SABBATINI, Pietro Paolo
SABBATINI, Pietro Paolo. – Nacque a Roma tra il 1598 e il 1599 da Giovanni Battista (ignoto il nome della madre).
La prima notizia dell’attività di Sabbatini risale al 1614, quando cantò la parte dell’Età dell’oro nel festino epitalamico dell’Amor pudico, ideato da Iacopo Cicognini e allestito nel palazzo della Cancelleria, residenza del cardinal Montalto, per le nozze tra Anna Maria Cesi e Michele Peretti, fratello del cardinale. Non vi sono informazioni sul periodo di formazione, che dovette avvenire in una delle tante cappelle musicali romane. Nel 1622 una sua composizione fu pubblicata tra i Vezzosetti fiori di varii eccellenti autori, curata dallo stampatore romano Giovanni Battista Robletti (della dedicataria è noto solo il nome, Margherita, poiché nell’unico esemplare pervenuto il cognome è illeggibile; cfr. Franchi, 2006, p. 436).
A partire dal 1623 Sabbatini fu incaricato di organizzare e comporre le musiche per le celebrazioni straordinarie da eseguire a S. Maria della Rotonda (il Pantheon). Negli anni successivi il suo nome appare con una certa regolarità in questa stessa chiesa (cfr. Dixon, 1981, p. 274). Da ottobre 1627 è maestro di cappella nell’arciconfraternita dell’Orazione e Morte, posto che mantenne ancora l’anno successivo, come risulta dal frontespizio del sesto libro di villanelle op. 8 e da quello degli Intermedii spirituali (libro primo, op. 9), entrambi del 1628.
La prima di queste due raccolte è dedicata al principe Nicolò Ludovisi e alla moglie, Isabella Gesualdo (nipote del principe madrigalista, Carlo). Due composizioni celebrano anche il fratello del Ludovisi, il cardinale Lodovico: la famiglia, alla quale il compositore fu legato almeno fin dal 1623 (cfr. Dionisi, 2003, pp. 50 s.; Franchi, 2006, p. 586), patrocinava appunto l’arciconfraternita che aveva assunto Sabbatini. La seconda raccolta è costituita da tre dialoghi per solisti e coro, presumibilmente composti per le devozioni musicali che si tenevano in quaresima o nell’ottavario dei defunti in seno all’arciconfraternita (l’opera è dedicata a monsignor Trivulzio, prelato della curia pontificia dalla rilevante carriera ecclesiastica; ed. in Oratorios of the Italian Baroque, a cura di H.E. Smither, Laaber 1985, pp. 470-501).
Sempre nel 1628 Sabbatini è attestato come organista per la festa dei Ss. Pietro e Paolo e per quella della Dedicazione nella basilica di S. Pietro (Rostirolla, 2017, p. 442); dallo stesso anno fino al 1633, in alcune occasioni fu ingaggiato anche dall’Ospizio delle Convertite al Corso (Whenham, 2001, p. 64).
Il 1° febbraio 1629 fu nominato maestro di cappella a S. Luigi dei Francesi: in breve tempo ottenne che l’organico ordinario fosse aumentato di quattro cantori; riuscì anche ad avere un consistente incremento negli stanziamenti economici per l’organizzazione della festa straordinaria del santo patrono (25 agosto). Già nel 1629, per la festa di s. Luigi, poté dirigere un complesso di cantori ben più ampio rispetto agli anni precedenti (con 27 cantori esterni, oltre quelli ordinari, suddivisi in cinque cori), cui si aggiunsero una ventina strumentisti (cfr. Lionnet, 1985, p. 52; 1986, pp. 60-62). Può darsi che Sabbatini non sia riuscito a instaurare un buon rapporto con il direttivo della chiesa (cfr. Lionnet, 1985, pp. 51 s.): il 17 maggio 1630 il rettore della congregazione ottenne di rimpiazzarlo con Vincenzo Ugolini; il passaggio di consegne avvenne però soltanto un anno dopo, il 30 aprile 1631. Nel 1630 pubblicò un libro di salmi vespertini con il magnificat, litanie e le quattro antifone mariane per otto voci in due cori (libro primo, op. 12): è probabile che si tratti di composizioni scritte proprio per la cappella di S. Luigi (nel frontespizio si firma «Pietro Paolo Sabbatino romano, in Ecclesia S. Aloijsi Gallicae nationis musices moderatore»).
La dedica al cardinal Francesco Barberini sembra sottintendere che nella sua nomina abbia avuto un ruolo proprio l’alto prelato. Il libro presenta composizioni per due cori in stile concertato con il basso continuo per l’organo, ognuna suddivisa in più sezioni costituite da aggregati vocali differenti (con alcuni versetti in canto piano). Delle musiche che Sabbatini dovette comporre per S. Luigi e le altre chiese romane in cui operò in questi anni rimane solo questa raccolta (una serie di Litanie mariane a 5 o 6 voci è conservata manoscritta nella biblioteca del museo della cattedrale di Malta, Mus.ms.64).
Licenziato dalla cappella dei Francesi, Sabbatini non trovò subito un altro impiego fisso (il suo nome non figura nei documenti disponibili della Congregazione dei musici di S. Cecilia e si dedicò soprattutto all’insegnamento privato; ma per allievi ebbe non già giovani ‘putti’ cantori, bensì ragazzi desiderosi d’imparare la musica e il canto (componimenti poetici e composizioni musicali di diversi suoi studenti appaiono in alcune sue raccolte). Proprio dalle testimonianze di due discepoli contro un terzo che non aveva saldato il compenso dovuto all’insegnante si evince che Sabbatini impartiva le lezioni in casa propria, offrendo anche vitto e alloggio, per una quota di circa 6-7 scudi al mese. Dovette dunque mantenere un buon tenore di vita (nel 1637 i ladri gli svaligiarono casa, rubando quadri, argenteria e libri di musica; Lionnet, 1992, p. 382).
Nel 1631 videro la luce due raccolte senza numero d’opera che nel titolo non seguono l’ordine cronologico dei libri di villanelle: il Terzo, dedicato a Francesco Raimondi, chierico della Camera apostolica, e il Quarto [libro] de villanelle a una, due e tre voci. Quest’ultimo fu curato da un suo allievo, Pietro Simi, con dedica ad altro apprendista, Girolamo Cosci (rampollo di un’antica famiglia romana); in entrambe le raccolte Sabbatini si presenta ancora come maestro di cappella di S. Luigi, sebbene i rapporti con il capitolo della chiesa francese in quel periodo fossero già deteriorati. In entrambi i casi non è possibile stabilire se si tratti di una prima edizione o di una riedizione tardiva. È probabile che le composizioni risalgano effettivamente a un periodo precedente al 1623 (Dionisi, 2003, pp. 61 s.): il musicista le avrebbe pubblicate proprio in previsione del licenziamento, «verosimilmente a proprie spese, in modo di qualificarsi in vista di altri rapporti o di altri incarichi» (Franchi, 2006, pp. 659). Se il terzo libro contiene una sola composizione già apparsa nel sesto libro op. 8 (1628), da quest’ultimo proviene più della metà dei brani confluiti nel quarto libro: forse per via di questa scelta editoriale, disinvolta e sbrigativa, Sabbatini fece figurare i due allievi rispettivamente come curatore e dedicatario della raccolta (Franchi, 2006, p. 661).
Negli anni Trenta Sabbatini continuò a organizzare le musiche per le festività solenni di chiese e congregazioni romane (ad esempio nel 1636 il suo nome appare a S. Maria in Cosmedin, e negli anni Quaranta di nuovo al Pantheon; Dixon, 1981, p. 276).
Per il giubileo del 1650 tali occasioni dovettero essere ancora più frequenti per la quantità di pellegrini, spesso organizzati in confraternite, che giungevano a Roma. Rimane la testimonianza di un’‘entrata’ a S. Pietro (ossia una processione solenne) della comunità di Sezze, il cui rappresentate incaricò Sabbatini di predisporre le musiche, ma poi non lo pagò, sicché il compositore gli dovette intentare causa per recuperare il denaro. Dalla deposizione di un testimone emerge che per l’esecuzione di tali musiche straordinarie Sabbatini poteva proporre prezzi più bassi della concorrenza, impiegando nell’organico vocale anche i propri allievi, che partecipavano gratuitamente (Lionnet, 1986, p. 51).
Dal 1640 riprese a pubblicare musica a stampa con maggiore frequenza: dieci edizioni uscirono tra il 1640 e il 1652, delle quali quattro (le opp. 15, 16, 17 e 19) sono andate perse. Le Canzoni spirituali ad una, due e tre voci (libro secondo, op. 13, 1640) sono dedicate alla principessa vedova Anna Maria Cesi Perretti (al cui matrimonio Sabbatini aveva cantato nel già ricordato Amor pudico). Tra le altre rime, perlopiù adespote, spicca un componimento del Marino, Sola fra’ suoi più cari, una parte della parafrasi strofica dello Stabat mater, trattata stroficamente anche dal musicista. Nel 1641 uscì un libro di Capriccii e canzonette a una e tre voci (op. 14; indicato anche come «libro settimo» di villanelle), dedicato al conte Maffeo Fiubba, bolognese. Due delle composizioni in esso contenute sono curiosamente dedicate alla famosa Veronica, la statua di Francesco Mochi nella crociera della basilica di S. Pietro. (L’unica composizione a tre voci nella raccolta è del frate Giovanni Domenico Rutulini, altro allievo di Sabbatini.) Nel 1650 pubblicò un breve libro di teoria musicale: Toni ecclesiastici colle sue intonazioni, all’uso romano. Modo per sonare il basso continuo, chiavi corrispondenti all’altre chiavi generali e ordinarie, per beneficio de’ principianti (libro primo, op. 18). Più che un trattato, è un compendio (probabilmente per i suoi allievi) in cui i tre argomenti indicati nel titolo sono illustrati in termini molto sintetici. Nel frontespizio dell’opera, dedicata a Felice Amadei, Sabbatini si qualifica «professore di musica»: la stessa indicazione figura nella riedizione romana del 1649 di una Missa pro defunctis a 4 voci di Giovanni Francesco Anerio (1614), «diligenter correcta a Petro Paulo Sabbatino, cum additione tractus & bassi continui commoditate canentium».
Probabilmente sempre nel 1650 uscì la Prima scelta di Villanelle a una voce (l’unico esemplare, nell’archivio Doria Pamphili di Roma, non presenta l’ultima cifra dell’anno; cfr. Franchi, 2006, p. 946 s.): senza dedica né numero d’opera, ma con lo stemma partito dei principi Camillo Pamphili e Olimpia Aldobrandini, contiene quindici composizioni scelte dai dieci libri di musica profana già pubblicati (ad eccezione di un brano desunto dall’op. 14, gli altri erano evidentemente tutti contenuti nei sei libri che risultano perduti). La raccolta venne ristampata nel 1652. Nello stesso anno Sabbatini pubblicò (sempre senza numero d’opera) la Seconda scelta di Villanelle a una voce (contenente tredici brani di cui quattro già noti, di nuovo tratti dall’op. 14) ma anche una Prima scelta di Villanelle a due voci (contenente dieci brani, di cui due sempre provenienti dall’op. 14); quest’ultima è dedicata a Carlo Pio, appena eletto Tesoriere generale (divenne cardinale due anni dopo). Decisamente encomiastica è la villanella che apre la raccolta, Sin da la prima età | armò Carlo la destra | et a guerra maestra, una sorta di biografia del dedicatario (Dionisi, 2003, p. 57 s.).
Dal 7 maggio 1644 al 9 giugno 1647 fu maestro e organista nella Ss. Trinità dei Pellegrini, dove la cappella era composta da quattro cantori (per la nomina, come già a S. Luigi, ebbe forse un ruolo il protettore della congregazione, il cardinal Barberini, cui aveva già dedicato l’op. 12). Per tale incarico avrà composto musiche concertate per un numero ristretto voci (come nel caso della cerimonia della ‘consacrazione’ del 1644; O’Regan, 2003, p. 261). Per la festa della Trinità era invece richiesta musica policorale: nel 1644, ad esempio, Sabbatini ingaggiò numerosi cantori (suddivisi in cinque cori) e strumentisti per una spesa di 65 scudi e 30 baiocchi, il doppio rispetto al denaro richiesto per le medesime festività nei primi anni Quaranta (p. 267). Nelle liste di paga dei musicisti coinvolti spiccano alcuni cantori provenienti sia dalla cappella papale, sia dalle maggiori basiliche romane.
Dal 1652 affiancò all’attività musicale una professione del tutto diversa: il 26 gennaio ottenne la patente di bidello puntatore dello Studium Urbis, l’università romana, che aveva sede nel palazzo della Sapienza, nel rione di S. Eustachio. Il nuovo lavoro, ch’egli mantenne fino alla morte, era remunerato con un salario complessivo di 66 scudi annui (oltre ad altri utili che incassava dai nuovi laureati e da tre collette annuali, a carico degli studenti) e prevedeva anche l’uso gratuito di un appartamento nell’edificio della Sapienza. Il puntatore, oltre a segnare le assenze, i ritardi o eventuali scorrettezze dei lettori dello Studio (e del personale che vi lavorava), controllava gli affittuari di quell’istituzione (come le botteghe affittate ad artigiani), i lavori di manutenzione dell’edificio e, non da ultimo, organizzava le celebrazioni per la festa di s. Luca, patrono dello Studio, che si tenevano in S. Eustachio: in queste occasioni, dunque, Sabbatini doveva provvedere anche alla musica.
Le ultime due raccolte di cui si ha notizia apparvero nel 1657: le Villanelle spirituali a una e due voci (libro quarto, op. 20) sono dedicate alle suore Camilla e Clarice, sorelle del cardinale Barberini (nella dedica Sabbatini sottolinea di essere «antico ed obbligato servitore della famiglia») e le Ariette spirituali a una, doi e tre voci (libro quinto, op. 21), dedicate a Berenice della Ciaia Chigi, consorte di Mario Chigi, fratello di Alessandro VII (quattro composizioni nella raccolta sono encomi della famiglia Chigi).
Morì il 24 novembre 1660 all’«età di 62 anni incirca»; venne sepolto il giorno stesso in S. Eustachio (Lionnet, 1985, p. 54 n. 25; 1992, p. 382).
Sabbatini ha pubblicato ventiquattro libri di musiche, di cui ventuno recano un numero d’opera; ne sono pervenuti tredici. Delle prime sette opere pubblicate, composte presumibilmente entro il 1625 (Dionisi, 2003, p. 50), rimangono il terzo e il quarto libro di villanelle, ma, come s’è detto, in edizioni (o riedizioni) datate 1631. Non è possibile accertare se le raccolte mancanti furono mai edite o se rimasero solo manoscritte. Risultano irreperibili anche le opp. 10, 11, 15, 16, 17 e 19 (per una proposta di cronologia cfr. Dionisi, 2003, pp. 59-63).
Ad eccezione di un solo libro di musica da chiesa (l’op. 12), tutte le raccolte pervenute, sia profane sia spirituali, sono in volgare. Le composizioni in esse contenute sono denominate villanelle, canzoni, canzonette, capricci, balletti, ariette: tutti termini che Sabbatini (come i suoi contemporanei) utilizza senza distinzioni per genere o stile (tanto che, ad esempio, uno stesso brano è in taluni casi indicato indifferentemente come ‘villanella’, ‘canzonetta’ o ‘canzone’). Si tratta di brevi componimenti strofici, da una a tre voci, che possono presentare anche un ritornello (in qualche caso adatti anche al ballo): tra di essi figura anche un’aria dall’Orfeo di Striggio e Monteverdi, Ecco pur ch’a voi ritorno (op. 4). La parte del basso continuo, sempre presente, si può di solito realizzare con l’accompagnamento di «qualsivoglia istromento», mentre in diverse occasioni sono indicate anche le «lettere accomodate alla chitarra spagnola» (un tipo di chitarra a quattro o cinque corde). Diverso è il caso dei brani denominati madrigali (ad esempio Sei la morte al pallore, nella Prima scelta villanelle a due voci del 1652), dalla tipica struttura in forma aperta, composti di lungo, senza suture. Altri, infine, sono brani in forma di dialogo con sezioni in stile recitativo, come nel caso degli Intermedi spirituali op. 9 per solisti e coro (per una rassegna sulle scelte poetiche cfr. Dionisi, 2003, pp. 63-73).
Fonti e bibl.: G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica (circa 1713-1730), a cura di C. Ruini, Firenze 1988, p. 292; G. Dixon, The Pantheon and music in minor churches in seventeenth-century Rome, in Studi musicali, X (1981), pp. 270, 272-276; J. Lionnet, La musique à Saint-Louis des Français de Rome au XVIIe siècle, suppl. a Note d’archivio per la Storia musicale, n.s. III (1985), ad ind.; IV (1986), pp. 49-52, 60-65; Id., La «Sapienza» e la musica nel Seicento, in Roma e lo Studium Urbis, a cura di P. Cherubini, Roma 1992, pp. 380-382; K.W. Montford, Music in the convents of Counter-Reformation Rome, diss., State University of New Jersey, 1999 (Ann Arbor, Mi., 2001); J. Whenham, S., P.P., in The new Grove of music and musicians, XXII, London-New York 2001, pp. 64 s.; E. Dionisi, P.P. S. nella Roma barocca tra mecenatismo e didattica, in Tullio Cima, Domenico Massenzio e la musica del loro tempo, a cura di F. Carboni - V. De Lucca - A. Ziino, Roma 2003, pp. 49-73; N. O’Regan, Domenico Massenzio, Tullio Cima and Roman confraternity celebrations in the early seventeenth century, ibid., pp. 261-265; S. Franchi, Annali della stampa musicale romana dei secoli XVI-XVIII, I, 1, 2006, pp. 435-437, 585 s., 598-600, 653 s., 658 s., 658-661, 792-794, 826 s., 831-833, 946 s.