PREFETTI, Pietro
PREFETTI, Pietro (Petrus Prefectii; Petrus prefectus). – Nacque presumibilmente a Roma alla metà del XII secolo. Non è chiaro se il padre fu il prefetto Giovanni Maledictus; di sicuro era imparentato con l’omonimo prefetto documentato tra gli anni 1139-67.
Il nome familiare di Prefetti (in seguito Prefetti ‘de Vico’) è stato attribuito a un lignaggio signorile che a metà del XII secolo riuscì a ‘patrimonializzare’ l’ufficio di prefetto di Roma rendendolo ereditario, approfittando di due situazioni concomitanti: in primo luogo la nascita del Comune romano (1143), che nel giro di un ventennio si appropriò delle prerogative dell’ufficio prefettizio amministrando autonomamente la giustizia penale e civile; in secondo luogo la quasi contemporanea rivendicazione da parte dell’imperatore Federico I del diritto di nomina e investitura del prefetto urbano, in un più ampio disegno di riaffermazione dell’autorità imperiale.
Nel 1167 l’imperatore conferì la carica di prefetto a Giovanni Maledictus come successore del prefetto Pietro, esponente del potente lignaggio romano dei Corsi. Che Giovanni Maledictus sia stato legato da vincoli di parentela a Pietro dei Corsi è solo un’ipotesi, mentre certamente questo legame esistette per il nostro, investito della carica prefettizia da Federico I prima del 1170, anno della sua prima attestazione: in tale data, insieme con il conte Guitto di Vetralla e con alcuni aristocratici vetrallesi, cedette al comune di Viterbo Vetralla e altri castelli.
Per un quindicennio non si hanno altre testimonianze relative a Pietro. Nel gennaio del 1185 lo si ritrova al seguito di Federico I a Lodi, dove sottoscrisse due diplomi imperiali. Da questo momento è possibile seguirne gli spostamenti per l’Italia insieme alla corte imperiale o a quella regia. A settembre fu a Spoleto e sottoscrisse un diploma per la Chiesa di Ascoli. L’anno successivo fu a Orvieto con Enrico VI (giugno 1186), dopo di che rimase costantemente al seguito del sovrano; il 6 luglio fu di nuovo a Orvieto, il 7-9 agosto a Gubbio e a San Miniato il 28 agosto, il 1° e l’8 settembre, poi il 9 febbraio 1187 era a Foligno e il 24 giugno nel castello di Otricoli.
In questa congiuntura si guastarono i rapporti di Pietro e della famiglia con i comuni dell’alto Lazio: nel settembre del 1188, i viterbesi stipularono un’altra alleanza con i valleranesi, i quali si impegnarono ad aiutare Viterbo in ogni guerra, cavalcata, difesa, o nei trattati contro Pietro e suo fratello Tebaldo (che partecipò alla terza crociata e fu capostipite del ramo dei Prefetti noto, da metà Duecento, come Prefetti de Vico).
Pietro è di nuovo attestato al seguito di Enrico VI in un atto del 1191. L’anno seguente era a Bologna (12 febbraio), a Lucca (23 febbraio), a Pisa (26 febbraio e 1° marzo), a Siena (6 marzo). Sicuramente partecipò all’incoronazione imperiale di Enrico VI (15 aprile) e due giorni dopo sottoscrisse due atti emessi a Roma e nell’accampamento imperiale situato nella pianura tra Roma e Tuscolo; questo potrebbe far supporre che abbia seguito assieme alla corte imperiale le ultime tragiche ore di Tuscolo, distrutta dai romani proprio il 17 aprile. Nei mesi successivi, Enrico VI si trasferì nel Regno di Sicilia, con l’intenzione di sconfiggere Tancredi, l’altro candidato alla corona siciliana. Pietro seguì il sovrano (il 21 e il 23 maggio ad Acerra, il 17 giugno a Napoli), ma non successivamente, in Germania.
Lo si ritrova invece quattro anni dopo al seguito del fratello dell’imperatore, Filippo, a cui nel frattempo Enrico VI aveva concesso gran parte della Tuscia. Il 1° e il 3 luglio 1195, Pietro è attestato presso il comitato perugino, e il 3 aprile dell’anno successivo a San Quirico.
Prima che l’imperatore intraprendesse la sua ultima missione nel Regno, il prefetto fu di nuovo accanto a lui, il 2 settembre 1196 a Tortona, l’8 e il 9 a Piacenza. In altre successive assise imperiali, insieme a Pietro compaiono il figlio Giovanni (30 settembre a Fornovo) e il fratello Tebaldo (21 ottobre a Montefiascone); il 28 ottobre tornò a sottoscrivere un diploma imperiale, e di nuovo con il fratello, il 1° novembre a Foligno, ne sottoscrisse un altro. L’ultima presenza attestata presso l’imperatore è del 27 novembre, a Palestrina.
Pochi mesi dopo l’improvvisa morte di Enrico VI (28 settembre 1197), fu eletto papa Lotario dei Conti di Segni, che assunse il nome di Innocenzo III (22 febbraio 1198). Quel giorno nel corteo che scortò il nuovo principe degli apostoli in Laterano c’era anche Pietro. Il giorno seguente Innocenzo III pretese da lui, come da altri aristocratici romani, il giuramento di fedeltà. Alcuni mesi dopo il pontefice incaricò Pietro e il cardinale Gregorio di Monte Carello di ristabilire l’ordine nelle terre del Patrimonio di S. Pietro; a lui in particolare affidò il compito di custodire le strade, mantenere la pace e amministrare la giustizia, restituendogli in sostanza le antiche prerogative prefettizie. In virtù di tale incarico, Pietro, nel 1201, fu inviato dal papa a Orvieto per procedere contro due suoi familiari, coinvolti nell’omicidio di Pietro Parenzo.
Tuttavia, nel giugno del 1203 Innocenzo III revocò a Pietro l’incarico affidatogli in precedenza, per concederlo al suo familiare Stefano de Romano Carzolus, ma lo nominò rettore in Umbria e nel Patrimonio di S. Pietro; anteriormente (dicembre 1199) il papa aveva affidato al figlio di Pietro, Giovanni, la carica di rector di Città di Castello.
Il 31 luglio 1207, assieme al fratello Tebaldo, Pietro figura tra coloro che presenziarono all’atto di sottomissione di Ildebrandino Aldobrandeschi al pontefice. Il 4 ottobre 1209 Ottone IV venne incoronato imperatore da Innocenzo III e già il 31 successivo e il 4 novembre è certo che il prefetto si trovasse presso la corte imperiale. In quello stesso mese di novembre ma «apud Ficiclum», Pietro e il fratello Tebaldo sono elencati come testimoni in un diploma di Ottone. Pietro probabilmente non seguì l’imperatore nella spedizione che questi organizzò per annettere il Regno di Sicilia al resto dell’Impero, ma ricomparve al suo frettoloso rientro nell’Italia settentrionale per porre rimedio alle defezioni di alcune città e del marchese d’Este. Tra la fine del 1211 e l’inizio dell’anno seguente, Pietro presenziò all’emanazione di vari diplomi imperiali sia a Montefiascone, presso l’«hospitale Sancti Angeli Subterra», sia presso Lodi, accompagnato dal figlio Giovanni.
Tre anni dopo, il 3 settembre 1215, contribuì alla riconciliazione tra il Comune di Viterbo e Oderiso Guastapane dei signori di Soriano. Nella circostanza il prefetto si fece fideiussore per conto di Oderisio.
Al momento dell’incoronazione imperiale di Federico II (22 novembre 1220), Pietro portava la spada, come consuetudine, precedendo il corteo del clero cittadino che accompagnava il nuovo imperatore da Porta Collina in Vaticano. A Capua, il 24 giugno 1221, sottoscrisse un diploma rilasciato dal nuovo imperatore. Invece, il 6 novembre successivo tra i testimoni di un altro diploma federiciano è indicato «Andreas alme Urbis prefectus», personaggio non altrimenti noto, forse un altro figlio o un familiare di Pietro, documentato solo in questa occasione.
L’ultima attestazione certa di Pietro risale al 23 marzo 1223, quando si trovava a Ferentino insieme con la corte e l’imperatore presenziò all’emanazione di un diploma a favore dell’ospedale dei Teutonici. Si ignora la sua data di morte; neppure è chiaro quando morì suo fratello Tebaldo, defunto comunque prima del 1227: in un documento (Archivio della famiglia Orsini, II.A.I., perg. 18) si menziona suo figlio, «dominus Amator quondam domini Theobaldi».
Il numero complessivo dei figli di Pietro è ignoto, così come è ignoto il nome della moglie. Oltre al già ricordato Giovanni, che acquisì il titolo prefettizio dopo la morte del padre, forse lo furono anche Andrea, documentato una sola volta, e Gottifredo, cappellano e diacono del papa, in seguito vescovo di Betlemme.
Pietro fu uno dei principali esponenti del suo lignaggio; si distinse per aver collaborato con ben quattro imperatori, al punto che è possibile qualificarlo come un esponente di quell’aristocrazia italica intesa come nobiltà imperiale, benché non si conoscano concessioni imperiali di alcun genere in suo favore. Stretti furono anche i suoi rapporti con il pontefice Innocenzo III.
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