CRISTOFARI (Cristofani), Pietro Paolo
Nacque a Roma il 28 agosto del 1685 da Fabio, pittore e mosaicista, e Prudenza Cellini. Alla morte del padre il C. aveva solamente quattro anni, e pertanto si esclude un'influenza paterna sulla sua educazione artistica. Operò nella città natale alle dipendenze della Fabbrica di S. Pietro in Vaticano e per una nobile committenza privata. Della famiglia che si formò resta il ricordo di un figlio, Gregorio, in un documento del 1818 (Arch. d. Rev. Fabbrica di S. Pietro, pacco 14A, c. 95). Il C. acquistò fama ed onori che mantenne per tutta la vita, malgrado da qualcuno fossero giudicati usurpati; resta a questo proposito un memoriale anonimo e non datato, ma posteriore al 1736, circa l'onestà del suo operato (ibid., pacco 14, cc. 396-399).
Il C. vi è presentato come un individuo corrotto, sempre pronto a sacrificare al proprio utile gli interessi altrui; assai grave risulta l'affermazione secondo cui avrebbe sfruttato il lavoro di giovani particolarmente dotati, sottopagandoli e prendendosi il merito dell'esecuzione. Ma la gloria che restò per lungo tempo legata al nome del C., anche dopo la sua morte, è una prova della scarsa consistenza di queste accuse. Inoltre, il fatto che sì servisse della collaborazione di più individui per eseguire un'opera rientrava nella consuetudine nata dalla necessità di contenere i tempi di esecuzione, assai lunghi, della tecnica musiva. Probabilmente il C., disponendo di numerosi mosaicisti (G. B. Brughi, F. Cocchi, G. Conti - che erano i più anziani -, A. Cocchi, L. Fattori, D. Cussoni, G. Ottaviani, N. Onofri, B. Regoli, G. F. Fiani, E. Enuo, G. Palat, M. Moretti), riservava per sé l'esecuzione delle parti più difficili del mosaico, lasciando ai suoi collaboratori i lavori di minor impegno.
Il riconoscimento ufficiale delle sue capacità artistiche e organizzative il C. lo ebbe il 19 luglio 1727 con la nomina, da parte della Congregazione dei cardinali della Fabbrica, a soprintendente e capo di tutti i pittori di mosaico che operavano in S. Pietro. L'incarico era esteso anche al controllo della fabbricazione degli smalti, al loro ordine nella munizione, alla manutenzione dei mosaici già realizzati. Per assolvere questi compiti riceveva una retribuzione di 10 scudi al mese "con tutti li onori facoltà prerogative che godono godere gli altri ministri" (ibid., pacco 14. c. 856). Assumendo questo ufficio il C. si trovava nella condizione di avere alle dipendenze un nucleo stabile di artisti specializzati nella tecnica musiva e di operai, attivo alle dipendenze della Fabbrica: è l'inizio della fase storica dello Studio vaticano del mosaico che diverrà nel tempo un vero e proprio Istituto ordinato secondo un preciso regolamento. Il C. fu l'unico artista a svolgere insieme attività di mosaicista, e di soprintendente; dopo di lui la stessa carica fu un onore riservato esclusivamente a pittori celebri. Un altro riconoscimento di merito giunse al C. con la nomina a socio dell'Accademia di S. Luca di cui fu insignito pochi mesi dopo aver riceVuto la nomina a soprintendente; il 30 novembre del 1727.
Del tutto ignota resta la sua attività di pittore, cosi come una grave lacuna si apre sul primi trentacinque anni della sua vita.Unici documenti relativi a questo periodo sono la supplica del luglio del 1711 (ibid., vol. 168, C. 87v) a con cui egli chiede di essere ammesso al servizio della Fabbrica, e la richiesta del 28 sett. 1712, presentata insieme al fratello Filippo Antonio, del saldo del lavoro compiuto dal padre nei quattro quadri delle Grotte. L'età che risulta dalla supplica di ammissione, ventisei anni, presuppone una formazione, almeno nel campo pittorico, già avvenuta. Il vuoto che regna sulla prima fase della sua attività imprime un carattere di repentinità alla considerazione di cui venne a godere presso i contemporanei, carattere in parte avallato dalle richieste di pagamento che il C. inviava ancora nel febbraio del 1727 per un lavoro iniziato nel 1720 e concluso nel 1726. Si trattava del mosaico detto della Navicella, copia dal Lanfranco, rappresentante S. Pietro sul lago di Tiberiade, ancora oggi sul lato nord del pilone di S. Elena in S. Pietro.
A partire dalla sua nomina a soprintendente le notizie sono invece copiose e sempre documentate; tutta la produzione nota, eccettuato, il quadro d'altare della Navicella, parte da questa data ed è pertanto legata alla fase matura e più lodata della sua attività.
Già Urbano VIII aveva favorito il programma di omare con mosaici le cupole e gli altari della basilica vaticana. Mentre per le cupole non sorsero problemi, l'unico quadro d'altare eseguito, il S. Michele arcangelo del Cesari, tradotto in mosaico dal Calandra (1628), fece in un primo momento desistere dal progetto. Infatti, essendo stato eseguito con smalti veneti, gli unici di cui allora si disponeva, troppo lucidi e diafani, non riusciva ad ottenere l'effetto della pittura e disturbava la vista. In seguito, grazie alle ricerche promosse dalla Fabbrica nel campo della produzione degli smalti, fu ripreso l'antico programma, volto ad assicurare la conservazione dei capolavori di pittura esistenti in S. Pietro sostituendoli con copie in mosaico, ritenute più resistenti alle ingiurie del tempo. La scoperta determinante fu merito di A. Mattioli, che nel secondo decennio del Settecento trovò il modo di realizzare paste colorate delle più svariate gradazioni, oltre che un celebre porpovino.
Dalla relazione del card. Altieri alla Congregazione della Fabbrica, tenuta nel 1711, risulta che a quella data i quadri d'altare presenti in S. Pietro erano il S. Michele del Calandra e il S. Nicolò del padre del C., Fabio (1650-60 ca.). Dunque la scoperta dei Mattioli e la lode universale con cui fu accolto il quadro della Navicella del C. dettero il via alla serie dei quadri d'altare per la basilica, impresa che impegnerà ininterrottamente i mosaicisti di S. Pietro per circa quaranta anni. Dopo un'interruzione il ciclo sarà ripreso e completato nel primo ventennio dell'Ottocento (gli ultimi quadri eseguiti furono la Deposizione del Caravaggio e l'Incredulità di s. Tommaso dei Camuccini).Un buon numero di tali quadri si devono al C. e alla sua scuola. Alla Navicella seguirono la Presentazione di Maria al Tempio, per cui il C. ricevette il saldo il 5 luglio 1728, contemporaneamente al primo acconto per la S. Petronilla del Guercino, iniziata dapprima sulla copia approntata da S. Conca, poi disfatta e copiata direttamente dall'originale; per tale inconveniente il quadro, ultimato nel luglio del 1730, costò alla Fabbrica 5.785,22 scudi e il C. ebbe 200 scudi in più. Dal luglio 1730 al 29 genn. 1733 l'artista condusse a termine la Comunione di s. Girolamo del Dominichino su copia dall'originale, in S. Girolamo della Carità, eseguita da L. Vanvitelli. Il 7 maggio 1732 il C. riprendeva il quadro del Battesimo di Cristo del Maratta iniziato dal Brughi nel 1730 e lasciato interrotto dallo stesso a causa della morte; ultimato nel maggio del 1734. fu messo in opera soltanto l'8 dic. 1736 e costò alla Fabbrica 3.253,50 scudi. Per la medesima cappella del Battesimo il Brughi aveva iniziato un secondo quadro, il laterale, con S. Pietro che battezza il centurione del Procaccini; anche questo fu completato poi nello studio del C. dal 1733 al 1736, contemporaneamente alla realizzazione del S. Sebastiano del Domenichino, copiato da G. D. Campiglia, nel 1726, dall'affresco originariamente in S. Pietro ed oggi in S. Maria degli Angeli. Fu poi la volta del quadro con i Ss. Processo e Martiniano del Valentin, iniziato fin dal 1709 da F. Cocchi (Ibid., vol. 168, CC. 91-92v), per il quale sono documentati ancora pagamenti nel 1727 a Liborio Fattori e dal 1727 al 1730 al Brughi che riceve il saldo per il lavoro ormai compiuto. Dal 31 luglio 1736 al 21 dicembre 1737 il Criceveva in totale.2.000 scudi sempre per lo stesso quadro che, evidentemente, fu in gran parte rifatto. 16 indicativo che l'intervento avvenisse negli stessi anni in cui si ponevano a mosaico i due quadri laterali, essendo collocato al centro questo dei Ss. Processo e Martiniano, della tribuna aquilonare. Dal 31 luglio 1736 al 22 nov. 1740 si eseguì infatti il S. Venceslao re di Boemia di A. Caroselli e dal 1737 al dicembre 1739 il Martirio di s. Erasmo del Poussin. Sotto la direzione del C. proseguirono, a partire dal 1737. i lavori nei sordini della cupola del Battesimo su cartoni del Trevisani.
Intorno alla fine del quarto decennio del secolo il C. proponeva di stabilire prezzi fissi per i lavori in S. Pietro: 11.000 scudi per i quadri grandi d'altare, 3.500 scudi per i quadri piccoli d'altare, 6 scudi il palmo quadrato per i lavori nelle cupole. Approvata la richiesta con chirografo pontificio, l'economo mons. Luigi Altoviti Avila informava il C. delle seguenti condizioni: egli avrebbe dovuto compiere i lavori a sue spese, servirsi degli smalti presso le munizioni della Fabbrica, pagandoli quanto la Fabbrica li aveva pagati; avrebbe ricevuto poi il giusto prezzo a lavoro compiuto. Aggiungeva ancora che, se il C. non avesse trovato gli smalti necessari tra quelli a disposizione, avrebbe potuto aprire una fornace a sue spese: la Fabbrica gli avrebbe fornito un locale e gli attrezzi che per il passato erano stati dati ad altri; e ciò, nonostante che fin dal 1731 si fosse stipulata col Mattioli la privativa di fabbricare smalti dei colori detti porporini e carnagioni (Ibid., pacco 14, cc. 401-403).
Un'altra opera del C. in S. Pietro è il ritratto in mosaico di Maria Clementina Sobieski collocato al sommo del monumento funebre della stessa, di F. Barigioni. La copia dei ritratto fu eseguita da L. Stem che ricevette in totale 40 scudi il 21 giugno 1740; il C. cominciò a tradurla in mosaico il 22 nov. 1740 e la completò il 6 giugno 1742 (ibid., vol. 426, cc. 78, 94). Secondo il Busiri Vici (1968, p. 18), il cartone dei mosaico proviene dal ritratto ad olio di Maria Clementina oggi nella Galleria naz. dei ritratti di Edimburgo, attribuito al Blanchet, ma dallo studioso ritenuto invece opera di D. Duprà.
Altri ritratti di cui si ha notizia eseguiti nello studio del C. furono quelli di Clemente XI, Clemente XII, del card. G. R. Imperiali per il suo monumento funebre in S. Agostino a Roma, dei Re di Polonia, del Re e della regina del Portogallo, del card. Inigo Caracciolo nella cattedrale di Aversa, di Benedetto XIV, del card. Ulisse Gozzadini nella chiesa dei servi di Maria Vergine di Bologna.
Il C. si occupò anche dei restauri degli antichi mosaici esistenti nelle chiese romane di S. Giovanni in Laterano (facciata), di S. Maria in Trastevere (facciata), di S. Maria in Domnica (abside), di S. Paolo fuori le Mura (esterno ed interno). Nel suo studio si eseguirono anche soggetti profani, e al riguardo è interessante una lista dei lavori eseguiti presso il C. da :un mosaicista, Bernardino Regoli (Arch. d. Rev. Fabbrica di S. Pietro, pacco 14, C. 846), in cui compaiono elencate "due Muse di Pietro Bianchi che mons. Altoviti portò fuori"; il Furietti (1752, p. 109) le dice asportate da Filippo V. Nella medesima lista sono ricordate anche la Madonna e il Cristo e una Madonna di Guido Reni.
Per la cappella Corsini in S. Giovami in Laterano il C. esegui, a spese della famiglia titolare, il quadro d'altare di S. Andrea Corsini nel periodo 26 marzo 1733-24-dic. 1734; il quadro costò di sola fattura 3-000 scudi essendo un mosalco più fino di quelli di S. Pietro (Arch. d. Rev. Fabbrica di S. Pietro, pacco 14B, c. 438rv). La notte del 24 giugno 1734 quattordici uomini trasportarono il mosaico dallo studio dell'artista in S. Giovanni in Laterano (ibid., vol. 20, c. 215).
Recentemente Gonzáles-Palacios (1980) ha riconosciuto opera del C. due quadri in mosaico rappresentanti l'Ecce Homo e la Vergine Annunziata copie dal Reni e dal Maratti, oggi nel piazzo reale di Aranjuez.
Il C. mori a Roma il 14 febbr. 1743, improvvisamente poiché gli eredi l'8 aprile successivo ricevevano sei scudi per il lavoro da lui svolto come soprintendente per i mesi di gennaio e febbraio. Gli successe nell'incarico Pier Leone Ghezzi.
Nel 1818 la vedova del figlio del C., Gregorio, si appella ancora alla grandezza dell'avo per ottenere aiuti per sé e i suoi cinque figli "nepoti di un tanto soggetto" (Archivio della Reverenda Fabbrica di S. Pietro, pacco 14A, c. 95). In una seconda supplica la stessa chiama il C. "primo celebre mosaicista della Fabbrica che per le sue opere insigni meritò la decorazione di cavaliere dalla S. M. di papa Clemente XII" (ibid., pacco 9, c. 996).
Fonti e Bibl.: Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, I Piano, Serie Armadi, vol. 375: Registro. delle liste... 1675-1690, c. 258v (1689); Serie 3, vol. 168: Decreta et Resolutiones... 1701-1719, ad nomen; Serie Armadi, vol. 403: Uscita..., c. 200v (1714); vol. 412: Giornale dal 1714 a tutto il 1757, ad nomen; Serie 3, vol. 169: Decreta et Resolutiones... 1719-1741, ad nomen; Serie Armadi, vol. 420: Pagamenti che si fanno fuori di lista a. 1724, cc. non num. (pagamenti da gennaio a dicembre per il quadro della Navicella); vol. 424: Libro de manuali... dal 1726 a tutto il 1769, ad nomen; Serie 3, pacco 14: Studio de' musaici, mosaicisti. ad nomen (dal 1727 al 1743), in particolare cc. 185 (morte), 856 (nomina a soprintendente). 4 ss.; Serie Armadi, vol. 426; Registro degl'ordini... mandati dal 1727 al 1757, ad nomen; vol. 425: Spese diverse dall'anno 1727 al 1736, ad nomen (a partire dal 1728); vol. 427: Registro delle liste, Uscita... dal 18 marzo 1728 al 22 agosto 1747, ad nomen; Serie 3. pacco 14C: Studio de' musaici, mosacisti..., ad nomen (1730-1740); II Piano, Serie 4, vol. 74: Liste mestrue... dell'a. 1733, ad nomen; I Piano, Serie 1, vol. 20: Scritture diverse 1711-1741, c. 215 (1734); Serie 3, pacco 14B: Studio de' musaici, mosaicisti..., c. 438rv [s.d., ma post 1737]; pacco 14: Studio de' musaici, mosazctsi. ..., cc. 2-5 (V. Colizzi Miselli, Memoria per lo Studio del mosaico, 1811); pacco 14A: Studio de' musaici, mosaicisti..., c. 95 (1818); pacco 9: S. Congreg., cc. 996-997v [s.d., ma 1818 c.]; L. Pascoli, Vite..., II, Roma 1736, p. 34; I. A. Furietti, De Musivis..., Romae 1752, pp. 108 ss.; F. Titi, Descrizione..., Roma 1763, pp. 10, 13, 19 s., 218; Roma antica e moderna..., Roma 1765, I, pp. 54, 56; V. Bricolani, Descriz. della sacrosanta basilica vaticana, Roma 1828, pp. 39, 48, 55, 57 s., 85 s., 88; A. Ricci, Compendio delle Memorie... d'Ancona, Bologna 1835, p. 52; F. Giannelli, Studio del musaico al Vaticano, in L'album, XII(5 aprile 1845), pp. 43, 47; I. Ciampi, Un periodo di cultura in Roma nel sec. XVII, in Arch. d. R. Soc. rom. di storia patria, I(1878), p. 452; P. Saccardo, Les mosaïques de S. Marc. Venezia 1896, p. 46; A. Busiri Vici, Il celebre Studio del mosaico..., Roma 1901, pp. 18, 20 s., 25 ss.; A. Labbati, L'arte del mosaico..., in Il Secolo XX, V (1906), 12, p. 1018; L. Hautecceur, I mosaicisti sampietrini..., in L'Arte, XIII(1910), pp. 451 s.; V. Strappati, Lo Studio vaticano del mosaico, in L'Illustr. vaticana, 30 nov. 1931; A. Busiri Vici, Un dipinto dei funeri di Clementina Sobieska Stuart, in Boll. d. Musei comunali di Roma, XV(1968), 1-4, pp. 7 ss.; N. A. Mallory, Notizie sulla scult. a Roma nel XVIII sec., in Boll. d'arte, s. 5, IIX (1974), 3-4, p. 168; G. Sacchi Lodispoto, Monumenti femminili nella basilica di S. Pietro..., in Lunario, 1978, pp. 499, 500 n.; A. González-Palacios, in Civiltà del'700 a Napoli... (catal.), Firenze 1980, II, pp. 263 s., 430; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-ecclesiast., ad Ind.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 116.