PACIOTTI, Pietro Paolo
PACIOTTI (Paciotto), Pietro Paolo. – Nacque, probabilmente a Tivoli, nel sesto decennio del secolo XVI.
La provenienza tiburtina è attestata da un solo documento relativo al Collegio inglese di Roma, in cui è indicato «Paulus Paciottus Tiburtinus Magister Cantorum et Capella» (Casimiri, 1943, p. 10). Non vi sono notizie sulla famiglia e sulla formazione. Franchi (2009, p. 1428) ipotizza una parentela con gli ingegneri militari urbinati Francesco e Orazio Paciotti, molto attivi per papa Gregorio XIII.
Nel 1582 si trovava a Melfi, come si evince dalla dedica apposta al primo libro di madrigali a 6 voci in data 30 gennaio (Venezia, Angelo Gardano, 1582); Casimiri (1935, pp. 73 s.) suppone che si trovasse lì come maestro di cappella nella cattedrale. La raccolta di madrigali, che Paciotti definisce «primi frutti del mio debole ingegno», è dedicata al ‘Cardinale di Como’, Tolomeo Gallio, che dal 1562 al 1573 era stato vescovo di Manfredonia, non lontano dalla diocesi di Melfi, e nel 1572 era divenuto segretario di Stato di Gregorio XIII: non è improbabile che la dedica all’alto prelato – Gallio, amante delle arti, ebbe contatti con compositori quali Orlando di Lasso, Annibale Zoilo, Giovanni Francesco Anerio e Beato Giovenale Ancina – rientrasse nel progetto di un auspicato riavvicinamento a Roma, che infatti di lì a poco dovette aver luogo.
I testi dei 13 madrigali spirituali (in due parti) contenuti nella raccolta del 1582 sono tratti dalle Rime spirituali di Gabriele Fiamma (1570), i cui sonetti ebbero una diffusa fortuna musicale (tra i madrigalisti che vi attinsero fin dal 1571 figurano Pietro Vinci, Stefano Felis, Orlando di Lasso). Della raccolta di Paciotti sono noti il testo della dedica e il sommario del contenuto (Vogel, 1977, p. 1282), ma non le musiche (un esemplare, peraltro incompleto, fu nella Universitäts - und Landesbibliothek di Darmstadt fino alla seconda guerra mondiale).
A Roma, tra maggio e agosto 1585, Paciotti venne nominato «Magister cantorum et capellae» nel Collegio inglese (la bolla di fondazione di papa Gregorio XIII risale al 1579), dove successe a Felice Anerio con uno stipendio annuo di 48 scudi. Non è possibile appurare se avesse ottenuto l’incarico proprio per interessamento del cardinal Gallio, che ebbe comunque un ruolo attivo nel fondare i seminari gesuitici (non è forse una coincidenza che lo stesso Anerio sia stato al suo servizio). Anche se dopo il 1585 i registri di pagamento non menzionano il nome del maestro di cappella, è possibile che Paciotti abbia mantenuto la carica fino a marzo 1587, quando per la prima volta appare il nome del successore, Ruggero Giovannelli (Culley, 1979, p. 18).
Paciotti divenne poi maestro di cappella nel Seminario romano, altro istituto gesuitico; certamente ricopriva la carica nel 1591, come dichiara il frontespizio del primo libro di messe a 4 e 5 voci (Venezia, Alessandro Gardano, 1591): «Petri Pauli Paciotti Romani / Seminarii Romani Musicae Moderatoris / Missarum Liber Primus». In questa occasione è definito romano, e non tiburtino: potrebbe aver ottenuto la cittadinanza romana, oppure essere stato ascritto al clero romano (Casimiri, 1935, p. 10). La raccolta di messe è dedicata al cardinale Girolamo Rusticucci (aveva presto il posto del cardinale Gallio come segretario di Stato nel 1585), protettore dello stesso Seminario romano dal 1587. È possibile che Paciotti abbia tenuto l’incarico dal giugno 1589, quando il precedente maestro, Giacomo Petrino, passò a dirigere la cappella di S. Giacomo degli Spagnoli.
Il volume del 1591, di formato grande, contiene cinque messe complete e due Credo; le quattro o cinque parti vocali sono impaginate a libro aperto, secondo una consuetudine editoriale vetusta, sempre meno frequente a fine Cinquecento. L’impianto stilistico delle composizioni non si discosta dalla tradizione palestriniana, mantenendo una notevole uniformità con l’impianto contrappuntistico tipico della prima metà del secolo XVI. Le cinque messe sono intitolate ognuna con un versetto; almeno due rielaborano soggetti tratti da composizioni precedenti: la messa In te Domine speravi da un mottetto omonimo di Jean Lhéritier (1539) e Si bona suscepimus da uno di Philippe Verdelot (1539). Di quest’ultima messa esiste un’edizione di Carl Proske (Regensburg 1855). Una trascrizione della messa Salvum me fac (1738, restaurato nel 1768) e dei due Credo (1795) fu effettuata dai copisti ufficiali della Cappella pontificia (Biblioteca Apost. Vaticana, Cappella Sistina, 282, 285): è dunque probabile che i brani fossero ancora nel repertorio dei cantori pontifici nel secolo XVIII. Una trascrizione completa del libro di messe, in partitura, è presente a Münster, nella Diözesanbibliothek, Collezione Santini, Hs.2835 (un’altra trascrizione della sola messa In Te Domine speravi in Hs.2834) e un’altra a Roma, nella Biblioteca Casanatense, mss., 2239.1.
Si può ipotizzare che tra 1594 e 1595 Paciotti sia stato attivo al Collegio germanico: il 12 marzo 1594 Ruggero Giovannelli, fino a quel momento maestro di cappella, lasciò l’incarico per la Cappella Giulia in S. Pietro, e poco dopo una lista di spese del Collegio, risalente al 1-5 aprile 1594, fa riferimento a un «Paulo maestro di cappella», che potrebbe riferirsi proprio a Paciotti (Culley, 1970, p. 51); nel 1595 (almeno dal 19 maggio) fu nominato nella stessa carica Asprilio Pacelli.
Nel gennaio 1601 si candidò maestro di cappella nella basilica di S. Giovanni in Laterano, ma il ruolo venne assegnato a Curzio Mancini (Casimiri, 1984, p. 133). Fallito questo tentativo, potrebbe aver puntato alla Santa Casa di Loreto: datata il 21 luglio successivo, la dedica dei Mottetti delle feste di tutto l’anno, con la liturgia comune dei santi a 5 voci (Roma, eredi di Nicolò Muzi, 1601) è infatti indirizzata al cardinal Antonio Maria Gallo, vescovo di Osimo, protettore e governatore perpetuo di Loreto. La protezione del prelato non sortì alcun risultato: quando nel 1603 si trattò di nominare un nuovo maestro di cappella fu scelto Curzio Mancini (lo stesso che gli era stato preferito a S. Giovanni in Laterano).
Con i suoi 34 mottetti la raccolta del 1601 copre l’intero anno liturgico (9 sono per il Comune dei santi). Come per le messe, la scrittura contrappuntistica è conforme ai modelli eminenti della polifonia coeva, in primis il Palestrina e Tomás Luis de Victoria, da poco scomparsi, o il tiburtino Giovanni Maria Nanino. Prevale il principio dell’imitazione (interrotto a tratti da passi in stile accordale): le diverse sezioni del mottetto – di solito corrispondenti a singoli versetti – si intrecciano senza soluzione di continuità; attraverso l’andamento controllato delle linee melodiche Paciotti mantiene un costante equilibrio nella tessitura del contrappunto, mentre non sembra incline al nascente stile concertante e alla cosiddetta pratica moderna. A Münster, nella Diözesanbibliothek, Collezione Santini, Hs.1704, si conserva una trascrizione completa dei mottetti in partitura (nella stessa biblioteca, e anche a Berlino, Notenarchiv der Sing-Akademie, e a Roma, Biblioteca Casanatense, sono presenti trascrizioni di altri mottetti tratti dalla stessa raccolta).
Dall’agosto 1611 fu certamente attivo nella cappella del duomo di Tivoli (dove già nel 1609 era stato acquistato il suo libro di messe): prima come maestro in occasione di alcune festività (in un documento trascritto da Radiciotti, 1907, p. 33, si legge che «ha cura della Cappella le feste»), poi come maestro dei pueri cantores, nel periodo in cui era maestro di cappella Enrico Beoper. Nel trimestre agosto-ottobre 1611 ricevette 4 scudi; successivamente ebbe 1,5 scudi al mese fino a metà settembre 1614 (Pastori, 2005, pp. 70 s.): dopo questa data non vi sono ulteriori notizie.
Ignota la data e il luogo di morte (nel registro dei defunti del duomo di Tivoli il suo nome non compare).
Fonti e Bibl.: G.O. Pitoni, Notizia de’ contrapuntisti e compositori di musica [1713], a cura di C. Ruini, Firenze 1988, pp. 178 s.; E. Eitner, Quellen Lexikon, VII, 1902, p. 275; G. Radiciotti, L’arte musicale in Tivoli nel secoli XVI-XVIII, Tivoli 1907, pp. 27 s., 33 s.; R. Casimiri, «Disciplina musica» e «maestri di cappella» dopo il Concilio di Trento nei maggiori istituti ecclesiastici di Roma: Seminario romano - Collegio germanico - Collegio inglese (secc. XVI-XVII), in Note d’archivio, XII (1935), pp. 73 s.; XX (1943), pp. 10 s.; Th. Culley, Jesuits and music, I, Roma 1970, p. 51; E. Vogel et al., Biblioteca della musica vocale italiana profana, II, Pomezia 1977, p. 1282; Th. Culley, Musical activity in some sixteenth century Jesuit Colleges, with special reference to the Venerable English College in Rome from 1579 to 1589, inAnalecta musicologica, 1979, vol. 19, pp. 14, 18; R. Casimiri, Maestri, cantori, organisti della Cappella Lateranense negli atti capitolari (secc. XV-XVII), a cura di L. Callegari, Bologna 1984, p. 133; M. Pastori, La Cappella Musicale del Duomo di Tivoli dalle origini al 1824, inAtti e Memorie della Società tiburtina di storia e d’arte, LXXVIII (2005), pp. 69-71; S. Franchi, P., P.P., in Dizionario storico bibliografico del Lazio, III, Roma 2009, p. 1428; Diz. encicl. universale della musica e dei musicisti, V, p. 495; The new Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVIII, p. 866.