MONTI, Pietro
MONTI, Pietro. – Nacque a Roma nel 1806 da Felice, commerciante, e da Teresa Marrone.
Ebbe un’infanzia tormentata, segnata dalle sventure economiche della famiglia e dalla perdita di entrambi i genitori all’età di sette anni. Inizialmente assistito da lontani parenti (ma le notizie su queste vicende sono contrastanti), fu poi affidato a un ricco commerciante inglese amico di famiglia, che lo condusse a Palermo dove svolgeva la sua attività.
Nel 1820 il negoziante morì e Pietro, solo e privo di qualsiasi mezzo di sostentamento, si arruolò come tamburino nelle truppe siciliane durante i moti insurrezionali scoppiati in città; alla fine degli scontri, durante i quali rimase ferito, gli fu imposto di tornare a Roma.
Sofferente di epilessia, solo e poverissimo, Monti trascorse nella città natale un periodo difficile. Intorno al 1821, recatosi al teatro Pace per fare la comparsa, conobbe l’attore Camillo Ferri, che lo accolse come scolaro e domestico introducendolo nel mondo del teatro. Il giovane seguì Ferri in Italia settentrionale nella compagnia di Angelo Rosa, nella quale fu comparsa e trovarobe.
Nel 1824-25 lavorò come generico nella compagnia diretta da Ferri per poi unirsi all’attore Lorenzo Colonnesi che lo volle nella piccola compagnia che stava formando. Scritturato come generico giovane, Monti ebbe l’occasione di sostituire, per sei repliche consecutive e con un certo successo, l’indisposto primo attore in Paolo e Virginia di Giovanni Carlo Cosenza. Fu l’inizio della sua carriera. Ottenuto a vent’anni il posto di secondo amoroso nella compagnia Colonnesi, fu notato da Francesco Augusto Bon che lo scritturò, con lo stesso ruolo, nella compagnia Carlo Goldoni da lui diretta con Luigi Romagnoli e Francesco Berlaffa e sovvenzionata dal duca di Modena. In pochi anni, dopo la stagione di carnevale 1831-32 al teatro Re di Milano, divenne primo amoroso in sostituzione di Romagnoli.
Monti non era colto né educato all’arte teatrale; approdato al mestiere per necessità economica, e poi sostenuto dalla crescente passione, riuscì a mettersi in luce grazie alla sua istintiva predisposizione che Bon, sensibile al bisogno di autenticità sulla scena, valorizzò riconoscendo in Monti «una pianta selvaggia, ma che, ben coltivata, poteva dar frutti magnifici» (Alberti, 1878, p. 36).
Nella compagnia, specializzata in testi goldoniani, ma che rappresentava anche il vaudeville e commedie e riduzioni di Eugène Scribe, Monti si distinse tra gli ottimi attori fra i quali figuravano anche i giovani figli di Daniele Alberti (già conosciuti nella compagnia Rosa): Giulia, apprezzata soprattutto nei ruoli di ingenua e amorosa, che Monti sposò nel 1833 e dalla quale ebbe quattro figli (tra cui Luigi e Angiola entrambi attori), e Adamo, brillante sulla scena, che come collega cognato e in seguito impresario lo sostenne sempre, aiutandolo a superare le difficoltà di memoria e di interpretazione e proteggendo la sua «geniale sregolatezza» (Meldolesi- Taviani, 2000, p. 239).
Trascorse gli anni successivi con la Carlo Goldoni, passata di proprietà a Teresa Cesarani Crivelli ma rimasta sotto la direzione di Bon, con la quale compì tournées in Italia settentrionale e in Toscana.
Nel 1835 entrò, con la moglie e il cognato, nella compagnia condotta da Alberto Tessari, Giovan Battista Prepriani e Giovan Battista Visetti che agiva nel teatro dei Fiorentini di Napoli. Dalla stagione di quaresima Monti sostituì il primo amoroso Giovan Battista Gottardi accanto a Carolina Tessari, Teresa e Luigi Marchionni e agli stessi soci Tessari, Visetti e Prepriani. L’esordio sul palcoscenico napoletano avvenne il 19 aprile 1835 in Niente di male di Bon a fianco della moglie. Gli inizi non furono positivi, essendosi il pubblico napoletano affezionato al precedente ottimo amoroso, ma col tempo fu apprezzato e amato; era destino dei nuovi attori del Fiorentini – non fu risparmiato neppure Tommaso Salvini – essere sistematicamente fischiati da un pubblico che «ebbe fino da allora un gusto tutto particolare » (Salvini, 1955, p. 73).
Partito Tessari e ritirato dalle scene Visetti, dall’anno teatrale 1840-41 Monti divenne comproprietario della compagnia con Prepriani e Alberti e passò al ruolo di primo attore assoluto, affiancando prime donne come Maddalena Pèlzet, Luigia Pieri Alberti, Giuseppina Zuanetti Aliprandi. Alla morte di Prepriani, nel 1845, l’impresa rimase a Monti e ad Alberti.
Il repertorio della compagnia, praticamente stanziale e detentrice della privativa cittadina sulla prosa italiana, era vasto e vario; le tragedie di Alfieri e le commedie di Goldoni, i lavori di Dumas, di Joseph de Lafont e di autori minori tradotti dal francese, quelli di autori italiani contemporanei, come Giovanni Pindemonte, Silvio Pellico e Paolo Ferrari, oltre a farse, «produzioni spettacolose e degradanti» (Alberti, 1878, p. 47) e opere di scrittori napoletani vicini alla corte borbonica. Tra i lavori in cui Monti ebbe particolare successo, e riproposti fino alla fine della carriera, vi fu il dramma Luigi Rolla da Genova o Il capolavoro ignoto di de Lafont tradotto da Luigi Marchionni e portato in scena dal 1837.
Secondo Francesco Mastriani, l’attore rendeva il personaggio dello scultore Rolla «un essere vivo, sofferente, co’ suoi demoni ispiratori, colla sua febbre dell’arte, colle sue ardenti speranze di gloria», tanto da rimanere «febbricitante, convulso, stordito» e da non poter recitare «per otto o dieci giorni» (Addesso, 2006, p. 64). La memorabile interpretazione ispirò versi alla poetessa Giannina Milli che nel carme Luigi Rolla innanzi alla sua statua La Rachele, al teatro dei Fiorentini il 14 gennaio 1852, celebrò l’attore capace di illudere «l’occhio e la mente» (Milli, 1852, p. 105).
Monti fu apprezzato in Vito Bergamaschi di Mastriani e Francesco Rubino, la cui prima assoluta fu il 25 agosto 1840; e soprattutto in Tommaso Chatterton di Michele Cuciniello da Alfred de Vigny, dramma che esaltava – secondo Pietro Vaccaro Matonti nell’Omnibus del 14 gennaio 1841 – la sua capacità di trasfigurarsi, vivendo le passioni del personaggio così intensamente da minare la salute e da farsi amare, in parte anche per questo, da platee totalmente coinvolte. Ottenne grandi consensi anche in Benvenuto Cellini di Lorenzo Sonzogno, La battaglia di Tolosa di Joseph Méry tradotto dall’attore Luigi Belisario, Marco Visconti di Cosenza, La moglie del corsaro da La dame de Saint-Tropez di Auguste Anicet-Bourgeois e Adolphe Dennery.
Rimase primo attore al teatro dei Fiorentini fino al ritiro dalle scene resosi necessario per l’aggravarsi delle condizioni di salute. La sua ultima recita, «incerta e stravagante » (Enc. dello spettacolo, col. 794), avvenne l’8 maggio 1850 nella tragedia Alexi di Cesare della Valle duca di Ventignano, ma la notizia di Monti «improvvisamente impazzito mentre recitava», era già apparsa ne L’Italia musicale del 27 aprile.
Fu ricoverato allo Stabilimento de’ folli di Capodichino, a Napoli, dove morì il 1° ottobre 1851.
Spesso ricordato come il portaceste quasi analfabeta divenuto primo attore della compagnia reale di Napoli, Monti è stato definito «attore di slancio» (Jarro, 1909, p. 85), che usava «i foschi colori del Caravaggio» (Bonazzi, 1865), e «ben sapea come fissar l’attenzione del pubblico, come riscuotere applausi» (Riccio, 1851, p. 11); accostato a Edmund Kean (Meldolesi- Taviani, 2000, p. 240), riuscì, grazie al talento naturale, perfezionato dai suoi maestri e supportato da buoni mezzi fisici, a trasformare la sua particolare sensibilità in forza interpretativa consapevole (e forse ne fu travolto) e a essere, in un teatro caratterizzato da molteplici e spesso contraddittorie esigenze, «un primattore originalissimo, perché educato a recitare con e come gli altri senza cancellare la sua diversità» (ibid.).
Fonti e Bibl.: Comune di Napoli, Atto di morte, 1851, n. 385; Arch. di Stato di Napoli, Ministero della pubblica istruzione 472/1, Contratto fra il Regio Governo e l’Impresa del Teatro de’ Fiorentini…, 1840 (consultabile anche on line archiviteatro. napolibeniculturali.it); F. Mastriani - F. Rubino, Biografia di P. M., in La Toletta, 5 gennaio 1840, pp. 106-108; L’Italia musicale. Giornale dei teatri, 27 aprile 1850, p. 102; F. Riccio et al., In morte di P. M. artista drammatico. Componimenti vari, Napoli 1851; G. Milli, Poesie, Napoli 1852, pp. 105-108; F. Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti… che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino 1860, pp. 342 s.; L. Bonazzi, Gustavo Modena e l’arte sua, Perugia 1865, p. 32; A. Alberti, Quarant’anni di storia del teatro de’ Fiorentini in Napoli, I, Napoli 1878, pp. 33-47; L. Rasi, I comici italiani, II, Firenze 1905, pp. 146- 149; Jarro (G. Piccini), Vita aneddotica di Tommaso Salvini e ricordi degli attori del suo tempo, Firenze 1909 [ma 1908], pp. 85 s.; A. Scalera, Il teatro dei Fiorentini (dal 1800 al 1860), Napoli 1909, pp. 59-69, 83 s.; C. Salvini, Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, Rocca San Casciano 1955, pp. 72 s.; F.A. Bon, Scene comiche, e non comiche della mia vita, a cura di T. Viziano, Roma 1985, p. 231 n.; C. Meldolesi - F. Taviani, Teatro e spettacolo nel primo Ottocento, Roma-Bari 2000, pp. 239 s.; A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico, a cura di A. Bentoglio, Roma 2004, p. 468; C.A. Addesso, Francesco Mastriani «autore drammatico» e critico teatrale: testi, note di costume e recensioni, in Sullo scrittoio di Partenope. Studi teatrali da Mastriani a Viviani, a cura di G. Scognamiglio, Napoli 2006, pp. 15-72; A. Colomberti, Dizionario biografico degli attori italiani. Cenni artistici dei comici italiani dal 1550 al 1780, compilati dall’artista comico Francesco Bartoli e dall’attore Antonio Colomberti continuati fino al 1880, a cura di A. Bentoglio, Roma 2009, II, pp. 421 s.; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», N. Leonelli, Attori tragici attori comici, Milano 1944, II, pp. 112-14; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 794 s.