ONIDA, Pietro
ONIDA, Pietro. – Nacque a Villanova Monteleone (Sassari) il 12 gennaio 1902 da Andrea e da Maria Barbara Del Rio, secondo di tre fratelli.
Rimasto precocemente orfano di madre, conseguì il diploma di ragioniere e cominciò subito a lavorare in banca; grazie a questo impiego fu in grado di iscriversi all’università Ca’ Foscari di Venezia e di mantenersi agli studi. Per procurarsi il denaro necessario a proseguire l’università, concentrava tutti gli esami nel mese di giugno dedicandosi poi, nei mesi estivi, alle lezioni private a Sassari. Nel 1925 si laureò con lode in scienze economiche e commerciali, svolgendo una tesi sulla valutazione del capitale d’impresa, relatore Gino Zappa, sotto la cui guida intraprese la carriera accademica.
Nel 1930 sposò Franca Di Giovanni, anche lei studentessa di Ca’ Foscari e proveniente da Palermo, da cui ebbe tre figli: Luciano (n. 1933) medico cardiologo e internista, Valerio (n. 1936) giurista e presidente della Corte costituzionale, e Fabrizio (n. 1940) economista e professore all’Università Bocconi di Milano.
Nel 1933 conseguì all’unanimità la libera docenza. Due anni dopo, sempre con voto unanime, fu primo della terna al concorso per la cattedra di ragioneria generale e applicata e iniziò a insegnare all’Università di Torino. Durante la guerra continuò nell’insegnamento a Torino e all’Università cattolica di Milano, prendendosi cura della famiglia, sfollata da Milano a Viggiù (Varese) negli anni 1942-45. Alla fine del conflitto tornarono definitivamente nel capoluogo lombardo e Onida riprese appieno la sua attività. In quegli anni fu nel consiglio di amministrazione di molti enti e società (tra i quali FIM, EFIM, IRI, Banca commerciale italiana ecc.), consulente in importanti questioni riguardanti imprese di livello nazionale, membro di varie commissioni ministeriali e interministeriali, ai cui lavori prese parte sempre con scrupolo e operosità.
All’Università di Torino rimase fino al 1960 (e alla Cattolica fino al 1961) quando passò alla facoltà di economia e commercio dell’Università La Sapienza di Roma. Nel 1961 gli fu conferito il diploma di Benemerito della scuola, della cultura e dell’arte. Dal 1962 al 1970 fu membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Collocato a riposo nel 1977, fu nominato l’anno successivo professore emerito. All’attività accademica – comunque sempre centrale nella sua esperienza – affiancò una qualificata attività professionale nel convincimento, ripetutamente espresso, che essa fosse indispensabile per una feconda ricerca scientifica nel campo degli studi aziendali.
Onida si era avviato agli studi aziendali proprio negli anni in cui il suo maestro, Zappa, conduceva una profonda revisione della ragioneria e delle sue stesse basi epistemologiche.
Zappa sosteneva che lo studio dei metodi di rilevazione dei fatti aziendali – oggetto tipico della ragioneria – andasse necessariamente affiancato da quello della realtà economica, che sta dietro a questi fatti, e delle strette connessioni che li uniscono. In altre parole era convinto che solo conoscendo l’economia dei fenomeni aziendali se ne potesse cogliere appieno la loro dimensione quantitativa; e che, solo attraverso questa via, fosse possibile interpretare correttamente le sintesi contabili e i numeri che ne sono espressione. D’altra parte l’azienda che usciva dalla rivoluzione industriale – vale a dire quell’azienda moderna che si presentava a Zappa nei primi anni del XX secolo – era caratterizzata da una struttura produttiva via via più complessa e articolata, con costi tendenzialmente rigidi e con un intreccio crescente dei fenomeni, nei quali si esprimevano il suo funzionamento e la sua gestione. Tutto ciò non poteva non riverberarsi sul trattamento contabile di tali fenomeni. Queste riflessioni condussero Zappa, nel 1927, a propugnare la nascita di una nuova disciplina – l’economia aziendale – tesa a studiare l’azienda in tutte le sue manifestazioni di vita e a concepire la ragioneria come parte della nuova disciplina, da collocare a fianco delle altre due denominate rispettivamente organizzazione, impegnata a studiare l’azienda nel suo ordinamento interno e soprattutto nelle relazioni tra gli uomini che vi collaborano, e gestione, orientata allo studio dei contenuti economici della sua operatività e dei criteri che ne guidano le scelte.
L’economia aziendale, per come la concepiva Zappa, mosse i suoi primi passi tra molte polemiche, particolarmente vivaci negli anni Trenta e Quaranta, e fu inizialmente contrastata da alcuni dei molti cultori della ragioneria e della sua tradizione. Lo stesso Onida ne fece in qualche modo le spese quando, a metà degli anni Cinquanta, si vide sbarrata la strada al suo trasferimento alla cattedra di ragioneria dell’Università di Roma – roccaforte della resistenza al nuovo indirizzo di studi – con argomentazioni speciose, tatticismi ed espedienti dilatori. Il suo trasferimento fu possibile solo nel 1960 a seguito di un altro concorso, vinto con voto unanime della commissione come già era accaduto nel 1935.
Onida partecipò attivamente alla costruzione della nuova disciplina e tutto il suo percorso scientifico s’intrecciò strettamente con il processo costitutivo dell’economia aziendale, alla quale diede un contributo decisivo. Notevole in proposito fu il volume Le discipline economico-aziendali. Oggetto e metodo (I ed., Milano 1947). Lavorò poi con convinzione, e per progressivi aggiustamenti, alla prima trattazione sistematica della nuova disciplina: il volume Economia d’azienda (Torino 1960; II ed., notevolmente ampliata, ibid. 1965).
La quantità di studi e riflessioni che precedettero l’opera – caratterizzati da originalità e chiarezza espositiva e tali da toccare praticamente tutti le parti della nuova disciplina – danno conto della continua opera di revisione. Tra i principali studi si ricordano quelli sul finanziamento (I finanziamenti iniziali d’impresa. Le emissioni di azioni e obbligazioni, Milano 1931, e Costituzione e emissioni finanziarie nelle imprese di società per azioni. Documenti‑Note e commenti, ibid. 1931); sul capitale d’impresa (Le dimensioni del capitale d’impresa, ibid. 1951); sul bilancio d’esercizio (Il bilancio d’esercizio nelle imprese. Significato economico del bilancio. Problemi di valutazione, la cui elaborazione concettuale, avviata nel 1935, si concluse con un’ultima edizione, ibid. 1951); su contabilità e costi (Elementi di Ragioneria, ibid. 1927 ripreso poi in La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, ibid. 1960, cui seguì, nel 1970, una seconda edizione notevolmente ampliata).
L’Economia d’azienda rimase l’opera più significativa di Onida. In essa, oltre a delineare il contenuto, l’oggetto e il metodo della disciplina prendeva in esame l’azienda in tutte le sue sfaccettature, non senza averne prima discusso le varie nozioni e le varie definizioni, elaborate dalla dottrina.
Particolare attenzione era dedicata all’azienda di produzione (impresa), cioè all’azienda che produce per lo scambio; grande rilievo e forte contenuto innovativo hanno le pagine sull’economicità.
A suo dire, un’impresa che voglia operare secondo economicità deve perseguire l’autosufficienza economica della gestione (coprire cioè con i ricavi tutti i costi di produzione, ivi compresa una remunerazione congrua del capitale proprio investito) e l’efficienza dei processi (nozione complessa non riconducibile semplicisticamente agli obiettivi di ridurre, sempre e comunque, i costi di produzione o di aumentare il rendimento dei fattori produttivi). Accanto a quella di economicità aziendale, Onida pone la nozione di economicità superaziendale, riferibile alle imprese pubbliche e alle cosiddette imprese di gruppo, ovvero a quelle imprese che, individualmente considerate, sono prive di autonomia economica; sicché per esse la condizione dell’autosufficienza economica va soddisfatta in un ambito più vasto, qual è l’azienda‑Stato o il ‘gruppo’ nel suo insieme.
Onida considerò l’impresa come una comunità. Lavoro e capitale sono fattori altrettanto necessari e sarebbe vano attardarsi a stabilire una gerarchia tra loro. Pur nell’inevitabile dialettica, capitale e lavoro debbono collaborare perché «la non effimera prosperità dell’impresa […] esige, non già la massimizzazione di un solo elemento, quale il profitto, ma la realizzazione di massimi simultanei progressivi, per quanto riguarda salari, dividendi e autofinanziamenti, dinamicamente insieme combinati e opportunamente contenuti al fine del loro mutuo rafforzamento […] Nell’impresa, considerata come istituto economico‑sociale destinato a durare nel tempo, interessi apparentemente opposti si comporrebbero, così, convergendo verso il bene comune» (Economia d’azienda, 1965, p.91).
Anche nella gestione d’impresa, non può esservi contrapposizione tra socialità ed economicità. L’economicità non attenta ai bisogni dell’uomo condurrebbe, infatti, l’impresa al dissesto nonostante gli alti profitti che per qualche tempo essa generasse. D’altra parte, una socialità priva di solide basi economiche alla lunga diverrebbe insostenibile e condurrebbe ugualmente l’impresa al dissesto. Tocca ai rappresentanti del capitale e del lavoro coniugarle e armonizzarle in una dimensione temporale che sia compatibile con le differenti esigenze e aspettative.
La sua concezione di azienda ha trovato molti seguaci e ha ispirato i cattolici impegnati in politica. Al mondo cattolico, del quale si sentiva parte integrante, non fece mancare il suo sostegno, offrendo costantemente la sua disponibilità a organizzare e partecipare a dibattiti, incontri e convegni. Particolarmente importante e attiva fu la sua presenza alle Settimane sociali dei cattolici italiani.
Morì il 25 giugno 1982 a Milano, città dove aveva sempre vissuto salvo la parentesi romana.
Nell’aprile 2010, all’Università La Sapienza è stata intitolata a Onida l’Aula dei convegni di diritto ed economia.
Fonti e Bibl.: Per un inquadramento del pensiero cfr. B. Siboni, Introduzione allo studio di storia della ragioneria attraverso il pensiero e le opere dei suoi maestri, Milano 2005, pp. 105-109.