ROSSI, Pietro
– Nacque nel 1303 da Guglielmo e da Donella da Carrara.
Era forse il minore dei figli legittimi, e fu senza dubbio avviato alla carriera militare: esordì nel luglio del 1326 al comando delle truppe della Chiesa in una spedizione diretta su Modena. Respinto dalla città, riuscì però a infliggere gravi danni nel contado (Chronicon parmense..., a cura di G. Bonazzi, 1902-1904, p. 183).
Il 15 settembre 1328 prese in moglie Ginetta di Carlo Fieschi: un matrimonio che rafforzava le ambizioni rossiane su Pontremoli, in cui i Fieschi vantavano uno storico radicamento (Nuti, 1997, p. 439).
Le nozze furono celebrate a Parma con tre giorni di festeggiamenti e giostre. La sposa fu omaggiata dalla città e poi presentata «per la magior parte de le terre de l’episcopato di Parma soggette a i Rossi et a più altri». La famiglia si stabilì «in domo laborerii ecclesie parmensis» (Chronicon parmense..., cit., pp. 188 s.).
Dal 1329 l’attività militare di Pietro si intensificò a causa della pressione portata dalle forze della Chiesa e dai Correggeschi nel Parmense. A seguito dell’incarcerazione di Rolando (luglio 1329) toccò al fratello Marsilio reggere la città. Assieme a lui, Pietro Rossi raggiunse Milano in settembre per formalizzare l’alleanza con Ludovico il Bavaro: già il 12 ottobre poté entrare a Parma alla testa delle truppe tedesche. Con queste milizie (affiancate da contingenti cittadini) Rossi colse alcuni successi fra ottobre e novembre (pp. 199 s.).
L’avvento del Bavaro fruttò ai Rossi il vicariato imperiale: alla ripartenza di Ludovico, Pietro sostituì per un paio di mesi il fratello nella carica (p. 203). In seguito compì spedizioni vittoriose a Borgo San Donnino e Castiglione Marchesi; rintuzzò un attacco a Campegine, difese Modena dal legato e preparò una spedizione contro le terre correggesche, reclutando mercenari tedeschi e milizie comunali (p. 207).
Pietro ebbe un ruolo importante nel trattare l’avvicinamento di Parma al re di Boemia Giovanni: nel gennaio del 1331 si recò a Brescia, da dove il re aveva avviato il suo programma di pacificazione dell’Italia centro-settentrionale (Dumontel, 1952, p. 41).
Grande fu l’impegno di Rossi nelle imprese militari del re. In luglio fu a Cremona per sedare la rivolta guidata dai Cavalcabò; nel settembre del 1332 guidò le truppe tedesche a Barga, per recuperare la fortezza al territorio lucchese. In novembre una riuscita spedizione a San Felice (nel Modenese) gli valse la nomina a miles (Chronicon parmense..., cit., pp. 216, 220).
La concessione del vicariato su Parma e Lucca, alla ripartenza del re nel 1333, determinò l’allargamento del fronte militare su cui i Rossi dovevano operare per difendersi dalle ambizioni scaligere e correggesche. Nel 1334 a Lucca Rossi subì l’offensiva dei fiorentini, che miravano a trattenerlo in Toscana: riuscì a rompere il blocco e a presentarsi a Parma solo l’8 agosto. Nella seconda metà dell’anno gli eventi precipitarono: nonostante alcuni suoi modesti successi, le truppe scaligere erano ormai stabilmente accampate a Colorno (pp. 232, 236).
In questo clima travagliato, i Rossi riuscirono a fare alcuni passi in avanti nella stabilizzazione di Lucca. Sin dal 1333 avevano avviato trattative con Arrigo Castracani, che si perfezionarono il 23 ottobre 1334, con le nozze fra questi e Costanza, una figlia di Pietro (Luzzati Laganà, 1979, p. 197).
Dopo la caduta di Parma (giugno 1335) Pietro tornò a Lucca, dove continuò la difesa contro le truppe fiorentine (G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta,1991, XII, pp. 1256-1260). Quando, a novembre, i fratelli Rossi vendettero la città toscana agli Scaligeri, egli fece ritorno in Emilia, onorevolmente accolto da Alberto e Mastino (p. 1268). Si unì ai fratelli alla corte scaligera ma, insalutato hospite, fuggì da Verona nella primavera del 1336 e raggiunse Pontremoli, mentre la moglie si ritirò con alcuni parenti a Calestano (Chronicon parmense..., cit., pp. 252, 254). Colpito da bando e pressato dalle truppe scaligere, trovò rifugio a Firenze, dove il 23 agosto fu «ricevuto onoratamente». Messo a capo di un esercito di ottocento cavalieri, si diresse su Lucca. Il 5 settembre un’azione scaligera, volta a tagliare le linee di rifornimento di Rossi, ebbe l’effetto di respingerlo nella località lucchese del Cerruglio. Con abilità Pietro riuscì tuttavia a piegare a suo favore la battaglia (G. Villani, Nuova Cronica, cit., pp. 1285-1287).
Dopo questa vittoria, che gli valse grande considerazione a Firenze, «per richiesta [...] di Viniziani» raggiunse la Laguna, dove il 1° ottobre ricevette dal doge Francesco Dandolo le insegne del comando (P. Azario, Liber gestorum in Lombardia, a cura di F. Cognasso, 1926, p. 169; Il Chronicon veronense..., a cura di R. Vaccari, 2014, p. 88; G. Villani, Nuova Cronica, cit., pp. 1288 s.; J. Piacentino, Bellum Venetum-Scaligerum, a cura di L. Simeoni, 1931, p. 53). Posto il campo a Motta di Livenza, valicò il Piave a fine ottobre e divise l’esercito in tre schiere, affidandone una al fratello Marsilio (G.B. Verci, Storie della Marca..., 1789, pp. 52 s.).
Fra ottobre e dicembre, muovendosi fra gli acquartieramenti di Paluello, Piove di Sacco, Bovolenta, compì diverse imprese militari in territorio padovano. Nel gennaio del 1337, dopo la vittoria di Pernumia, arruolò parecchi soldati tedeschi che avevano disertato le file nemiche (pp. 56-68). Un primo tentativo di prendere Padova andò a vuoto (G. Cortusi, Chronica de novitatibus..., a cura di B. Pagnin, 1941-1975, p. 78). In aprile tentò senza esito di ottenere Treviso e sventò una congiura mossa contro di lui da Arnold di Sten (dietro mandato di Mastino della Scala: Simeoni, 1929-1930, p. 47). In giugno le sue truppe e quelle del fratello Marsilio conversero su Padova. La città fu assediata dalla porta di Santa Croce, mentre Pietro penetrò dalla porta di Pontecorvo grazie a preventivi accordi con Marsilio da Carrara. Al successo militare si aggiunse la cattura di Alberto della Scala (Chronicon estense..., a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, 1908-1937, p. 109).
Dopo la conquista di Padova, Rossi attese al recupero di Monselice. Il 7 agosto 1337 venne ferito da una lancia durante un’azione: morì il giorno seguente.
Condotta nella casa di Giacomo da Carrara, «ubi fuerat iuvenis educatus», la salma fu poi sepolta in Sant’Antonio (G. Cortusi, Chronica de novitatibus..., cit., p. 85; Chronicon estense..., cit., p. 109).
La notizia della sua morte provocò diffusa commozione (B. Morigia, Chronicon Modoetiense, 1728, p. 1170; J. Piacentino, Bellum Venetum-Scaligerum, cit., pp. 88 s.). A Venezia furono organizzati «obsequia et honores», l’elmo del condottiero fu esposto in S. Marco e nel padiglione nell’Arsenale (Chronicon veronense, cit., p. 90; Pelicelli, 1936, p. 301). La sua fama, fissata nella memoria dai cronisti di area veneta (Cortusi, Gatari), lombarda (Morigia, Azario, Levalossi) e nella cronaca del Villani, conobbe una diffusione ‘popolare’, testimoniata dalla proliferazione di sonetti e cantari che ne celebravano le gesta. A Firenze, nei giorni successivi alla presa di Padova, Antonio Pucci compose un serventese in cui si narravano le imprese del «valoroso capitan de’ Rossi»; subito dopo la sua morte si diffuse un sonetto anonimo dedicato al condottiero, «guelfo verace» e «nobil signore» (Poesie minori riguardanti gli Scaligeri, a cura di C. Cipolla - F. Pellegrini, 1902, pp. 90-95).
Pietro ebbe solo figlie femmine. Nel testamento del padre Guglielmo (1340) quelle non ancora maritate furono affidate alla tutela del vescovo Ugolino Rossi (Pelicelli, 1936, p. 304). Di esse, è noto il matrimonio di Teodora con il bresciano Francesco di Galeotto Maggi, nel 1342 (Archivio di Stato di Brescia, Gambara di Verolanuova, b. 4, f. 26).
Come condottiero, Pietro si ritagliò grande fama; anche i suoi fratelli (che tuttavia lasciarono il segno soprattutto in ambito politico) praticarono il mestiere delle armi, secondo un costume non inusuale nell’aristocrazia italiana dell’epoca (Balestracci, 2003, p. 46). Le loro vicende intersecano alcuni temi salienti della storia militare dell’epoca: la grande disponibilità di professionisti tedeschi (Varanini, 1997), la composizione dei contingenti attivi in quegli anni, gli articolati rapporti fra milizie, mercenari e catena di comando (Grillo, 2014, p. 14).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Brescia, Gambara di Verolanuova, b. 4; B. Morigia, Chronicon Modoetiense, in L.A. Muratori, RIS, XII, Mediolani 1728, coll. 1053-1183 (in partic. col. 1170); G.B. Verci, Storie della Marca trivigiana e veronese, X, Venezia 1789, pp. 52-68; Poesie minori riguardanti gli Scaligeri, a cura di C. Cipolla - F. Pellegrini, in Bullettino dell’Istituto storico italiano, XXIV (1902), pp. 7-206 (in partic. pp. 90-95); Chronicon parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, a cura di G. Bonazzi, in RIS, IX, Città di Castello 1902-1904, ad ind.; Chronicon estense cum additamentis usque ad annum 1478, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, in RIS, XV, 3, Città di Castello 1908-1937, p. 109; P. Azario, Liber gestorum in Lombardia, a cura di F. Cognasso, in RIS, XVI, 4, Bologna 1926, p. 169; J. Piacentino, Bellum Venetum-Scaligerum, a cura di L. Simeoni, in Mon. Dep. Veneta per la storia patria, IV, 5 (1931), pp. 1-200 (in partic. pp. 53, 88-89); G. Cortusi, Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, a cura di B. Pagnin, in RIS, XII, 5, Bologna 1941-1975, pp. 78, 85; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di Giovanni Porta, Parma 1991, ad ind.; Il Chronicon veronense di Paride da Cerea e dei suoi continuatori, a cura di R. Vaccari, II, t. 1, La continuazione scaligera (1278-1375), Verona 2014, pp. 88-90.
L. Simeoni, Le origini del conflitto veneto-fiorentino-scaligero (1336-1339) e note sulla condotta della guerra, in Memorie della R. Accademia delle scienze dell’istituto di Bologna, s. 3, 1929-1930, vol. 4, pp. 3-65 (in partic. p. 47); N. Pelicelli, I vescovi della chiesa parmense, I, Parma 1936, pp. 301-304; C. Dumontel, L’impresa italiana di Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, Torino 1952, p. 41; F. Luzzati Laganà, Castracani degli Antelminelli, Arrigo, detto il Duchino, in Dizionario biografico degli Italiani, XXII, Roma 1979, pp. 196-200 (in partic. p. 197); G. Nuti, Fieschi, Carlo, in Dizionario biografico degli Italiani, XLVII, Roma 1997, pp. 438-440 (in partic. p. 439); G.M. Varanini, Mercenari tedeschi in Italia nel Trecento, in Comunicazione e mobilità nel medioevo. Incontri fra il sud ed il centro dell’Europa (secoli XI-XIV), Bologna 1997, pp. 269-301 (in partic. pp. 280 s.); D. Balestracci, Le armi, i cavalli, l’oro. Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del Trecento, Roma-Bari 2003, p. 46; P. Grillo, Una generazione in transizione. Capitani e condottieri fra Tre e Quattrocento, in Facino Cane. Predone, condottiero e politico, a cura di B. Del Bo - A.A. Settia, Milano 2014, pp. 13-23 (in partic. p. 14).