PESTAGALLI, Pietro
PESTAGALLI, Pietro. – Secondogenito di Francesco, impiegato presso il dicastero centrale di Polizia, e di Maria Teresa Rapazzini, nacque a Milano il 28 o il 29 novembre 1776 o 1777; ebbe un fratello maggiore, Antonio, e tre sorelle minori: Francesca, Rosa e Gerolama.
L’incertezza sulla data di nascita deriva dalle informazioni discordanti fornite dal necrologio pubblicato nel Giornale dell’ingegnere-architetto ed agronomo, in cui lo si dice nato il 28 novembre 1776 (Biografia dell’architetto P. P., 1853-54) e da quelle indicate nel Registro dei ruoli generali della popolazione, relativo agli anni 1811-35, che ne data invece la nascita al 29 novembre 1777 (Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Stato civile, Registri generali della popolazione, 1811-1835, ad annum 1811).
La sua formazione avvenne all’Università di Pavia, dove conseguì il diploma in matematica il 30 aprile 1796, e all’Accademia di Brera di Milano, dove frequentò la scuola di architettura nell’anno 1799-1800 (Milano, Archivio storico dell’Accademia di belle arti, Tea, H.IV, 26: Catalogo studenti dal 1776 al 1800, ad annum 1799-1800). Il 9 dicembre 1800, al termine di un tirocinio quadriennale nello studio dell’ingegnere Ercole Stagnoli, ottenne l’abilitazione all’esercizio della professione di ingegnere-architetto, che gli venne concessa in deroga al regolamento che richiedeva anche il possesso di 700 lire di rendita annua in beni stabili a Milano (Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Famiglie, cart. 1161, cc. n.n.). Dopo un primo incarico come disegnatore presso l’ufficio topografico del ministero della Guerra (1797), dal 1801 svolse mansioni di perito per la Direzione generale del Censo, nel cui ambito elaborò i progetti per le barriere daziarie di Porta Marengo (1801), Porta Nuova e Porta Comasina (1806), conservati presso l’Archivio della Fabbrica del duomo di Milano (D’Amia, 1999, 2009a), e diresse i lavori di riadattamento a sede degli uffici censuari dell’ex collegio dei Gesuiti in piazza S. Fedele (1810). Nel 1805 fu nominato direttore aggiunto, accanto a Luigi Canonica, per i lavori di riassetto dell’area di Foro Bonaparte e per la costruzione dell’Arena; negli anni 1812-13 produsse i disegni per una dogana al confine di borgo Vercelli e per le facciate della Reale Corte dei conti in contrada della Cavalchina (Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Ornato Fabbriche, I, 22/10, cc. n.n.).
Nel 1813 fu nominato architetto della Veneranda Fabbrica del duomo, in sostituzione di Carlo Amati. L’istituzione, cui prestò la propria opera per tutta la vita, conserva il fondo di disegni che ha consentito di ricostruire molti aspetti della sua attività professionale (D’Amia, 1999), integrando la documentazione esistente presso l’Archivio di Stato di Milano (Sannazzaro, 1989).
Per il Duomo milanese Pestagalli diresse il restauro dello scurolo di S. Carlo, cui aggiunse il vestibolo di accesso (1836-39), elaborò un progetto di demolizione e ricostruzione della parte superiore della guglia maggiore (1842-51), costruì il gugliotto sud-occidentale che porta il suo nome (1844-47) e coordinò tutti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari a un fabbricato tanto complesso (Milano, Archivio della Fabbrica del duomo, Lavori duomo, 67, cc. n.n.). Alla Cattedrale milanese fornì anche qualche disegno per apparati effimeri, in occasione delle esequie per l’imperatore Francesco I nel 1835 e della festa del Corpus Domini nel 1839. Su incarico dell’amministrazione della Fabbrica del duomo realizzò infine il nuovo palazzo detto di Camposanto, prospiciente l’abside della chiesa, per il quale dovette elaborare numerose soluzioni progettuali – tutte conservate presso l’archivio della Veneranda Fabbrica – in conseguenza delle diverse ipotesi di sistemazione della piazza avanzate negli anni 1838-39 (D’Amia, 2001, pp. 133-173). Il progetto definitivo, realizzato negli anni 1840-53, ingloba la chiesa seicentesca di S. Maria Assunta in Camposanto e costituisce un elegante esempio di edificio neoclassico scandito da un ordine gigante di semicolonne corinzie su base bugnata.
Un importante capitolo dell’attività professionale di Pestagalli si svolse in qualità di funzionario dell’amministrazione del Regno lombardo-veneto, prima come secondo perito presso la Giunta del censimento (dal 1818), poi come ‘aggiunto per le fabbriche’ presso l’ufficio lombardo della Direzione generale delle pubbliche costruzioni (incarico che ricoprì dal 1822 alla vigilia della morte), dove ebbe anche funzioni di direttore supplente negli anni 1838-39 e 1846-47. Nell’ambito delle sue mansioni di supervisore e collaudatore di progetti altrui, ebbe infatti occasione di proporre modifiche e in molti casi di elaborare soluzioni alternative per gli edifici pubblici lombardi. Tra questi vengono ricordati il progetto di riforma della sede dell’Università di Pavia (1823) e quello per un pubblico macello a Milano (1824-26), di cui però non risulta si siano conservati i disegni (Biografia dell’architetto P. P., 1853-54). Ricerche recenti hanno invece consentito di ritrovare i progetti, tutti irrealizzati, per l’ampliamento dell’Accademia di Brera (1839), per una casa di correzione (1843) e per una nuova grande dogana a Milano (1838-44), per la quale Pestagalli redasse diverse proposte alternative suggerendo la sua collocazione nella zona di Porta Tenaglia (Bisceglia - Scognamiglio, 2005-06, pp. 65-87).
Tra le mansioni di Pestagalli come impiegato della Direzione generale delle pubbliche costruzioni va ricordata anche la supervisione degli interventi di manutenzione e trasformazione dei teatri milanesi della Scala e della Canobbiana, specialmente negli anni 1830-38 (pp. 87-112).
Gli incarichi pubblici non gli impedirono di esercitare la libera professione, tanto nel settore dell’edilizia privata che in quello degli edifici religiosi, in particolare a Milano e nell’area lombardo-piemontese.
Tra gli interventi di edilizia residenziale a Milano si segnalano la facciata della casa di Ignazio Morardet in contrada San Giovanni alle Quattro Facce del 1814, quella dei marchesi Medici di Melegnano in via Meravigli del 1818 (Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Ornato Fabbriche, I, 159/9, 160/2, cc. n.n.), e soprattutto la nuova fronte del palazzo del conte Giuseppe Cagnola in contrada Cusani, realizzata nel 1824-25 con un partito di lesene di gusto bramantesco degno di comparire tra le Fabbriche più cospicue di Milano pubblicate da Ferdinando Cassina (I, Milano 1840, tav. 41). Tra i disegni conservati presso la Veneranda Fabbrica del duomo di Milano è presente anche un progetto di Pestagalli per palazzo Arese Lucini in contrada Tre Monasteri (1828), che però non fu realizzato perché gli venne preferita la soluzione elaborata da Pelagio Palagi (D’Amia, 1999). Nel settore dell’edilizia civile Pestagalli realizzò anche il casino Parravicini, poi albergo Europa, a Varese (1832) e lo Stabilimento Bellini per l’insegnamento di arti e mestieri a Novara (1839).
Per quanto riguarda l’impegno nel campo dell’architettura religiosa, a Milano Pestagalli elaborò un rivestimento interno in forme neoclassiche per la chiesa di S. Nazaro Maggiore (1828-30), smantellato dai restauri di fine Ottocento, e intervenne a più riprese nella chiesa di S. Fedele, dove realizzò l’altare maggiore (1817-24), la tribuna dell’organo (1826-27) e il timpano a coronamento della facciata (1833), operando diversi adattamenti anche all’attigua casa parrocchiale (Milano, Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Ornato Fabbriche, I, 14/6, 15/3, cc. n.n. ). A Lodi diresse il restauro della chiesa dell’Incoronata (1936-39) e progettò la chiesa di S. Gualtiero (1837-40); a Borghetto Lodigiano edificò la facciata della parrocchiale di S. Bartolomeo (1844-48), dove «provossi con molta lode nello stile bramantesco» (Biografia dell’architetto P. P., 1853-54, p. 249).
Nel fondo di disegni della Fabbrica del duomo milanese sono conservati numerosi progetti che rimandano ad altri interventi nel settore dell’architettura religiosa, la cui effettiva realizzazione andrà verificata alla luce di ricerche più approfondite. Tra questi si segnalano: il rifacimento della pavimentazione nel presbiterio della chiesa di S. Alessandro della Croce a Bergamo (1825), l’altare maggiore e gli studi per la facciata della chiesa di S. Maria Nascente a Viggiù (1825), il progetto di ampliamento della Cattedrale di Bosto presso Varese (1842), il restauro della chiesa prepositurale di Somma Lombardo (1846-47) e il disegno di un nuovo altare nella basilica di S. Martino a Treviglio (1847). Sono anche presenti, in questa sede, diversi disegni per altari impostati sul modello del ciborio a tempietto monoptero della Cattedrale milanese e alcuni progetti per monumenti sepolcrali nel cimitero di porta Vercellina, tra cui quello per la moglie Angela Cucchi (D’Amia, 1999).
Pestagalli fu attivo anche nel campo della progettazione di architetture da giardino, elaborando disegni per padiglioni a uso di coffee-house e progetti di serre, tra cui quelle per Giacomo Raffaelli e per Gaudenzio de Pagave, come risulta da alcuni disegni non datati, conservati nel fondo della Fabbrica del duomo milanese (D’Amia, 2009b). Nel campo dei progetti di ingegneria meccanica vanno invece annoverate le due seghe per il taglio dei marmi realizzate per Giuseppe Rossi e per il laboratorio Tagliani e Malacrida (1823-27) a Milano, in prossimità della Conchetta del Naviglio pavese (D’Amia, 2005, pp. 111 s.).
Interessante figura di architetto-funzionario negli anni a cavallo tra età napoleonica e Restaurazione, Pietro Pestagalli ben esemplifica le trasformazioni della pratica professionale avviate con i primi decenni dell’Ottocento. Sul piano stilistico, seppe conciliare l’adesione ai principi neoclassici con una cauta apertura al linguaggio del primo Rinascimento lombardo, detto bramantesco, che nel panorama milanese contribuì al superamento del rigido sistema proporzionale degli ordini vitruviani (D’Amia, 2012).
Nella sua lunga vita Pestagalli fu socio onorario (dal 1839) e consigliere ordinario (dal 1852) dell’Accademia di Brera.
Ebbe tre mogli. Dalla prima, Caterina Gaspardini, nacque il figlio Giuseppe (1813), che intraprese la carriera di architetto e collaborò a molti suoi progetti; dalla seconda, Angela Cucchi, nacquero Carlo (1818), Francesca (1820), Alfonso (1822), Maria (1823) e Carolina (1826); mentre la terza, Giuseppina Rossognoli, non gli diede eredi.
Morì a Milano il 9 dicembre 1853.
Fonti e Bibl.: Biografia dell’architetto P. P., in Giornale dell’ingegnere-architetto ed agronomo, I (1853-54), pp. 248-250; P. Arrigoni, P. P., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, pp. 471 s.; P. P., in Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, IV, Roma 1968, p. 425; G.B. Sannazzaro, Per il duomo di Milano: disegni dallo studio di P. P., in Il disegno di architettura, 1989, n. zero, p. 35; G. D’Amia, Il fondo di P. P. nell’Archivio del duomo di Milano, in Il Disegno di architettura, 20 (novembre 1999), pp. 54-60; Ead., Architettura e spazio urbano a Milano nell’età della Restaurazione. Dal tempio di San Carlo a piazza del Duomo, Como 2001, pp. 133-173, passim; Ead., Energia idraulica e archeologia industriale. Fabbriche e manifatture lungo i navigli nel XIX secolo, in L’energia dei Navigli. Storia attualità e prospettive di recupero del più antico sistema di canalizzazione, Milano 2005, pp. 105-117; F. Bisceglia - C. Scognamiglio, P. P. (1776-1853), ingegnere architetto nella Milano di primo Ottocento, tesi di laurea, Facoltà di architettura e società del Politecnico di Milano, a.a. 2005-06 (relatore G. D’Amia, correlatore U. De Piazzi); G. D’Amia, Nuovi ingressi per una capitale: il sistema delle porte urbane a Milano, in Il primo Regno d’Italia 1805-1814, a cura di M. Rosa, Viterbo 2009a, pp. 117-127; Ead., P. P., in Atlante del giardino italiano 1750-1940, a cura di V. Cazzato, I, Roma 2009b, p. 267; Ead., Pietro e Giuseppe P.: la fortuna del Bramantesco tra Restaurazione e Unità nazionale, in Architettura a Milano negli anni dell’Unità. La trasformazione della città, il restauro dei monumenti, a cura di M. Grandi, Milano 2012, pp. 85-108.