CAPOBIANCO, Pietro Paolo
Nacque a Benevento, presumibilmente nella seconda metà del sec. XV, da Lorenzo, una delle figure più eminenti della famiglia, annoverata tra le principali della "parte di basso", fazione pontificia che si contrapponeva in quel tempo alla "parte di sopra", filoaragonese.
Lorenzo, di cui sono attestate le nozze con Guglielmina (o Orgliamina) Mascambruno, avvenute nel 1454, e la paternità, oltre che del C., di Bartolomeo e Scipione, si distinse nelle lotte civili come "cavaliero di valore" e fu inviato dalla città al pontefice Innocenzo VIII, come "pubblico oratore", nel 1486. Nell'agosto di quest'anno il papa concludeva la pace con Ferdinando d'Aragona, ma lo sforzo intrapreso da quest'ultimo per domare i suoi baroni ribelli e contrastare la politica pontificia nei confronti del Regno era lungi dall'essersi esaurito: in questo campo di tensioni deve essere situata anche la città pontificia di Benevento e intesa la storia delle sue lotte intestine in cui furono coinvolti in pieno molti della famiglia, ma solo marginalmente il Capobianco.
Il C. fu avviato alla carriera ecclesiastica e divenne diacono, dottore in diritto canonico, arcipresbitero della chiesa di S. Maria di S. Saraceno della diocesi di Benevento, canonico e decano del capitolo metropolitano. Il 16 febbr. 1487, resasi vacante la cattedra episcopale di Sant'Agata dei Goti per la morte del titolare, egli vi fu eletto. Sembra che in questo periodo già facesse parte della famiglia pontificia, come "cubicularius": lo confermerebbe una lettera di Innocenzo VIII del 23 ag. 1488, nella quale peraltro appare come il nome e le vicende del C. continuassero ad essere strettamente legate a quelle dei suoi familiari. Eguale premura mostrava infatti il papa nel rinnovare lo "speciale mandatum" al cardinale de Fuxo perché si adoperasse presso il re di Napoli per ottenere che il C. conseguisse i suoi possedimenti e perché Lorenzo recuperasse il feudo di cui era stato spogliato nella precedente guerra, nonché, insieme con i figli, il grado.
Quanto poco gradito fosse riuscito a Ferdinando l'insediamento di un membro della famiglia Capobianco in una diocesi suffraganea di Benevento e distante appena una dozzina di chilometri è attestato da tutta una serie di lettere ai suoi ambasciatori presso la sede pontificia, nelle quali peraltro non si fa mistero del suo interessamento attivo nelle cose interne della città e a favore della "parte di sopra", soprattutto con la palese protezione assicurata ai Mansella e ai d'Aquino. Reagendo alle misure prese dal governatore pontificio verso un d'Aquino, il re trattenne in ostaggio a Napoli, nell'agosto del 1492, il padre e un fratello del C.; in quel periodo venne ucciso in Benevento, da Tirello Mansella, Bartolomeo Capobianco.
Precedentemente il re aveva sollecitato il Pontano perché portasse a termine il progetto di far permutare la sede al C., al fine di "mantenere... in quieto e pacifico vivere" la città di Benevento (lettera del 6 apr. 1492). Tuttavia, se in un primo tempo il C. s'era promesso "per scrittura" di accettare il progetto, alla conclusione si rivelò "duro" e "difficile" (lett. del 21 sett. 1492). Non valsero né le pressioni esercitate presso il cardinale di Benevento e presso Lorenzo a Napoli, né la dimostrazione minuziosa, inviata a Roma al C. e mostrata anche al padre, che tra gli introiti del vescovato di Castellaneta proposto e quello di Sant'Agata non sussisteva "quella differenza che ipso forsi credeva" (lett. del 16 nov. 1492). Alla notizia che in Roma il C. si fosse "infectato" di peste (lett. del 13 nov. 1493) e nella ipotesi che fosse ormai anche morto, Ferdinando cercò ancora di far riservare la sede di Sant'Agata per Alfonso Gallego, abate di S. Filareto e "affectionatissimo servitore" (lett. del 22 nov. 1493). Ma anche questa speranza andò delusa: il Gallego fu nominato vescovo di Castellaneta da Alessandro VI il 29 marzo 1494 e il C. conservò la sua sede. Succeduto sul trono di Napoli Alfonso II, anche il C. sembra intervenisse alla sua solenne consacrazione nel duomo della città il 2 maggio del 1494.
Risulta dunque che sia nel 1492 sia nel 1493 il C. fosse a Roma: piuttosto che pensare a visite occasionali, si potrebbe ritenere che mai egli abbia lasciato il suo ufficio alla corte papale, dove, come la letteratura erudita afferma unanimemente, con Alessandro VI, nel 1494, diventava assistente della cappella pontificia e vicario della basilica vaticana.
Come vescovo di Sant'Agata dei Goti il C. si preoccupò di arricchirne la massa capitolare. In tal senso ottenne da Alessandro VI, nel maggio del 1503, l'aggregazione ad essa della badia di S. Sofia (dal 1467 veniva affidata in commenda); l'effettiva unione avverrà circa un anno dopo la morte del vescovo. Lo stesso papa gli concesse la riserva dei frutti del monastero di S. Maria Decorata, della diocesi di Benevento, che il C. aveva avuto in commenda e quindi ceduto in favore del canonico Iacopo Maria, della sua stessa famiglia e garante per essa nel tentativo di pacificazione tra le due parti nel 1501 (frattanto anche Scipione era stato ucciso e, nel 1497, la morte di entrambi i fratelli era stata vendicata su Angelo Mansella). Sopravvenuta la morte di Alessandro VI, i benefici suddetti furono confermati da Giulio II, nel primo anno del suo pontificato. Dallo stesso abate che nel 1495 l'aveva ricevuta in commenda, il C. ottenne, negli ultimi mesi della sua vita, la rassegnazione in favore del capitolo di un'altra importante badia, una volta monastero cisterciense, dal titolo di S. Lorenzo al Monte, con grancia in Dugenta. Il Viparelli, che utilizzò i documenti dell'archivio vescovile, sottolineava come con tale unione il capitolo divenisse "patrone di parte del pascolo dei demani" della città. Alla solerzia amministrativa del C. è anche dovuta la redazione accurata di nuove "platee" dei beni della mensa episcopale. Morì nel 1505.
Fonti e Bibl.: Archiv. Segr. Vat., Sched. Index 475, ff. 160-161; Arm. XL, 1, f. 92; Reg. lat. 1131, ff. 115-117; Intr. et exit. 535, f. 83; Benevento, Bibl. arcivescovile, G. De Nicastro, Teatro di nobiltà (ms., 1708), cc. 63 s.; F. Trinchera, Codice aragonese, II, 1, Napoli 1868, pp. 67, 151 ss., 172, 182; 2, ibid. 1870, pp. 307, 315; A. Zazo, Le guerre civili in Benevento in una ined. cronaca del XVI sec., in Samnium, XLIV (1971), pp. 151 ss.; V. P.Sarnelli, Mem. cronol. dei vescovi ed arcivescovi beneventani, Napoli 1691, p. 227; G.De Nicastro, Beneventana pinachoteca, Benevento 1720, p. 112; F.Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, VIII, Venezia 1721, coll. 352 s.; F. Viparelli, Memorie istor. della città di Sant'Agata de' Goti, Napoli 1841, pp. 70-72; V.De Lucia, Cenno topogr.-istorico della città e diocesi di S. Agata de' Goti, Napoli 1844, p. 24; G.Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XIX, Venezia 1864, p. 311; P. Lonardo, Relazioni tra Federico d'Aragona e la città di Benevento, Benevento 1914, p. 6; Id., La città di Benevento al tempo della congiura dei baroni, Benevento 1915, pp. 7 ss.; A. Zazo, Benevento e le sue lotte civili nei secc. XV e XVI, in Samnium, XXXIX(1966), pp. 14 s.; Dizionario bio-bibliogr. del Sannio, Napoli 1973, p. 66; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-eccles., LXXI, p. 27; C.Eubel Hierarchia catholica, II, Monasterii 1914, p. 81; III, ibid. 1910, p. 190.