MONTANINI, Pietro (detto Pietruccio Perugino). – Nacque a Perugia nel 1626. Non sono noti i nomi dei genitori, ma sappiamo che giovanissimo entrò a bottega da suo zio Giovan Francesco Bassotti, orientato ai modi della pittura classicista romana di Guido Reni, Francesco Albani e Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Mancini, 1978, p. 116)
Importante fonte per ricostruire la biografia del M. è la Vita di Leone Pascoli, che conobbe direttamente il M., dal quale prese anche molte lezioni di disegno. Questa conoscenza gli permise di correggere le notizia di Orlandi (p. 323) che collocava la data di nascita del M. al 1619 e di smentire anche un suo giovanile apprendistato presso Pietro Barzotti, che non sostò mai a Perugia. Nel 1644, compiuti diciotto anni, il M. partì per Roma perché il suo spirito non poteva «star poscia rinchiuso entro la scuola del zio» (Pascoli, p. 215).
Pascoli offre dati preziosi e coloriti sul carattere e sulla personalità ilare del M. e ci fornisce anche notizie dettagliate sull'apetto del M.: «era piccolo anzi che no di statura», spiritoso e «tutto fuoco».
Un religioso agostiniano con cui aveva stretto amicizia a Perugia gli trovò sistemazione da Pietro da Cortona (Pietro Berrettini) che «fu l’unico maestro ch’egli ebbe in Roma e non altramente Ciro Ferri» perché «essendo Ciro nato nel 1634 sarebbe stato più giovine d’otto anni il maestro dello scolare» (ibid., p. 216). Nella cerchia del Cortona il M. divenne «maestro nel dipigner figure»; successivamente conobbe Salvator Rosa, «la cui maniera imitò poscia a maraviglia, e vi divenne eccellente» (ibid., p. 217). Importanti nella formazione romana del pittore furono anche i contatti con Giacinto Gimignani, Giovan Francesco Romanelli e Andrea Camassei. Era abitudine del M. recarsi inoltre a copiare i Carracci nella Galleria di Palazzo Farnese e Raffaello nelle Stanze del Vaticano.
Il M. era apprezzato dai collezionisti romani per la sua meticolosità e puntualità, tanto che «primari personaggi gli davano continue commissioni de’ quadri che lor bisognavano per ornare le gallerie» (ibid.). Nel 1658 il M. si stabilì definitivamente a Perugia. Era certamente in città dal 1° luglio 1658, come dimostra la sua presenza a un’assemblea della Confraternita dei Ss. Rocco e Sebastiano (Perugia, Biblioteca comunale Augusta, Libro dei partiti, sec. XVII-XVIII, n. 1301, c. 9r), di cui ricoprì la carica di guardiano nel 1661 e nel 1662.
Non si conoscono opere giovanili del M., né esiste un catalogo dei suoi lavori; l’unico studioso che ha tentato di redigere un catalogo è F.F. Mancini, che ha scritto due saggi monografici ricchi di testimonianze documentarie inedite. Di certo il M., ritornato a Perugia, lavorò intensamente tanto che l’8 genn. 1664 acquistò una casa «cum horto» presso la chiesa di S. Martino del Verzaro (Archivio di Stato di Perugia, notaio G. Cappelletti, 4191, c. 2v) e il 26 ott. 1665 un terreno nei pressi del colle del Cardinale da un certo Carlo di Mario (Ibid., 4192, cc. 68v, 69r).
Tra i più antichi dipinti conosciuti del M., ma appartengono a una fase matura, ci sono gli affreschi della chiesa dei Ss. Rocco e Sebastiano di Perugia, datati 1667.
In questi affreschi, di difficile lettura a causa del loro precario stato conservativo, si legge l’intenzione di trovare una mediazione tra l’espressività barocca e i pacati modi del classicismo. Abbastanza ben conservati risultano le scene con Il miracolo di s. Sebastiano e Il martirio di s. Sebastiano e il riquadro con S. Giovanni e s. Onofrio.
Nel 1672 (la data è apposta nel riquadro principale insieme con la data 1766 del restauro) il M. realizzò un dipinto con S. Onofrio e 14 storie della sua vita per l’altare dei Tintori della chiesa perugina di S. Elisabetta; l’attribuizione è di Mancini (1978, p. 120) in base a raffronti stilistici con opere note e al «motivo del paesaggio, di aspetto ricorrente nel Montanini, aperto sullo sfondo di più riquadri».
Per l’oratorio della Congregazione degli artisti nella chiesa del Gesù di Perugia realizzò una lunetta raffigurante La visitazione di Maria e La presentazione di Gesù al Tempio; accanto alle iniziali del pittore, sull’angolo destro del dipinto c’è una data frammentaria (166…). Il M. rivela qui tutti i suoi maestri: il chiaroscuro del Guercino, i tratti fisionomici adottati da Bassotti, il realismo di Amadei, il cromatismo del Cortona. Prima del 1674 dipinse due quadri per la chiesa di S. Filippo a Perugia raffiguranti S. Giovanni e S. Gregorio e la maestosa Madonna con il Bambino e i ss. Simone, Fiorenzo, Francesco e Antonio per un altare dell’oratorio di S. Simone del Carmine a Perugia. Degli stessi anni è la tela con il Battesimo di Cristo eseguita per l’altare della famiglia Laparelli nella chiesa di S. Agostino a Cortona, in cui appare come «sigla» del M. il paesaggio che si apre dietro la scena. La data 1675 compare nella lunetta della chiesa di S. Barbara in Città di Castello raffigurante Il martirio della santa; il M. fornì al pittore Francesco Panichi i disegni della scena, intervenendo direttamente solo sul motivo paesistico dello sfondo e sul gruppo centrale degli armigeri.
Su committenza della marchesa Girolama Bandini, moglie di Chiappino Vitelli ultimo marchese di Montone, eseguì degli affreschi per la volta della cappella dell’Angelo custode e per quella di S. Paolo nel duomo di Città di Castello, su modelli del Cortona; vi rappresentò rispettivamente La cacciata degli angeli e Storie della vita di s. Paolo. Nella cappella di S. Paolo il motivo decorativo delle finte statue monocromate sulle cornici ricorda quelle di Berrettini nel soffitto di palazzo Pamphili. Per Città di Castello realizzò molte altre opere, oggi perdute. La guida di G. Mancini (1832, p. 175) ricorda un quadro nel santuario della Madonna del Belvedere «ito a male» già nei primi dell’Ottocento.
Tra il 1670 e il 1680 dipinse il Paesaggio con pastori e armenti conservato nell’ufficio del sindaco presso il palazzo dei Priori di Perugia. Il 9 genn. 1680 ricevette l'incarico di ultimare uno stendardo professionale «pro unius Societatis et Fraternitatis Assisii» oggi scomparso, già iniziato dal pittore Giacomo Giorgetti (Archivio di Stato di Perugia, notaio G.C. Torelli, 4495, cc. 187 s.).
Zeri (1954, p. 121; 1959, pp. 184 s.) ha restituito al M. due Marine nella galleria Pallavicini, che presentano le iniziali «P» e «M» intrecciate, e due piccole Battaglie conservate nella galleria Spada di Roma, genericamente attribuite alla «scuola di Salvator Rosa» nel catalogo del 1856 di T. Minardi (Roma, Archivio Pallavicini, ms. A5-26-7, nn. 510-524).
Nel 1924 Voss pubblicò due tele del M. conservate in una collezione privata di Berlino, una firmata «Petrus Mont.» raffigurante Il tiro al cadavere, l’altra L’annuncio ai pastori. Lo studioso sottolineava l’influsso del Rosa nella composizione dei paesaggi e nelle piccole figurine, stemperato dalla personalità del M. incline a una tavolozza più limpida e a una attenzione per il reale soprattutto nelle immagini in primo piano.
Del 24 marzo 1689 è il Paesaggio con Agar e l’angelo firmato «Pietro Montanini Perino» passato nel 1960, in seguito a un’asta, dalla galleria di S. Luca di Vienna a una collezione privata di Perugia. L’opera è importante perché esemplare della tarda produzione del M., sempre più orientata a una fusione formale di barocco e classicismo.
Nel 1957 Voss ritrovò un’altra opera del M.: La fuga in Egitto di una raccolta privata di Wiesbaden, probabilmente realizzata intorno al 1670. F.F. Mancini elenca molte altre opere appartenenti a raccolte private perugine, tra cui le due piccole Vedute della chiesa di S. Francesco e di S. Bevignate ad acquerello firmate sul retro. Al M. sono stati attributi anche sei tondi con Storie di Cristo e della Vergine conservati nella sagrestia della chiesa di S. Nicolò a Foligno, una pala d’altare con la Madonna e i ss. Cristoforo e Bartolomeo nella chiesa di S. Bartolomeo a Costa di Trex (Assisi) e Il martirio di s. Bartolomeo nella chiesa dei Cappuccini di Todi (Barroero et al., 1989). Nell’Accademia di Perugia è presente una tela con Venere che interviene e guarisce le ferite del figlio Enea di ignota provenienza, eseguita dal M. in una fase avanzata della sua carriera.
Il M. è stato relegato forse ingiustamente nell’ambito dei paesaggisti, probabilmente anche per il giudizio negativo di tanti critici ottocenteschi, non ultimo Lanzi, che scrive «il suo talento era limitato a’ paesi, e quando vi aggiungeva figure, non erano delle più corrette avendo lui più spirito che disegno»; questi accenti negativi non sono presenti nell’intensità dei ritratti a mezzo busto del M.: ci si riferisce alle teste di Diogene e Platone (Mancini, 1978, p. 26) conservate in una collezione privata di Perugia, alle quattro teste, probabilmente di Apostoli, sempre di una collezione privata perugina e alle quattro figure di Evangelisti ora nella sede di Spoleto della collezione della Banca popolare di Spoleto (Mancini, 1982, pp. 26 s.). Appartenenti tutte all’ultima fase lavorativa del M., mostrano la sua capacità di assimilare e sintetizzare le diverse componenti espressive del barocco in una pittura intensa e vibrante, «moderna» nonostante l’isolamento dell’ambiente perugino.
Il M. morì il 28 dic. 1689 (Perugia, Archivio della curia arcivescovile, Libro dei morti 1679-1717, parrocchia di S. Martino al Verzaro, c. 9r) in «aetatis suae anno sexagesimo tertio».
Il M. ebbe due mogli, la seconda delle quali si chiamava Faustina Colonnelli, e due figli; poco lasciò in eredità al figlio Mario, che aveva solo 13 mesi quando morì, perché si preoccupò di offrire un bella dote alla figlia Teresa (Archivio di Stato di Perugia, notaio G. Melchiorri, 4444, cc. 97v, 102).
Fonti e Bibl.: P.A. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1704, p. 323; L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini, Roma 1732, pp. 214-221; B. Orsini, Guida al forestiere per l’augusta città di Perugia, Perugia 1784, pp. 201 s., 281; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1809), Firenze 1968, I, p. 425; G. Mancini, Istruzione storico-pittorica per visitare le chiese e i palazzi di Città di Castello, Perugia 1832, pp. 20 s., 29, 40, 175; H. Voss, Die Malerei des Barock in Rom, Berlin 1924, p. 572; R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, pp. 314, 332 s.; F. Zeri, La galleria Spada in Roma. Catalogo dei dipinti, Firenze 1954, p. 121 nn. 217-219; H. Voss, Die Flucht nach Aegypten, in Saggi e memorie di storia dell’arte, 1957, n. 1, p. 55; F. Zeri, La galleria Pallavicini, Firenze 1959, pp. 184 s. nn. 315-316; F.F. Mancini, Figure e paesi di P. M., in Esercizi, arte, musica, spettacolo, I (1978), pp. 113-160; Id., Aggiunte a P. M., in Antichità viva, XXI (1982), 1, pp. 23-29; L. Barroero et al., Pittura del '600 e '700. Ricerche in Umbria, II, Treviso 1980, pp. 77 s., 445 schede 498-502; G. Sapori, in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori, II, Milano 1989, p. 821; L. Barroero et al., Pittura del Seicento. Ricerche in Umbria, Perugia 1989, pp. 321-324 e scheda 99; C. Galassi, P. M. Venere che interviene e guarisce le ferite del figlio Enea, in Museo dell’Accademia di belle arti di Perugia. Dipinti, Perugia 1995, p. 85 scheda 15; F.F. Mancini, Due inediti di P. M., in Kronos, 2009, n. 13, pp. 191-196; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 82.