FERRARI, Pietro Melchiorre
Figlio di Paolo, pittore ed architetto, nacque a Sissa (Parma) nel 1735.
Le scarse notizie su Paolo lo dicono nato a Sissa e padre, oltre che del F., di Lorenzo, meccanico, matematico, musicista e disegnatore, del quale si hanno notizie sino al 1813 (Bigliardi, 1977, p. 36). Operò a Parma nella prima metà del sec. XVIII al servizio della corte ducale, con l'incarico di seguire alcuni lavori architettonici, fino al 1749, quando si ritirò dall'attività. Ricordato dalle fonti come mediocre pittore, ha lasciato una Temperanza sul camino di una sala del palazzo comunale (1742) e dipinti in diverse chiese del Parmense: le figure dei pennacchi ed alcuni medaglioni per la chiesa di Trecasali; sei tavole nella sala della Congregazione dell'oratorio della chiesa della Beata Vergine del Ponte (1741, Donati, 1824); un Crocifisso con s. Giovanni, la Madonna e la Maddalena nell'oratorio di S. Croce di Campo Caneto (Scarabelli Zunti, Documenti ...); la tela con S. Martino, firmata e datata 1746, nel coro di S. Martino di Palanzano; il S. Sebastiano, firmato e datato 1747, dell'Assunta di Fossa di Roccabianca (Inventario..., 1934). Inoltre, un quadro rappresentante S. Gregorio e le anime del purgatorio si trovava nella chiesa di Ognissanti di Parma prima che vi giungesse l'Immacolata del figlio Pietro Melchiorre (Bigliardi, 1977).
Dopo aver ricevuto i primi rudimenti dell'arte dal padre, il F. fu scolaro dell'abate G. Peroni, che lo indirizzò a Bologna presso Angelo e Vittorio Bigari, sotto la direzione dei quali "molto si avanzò nell'arte e pel disegno, e pel colorito" (Baistrocchi-Sanseverino, ms. sec. XIX). Ritornato a Parma, frequentò l'Accademia di belle arti come allievo di G. Baldrighi, che sarà per il F. di grande stimolo, dopo un inizio incerto e sconclusionato (Bertoluzzi, ms. inizi sec. XIX). In questa fase della sua formazione, all'educazione bolognese aggiunse la lezione della pittura locale e le suggestioni attinte dalle opere di artisti francesi - Poussin, Watteau, Fragonard, Boucher - commissionate dai duchi di Parma per le proprie collezioni; inoltre risentì di quel clima complesso e denso di fermenti rinnovatori promossi alla corte borbonica dal primo ministro G. du Tillot. Giovanili e condotti con un certo eclettismo sono le commissioni di dipinti a soggetto religioso per alcune chiese della campagna parmense: il S. Vincenzo Ferreri in S. Michele a Trecasali, di un cromatismo scarno legato al Peroni; la carraccesca tela de La consegna delle chiavi, in S. Pietro di Fragno (175960), ma già con anticipazioni neociassiche; la Madonna col Bambino e santi per la chiesa di Miano di Medesano, che risente ancora di una impostazione secentesca (1759); la Madonna e santi della chiesa parrocchiale di Varsi (Piacenza), nella quale il F. riecheggia moduli quattro-cinquecenteschi (Inventario..., 1934, p. 302; Bigliardi, 1977, p. 40).
Negli stessi anni ottenne diversi successi accademici. Nel 1758 riportò il primo premio nel disegno di nudo; un interesse, quello dello studio anatomico, che l'artista riproporrà in numerosi disegni di grande rigore e approfondita tecnica (Parma: Pinacoteca Stuard; Accademia di belle arti; Biblioteca Palatina, Racc. Ortalli) e in due telette ad olio della Galleria nazionale (Bigliardi, 1977; Fornari Schianchi, [1983]; Cirillo-Godi, 1979 e 1987). Nel 1760 ottenne la medaglia per il disegno di composizione con IlSeneca svenato, mentre nel 1761 fu premiato per il dipinto della Guarigione del paralitico (entrambi a Parma, Galleria nazionale).
Le architetture severe, la solennità dei personaggi, gli elementi di decoro sono in queste due opere elementi di precoce neociassicismo e fanno del F. un anticipatore di quello "spirito di alta retorica" (Riccomini, 1977), che sarà del Mengs, del David e di Greuze e che a Parma avrà il suo massimo esponente in E. Petitot. Abbandonate le tendenze barocche, l'artista apre verso il gusto archeologizzante, che alla corte ducale parmense trovava stimolo anche dalla scoperta delle statue romane di Velleja (1760-1761).
Sempre intorno al 1760 si data IlFrugoni e l'Arcadia (Parma, Galleria nazionale), "opera emblematica di come il Ferrari, attingesse ai modelli francesi, adeguando la sua tecnica al gusto del committente" (Bigliardi, 1977, p. 46): su un'idea fornita molto probabilmente dal du Tillot, e sulla quale l'artista stese un primo progetto (Studio per l'Arcadia, Parma, Galleria nazionale), il dipinto rappresentò una novità pittorica - che peraltro a Parma non avrà seguito - di chiara matrice poussiniana nella resa atmosferica di una favola arcadica. Del 1762 è la commissione, da parte del sodalizio del Ss. Sacramento della chiesa di S. Caterina (Grandinetti, 1973), del dipinto con l'Immacolata (Parma, chiesa di Ognissanti), una sorta di "Pompadour in gloria" (Riccomini, 1977, p. 121), che conferma come il successivo percorso del F. sarà quasi tutto nel solco francese e baldrighiano.
Aria francese aleggia anche nella produzione ritrattistica del settimo e ottavo decennio, quando il F. ricevette dalla corte l'incarico di terminare alcuni dipinti che iniziati da J. -M. Nattier e C. Van Loo, dovevano essere portati a termine dal Baldrighi (Bigliardi, 1977, p. 44).
A questa fase appartengono alcuni ritratti conservati a Parma, quali il ritratto di S. Bettinelli del 1763 (Pinacoteca Stuard), quello di G. du Tillot, "di grande virtuosismo ottico e pittorico" (Fornari Schianchi, 979), e quello di Don Ferdinando di Borbone (entrambi alla Galleria nazionale); il ritratto del protofisico F. Torregiani (collez. Cassa di risparmio di Parma), del medico G. Camuti (coll. privata) e quello del segretario D. Cortesi (raccolta Maestre Luigine), dai quali emerge l'importanza del rapporto col Baldrighi. La vivace indagine psicologica si spinge verso punte di verismo nei due busti di L. Bertoluzzi e della moglie (Galleria nazionale), opere che ancora ai tempi dello Scarabelli Zunti erano proposte come modelli di esercitazione per gli allievi dell'Accademia. Sono ritratti "borghesi", non ufficiali, vicini alla coeva pittura inglese per il "gusto dell'esatta descrizione del costume, per l'espressione indagata e confidenziale" (Riccomini, 1977, p. 130). Riferito al catalogo del F. (Natale, 1984, pp. 852, 856) è anche il Ritratto di gruppo (San Francisco, M. H. de Young Memorial Museum), dove l'artista si raffigura al cavalletto. Sulla scorta di questo dipinto si sono identificati in Baldrighi e nell'incisore Antonio Martini i personaggi coi quali il F. si ritrae in animato colloquio nella serie dei Triplici ritratti (1763, Parma, Bibl. Palatina, Raccolta Ortalli e Galleria nazionale; Ottawa, National Gallery of Canada), opere che confermano come il gusto per questo genere fosse profondamente radicato nel contesto parmense.
Alla conoscenza del percorso artistico del F..e della sua autonomia e originalità all'interno della pittura parmense del Settecento offrono un contributo due dipinti piemontesi recentemente restituiti all'autore: la pala con la Messa di s. Gregorio di S. Giovanni a Nizza Monferrato, eseguita tra il 1765 e il 1768, e l'Annunciazione della chiesa dell'Annunziata di Vercelli, di poco posteriore (Natale, 1984). Di committenza ducale è il disegno per il frontespizio - inciso a Piacenza da P. Perfetti (1769) - per il volume Il congresso negli Elisi..., edito per le nozze del duca Ferdinando con Maria Amalia d'Austria (Parma, Bibl. Palatina).
Artista ormai affermato, il F. venne aggregato all'Accademia Etrusca di disegno (1773) e all'Accademia Clementina di Bologna (28 giugno 1774); nominato consigliere con voto dell'Accademia di Parma (10 luglio 1774), ne divenne professore della scuola di disegno, l'unica che, a giudizio dei contemporanei, sia stata di un certo valore (cfr. Capacchi, 1972). Nel 1785, inoltre, divenne ritrattista di corte "con soldo e maestro di pittura con l'obbligo di aprire studio" (Bertoluzzi, ms. inizi XIX sec.), carica che ricopri fino alla morte.
Alla sua maturità artistica appartengono numerose opere che, sebbene condotte entro i canoni del gusto settecentesco, contengono elementi nuovi che il F. traeva dalla natura e dalla realtà. Sono da ricordare La predica del Battista della parrocchiale di Castel San Giovanni (Piacenza) del 1771, con "teste di carattere" alla Benigno Bossi (Riccomini, 1977, p. 127), e il relativo studio ad olio della Testa del Battista (Parma, Galleria nazionale), che "riporta ad una Francia classicheggiante" (Bigliardi, 1977, p. 42); la Sacra Famiglia (Piacenza, Collegio Alberoni); S. Anna insegna a leggere alla Madonna (1774, Parma, Galleria nazionale); la pala con S. Omobono distribuisce l'elemosina (1777-78), di tradizionale iconografia pietistica, per S. Liborio di Colorno (Parma), la chiesa ducale per la quale dipinse anche la Sacra Famiglia con s. Anna, s. Gioacchino, s. Francesco e s. Agostino, firmata e datata 1780. Ed ancora una serie di ovali, S. Bernardo da Corleone per i cappuccini di Parma, S. Vincenzo Ferreri per S. Paolo (ora entrambi nella Galleria nazionale), S. Francesco Saverio, della parrocchiale di Vigatto (Parma), datato 1774, nei quali tuttavia il linguaggio rimane accademico e convenzionale.
Il F. fece testamento il 30 ag. 1787, nominando erede la moglie Alba Grazioli, dal momento che la loro unica figlia, Fernanda, era morta tre anni prima (Bigliardi, 1977, p. 37 n. 3). Morì a Parma il 3 ott. 1787, mentre attendeva ad un ritratto della famiglia ducale fflaistrocchi-Sanseverino, ms. sec. XIX) e fu sepolto nella chiesa di S. Quintino a Parma.
Il vasto corpus grafico del F. è costituito, oltre che dagli studi di nudo già ricordati, da studi di teste, da idilli pastorali, da scene mitologiche, da ritratti, opere nelle quali si evidenzia, oltre alla facile vena descrittiva, la finezza straordinaria della linea e la notevole sensibilità nell'uso dello sfumato (Bigliardi, 1977, pp. 49 s.;Fornari Schianchi, 1979). Le opere perdute, tra le quali un Ritratto di Ferdinando IV di Borbone ed alcuni dipinti in chiaroscuro in S. Eufemia a Brescia, si ricavano sia da una nota manoscritta del F., successiva al 1780 (Parma, Museo Glauco Lombardi, sc. 25, b. 4), sia da un elenco contenuto nelle memorie dello Scarabelli Zuntì, che ricorda inoltre tra i numerosi discepoli del F. il reggiano Biagio Manfredi, il caravaggese Paolo Gallinoni e frate Attanasio da Coriano.
Nella Parma della seconda metà del sec. XVIII è documentato un Paolo Ferrari professore di disegno all'Accademia, del quale non è certa la parentela col Ferrari. Dipinse una Madonna coi ss. Bernardo e Rocco nella cappella di Ponte Caprazucca, mentre gli è attribuita una S. Cecilia in S. Giuseppe a Panna.
Rimangono inoltre nel Parmense due opere di carattere devozionale: la Vergine e santi (sullo sfondo il paesetto di Ramiano), firmata e datata 24 maggio 1764 (chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio di Ramiano di Calestano), e, per la parrocchiale di S. Vincenzo di Urzano, 114 dipinti della Via Crucis, dei quali la Deposizione è firmata e datata 1776.
Fonti e Bibl.: Parma, Biblioteca Palatina: R. Baistrocchi, Guida per i forestieri, ms. (1787), c. 66;ibid., ms. 1106: G. Bertoluzzi (inizi XIX sec.), cc. 66, 300, 305;Ibid., Soprintendenza alle Gallerie, ms. 130:G. Baistrocchi-A. Sanseverino, Biografie d'artisti parmigiani (XIX sec.), c. 62;ibid., E. Scarabelli Zunti, Materiale per una guida artistica e stor. di Parma (ms. XIX sec.), c. 62;ibid., Id., Documenti e memorie di belle arti parmigiane (ms. XIX sec.), VIII, cc. 104-107;Ibid., Museo Glauco Lombardi, Invent. generale dell'Accademia parmense (ms., 1820), sc. 25, b. 2, fasc. 5, c. 1; F. Bartoli, Le pitture, sculture ed architetture della città di Rovigo, Venezia 1793, p. 190;I. Affò, Il parmigiano servitor di piazza, Parma 1796, pp. 66, 98, 108, 110, 125;L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1808], a cura di M. Capucci, Firenze 1968, II, p. 252; P. Donati, Nuova descriz. della città di Parma, Parma 1824, p. 132 (p. 109, per Paolo, padre); L. Scarabelli, Guida ai monumenti storici ed artistici della città di Piacenza, Lodi 1841, p. 187; P. Martini, La scuola parmense delle belle arti e gli artisti di Parma e Piacenza dal 1777 all'oggi, Parma 1862, pp. 7 s.; C. Ricci, La Regia Galleria di Parma, Parma 1896, ad Indicem;G. Lombardi, Parma alla mostra fiorentina del ritratto ital., in Aurea Parma, I (1912), 1-2, pp. 21-24; H. Bedarida, Parma e la Francia [1928], Parma 1986, pp. 41, 113, 450, 499 s., 507; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, A. Santangelo, Provincia di Parma, Roma 1934, ad Indicem (anche per Paolo, padre; per Paolo, professore, pp. 202, 285);A. O. Quintavalle, La Regia Galleria di Parma, Roma 1939, pp. 236, 261; Mostra dell'Accademia (catal.), a cura di G. Allegri Tassoni, Parma 1952, pp. 20, 33;G. Copertini, Fra bozzetti, disegni e stampe, in Parma per l'arte, XI (1961), p. 134, fig. 3; C. Briganti, Curioso itiner. delle collezioni ducali parmensi, Milano 1969, pp. 17, 52, 57;G. Bertini, I quadri della real chiesa di S. Liborio a Colorno, in Aurea Parma, LIV (1970), p. 188;G. Capacchi, Un anonimo e severo giudizio settecentesco sui professori maestri dell'Accad. di Parma, ibid., LVI (1972), p. 129;L. Grandinetti, Spigolature d'archivio per una storia della parrocchia di Ognissanti in Capo di Ponte, in Parma nell'arte, V (1973), 1, pp. 12-16;A. Bacchini, Sissa, storia di un paese, Parma 1973, pp. 38, 42, 141, 147;G. Godi, in Mecenatismo e collezionismo pubblico a Parma nella pittura dell'Ottocento (catal.), Colorno 1974, p. XXIV;R. Bigliardi, P. M. F., in Aurea Parma, LXI (1977), pp. 36-57 (pp. 36, 42 n. 11 per Paolo, padre); E. Riccomini, I fasti, i lumi, le grazie. Pittori del Settecento parmense, Parma 1977, pp. 111-134;G. Bertini, Un dipinto ritrovato di P. M. F., in Aurea Parma, LXII (1978), pp. 121-123;G. Godi, All'asta a Firenze un disegno del F., in Gazzetta di Parma, 17 nov. 1978;L. Fornari Schianchi, Il momento illuminista nell'arte parmense del '700 (Baldrighi - F-Bossi), in L'arte a Parma dai Farnese ai Borbone (catal.), Bologna 1979, pp. 111-122 (p. 122per Paolo, padre); G. Cirillo-G. Godi, Apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del '700, in Parma nell'arte, XI (1979), 1, pp. 39-41; L. Fornari Schianchi, La Pinacoteca Stuard di Parma, in Arte e pietà. I patrimoni culturali delle Opere pie (catal.), Bologna 1980, p. 330;E. Bazzani-M. Cuoghi Costantini-I. Silvestri, Le stoffe di seta. Produzione e commercio, in Vita di borgo e artigianato, Milano 1980, pp. 254 s.; G. Godi, Dipinti ined. di P. F., in Gazzetta di Parma, 9 genn. 1981; S. Pinto, in Storia dell'arte italiana (Einaudi), pt. II, 2, Torino 1982, ad Indicem; L. Fornari Schianchi, La Galleria nazionale di Parma, Parma s.d. (ma 1983), pp. 212-217; V. Natale, Le opere di P. M. F. in Piemonte e qualche attribuzione, in Scritti in onore di F. Zeri, Milano 1984, pp. 847-858;A. Musiari, Neoclassicismo senza modelli. L'Accademia di belle arti di Parma tra il periodo napoleonico e la Restaurazione, Parma 1986, pp. 11, 203;G. Cirillo-G. Godi, La Pinacoteca Stuard di Parma, Parma 1987, ad Indicem; J. Urrea, Noticias y retratos de la corte de Parma, in Elarte en los cortes europeas del siglo XVIII, Madrid 1987, pp. 784-792;F. Arisi, La Galleria Alberoni di Piacenza, Piacenza 1991, p. 94; p.Ceschi Lavagetto, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1992, I, ad Indicem; II, p. 71 s; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 460 s. (anche per Paolo, padre e Paolo, professore); Diz. enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani dall'XI al XX secolo, IV, pp. 399ss. (idem).