MORIGI, Pietro
MORIGI, Pietro. – Figlio di Mario e di Anna Maria, nacque a Rocca Contrada (ora Arcevia, presso Ancona) il 30 gennaio 1710, e fu un cantante evirato soprano.
Nulla si conosce circa il suo apprendistato musicale: senza citare le fonti, Fétis lo ascrive tra gli allievi di Francesco Antonio Pistocchi. All’indomani dell’esordio teatrale, avvenuto a Jesi nel Carnevale del 1727, si esibì a Macerata, Roma e Bologna, dove il 6 luglio 1730 fu aggregato all’Accademia filarmonica nell’ordine dei cantori (Penna, 1736). Nella città felsinea entrò in contatto col conte Sicinio Pepoli, rinomato mecenate e musicofilo, e restò poi in rapporti con lui per tutta la carriera. Il nobile bolognese ne caldeggiò l’assunzione alla corte imperiale di Vienna tra il 1731 e il 1732, ma la trattativa fallì per rifiuto dello stesso musicista, che addusse come causa del diniego la salute cagionevole e il rigore del clima d’Oltralpe (lettera di Ludovico Pio di Savoia a Pepoli, 22 febbraio 1732). Nel 1735, sempre tramite Pepoli, Morigi fu ingaggiato da Antonio Vivaldi per la stagione operistica di Carnevale nel teatro Filarmonico di Verona, dove ottenne un trattamento economico piuttosto vantaggioso per sostenere parti non protagonistiche, ma assai onerose dal punto di vista vocale (l’aggiunta di arie tratte dal repertorio di Carlo Broschi, detto Farinelli, denota le notevoli capacità virtuosistiche di Morigi; Sechi, 2009-10, p. 17).
In base ai libretti, risulta che cantò parti di seconda donna e di secondo o primo uomo in molti drammi per musica o pasticci operistici: Tolomeo e Alessandro (anonimo, Jesi 1727), Lucio Vero e La pastorella al soglio (anonimo, Macerata 1728), Ezio (Pietro Auletta, Roma 1729) e Semiramide riconosciuta (Leonardo Vinci; ibid.), Artaserse (Johann Adolf Hasse et al., Bologna 1730), Costantino (Gaetano Schiassi, Mantova 1731), Venere placata (Francesco Corselli, Venezia 1731), L’Ardelinda (Tomaso Albinoni, ibid. 1732 e Firenze 1733), Rodelinda regina de Longobardi (anonimo, Livorno 1733), Artaserse (Hasse et al., Verona 1733) e Il Demetrio (Hasse et al., ibid.), L’Olimpiade (Pier Giuseppe Sandoni, Genova 1733), Adriano in Siria (Id., ibid. 1734), L’Adelaide (Vivaldi, Verona 1735) e Il Tamerlano (Vivaldi et al.; ibid.), La forza dell’amore e dell’odio (Francesco Araja, Pietroburgo 1736), La clemenza di Tito (Hasse, Luigi Madonis, Domenico Dall’Oglio, Mosca 1742), Merope (Antonio Maria Mazzoni, Hasse, Giovanni Battista Lampugnani, Genova 1746), Didone abbandonata (Pietro Chiarini, Brescia 1748) e La Semiramide riconosciuta (Hasse, ibid.), Il Demetrio (anonimo, Verona 1749), Semiramide riconosciuta (Ferdinando Giuseppe Bertoni, Vicenza 1749), Didone (Domènec Terradellas, Torino 1750) e Siroe (Giuseppe Scarlatti, ibid.), Griselda (Gaetano Latilla, Venezia 1751), Adriano in Siria (Giuseppe Scarlatti, ibid. 1752) e Venceslao (Antonio Gaetano Pampani, ibid.), Antigono (anonimo, Milano 1753), Demofoonte (Niccolò Jommelli, ibid. 1753), Sesostri e Ifigenia in Aulide (Pietro Alessandro Guglielmi, Londra 1768), Ezio (Id., ibid. 1770), Semiramide riconosciuta (Gioacchino Cocchi, ibid. 1771), Artaserse (Tommaso Giordani, Londra 1772) e Demetrio (Guglielmi, ibid.).
Morigi fu anche attivo in ambito sacro: cantò ad Assisi dal 1727 al 1729 per le celebrazioni della festa di s. Francesco (Pampaloni, 1990) e a Jesi nel 1729 per la festa del SS. Nome di Maria. In tale occasione si esibì assieme al tenore Biagio Baratta in una composizione non identificabile, ma probabilmente di carattere sacro (non partecipò all’oratorio Jesi pentita di Luca Antonio Predieri rappresentato nei medesimi festeggiamenti, come erroneamente affermato da Gatti, 1995, p. 34).
Dalle fonti librettistiche risulta che tra il 1731 e il 1735 si fregiò del titolo di virtuoso del principe Filippo d’Assia-Darmstadt, governatore di Mantova, e a partire dal 1746 di quello di virtuoso «dell’imperatrice di tutte le Russie», a prescindere dall’effettiva presenza in loco. In ogni caso prese parte, dal 1735 al 1742, alla prima compagnia di artisti italiani che allestì opere serie in Russia, al seguito del compositore Francesco Araja.
Gran parte delle musiche eseguite e dei libretti a stampa editi durante il soggiorno alla corte degli zar è oggi irreperibile. Tramite fonti indirette, tuttavia, si può ipotizzare un’attività musicale piuttosto intensa, specie in concomitanza con l’incoronazione dell’imperatrice Elisabetta (1741). Oltre che nei titoli già citati, Morigi probabilmente cantò in tre opere di Araja, Il finto Nino, o vero La Semiramide riconosciuta (San Pietroburgo 1737), La forza dell’amore e dell’odio (ibid. 1737) e Artaserse (ibid. 1738). Lo storiografo Jacob von Stählin, impiegato in quegli anni alla corte russa, riporta che una principessa «chantait les airs qu’Araja écrivait pour le castrat Morigi, y mettant non moins d’art et d’expression que celui- ci, et se produisant même en duo avec lui» (cit. in Mooser, 1948, p. 178): è verosimile che in quella sede Morigi si dedicasse anche all’insegnamento del canto.
La fine dell’esperienza russa e l’imminente ritorno in Italia sono attestati in una lettera d’accompagnamento di Ludovico Pio di Savoia, nella quale questi chiedeva al conte Pepoli di accoglierlo «acciò possa godere valevole protezione dell’E[ccellenza] V[ostra]» (4 marzo 1744, Archivio di Stato di Bologna, Pepoli, Carteggio, 1744).
Dopo un soggiorno a Londra tra il 1768 e il 1772, durante il quale cantò al King’s Theatre (Haymarket), se ne perdono le tracce. Non si conosce la data di morte.
Morigi condusse una carriera artistica discontinua: faticò ad affermarsi in Italia, in un momento in cui tutti i soprani maschili si dovevano misurare con un fuoriclasse come Farinelli – lo si può considerare un suo epigono anche nelle scelte di repertorio – e forse accettò per ripiego proposte quali l’invito alla corte russa.
L’esperienza sarmatica terminò, per motivi ignoti, intorno al 1742: il cantante fu forse eclissato dall’avvento di Lorenzo Saletti, soprano assai apprezzato, approdato a Pietroburgo proprio in quel periodo. Tra il 1746 e il 1753 Morigi ritornò sulle scene italiane, ricoprendo ruoli di un certo spicco, a volte anche parti di «primo uomo» (per esempio al Regio di Torino), per poi tornare a interpretare ruoli di «secondo » e «terzo uomo». Il periodo londinese rappresentò l’estrema appendice della carriera di Morigi: divise le scene col basso buffo Andrea Morigi (è ignoto se tra i due vi fosse un rapporto di parentela). Non è da escludere che Morigi sia ritornato in Italia dopo il 1772 (come poi fece Andrea Morigi, la cui carriera continuò fino al 1790).
Altro suo parente fu forse il contralto Giuseppe Morici (o Morigi) «dalla Rocca Contrada », figlio di Domenico Antonio: nel 1746 stipulò un contratto col compositore Antonio Galeazzi per ricevere lezioni di canto; all’epoca era «minore d’anni venticinque, ma maggiore d’anni dicidotto [sic])»; sporadicamente attivo sulle scene (Macerata 1755, Jesi 1759), era cantore nel duomo di Jesi all’epoca della morte, avvenuta il 20 luglio 1789 (Gatti, 1995, pp. 80, 122 s.).
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