiastica e meravigliosa che storica. L’opera è nota attraverso copie; la più antica, del sec. XVI, è conservata nella Biblioteca nazionale Marciana di Venezia, Mss. lat., cl. XIV, 112 (=4283), cc. 50r-82r (già S. Michele di Murano, Mss., 648), alla quale fa seguito una copia incompleta; un’altra del secolo XVIII è nell’Archivio del monastero di Camaldoli, pp. 12-55 (già S. Michele, 647, II); Mittarelli (col. 780) dà notizia di un’altra copia, oggi dispersa; excerpta della Vita di Lapi sono stati editi in Mittarelli - Costadoni, VII, pp. 205 s., 237 s.; Lapi compose il testo valendosi anche dei racconti dei confratelli di S. Michele che avevano conosciuto il M. e tra questi Nicolò Palazzini che gli comunicò, per lettera (Bibl. hag. Lat.), un singolare episodio avvenuto per intercessione del M. (la lettera, in copia di mano del Lapi, in Mss. lat., cl. XIV, 295 [=4348], c. CCXI, edita in Mittarelli - Costadoni, VII, pp. 238-240). Anselmo Costadoni, anch’egli monaco di S. Michele, compose a sua volta in volgare e in latino una Vita, rifacendosi agli scritti a lui precedenti: A. Costadoni, Storia delle sante azioni di quattro personaggi… del monastero di S. Michele di Murano… (1734), Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 13717, cc. 21-84.
Il M. non è un beato agli effetti canonici, ma solo per acclamazione popolare e monastica.
Fonti e Bibl.: F. Barbaro, Epistolario, II, La raccolta canonica delle epistole, a cura di C. Griggio, Firenze 1999, pp. 662 s. n. 331; A. Fortunius, Historiarum Camaldulensium, pars posterior…, Venetiis 1579, pp. 98-100; S. Razzi, Le vite de’ santi e beati dell’Ordine di Camaldoli, Firenze 1600, cc. 97-98; A. Costadoni, Osservazioni sopra una antica tavola greca… della Croce di Gesù Cristo, la quale conservasi nel monastero di S. Michele di Murano, in Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, XXXIX (1747), pp. 190 s.; F. Corner, Ecclesiae Torcellanae…, III, Venetiis 1749, pp. 23-27; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche… degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, pp. LIIs.; G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses…, VI, Venetiis 1761, pp. 67, 251 s.; VII, ibid. 1762, pp. 205-207, 226, 237-240, 300 s.; G.B. Mittarelli, Bibliotheca codicum…, Venetiis 1779, coll. 291 cod. 299, 650 s., 882 codd. 644 e 648, 780 cod. 644; P. Tola, Diz. degli uomini illustri di Sardegna, II, Torino 1838, pp. 257-260; V. Meneghin, Il culto della Croce in S. Michele in Isola di Venezia, Venezia 1933, pp. 14 s.; Id., S. Michele in Isola di Venezia, I, Venezia 1962, pp. 365-369; M.L. King, Umanesimo e patriziato a Venezia nel Quattrocento, Roma 1989, pp. 462-466; C. Caby, De l’érémitisme rural au monachisme urbain: les camaldules en Italie à la fin du Moyen Âge, Rome 1999, pp. 46, 50, 633, 694 n. 113, 717 s. nn. 51 s.; E. Barbieri, Morfologie del libro in un monastero camaldolese del Quattrocento: il caso di S. Mattia di Murano, in Id., Il libro nella storia, Milano 2000, pp. 81 s.; F. Ciomei, I santi della Sardegna dalle origini al terzo millennio, Alghero 2000, pp. 70 s.; Hierarchia catholica, I, p. 381; Bibliotheca hagiographica Latina, n. 6727.